Sei ai Play Days del Summer Game Fest. Dinanzi a te una postazione dedicata a Street Fighter 6. Vedi Ryu rimodellato in RE Engine, il pad a portata di mano, il ring a disposizione. Ti viene spontaneo urlare "Hadoken!" e iniziare a giocare. Va tutto bene. In mezzo alla folla che parlotta, osservando la fila che si è creata alle tue spalle, tra giocatori che attendono il proprio turno o semplici spettatori, vieni avvolto da un senso di nostalgia: l'atmosfera che si respira, almeno per qualche secondo, è quella delle Sale Giochi. E di nuovo va tutto bene.
Poi prendi in mano il controller, osservi la cinematica di ingresso dei lottatori, inizi a prendere confidenza con il sistema di combattimento e ti rendi conto che Street Fighter è cambiato. Non necessariamente in senso negativo, sia chiaro: percepisci che c'è qualcosa di diverso, con del potenziale evidente, eppure sai che poco meno di un'ora di gioco, con soli quattro personaggi utilizzabili, non è sufficiente per farsi un'idea adeguatamente chiara della stratificazione del combat system. Tuttavia di una cosa sei certo: ti stai divertendo, e questo è più che bastevole. Ancora una volta, va tutto bene.
Il nuovo sistema di combattimento
Partiamo dalle fondamenta: la demo presente ai Play Days permetteva solo di giocare un duello rapido contro un altro utente o faccia a faccia con la CPU, all'interno di due sole arene. Non c'era traccia, pertanto, delle modalità World Tour e Battle Hub che, stando alle dichiarazioni altisonanti di Capcom, mirano a offrire un'esperienza profondamente immersiva per un picchiaduro (per un approfondimento su queste due novità vi rimandiamo alla nostra anteprima di Street Fighter 6).
La versione di prova era dunque del tutto concentrata sul gameplay. Ed è così che abbiamo testato con mano l'indicatore Drive, che regola la maggior parte delle azioni disponibili per il giocatore. L'obiettivo sottolineato a più riprese dal team di sviluppo consiste nella volontà di stimolare la creatività degli utenti, dandogli modo di inanellare un diversificato susseguirsi di azioni speciali proprio tramite la suddetta barra, con la quale attivare cinque meccaniche uniche: si parte dal Drive Impact che assorbe i colpi dei nemici e si arriva al Drive Reversal con cui effettuare un contrattacco, passando per il Drive Perry che respinge gli assalti avversari, per il Drive Rush con il quale avvicinarsi al contendente, e infine per le Overdrive Arts, mosse speciali un tempo note come EX Moves. Ciascuna di queste tecniche consuma un quantitativo specifico di Drive Meter (composto da sei segmenti), e pertanto risulta evidente come la gestione del gameplay ruoti prevalentemente intorno all'utilizzo di simile indicatore.
Al principio del match la suddetta barra è del tutto carica, ma non ci vorrà molto prima che si svuoti: occorrerà dunque prestare un certo grado di attenzione durante la battaglia, dal momento che il consumo repentino del Drive Meter riduce il combattente in uno stato di stanchezza che gli impedisce di attuare le mosse sopra descritte.
C'è tecnica, in sostanza, ma anche una notevolissima dose di spettacolarità: in Street Fighter 6 i colpi si sentono, mentre l'azione si muove in equilibrio tra velocità d'esecuzione e ragionamento tattico. La prima, purtroppo superficiale, prova con Street Fighter 6 ha dunque messo in luce i pregi di un combat system che però necessita di più tempo per essere sviscerato come meriterebbe: la dinamica del Drive potrebbe donare all'utente un buon grado di libertà d'approccio e di stile, ma è ancora troppo presto per sbilanciarsi in giudizi riguardo la sua corretta implementazione nelle dinamiche ludiche del gioco.

L'impatto preliminare è comunque alquanto positivo, merito - come già accennato - di un dinamismo che non lesina in tatticismo, nonché di una curva d'apprendimento bipartita, pensata sia per i neofiti che per i veterani. Quest'ultimi si troveranno a loro agio con il sistema di controllo classico (la tradizionale impostazione a sei tasti), grazie al quale manovrare il proprio personaggio mantenendone la piena gestione; i nuovi giocatori potranno invece compiere i loro passi iniziali nella serie con la modalità Moderna, una versione semplificata tramite cui concatenare con più automatismi una serie di combo.
Abbiamo testato rapidamente entrambe le versioni e, come è ovvio che sia, lo stile Moderno non può competere con un approccio Classico sfruttato con cognizione di causa. Anche in questo caso occorrerà un test più duraturo per averne la certezza, ma l'impressione è che alcune mosse siano precluse utilizzando il sistema Moderno: simile opzione va considerata insomma un punto d'ingresso per i nuovi arrivati, che poco a poco magari inizieranno a prendere piena padronanza con il controllo dei personaggi.
Sotto questo aspetto Capcom ha fatto centro, dato che il meccanismo Moderno si orienta alla spettacolarizzazione senza però lesinare in un po' di tecnicismo, fornendo un'infarinatura generale di ciò che significa padroneggiare a pieno il roster di Street Fighter. A proposito di combattenti, nella demo erano stati inseriti soltanto Ryu, Chun-Li, Luke - lottatore di arti marziali miste - e infine il nuovo ingresso Jamie, che utilizza lo stile della boxe dell'ubriaco (tant'è che durante il match può anche bere un sorso della bevanda che porta con sé, così da effettuare mosse aggiuntive). Avremmo voluto sinceramente approfondire la conoscenza di questo nuovo membro del roster, ma il minutaggio assai ristretto ci ha indotto a sperimentare le novità del combat system con personaggi a noi maggiormente noti, come Ryu e Chun-Li. E di queste due icone della serie Street Fighter non abbiamo apprezzato solo le rinnovate abilità in combattimento, ma anche il nuovo look, ottimamente reinventato in RE Engine.
I colpi del RE Engine
Il distacco visivo rispetto a Street Fighter 5 è nettissimo, così come il cambio di stile. La musica che accompagna l'ingresso in campo degli sfidanti, il taglio da videoclip della cutscene, l'espressività dei combattenti e la ricchezza della messa in scena contribuiscono a caratterizzare Street Fighter 6 con un piglio più vigoroso e avvincente, che viene massimizzato nel corso del match. Tra mosse speciali coreografate in maniera assi virtuosa e modelli poligonali ben animati, l'ultima opera di Capcom sa come farsi valere sul piano grafico.

Non da meno sono gli sfondi: nella demo erano presenti due sole arene, assai differenti tra di loro, ossia Metro City Downtown, e Genbu Temple. Scorci urbani e naturalistici dall'impatto molto suggestivo, non particolarmente ricchi di animazioni né di elementi scenici, anche per non sovraccaricare l'area dello scontro con futili e confusionari orpelli, eppure densi quanto basta per non apparire blande cornici che fungono solo da semplice sfondo. Virtuoso infine l'uso dei colori e dell'effettistica, con pennellate che dipingono lo schermo all'esecuzione di determinate mosse speciali e che, quando sommate le une alle altre, esplodono in un trionfo energizzante di cromatismi.