Provato War for the Overworld

L'erede spirituale di Dungeon Keeper si mostra in versione alpha al Rezzed di Birmingham.

Provato War for the Overworld
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  • Pc
  • Le eredità pesanti dal passato dei videogiochi più famosi non sono facili da cogliere. Electronic Arts ha cercato di far fruttare uno dei brand più famosi che latitano di un vero e proprio sequel, quel Dungeon Keeper per piattaforme mobile che ha scatenato un putiferio tra i fan, ma anche tra gli sviluppatori, che lo additano come disastro. Anche Paradox ci ha provato, con Impire, cercando un'identità tutta sua nella gestione dei dungeon ma mancando clamorosamente il bersaglio a causa di una gestione a metà tra l'esplorazione e il gestionale che privava i giocatori del vero motivo per cui tutti hanno amato il titolo Bullfrog alla fine degli anni novanta: essere un'entità malvagia senza alcun tipo di restrizione od orpello ruolistico. Così da due anni a questa parte, dopo una campagna Kickstarter di grande successo, Subterranean Games ci prova, forte di una community di appassionati e senza vincoli restrittivi da parte di brand manager e publisher esigenti. War for the Overworld è il frutto di una passione decennale per lo storico dungeon manager e si vede da ogni singolo dettaglio. Al Rezzed di Birmingham abbiamo giocato le prime quattro mappe disponibili e il tutorial, per quello che non esitiamo a definire come un erede spirituale del Dungeon Keeper che fu.

    Ti conquisto, ti torturo e ti converto

    Il concetto è semplice quanto sottile: siamo delle potenti entità malvage che vogliono conquistare il mondo dal sottosuolo. Siamo onniscienti e onnipresenti nel nostro dungeon che però vive di vita propria, secondo le nostre direttive. La visuale isometrica è identica a quella del titolo Bullfrog, con i nostri minion che brulicano a destra e sinistra, eseguendo i compiti che gli assegneremo. Il cuore del dungeon è anche l'origine del nostro potere, un portale che dovremo proteggere a tutti i costi dagli attacchi nemici, ovvero altri signori del male pronti a farci concorrenza per diventare gli esseri più malvagi del pianeta, ma anche paladini umani che cercheranno di sradicare il male alla radice, cercando di distruggere il nostro portale organizzando veri e propri party di eroi. Già dal cursore si nota la cura per i particolari e l'affezione che Subterranean prova per il vecchio gioco di Peter Molyneux. La mano demoniaca che indica, ordina e prende per la collottola ogni singola creatura malvagia che chiameremo a noi.

    "Il concetto è semplice quanto sottile: siamo delle potenti entità malvage che vogliono conquistare il mondo dal sottosuolo."

    Infatti la peculiarità che rendeva grande Dungeon Keeper e mantenuta pari pari in questo War for the Overworld, è che i nostri minion non verranno prodotti come in un titolo strategico. Piuttosto dovremo creare le condizioni perché necromanti, bestie insettoidi, succubi e ghoul possano trovare una "casa" in cui trovarsi a proprio agio nello studiare antiche maledizioni e nel torturare gli eroi catturati. Si inzia quindi a comandare ai propri goblin di scavare intorno al portale per cercare oro ed esplorare i sotterranei del nostro futuro dominio, creando contemporaneamente lo spazio necessario per costruire le prime stanze: l'area dormitorio e la macelleria. Ad ogni stanza è associata un tipo di creatura che, nel momento in cui troveremo un portale di accesso, diverso da quello di controllo origine del nostro potere, verrà ad abitare nel nostro lugubre labirinto di carne e pietra. I macellai demoniaci saranno dunque le prime creature che verranno a distribuire il cibo al resto della nostra marmaglia. Il tutto è stato mantenuto su un livello di microgestione piuttosto basso, per permettere invece alle componenti più divertenti di essere sviluppate con una minuzia maggiore. Dovremo preoccuparci solo di tre risorse: l'oro, trovato nella nuda roccia, il mana, ricaricato man mano nel nostro portale col passare del tempo e il cosiddetto "Evil Lore", una sorta di "ricerca scientifica" del male più grande che a seconda di alcuni parametri ci permetterà di sbloccare i tipi di stanze (e quindi i mostri) più avanzate e potenti. In aggiunta a mostri e incantesimi da evocare e lanciare direttamente dalla demoniaca mano che tutto può e tutto vuole, potremo piazzare anche un nutrito numero di trappole e marchingegni per sorprendere gli avversari. Insomma tutto sembra proprio ricordare nelle meccaniche il famoso titolo di un tempo, forse fin troppo.

    Nel corso dell'ora abbondante con War for the Overworld l'impianto classico ibrido tra gestionale e strategico ha brillato come da tempo abbiamo cercato nei vari emuli usciti negli ultimi dieci anni senza successo. Quello che ci ha lasciati un po' con l'amaro in bocca però è stata la realizzazione artistica che, nonostante l'alta definizione, ci ha fatto rimpiangere l'efficace stigmatizzazione dei tratti malvagi delle creature ad opera di Bullfrog. Tuttavia vogliamo tralasciare per ora questo aspetto, che speriamo venga modificato nell'anno abbondante che ci separa dalla release. Sulle mappe di gioco incontreremo stanze e terreni di diverso tipo da annettere al nostro sotterraneo possedimento, come grotte ghiacciate (occhio con le fireball!), fiumi di lava da usare a nostro vantaggio o paludi infestate da creature native e artefatti particolari per ottenere un qualche tipo di vantaggio strategico, come degli enormi occhi che servono per eliminare la fog of war circostante. Gestendo il nostro dungeon siamo andati direttamente a costruire le stanze per ospitare le nostre creature preferite: i negromanti e le succubi, ma non è stato così semplice come credevamo. Innanzitutto che cos'è un negromante senza i suoi seguaci? Non è bastato avere una grande libreria arcana zeppa di volumi demoniaci da consultare, ma abbiamo dovuto aspettare che si riempisse di cultisti, unità minori che funzionano da supporto per gli altri minion durante le battaglie.

    "Le potenzialità per avere dopo più di dieci anni il vero erede di Dungeon Keeper ci sono tutte."

    Ma nemmeno questo è bastato: senza una cripta, non avremmo avuto alcuna speranza nell'attrarre un evocatore dei morti. Da qui la folgorante intuizione: costruito l'ossario abbiamo preso un nutrito numero di cultisti con la nostra manona satanica e li abbiamo sacrificati nella cripta. Ecco quindi che un negromante è spuntato dal portale, dirigendosi verso i suoi cultisti sacrificati e rievocandoli come grossi ghoul o veloci scheletri sotto il suo controllo. L'indipendenza delle creature dai nostri voleri fu la chiave del successo di Dungeon Keeper: vedere ogni creatura occuparsi delle proprie cattivissime attività dava vita a risultati sorprendenti. L'albero di costruzione delle varie unità non dipende quindi solo dalla spesa diretta delle risorse raccolte, ma soprattutto dal rapporto che i minion hanno tra di loro. Un altro esempio è la succube, per cui non basterà costruire una camera delle torture, ma anche una prigione in cui catturare i nemici. Una volta dentro potremo farli combattere tra loro in un'arena apposita, oppure torturarli senza pietà, momento in cui la seducente succube entrerà nel nostro dungeon. A quel punto avremo una duplice possibilità: ucciderli per aumentare la soddisfazione della succube e creare un fantasma (che funziona come una specie di esploratore incorporeo da mandare in avanscoperta), oppure torturarli ad libitum nella speranza che si convertano alla nostra causa.

    Esistono comunque in tutto circa 40 tipi di unità, ognuna con diverse abilità in combattimento e quasi tutte con un livello di esperienza da uno a cinque che li rende più potenti e sblocca, al quinto, un'abilità aggiuntiva. Solo le creature dotate di intelligenza potranno però accumulare XP in battaglia e nell'arena (combattendo contro i prigionieri o altre creature). Le bestie (insettoidi di varia natura) avranno invece il vantaggio di venire ad abitare i nidi che costruiremo al pieno delle loro potenzialità, ma non potranno godere di una progressione che li rende alla lunga meno potenti dei loro mostruosi colleghi.A completare il quadro le trappole e gli incantesimi (non ancora del tutto presenti nell'alpha build provata). Una bella Fireball potrebbe cambiare le sorti di una battaglia intera se piazzata al momento giusto, così come un'enorme lama che taglia le teste degli ignari esploratori.
    Le potenzialità per avere dopo più di dieci anni il vero erede di Dungeon Keeper ci sono tutte, ma Subterranean deve ancora perfezionare parecchio il suo prodotto per raggiungere i fasti di un tempo in chiave moderna.

    "War for the Overworld e il primo tentativo riuscito di riproporre le meccaniche così peculiari di quel Dungeon Keeper che molti ricordano come il miglior titolo di Peter Molyneux."

    Se l'impianto di base funziona alla perfezione e restituisce quel feeling di "Signore del Male" che in nessun altro titolo ci ha mai convinto come in Dungeon keeper (quello che ci è andato più vicino fu l'ottimo Overlord), proprio la varietà dell'interazione tra le creature deve migliorare. Se è più che lecito chiudere un occhio sul comparto artistico sinceramente poco ispirato, pur considerando lo stato acerbo dei lavori, in termini di meri contenuti e possibilità strategiche ci è parsa che la fantasia del team Subterranean si fermasse un po' troppo ai cliché di genere e senza la vena ironica e macabre che contraddistinse l'illustre predecessore. Speriamo che qualcosa cambi da qui alla lontana release, ma intanto ci ha fatto davvero piacere tornare a vestire i panni del male incarnato che cerca il dominio del mondo a colpi di piccone e battaglie contro chierici e paladini. E attenzione che l'oro non finisca nei forzieri del dungeon, perché ogni creatura malvagia è più avida di quanto possiate immaginare e se alla fine di un giorno di gioco non potrete pagarli o sfamarli vi ritroverete ben presto una rivolta di proporzioni sataniche.

    War for the Overworld Un deciso ritorno al passato per War for the Overworld e il primo tentativo riuscito di riproporre le meccaniche così peculiari di quel Dungeon Keeper che molti ricordano come il miglior titolo di Peter Molyneux. Si può dire di tutto del leggendario game designer british (alle prese con un god game non del tutto convincente), ma non che gli manchi la sferzante ironia tipica del suo paese di origine e di cui ha intriso tutte le sue opere. Proprio questo elemento di macabra ironia è quello che più manca a questo erede spirituale che, in sostanza, cerca di prendersi un po' troppo sul serio. Un art direction poco convincente di certo non rincuora, anche perché non stiamo parlando di bug o comparto puramente tecnico su cui lavorare. Insomma le basi nel gameplay ci sono e sono esattamente quello che tutti stiamo aspettando da anni, ma basteranno a far rivivere la bestiale magia nel governare il proprio orribile dungeon? Lo sapremo solo tra un annetto, anche se da questa estate potremo già avere un'idea più chiara di come si sta coportando War for the Overworld grazie all'uscita della beta multiplayer al pubblico non backer.

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