Recensione Afro Samurai

Il samurai dalla capigliatura afro al suo debutto

Afro Samurai
Recensione: Xbox 360
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Inversione di tendenza

    Negli ultimi anni le dita di una sola mano sono diventate abbondanti se utilizzate per tenere il conto delle produzioni videoludiche tratte da anime/manga che si possano definire tali in quanto a fedeltà nella trasposizione e funzionalità della struttura ludica.
    Tra queste troviamo senza alcun dubbio i due titoli usciti negli ultimi mesi del 2008 e dedicati al famosissimo ninja Naruto: Broken Bond (in esclusiva per Xbox 360) e Ultimate Ninja Storm (in esclusiva per PS3).
    ATARI, distributore italiano dell'ultimo prodotto citato, vuole dimostrare, anche in questi primi mesi del 2009, la sua lungimiranza nell'investire in videogame di stampo cartoonesco, prendendo in consegna Afro Samurai, tie-in del famoso anime ancora non approdato alle ridenti scogliere italiote.
    L'irriverente action game oggetto dell'odierna disanima approderà sul mercato europeo il 27 di Marzo per Xbox 360 e Playstation 3.

    Datemi una bandana e conquisterò il mondo

    La trama che funge da sfondo alle vicende di Afro Samurai è tanto semplice quanto accattivante.
    In un'epoca che di feudale ha solo scenari e costumi il destino degli uomini è scosso dalla presenza di due bandane leggendarie: la numero uno e la numero due.
    La leggenda vuole che il possessore della numero uno sia considerato una sorta di divinità in terra, intoccabile ed inarrivabile da chiunque, se non dal possessore della numero due, l'unico in pieno diritto -ed in grado- di sfidarlo.
    Possedere la bandana numero due risulta però gravoso: il suo padrone può infatti venire sfidato da qualsiasi altro samurai per il possesso della stessa.
    Su quest'arzigogolata corteccia è intarsiata la storia di Afro, il samurai di colore di cui indosseremo le vesti nel corso dell'avventura.
    Per capirne il coinvolgimento del protagonista nella lotta millenaria di cui sopra è necessaria una digressione temporale, trattata -per altro- nella prima puntata dell'eccentrico anime da cui il gioco è tratto.
    Afro, ancora bambino, assiste impotente all'uccisione del padre (ex numero uno) da parte del crudele Justice, pistolero-samurai possessore, fino a quel momento, della fascetta numero due.
    Spinto, dopo tale tragedia, da un irrefrenabile senso di vendetta, il nostro eroe partirà per un lungo viaggio che lo porterà ad esplorare le tortuose vie della spada ed a lasciarsi alle spalle una lunga scia di cadaveri durante la strenua ricerca della numero due, indispensabile per sfidare Justice e portare a compimento il proprio destino.
    La storia, di per sé già abbastanza originale, viene impreziosita, lungo il cammino del nostro alter ego digitale, da alcune sotto-trame piuttosto profonde ed interessanti, dalla particolarità del setting e dall'immenso carisma degli interpreti.
    La produzione Namco-Bandai è caratterizzata dallo stridere continuo ma affascinante delle componenti culturali che ne plasmano il background.
    L'ambientazione feudale (giapponese) e l'abbigliamento concorde sfoggiato da tutti i personaggi collidono inesorabilmente con l'uso di improbabili armi da fuoco (vedi granate ed RPG) e di telefoni cellulari per comunicare.
    Lo stile nipponico è poi chiaramente in contrasto con le radici culturali del protagonista (di colore) e, più in generale, con il linguaggio utilizzato diffusamente durante l'intero corso dell'avventura: un condensato del colorito slang tipico dei gangster e dei rapper statunitensi.
    A dispetto del cinismo generale e della volgarità di alcune battute, protagonisti e comprimari risultano maturi e psicologicamente approfonditi; in particolare Afro, accecato dalla vendetta e “sporco” del sangue delle innumerevoli vite ghermite in nome di essa, pare sempre sull'orlo di un baratro di follia, sottolineato dalla magistrale interpretazione di Ninja Ninja, la sua eccentrica guida spirituale/doppia personalità.

    Action/Platform game

    Le meccaniche ludiche sulle quali è costruito Afro Samurai strizzano l'occhio al passato, quel passato in cui gli action game presentavano una decisa componente platform in grado di variarne concretamente l'azione.
    Il gameplay risulta d'immediata fruizione anche per i giocatori meno smaliziati, grazie soprattutto ai continui -ed efficaci- tutorial ed all'efficace mappatura dei controlli: ad ognuno dei front button è delegata una precisa azione (attacco debole, forte, calcio, salto), la loro combinazione veicola il concatenamento delle combo ed i grilletti fungono da parata e da tasto d'attivazione per la modalità concentrazione.
    Una piccola precisazione è doverosa verso quest'ultima, vero e proprio cardine dell'azione in Afro Samurai.
    Si tratterà sostanzialmente di periodo di “bullet time” (azione rallentata) durante il quale il nostro eroe sarà in grado di prodigarsi in letali fendenti capaci di smembrare in un sol colpo buona parte degli avversari.
    Lo stesso sistema di “affettamento” risulta molto interessante: caricando il colpo durante le fasi sopracitate, infatti, comparirà una linea guida che consentirà al giocatore di tagliuzzare testa, gambe, braccia, dita e di fare addirittura lo scalpo ai nemici.
    Nel prosieguo dell'avventura Afro -acquisendo livelli d'esperienza- vedrà crescere la propria lista d'abilità, alla quale si aggiungeranno non solo nuove combo ed azioni indispensabili al superamento delle aree più impervie, ma anche notevoli potenziamenti per quel che concerne il focus (tagliare tre/quattro nemici alla volta ed allungare il periodo di permanenza in “bullet time” ne sono solo due esempi).
    Ci sarà, infine, un mini-gioco chiamato smembra-poker, dedicato proprio a porre l'attenzione su questo particolare aspetto del gioco: per cimentarvisi basterà avvicinarsi al fido Ninja Ninja durante gli scontri più cruenti, ed iniziare a sminuzzare gli avversari fino ad ottenere una determinata scala composta da tre carte (rappresentanti le parti anatomiche).
    La presenza contemporanea di un elevato numero di avversari e la lunga e spettacolare serie di combo a disposizione del nostro beniamino rendono l'azione in Afro Samurai estremamente frenetica ed, il più delle volte, confusionaria.
    La causa ti tale trambusto va ricercata in alcune scelte di design: si è deciso infatti di implementare un algoritmo in grado di calcolare autonomamente la prossimità dei nemici, in modo tale da non doversi quasi mai preoccupare della direzione verso cui attaccare. Questo fa sì tuttavia che sia difficile controllare il protagonista, intento ad inquadrare sempre il nemico più prossimo. A discapito della qualità dell'azione, troviamo poi una scarsa intelligenza artificiale, che rende particolarmente grezzi i movimenti degli avversari, spesso incapaci di valutare l'ambiente circostante ed in grado di muoversi solamente seguendo pattern predefiniti e piuttosto prevedibili.
    Fortunatamente i modelli in cui ci imbatteremo risultano tra loro discretamente vari e capaci di sfoggiare diverse abilità (alcuni saranno molto agili, altri pesantemente bardati) ,in grado di mettere alla prova la nostra abilità nel dosare a dovere le combinazioni standard e i focus attack, approfondendo così un gameplay che spesso e volentieri pare premiare sin troppo il button mashing.
    La concomitanza di tutti questi fattori non basta, in ogni caso, ad eliminare del tutto una ripetitività che farà inesorabilmente e costantemente da sfondo all'intera avventura. Nessun aiuto arriva dalle sezioni "piattaformiche", pensate per veicolare un minimo di varietà in una struttura ludica spesso fotocopia di se stessa. In ultima analisi, infatti, queste risultano piuttosto frustranti, data la sorprendente mancanza d'agilità nel protagonista ed una scellerata gestione della telecamera. In alcuni frangenti la visuale -solitamente controllabile dal giocatore- prenderà il sopravvento, impedendo al giocatore un corretto controllo dell'avatar e scaraventando l'utente in una lunga spirale di frustrazione che ricorda, seppur alla lontana, i primi Tomb Raider.

    Iniezione di stile

    L'ultima produzione Namco-Bandai, dal punto di vista tecnico, non pretende di issarsi come baluardo di questa generazione, ma intende comunque dire la sua sfruttando lo stile impareggiabile del Cell Shading unito all'esperienza pluriennale del team nipponico nel rendering in salsa cartoonesca.
    I modelli rappresentati in Afro Samurai sono perciò curati, artisticamente riusciti e capaci di dare anche al videogioco quell'iniezione di stile che ha contraddistinto il successo -sinora solo oltreoceano- dell'anime.
    La produzione, come già anticipato, si basa sul contrasto tra una cultura millenaria (samurai) ed il ben più recente hip hop, da cui protagonista e principali comprimari sono fortemente contagiati, sia nella parlata (tipicamente afro-americana, “da ghetto”) che nello stile; mai prima d'ora si era visto un samurai di colore con la capigliatura afro e la sigaretta (?) costantemente in bocca: geniale.
    Alla luce di un appeal artistico in grado di far brillare gli occhi sin dal primo momento gli evidenti difetti di un motore grafico per certi versi datato vengono tranquillamente messi in secondo piano, nonostante evidenti.
    Compenetrazioni poligonali, texturizzazione non perfetta degli ambienti e problemi nel contatto tra personaggi e superfici rimangono leggermente oscurati se messi a confronto con la direzione artistica globale che, oltre al carisma degli interpreti, mette in campo un elegante bianco e nero per le sezioni in slow motion ed un taglio tipicamente “cartaceo” per le cut scene, con la scena riquadrata e tagliata -letteralmente- in due per mostrare gli eventi da diverse prospettive.
    Quel che di negativo rimane in luce riguarda in vece il comparto animazioni, davvero troppo scarno per poter competere anche con gli altri Cell Shading Games -se così li si può chiamare- presenti in questa generazione (Naruto su tutti).
    Se per i personaggi principali il tutto rimane su livelli accettabili lo stesso non si può dire per i comuni avversari, riprodotti, per quel che riguarda le movenze, davvero con lo stampino.
    Particolarmente fastidioso notare come venga meno l'articolazione dei movimenti più che la varietà degli stessi, rendendo il fluire dell'azione, spesso, piuttosto innaturale.
    Nulla da dire riguardo alla componente audio dell'opera, davvero magistrale.
    Il doppiaggio, mantenuto fortunatamente nella versione originale (sottotitolata la copia italiana), si fregia di nomi del calibro di Samuel L. Jackson e Kelly Hu, capaci di infondere la vita in texture e poligoni formanti gli attori digitali.
    Le linee di dialogo, come abbiamo già sottolineato, si mantengono in equilibrio tra il serio ed il faceto, sdrammatizzando con un cinismo d'alta scuola anche le situazioni più critiche e mantenendo in tal modo sempre elevata l'attenzione e la curiosità del fruitore.
    Ottime anche le colonne sonore, supervisionate da RZA (famoso rapper americano) ed in parte composte esclusivamente per il videogioco; anche in questo caso è il contrasto delle note rap su basi tradizionali giapponesi è un vero e proprio toccasana per l'orecchio affamato di nuove scoperte.

    Afro Samurai Afro SamuraiVersione Analizzata Xbox 360Sebbene lo spessore ludico di Afro Samurai non sia certo elevato, la produzione nipponica presenta alcune caratteristiche che ne definiscono, alla luce del completamento dell'avventura, un inaspettato e piacevole valore. Una trama spesso sopra le righe, una realizzazione tecnica non impeccabile ma inconfondibile nello stile, nonchè il diffuso e dissacrante sense of humor che contraddistinge il fluire delle vicende, rendono Afro Samurai un titolo godibile, a dispetto di un gameplay e macchiato dalla ripetitività e da una struttura di gioco un po' troppo invecchiata. Il titolo ATARI non soddisferà i palati fini, abituati ai tecnicismi di Ninja Gaiden 2 o alla maestosità grafica di altri prodotti recenti, ma sarà sicuramente in grado di far trascorrere una decina d'ore di buon divertimento e vivere, assieme all'eroe di turno, una storia di discreta levatura per i canoni a cui il genere d'appartenenza ci ha sinora abituato.

    6.5

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