Provato The Order: 1886

Uno sparatutto a tutto tondo.

Provato The Order: 1886
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS4
  • PS4 Pro
  • Aveva sempre un sorriso enigmatico ma convinto, Ru Weerasuriya, co-fondatore di Ready At Dawn assieme ad Andrea Pessino, quando gli chiedevamo: “c'è di più?”.
    Annuiva, ci guardava con la sicurezza di chi crede nel proprio prodotto, e poi rispondeva: “fidatevi”.
    Ma dall'altra parte The Order insisteva con la sua incomprensibile ritrosia, mostrando microscopici frammenti di un'avventura che sembrava davvero troppo lineare, frammentata, pilotata. C'era, a monte, lo smisurato lavoro di caratterizzazione artistica, i dettagli di un universo costruito ad arte, l'impatto scenico che fa accomodare in un angolo qualsiasi cosa si sia vista su PlayStation 4 fino ad adesso: però alla progressione mancava il nerbo, quella forza dirompente che un buon Third Person Shooter dovrebbe avere. Il vero problema, tutte le volte volte che abbiamo posato gli occhi sul gioco o i polpastrelli sul pad, era che in The Order 1886 non si sparava quasi mai: e quando lo si faceva, ci trovavamo costretti in questi corridoi strettissimi che toglievano il respiro all'azione e punteggiavano un avanzamento per nulla trottante.
    Ma adesso basta: basta coi dubbi, con le riserve ed i sospetti. Diciamolo forte: The Order: 1886 è -oltre che una storia raccontata divinamente- anche uno sparatutto di quelli solidi, diretti, intensi.
    Nella saletta dell'evento londinese che ha preceduto la PlayStation Experience abbiamo giocato ad una demo estesa dell'attesissima esclusiva Sony. E finalmente The Order ha deciso di mostrare le unghie, scaraventandoci addosso un gunplay calcolatissimo e distintivo.
    Che Ready At Dawn abbia per le mani quello sparatutto in terza persona che, per un'intera generazione, è mancato nella line-up PlayStation?

    Dirigibili su Londra

    Il successo di The Order, è bene ribadirlo dopo l'introduzione moderatamente esaltata, dipenderà in massima parte dalla qualità della sceneggiatura e della regia, dal momento che narrazione, dialoghi e caratterizzazione dei personaggi avranno un peso smisurato nell'economia della produzione. Perchè è vero che -finalmente possiamo dirlo- il titolo di Ready At Dawn sembra uno sparatutto coi fiocchi, ma non pensate di trovarvi di fronte ad uno di quei prodotti in cui maciullare senza sosta chiunque vi capiti a tiro, ribelli o Mezzosangue che siano.
    Tutta la prima parte della demo, anzi, è tornata a sottolineare il fatto che il team vuole tenere saldamente le redini del racconto, facendo di tutto per immergere l'utente in un contesto così attentamente costruito.
    Nella sequenza che abbiamo giocato, i quattro membri dell'Ordine dovevano infiltrarsi in un dirigibile, per sventare il piano di un gruppo di ribelli che, travestiti da guardie armate, avevano intenzione di far esplodere il velivolo.
    Nel corso dei primi momenti si ritrovano quelle cut-scene timidamente interattive che avevamo già visto nelle precedenti demo, e poi una lunga sequenza stealth in verità piuttosto inquadrata. Si avanza sabotando le scatole dei fusibili che danno energia al sistema di allarme, oppure scassinando una serratura con uno strano grimaldello automatico, e poi cogliendo alle spalle le guardie ignare, con delle instant kill sempre violente e molto dirette. In questo primo frangente, tuttavia, i ritmi restano sempre lenti, la progressione è compassata, i compagni ci chiedono di aspettare e di seguirli con calma: neppure fossimo finiti in un linearissimo livello di Call of Duty.

    Si nota però un'attenzione quasi smodata per la recitazione digitale, e soprattutto la capacità di mettere in mostra dettagli che così bene caratterizzano il mondo di gioco. Anche quando ci troviamo a superare un semplice minigioco, o ad analizzare uno dei documenti sparsi per l'ambientazione, l'inquadratura ravvicinata sembra voler “penetrare nelle cose”, esibendo non solo le prodezze del motore grafico, ma anche l'incredibile investimento creativo con cui il Team ha costruito la sua Londra.
    Sembra quasi che The Order abbia un'ossessione per gli oggetti, che qui rappresentano il mito di un progresso inarrestabile negli anni di una rivoluzione industriale alternativa. A metà fra una cupa rilettura dell'epoca vittoriana e una fantasia steampunk (o forse è meglio definirla elettropunk?), il mondo di The Order si rivela pure attraverso i marchingegni improbabili in dotazione a Sir Galahad, ed ogni sequenza sembra studiata appositamente per prendere il giocatore e “tirarlo dentro” all'ambientazione, raccontargliene un pezzetto, stuzzicarlo con una curiosità erudita. C'è sempre, in The Order, un'avvertibile e costante “tensione narrativa”, anche quando invece che una storia si vuole raccontare il mondo di gioco, smisurato e affascinante.

    Fuoco!

    Decisamente ben realizzati e non invasivi ci sono sembrati anche i Quick Time Event, che ricordano in buona sostanza certe scene dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie e del recente sequel “Gioco di Ombre”.
    Ma, lo ripetiamo, le soddisfazioni sono arrivate soprattutto nella seconda fase della demo, in cui abbiamo finalmente provato una parte consistente dell'arsenale, rovesciando interi caricatori addosso alle forze ribelli.
    The Order, da questo punto di vista, mostra risultati davvero eccezionali: il peso di ogni arma si avverte nel rinculo potente, nella fisica un po' “ruvida” che caratterizza le reazioni dei fucili più “sperimentali”, ed in certi momenti sembra quasi come se la brutalità schietta di Rage avesse incontrato le meccaniche di Gears of War.
    Funziona tutto benone, in The Order: il sistema di coperture è ben studiato, i nemici si muovono rapidamente e tentano di guadagnare linee di tiro favorevoli, e quando sono sotto tiro evitano di mettere fuori la testa: semmai allungano solo il braccio che impugna la pistola e insomma mostrano un po' di spirito d'iniziativa. Non mancano sequenze in cui capita di crivellare un gruppetto folto di soldati tutti ordinatamente disposti di fronte al mirino della nostra mitraglietta, ma in generale le sparatorie si sono distinte per avere una bella mobilità.

    Quello che ci ha colpito di più è stato il feeling delle armi, che sfocia in un “gunplay” estremamente caratteristico e intenso, soddisfacente e per lo meno diverso rispetto a quello di tanti altri congeneri. Che sia un fucile a canne mozze che spara ben tre cartucce insieme, una sorta di “uzi pre-moderno” che baratta la lunghezza delle raffiche con un rinculo a tratti ingestibile, oppure le sventagliate delle ben più stabili mitragliatrici, ogni arma di The Order ha un comportamento peculiare, ben studiato, persino “credibile”. O meglio, credibilmente collocato nel contesto di gioco.
    Le sparatorie hanno un bel ritmo che alterna appaganti fucilate in faccia a momenti in cui bisogna invece saltare di copertura in copertura per guadagnare un vantaggio tattico. The Order, per il momento, continua a rifiutarsi di “aprire gli spazi” (ma i corridoi della scorsa demo lasciano il posto a stanze più ampie, a volte strutturate su più livelli): però stavolta non si può che rimanere impressionati dalle sequenze ben “coreografate” e avvolgenti. Impressionante il lavoro sulla componente acustica, che all'accompagnamento musicale di ampio respiro abbina una serie di effetti sonori “gravi”, poderosi, capaci di trasmettere in maniera convincente il peso dei colpi. L'interattività ambientale, sebbene non serva mai per risolvere davvero gli scontri (magari spaccando qualche copertura), rende le sequenze un po' meno statiche rispetto a quelle viste negli esponenti “old-gen” della categoria.
    Tutti insieme, gli ingredienti di questo mix roboante generano sequenze di fronte alle quali è impossibile restare impassibili. Finita forse troppo in fretta, la demo approntata per la PlayStation Experience è stata la prima che ci abbia smosso davvero, convincendoci della qualità e della robustezza del gameplay di The Order.

    The Order: 1886 A sostenere la nuova IP di Ready At Dawn c'è un motore grafico francamente incredibile, un lavoro di caratterizzazione del mondo di gioco che ha pochissimi rivali nella recente storia videoludica, e poi una grande attenzione per la recitazione digitale. E questo l'avevamo capito. Quello che ancora non avevamo pienamente assaporato era il feeling delle sparatorie, il loro peso nell'economia di gioco, il carattere di un gameplay che si era sempre rifiutato di stare per troppo tempo lontano dalle cut-scene interattive. Ora che abbiamo provato anche le fasi più movimentate, non abbiamo timore di dire che The Order: 1886 ha tutte le potenzialità per essere uno Shooter d'eccezione. Intenso, trottante, solido, il gioco ci ha addirittura sorpreso, superando le più rosee aspettative in termini di caratterizzazione del gunplay e feeling delle armi da fuoco. Vista l'impostazione molto particolare, che alterna sequenze dal gusto spiccatamente spettatoriale alle sparatorie che volentieri abbiamo (ri)scoperto, molto del successo del gioco dipenderà dai ritmi, dalla varietà e dalla qualità della progressione. Ma dopo quest'ultimo incontro con The Order, siamo come percorsi da un fremito: quello che ci coglie di fronte ai titoli potenzialmente titanici.

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