The Evil Within: lo abbiamo provato a Londra, le nostre impressioni

Provato nuovamente a Londra l'horror di Shinji Mikami

The Evil Within: lo abbiamo provato a Londra, le nostre impressioni
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  • Pc
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  • Sebastian Castellanos è quel tipo di detective a cui piace affrontare i problemi uno alla volta, possibilmente con un'arma da fuoco in mano. Per chi non sapesse di chi stiamo parlando, si tratta del protagonista di The Evil Within, nuova fatica horror firmata da Shinji Mikami, la quale non a caso rievoca in più di un aspetto Resident Evil 4. Proprio da quest'ultimo eredita, quasi per intero, la componente shooter, la quale si è peraltro rivelata più incisiva di quanto ci saremmo aspettati. Un recente evento tenutosi a Londra ci ha permesso di provare con mano, per circa un'ora, una versione ancora provvisoria del gioco, la cui uscita, come ormai saprete, è stata rimandata al prossimo ottobre. La nostra prova, in effetti, ha rivelato come la produzione abbia ancora bisogno di diverse rifiniture dal punto di vista del gameplay, distinguendosi più che altro per la riuscita atmosfera.

    Come al cinema

    Al fine di farci provare al meglio l'esperienza proposta da The Evil Within, i ragazzi di Bethesda hanno preparato per noi delle postazioni completamente immerse nell'oscurità, cuffie con volume altissimo e alti separè che non concedevano distrazioni dagli schermi. Senza via di scampo insomma, proprio come il protagonista, che indagando su un caso apparentemente semplice si trova invischiato in una vicenda dai risvolti apparentemente soprannaturali. Oppure sta accadendo tutto nella sua testa? Per quanto ci è stato possibile vedere, il gioco di Mikami lascia talvolta ad intendere che l'intera vicenda, o perlomeno i suoi risvolti più estremi, potrebbe scaturire da un gigantesco incubo partorito da una psiche danneggiata, ma ulteriori dettagli in questo senso potremo scoprirli solo in futuro. La nostra prova infatti, anche per la natura non cronologica dei livelli provati (estratti dal quarto e dall'ottavo capitolo della trama), si è concentrata soprattutto sul gameplay.

    Proprio quest'ultimo ricorda molto da vicino quello di Resident Evil, con particolari riferimenti al quarto capitolo. La visuale in terza persona, l'enfasi riservata in alcuni momenti alla componente shooter, la soluzione di enigmi ambientali, tutto sembra richiamare il capolavoro Capcom del 2005. Leggermente differente, invece, l'atmosfera, che si rifà a stilemi horror e slasher nettamente più moderni, e cita abbondantemente diversi riferimenti cinematografici. La grana filmica che "sporca" volutamente le visuali, la telecamera in costante movimento, la palette cromatica tendente all'ocra e al grigio non lasciano dubbi sull'intenzione degli sviluppatori di riprodurre il più possibile un'atmosfera da grande schermo. C'è chiaramente una "regia" dietro a The Evil Within, ed è anche abbastanza rigorosa. Sfruttando l'assoluta linearità del contesto, si è scelto di controllare con cura il ritmo di gioco, fatto di momenti più lenti e improvvise accelerazioni, con alternanza tra fasi più dedicate allo shooting e altre fatte invece per esplorare, risolvere enigmi, o, semplicemente, scappare.

    Senza scampo

    Il revolver e il fucile da caccia a disposizione di Sebastian sono due risorse molto preziose quando si tratta di affrontare le minacce che The Evil Within ci mette dinnanzi. Queste ultime sono spesso rappresentate da persone comuni, evidentemente impazzite e sotto il controllo di una qualche forza malefica, ma non mancano mostruosità più esotiche, letteralmente uscite da un incubo. Così come il ritmo generale dell'esperienza, anche la disponibilità di munizioni è stata pilotata dai level designer, che in alcuni momenti vi concederanno scorte abbondanti di proiettili, per poi magari chiudere i rubinetti per diversi minuti, costringendovi ad agire con più cautela. Se questa gestione alterna efficacemente momenti più action ad altri dove è preferibile procedere in stealth, sfruttando la classica eliminazione silenziosa dalle spalle, a convincere meno è la meccanica che prevede che i nemici appena abbattuti vadano bruciati, usando un fiammifero, per evitare che si rialzino dopo qualche secondo.

    "La visuale in terza persona, l'enfasi riservata in alcuni momenti alla componente shooter, la soluzione di enigmi ambientali, tutto sembra richiamare a quel capolavoro Capcom del 2005 che risponde al nome di Resident Evil 4"

    I fiammiferi infatti non scarseggiano, perlomeno per quanto ci è stato possibile vedere, e dunque l'idea rimane semplicemente in disparte, senza trasformarsi in una soluzione interessante. L'utilizzo delle armi da fuoco pesca a piene mani dall'eredità di Resident Evil, abbinando un feedback più realistico e moderno sul fronte rinculo e feedback, e una sana ossessione per i colpi alla testa, molto più efficaci di quelli normali. Come ormai vale per molti altri sparatutto, è stato implementato un riconoscimento della zona del corpo colpita, il che apre ad alcune possibilità alternative. Spesso, un colpo alle gambe in grado di far cadere il nemico, seguito da un veloce lancio di fiammifero, risolverà i problemi in maniera molto più rapida e meno dispendiosa in termini di munizioni. Insieme alle due armi principali, il protagonista è dotato anche di una bizzarra e voluminosa balestra. Siamo certi che, a livello di trama, qualche tipo di giustificazione per la sua esistenza verrà fornito, ma per il momento ci è apparsa piuttosto aliena al contesto. Dotata di dardi di vario tipo, tra cui esplosivi, stordenti e accecanti, permette di affrontare in maniere più creative le varie minacce. Non ci è parsa una soluzione particolarmente originale o supportata a livello di game design, ma attendiamo prove più approfondite per esprimerci in via definitiva. Più gradita invece la tendenza mostrata dal level design di concedere l'esplorazione di alcuni ambienti in tutta tranquillità, per poi costringere il giocatore a combatterci in un secondo momento, già consapevole di eventuali interazioni ambientali da sfruttare a proprio favore (nel nostro caso, qualche barile esplosivo, o pozze di carburante da incendiare). Quando non si combatte, in The Evil Within si segue il sentiero tracciato dai level designer, per quanto abbiamo visto ben delineato e poco tendente a lasciare spazio alle deviazioni.

    Ciononostante, la soluzione di determinati enigmi ambientali può effettivamente richiedere la ripetuta esplorazione di ambienti di medie dimensioni, come nel caso della villa abbandonata che abbiamo avuto occasione di battere palmo a palmo in cerca di un modo per aprire un grosso portale bloccato. Proprio occasioni come questa rappresentano per The Evil Within dei buoni apici dal punto di vista narrativo, dove al giocatore è concesso il giusto spazio per esplorare ed approfondire la storia. Peccato che non tutti i momenti da colpo al cuore siano efficaci. La nostra esperienza è stata meno terrorizzante di quanto avremmo predetto, ma potrebbe anche trattarsi di una caratteristica limitata alle sequenze provate, e per un verdetto in tal senso occorrerà, anche in questo caso, attendere la versione definitiva. Rimane qualche dubbio anche relativamente anche al bilanciamento degli scontri con alcune delle creature più pericolose, nei confronti delle quali Sebastian non può far altro che darsi alla fuga, proprio come nella sequenza provata all'E3 dell'anno scorso, e fatta oggetto di diversi video gameplay. In questi frangenti, gli sviluppatori hanno cercato di mettere di fronte al giocatore un percorso prefissato, ricco di momenti scriptati. Purtroppo, uscire anche di poco dal seminato, magari in cerca di una deviazione, tende a generare momenti poco chiari, o morti ingiustificate. Proprio qui l'intervento degli sviluppatori sarà necessario, per far sì che queste sequenze, peraltro destinate a sottolineare i momenti più ansiogeni, funzionino senza sbavature.

    The Evil Within Con buona probabilità, non è un caso che il rinvio di circa tre mesi coincida con una prova diretta che ha messo in luce un'atmosfera interessante, accompagnata tuttavia da alcuni cedimenti dal punto di vista del gameplay. La speranza, naturalmente, è che gli sviluppatori facciano tesoro di questa chance, e riescano a valorizzare meglio il buon lavoro fatto sulla contestualizzazione. Nel complesso, l'ora abbondante di gameplay provata ha rivelato un'esperienza che fa fatica a staccarsi nettamente dal "già visto". L'atmosfera riesce a comunicare grande ansia e disagio, ma alcuni momenti di gameplay molto riusciti si alternano a fasi meno scorrevoli, che finiscono per disperdere in parte la carica emotiva. Il futuro di The Evil Within, al momento, è piuttosto incerto, e per avere conferme relativamente alla qualità complessiva dell'opera non possiamo far altro che attendere pazientemente ulteriori sviluppi.

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