The Last of Us Parte 2: provata la demo, impressioni sul gameplay

Invitati a Los Angeles abbiamo potuto testare tre ore di gameplay del secondo capitolo di The Last of Us: ecco le nostre impressioni.

The Last of Us Parte 2 4K
Anteprima: PlayStation 4 Pro
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  • PS4
  • PS4 Pro
  • Il secondo The Last of Us ci mette un attimo a ricordarti quanto sia feroce e inumano il mondo infettato dai Cordyceps. Ellie e Joel saranno pure tornati a Jackson County, in una comunità autonoma e civile, ma ogni equilibrio è fragile e precario in quest'America allo sbando, su questa Terra depravata e bestiale.
    Un bacio strappato a Dina, travolti dalle luci di una sala da ballo, segna il finire dolce dell'adolescenza, ma lo spazio per tenerezze e illusioni svanisce in un attimo. La mattina dopo ricomincia la routine dura dei pattugliamenti oltre il perimetro della città: il cavallo avanza lentamente solcando il manto morbido della neve, diretto verso il prossimo avamposto. L'obiettivo è controllare che tutto sia tranquillo; che non ci siano Clicker vicino all'insediamento, o corpi decomposti pronti a rigurgitare nuvole di spore letali. Che non ci siano predoni, assassini, balordi, che la feccia degenere generata dalla pandemia resti alla larga.

    Continuità ed evoluzione

    La nostra prova con The Last of Us Part II comincia così, con un giro di ricognizione assieme a quella ragazza dal fascino magnetico, a cui Ellie non riusciva a togliere gli occhi di dosso. E subito, non appena si entra in azione, il nuovo titolo targato Naughty Dog innesca la stessa magia di un tempo. Familiare nei ritmi, riconoscibile nelle regole del gameplay, teso nello stealth e violento negli scontri, The Last of Us ribadisce - tra crafting e sparatorie - che la sua "seconda parte" si colloca in diretta continuità con la prima.

    È una sensazione piacevole, quella di riscoprire il sapore di un vecchio capolavoro rimasto impresso nella memoria, con in più qualche accortezza per rendere l'esplorazione più partecipe e i combattimenti più dinamici. Fra l'altro la pienezza della grafica e la meraviglia delle animazioni (vicinissime a quelle messe in mostra dalle scorse demo) basterebbero a tenere in piedi la nuova opera del team californiano, pronta a raccontare un'altra storia dolorosa e potente. Se non che, di colpo, Naughty Dog scardina ogni certezza del giocatore: la demo ci precipita qualche ora più avanti nell'avventura, lasciandoci provare un segmento avanzato del viaggio di Ellie.

    Ed è qui che le meccaniche di gioco diventano letteralmente perfette: l'incedere lineare degli Uncharted si fa un lontano ricordo, e The Last of Us conferma una volta di più la sua natura squisitamente ludica. Il level design riscopre una nuova dimensione, ricompensando e stimolando la curiosità del giocatore, e lo stealth si fonde in maniera finalmente impeccabile con le dinamiche survival. Dalle nuove routine dell'intelligenza artificiale ad un'interazione più partecipe con l'ambiente, ogni singolo dettaglio contribuisce a creare un impasto inimitabile, che sembra capace - già a questa altezza di tempo - di lasciare senza parole.

    Una storia di dolore, rabbia e vendetta

    "The Last of Us Part II è una storia di vendetta. Parla di quello che siamo disposti a fare per punire chi ci ha tolto tutto, delle conseguenze per chi sceglie di calcare la strada del castigo e della ritorsione". Così Neil Druckmann introduce il racconto del suo nuovo titolo, spiegando alla platea di giornalisti quello che deve aspettarsi. Per il momento la trama del gioco decide tuttavia di non mostrarsi, rimane schiva e nascosta, ed il valore della sceneggiatura emerge solo a tratti. Il nuovo trailer che annuncia la data d'uscita dissemina qualche indizio su quello che potrebbe essere l'evento che scatena l'ira di Ellie.

    In una baita isolata in mezzo alla neve sembra consumarsi una tragedia terribile; forse non soltanto l'omicidio a sangue freddo di Dina, ma l'ombra di uno stupro che segna per sempre il corpo e l'anima della protagonista. Se così fosse, se quelle mani che la schiacciano a terra fossero pronte ad una violenza addirittura più subdola e inumana, allora il rancore di Ellie potrebbe in qualche maniera diventare quello del giocatore, incentivando un rapporto ancora più stretto fra personaggio e utente. Naughty Dog decide comunque di non svelare troppo, e riduce al minimo le scene d'intermezzo inserite nella demo.

    Ci concede solo una lunga sequenza, intima e personale, che racconta la scoperta di un amore fra le due ragazze inviate in pattuglia. È un momento dolce, tutto giocato su una sottile tensione fisica e affettiva, e come da tradizione del team è raccontato con i ritmi giusti e le opportune sfumature. Impressionanti i giochi di luce, quelli di regia, e l'espressività degli attori digitali che raggiunge nuove vette: le conquiste tecniche del nuovo The Last of Us riescono a valorizzare dettagli impercettibili, sottolineando ora un gioco di sguardi, ora un sorriso appena trattenuto.

    Il racconto sembra meno "inquieto" rispetto al vecchio episodio, i movimenti di camera si allungano e i tempi di dilatano: la lezione narrativa di Uncharted 4, insomma, è stata completamente interiorizzata. Ci piacerebbe in ogni caso ritrovare anche in Part II quei tagli al nero quasi invadenti con cui si chiudevano le scene dello scorso capitolo, cifra stilistica di un racconto dall'incedere impetuoso.

    Vecchio e nuovo gameplay

    Non è questo, comunque, il momento per approfondire le doti della sceneggiatura, visto che al centro della scena Naughty Dog ha voluto mettere il gameplay. Come dicevamo, sulle prime The Last of Us Part II sembra quasi un'estensione del suo predecessore. L'avanzamento si divide fra fasi di esplorazione e ricerca delle risorse, e momenti stealth in cui affrontare infetti e predoni. L'interfaccia per la creazione di medikit, molotov e altri strumenti è simile a quella che già conoscevamo, come pure il menù di selezione delle armi. Si intravedono per fortuna alcune novità importanti.

    Anzitutto il titolo lascia una grande libertà durante la perlustrazione delle aree di gioco: si può decidere se fermarsi a setacciare gli edifici abbandonati lungo la strada, cercando il modo di infilarsi nelle stanze chiuse. Munizioni, risorse e materiali sono un bene prezioso per Ellie, mentre per il giocatore è preziosa la narrativa "emergente": le storie nascoste fra le righe dei documenti, le tragedie sepolte nei seminterrati, il passato celato negli oggetti da raccogliere e osservare. Sono trascorsi cinque anni dal viaggio di Joel, ma negli spazi sterminati dell'America si annidano ancora i ricordi della catastrofe e le reliquie di una civiltà che non esiste più.
    The Last of Us Part II non rinnega insomma il valore ludico e narrativo dell'esplorazione, ed anzi gli dà risalto grazie al level design più aperto e stratificato. Perlustrando con attenzione le aree sarà addirittura possibile trovare riviste e documenti che aprono nuovi rami dell'albero delle abilità di Ellie, per un sistema di progressione ancora più integrato con la ricerca e la ricognizione; come se già non bastasse la necessità di recuperare pillole e parti meccaniche, per sbloccare skill e modifiche per le armi. Anche il combattimento è cambiato: è più dinamico, serrato, intenso.

    Ellie è più agile di quanto non fosse il suo mentore, e questo si riflette in maniera consistente sul ritmo dello scontro. C'è intanto la possibilità di eseguire una schivata, con un'animazione contestuale che si coordina in maniera perfetta con il movimento d'attacco del nemico. Una novità importante soprattutto perché gli infetti sono più aggressivi, si spostano rapidamente e tendono a sovrastare la protagonista.

    Per affrontarli servono tempismo e prontezza, ma anche la freddezza di capire quando è meglio allontanarsi in fretta e cambiare strategia. Nonostante la presenza di nuove tipologie di avversari, come una sorta di titano purulento pronto ad esplodere in una nuvola acida, la minaccia più concreta in The Last of Us Part II è rappresentata dagli umani. È durante gli scontri con le fazioni militarizzate che il gameplay raggiunge il suo apice, superando di gran lunga le conquiste del predecessore. A sublimare i meccanismi dello stealth sono una serie di miglioramenti sostanziali che interessano tutti gli aspetti del gioco.

    L'Intelligenza Artificiale dei nemici, per iniziare, è più consapevole e determinata; gli avversari si parlano, condividendo le informazioni che hanno sulla posizione (reale o presunta) di Ellie. Avanzano con circospezione, spesso facendo affidamento sull'olfatto dei loro cani, capaci di seguire l'odore della protagonista. Attivando la concentrazione è possibile non solo individuare la posizione dei nemici che stanno facendo rumore, ma anche vedere la traccia che stiamo lasciando.

    Aggirare le pattuglie diventa quindi un'operazione molto complessa, fatta di meticolosi equilibrismi e attenta pianificazione; ci aiuta, a tal proposito, la vegetazione che si è riappropriata degli spazi cittadini, il manto erboso che cresce ormai sulle strade, spaccando l'asfalto dei centri abitati. Ellie può strisciare a terra, cercare di mimetizzarsi, sapendo però che l'erba e le fronte non la occulteranno mai del tutto. Naughty Dog lo chiama "mimetismo analogico": un nuovo sistema per cui le reazioni degli avversari sono calcolate a seconda del contesto, della posizione, delle condizioni di luce. Sentirsi veramente al sicuro mentre avanziamo lentamente nel fogliame è impossibile, e la tensione onnipresente viene accentuata dalle urla dei soldati, dai suoni ovattati e dai rumori che tutto ad un tratto sembrano circondarti.
    Per trarsi d'impaccio serve inventiva e capacità d'improvvisazione, ed è indispensabile gestire al meglio le risorse accumulate. Il sistema di crafting è stato approfondito in maniera concreta, ed ora è possibile costruire improvvisati silenziatori con cui mettere a tacere il tonfo sordo delle pistole, trappole ad innesco capaci di tranciare i corpi degli avversari, e persino frecce con cui concedersi uccisioni precise e silenziose dalla distanza.

    Con tutti questi strumenti a disposizione verrebbe da pensare che The Last of Us Part II voglia puntare più sull'azione che sulla strategia e sull'infiltrazione. Niente di più sbagliato. Le munizioni sono poche, le pattuglie di nemici arrivano in forze e con costanza, ed un approccio diretto finirebbe in tragedia senza possibilità d'appello. Quello che bisogna fare è pianificare attentamente le proprie mosse, adottare una strategia "mordi e fuggi", lavorare per isolare gli avversari e ucciderli quando sono lontani dal branco.

    Si tratta di una sorta di "stealth aggressivo", una guerriglia tattica e spietata capace di mantenere un costante senso di tensione. In The Last of Us Part II bisogna lavorare come un predatore silenzioso mentre siamo a nostra volta braccati senza sosta, cercando di recuperare sul campo le risorse necessarie a sfoltire le fila nemiche. Tra frecce e medikit i materiali che raccoglieremo tenderanno a consumarsi in fretta, e sarà quindi necessario ispezionare le aree di gioco proprio mentre cerchiamo di liberarle dalla presenza nemica. Proprio in questa costante alternanza fra assalti e scavenging, nell'altalena di ritmi ora riflessivi e ora più energici, sta uno degli aspetti più riusciti del titolo. The Last of Us Part II ha un incedere unico e distintivo, un passo che è completamente e indiscutibilmente suo. Tutti gli elementi ludici che hanno sorretto il predecessore non solo vengono ampliati e espansi, ma si intrecciano in maniera più coerente.

    La perfezione del level design

    Guardando al nucleo centrale del gameplay rimane comunque opportuno, almeno per il momento, parlare di evoluzione più che di rivoluzione; se non fosse per un dettaglio fondamentale: quel level design che spazza via tutto quello che si è visto in questa generazione.

    La struttura dell'area di gioco che abbiamo attraversato era semplicemente incredibile: complessa e intricata, estesa su vari livelli e quindi pronta a valorizzare una ritrovata verticalità, piena di zone secondarie e scorciatoie. Un dedalo di vicoli e strutture cadenti che diventa il meraviglioso teatro di una caccia spietata. Le planimetrie credibili e realistiche di un piccolo centro abitato, sfaldate dal lento gocciare del tempo e ferite dall'abbandono, si trasformano in uno "stage" perfetto, che riesce ad esaltare tutti gli aspetti del gameplay.

    Forse la vera meraviglia di The Last of Us Part II sta proprio in questa sua capacità di mettere in risonanza le sue componenti, facendo in modo che ognuna lavori per amplificare l'altra, in un meccanismo di incastri senza sbavature. Lo stile tipico di Naughty Dog, portato avanti attraverso le ultime produzioni del team californiano, è fatto non soltanto di narrazioni appassionanti e di un focus spesso totalizzante sulla recitazione digitale, ma anche e soprattutto di un'attenzione ai dettagli soverchiante.

    The Last of Us Part II non si sottrae a questa logica, ed anzi riesce persino a superare le aspettative. È chiaro che la prima cosa che salta all'occhio sono le animazioni, i gesti e i micro-movimenti di Ellie nelle varie fasi dell'azione. La protagonista sembra avere sempre una consapevolezza concreta di quello che le sta intorno, utilizza l'ambiente a suo vantaggio quando deve neutralizzare gli avversari, sbattendoli contro al muro o addirittura spingendoli contro i vetri per metterli fuori gioco più efficacemente. Se già in Uncharted 4 il sistema di animazioni contestuali risultava a tratti impressionante (come nel combattimento con Nadine Ross), qui il team di sviluppo ha compiuto un consistente passo in avanti a livello tecnico.

    The Last of Us Part II lascia intuire il peso degli arti, l'inerzia dei colpi, il dolore delle ferite, sebbene ancora ci siano di tanto in tanto delle semplificazioni o dei piccoli inciampi del sistema. Si tratta di un effetto ovviamente ineliminabile, ma ribadiamo che a livello scenico il risultato finale si avvicina moltissimo a quello adocchiato durante le demo precedenti. La cura per i dettagli si nota comunque in mille altre accortezze: negli steli di erba che si piegano dinamicamente sotto il peso di Ellie quando la protagonista si schiaccia a terra, o nel fatto che tutti i nemici abbiano un nome e, apparentemente, qualche relazione con i propri compagni. Può capitare di sentire un soldato di pattuglia urlare di dolore per aver trovato il suo compagno steso a terra, e addirittura l'eliminazione brutale di un cane potrebbe innescare il pianto furioso del suo padrone. Sono elementi che contribuiscono da una parte a rendere il gioco estremamente più immersivo e realistico, amplificando dall'altra le tematiche alla base del racconto.

    Visto che la trama si focalizza sugli effetti anche psicologici della vendetta, avere a che fare con avversari che ribadiscono la loro umanità, il loro dolore e la loro fragilità fa davvero la differenza.

    Non è da meno un dettaglio tecnico che, al netto di un lieve aliasing e di una riduzione della complessità poligonale nelle aree più aperte, spinge l'hardware di Sony oltre le vette generazionali.

    Se è vero che nelle distese innevate del Wyoming il team preferisce puntare sull'atmosfera, sul senso di solitudine e di vuoto, ottimizzando le risorse computazionali per allargare l'estensione della mappa ed il respiro delle inquadrature, quando si attraversano zone più circoscritte i risultati sono letteralmente incredibili. Il rendering degli interni è una straordinaria prova di forza di PS4 (PRO), che stupisce per la quantità di oggetti ed elementi interattivi, per la definizione ed il realismo delle texture.

    L'utilizzo degli shader è estremamente intelligente, a tratti moderato per dare al motore l'occasione di respirare, più accentuato quando deve valorizzare scorci d'impatto o aree particolari, che magari lasciano affiorare i dettagli di storie tragiche e senza speranza. Rimane sensazionale anche l'illuminazione, elemento con cui il team di sviluppo gioca costantemente per concretizzare atmosfere ansiogene, oppressive, destabilizzanti.

    The Last of Us Part II riesce quasi a sconfinare nei territori dell'horror, quando ti lancia nei seminterrati soffocati dalle spore, con il flebile fascio della torcia a sfidare un'oscurità totale, svelando d'un colpo i corpi decomposti, le ributtanti architetture fungine dei coryceps, gli ammassi deformi dell'infezione. Gli scenari si muovono sempre tra la poesia dell'abbandono ed il delirio dell'epidemia micotica, in un insieme di suggestioni che amplifica ed espande la caratterizzazione meravigliosa del primo episodio.

    The Last of Us Parte 2 Deciso e potente, il primo contatto con The Last of Us Part II fa schizzare le aspettative per i risultati del nuovo lavoro firmato Naughty Dog. Se è vero che la chiusa del primo capitolo poteva rimanere perfettamente autonoma, il desiderio di raccontare un nuovo frammento della vita di Ellie è tutt'altro che immotivato: il racconto abbraccia temi forti, ragionando dei contraccolpi psicologici di una vendetta feroce e delle ragioni che l'hanno innescata. Non sappiamo ancora come si svilupperà la trama, ma le poche scene che abbiamo adocchiato ribadiscono che l'impronta autoriale del team di sviluppo, quando si parla di regia e recitazione digitale, è davvero poderosa e inimitabile. L'impalcatura ludica della produzione è composta poi da un gameplay che recupera gli elementi del vecchio episodio, lasciandoli crescere a dismisura e facendo in modo che possano intrecciarsi fino a creare un impasto ludico coerente, realistico ed efficace. È uno stealth molto particolare, quello di The Last of Us, aggressivo e violento come il mondo che gli fa da cornice, mescolato con elementi survival resi ancora più importanti nell'economia di gioco. E proprio per questo è così riuscito e affascinante. Tesa, nervosa, stimolante, l'azione di gioco viene esaltata dal level desing impeccabile, dal ritrovato valore dell'esplorazione, dalla perfezione del comparto animazioni. É un insieme di dettagli, di trovate e caratteristiche che contribuisce a delineare il profilo di una produzione imponente, sicuramente la più ambiziosa mai pensata dal team di sviluppo. Inutile girarci intorno: The Last of Us Part II mira a replicare la magia del suo predecessore, chiudendo in maniera sbalorditiva un'intera generazione, con un occhio già rivolto a quello che, tecnicamente e creativamente, verrà dopo. A seguito di questo “primo contatto” siamo fermamente convinti che il titolo sarà in grado di lasciare un segno sulla faccia del mercato, una traccia profonda e -a suo modo- incancellabile.

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