Recensione Ape Quest

Scimmie a turni sul PlayStation Store

Recensione Ape Quest
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    Nel periodo in cui le grandi console casalinghe fremono di novità e Top Title, il portatile Sony sembra essersi assopito appena giunti i primi caldi primaverili. Nessun grande annuncio e pochi titoli in vista rendono il panorama di PSP non troppo esaltante. Vale la pena, dunque, fare un tuffo nel sempre più nutrito Playstation Store, alla ricerca di qualche perla consumata dal tempo. In una serie di articoli dedicati agli ultimi titoli disponibili in Digital Delivery, speriamo di risvegliare l'attenzione dei giocatori.

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    Tre capitoli, un Quest

    Ape Quest prosegue il cammino intrapreso negli ultimi anni dalla serie storica di Sony Japan, percorso del tutto imprevedibile che vede le folli scimmie protagoniste del primo Ape Escape comparire in produzioni del tutto differenti dalle piattaforme 3D degli esordi.
    Dopo un remake, due collezioni di minigiochi ed un titolo sulla falsariga di Mario Kart (inedito in Europa), PlayStation Portable accoglie nuovamente i simpatici primati all’interno di un gioco di ruolo dai toni spensierati, disponibile esclusivamente attraverso il PlayStation Store e suddiviso in tre capitoli scaricabili separatamente, trend che sembra riscontrare un certo consenso negli ultimi tempi.

    La trama, piuttosto esile invero, narra le gesta di un giovane e viziato principe (il nome lo deciderà il giocatore a inizio partita). Il Re, scontento del comportamento indecoroso del figlio, decide di sottoporlo ad una prova. L’erede al trono, accompagnato dal fido moschettiere D’Apetagnan, si reca sul luogo indicato, ma, distrattamente, libera gli Apetrons, creature maligne che ora minacciano la pace e l’armonia del regno. A noi il compito di rimediare al guaio... forse era meglio se il Re ci avesse lasciato mangiare banane e dormire tutto il giorno.

    Role playing for dummies

    Ape Quest si palesa come un gioco di ruolo estremamente semplificato sotto quasi tutti i punti di vista. Gli elementi narrativi sono ridotti a brevi filmati in tempo reale caratterizzati da un umorismo di fondo azzeccato, ma privi di mordente dal punto di vista della regia e della qualità dello screenplay.
    Gli spostamenti avvengono all’interno di ambienti tridimensionali dal buon design ma, purtroppo, privati della quasi totale libertà di movimento: il giocatore infatti si limiterà a scegliere un percorso da seguire ogni qual volta si troverà d’innanzi ad un bivio. Il colore del sentiero indicherà la possibilità d’incontrare insidie più o meno pericolose lungo il tragitto; tragitto durante il quale non sarà possibile tornare indietro, se non all’incrocio successivo. Dal punto di vista dell’esplorazione, dunque, Ape Quest pecca in eccessiva linearità; scelta che, per quanto possa venire incontro al giocatore meno navigato, rende il peregrinare del protagonista un’operazione decisamente poco interessante.

    La componente action del titolo si esplica attraverso una serie di minigame. Il titolo Sony Japan, infatti, prevede due tipologie di combattimenti casuali: le classiche battaglie a turni e i minigiochi. Questi ultimi ci vedono affrontare semplici schemi che, nella maggior parte dei casi, si rivelano alquanto banali e dal facile superamento. Schivare massi, giocare a braccio di ferro, sgominare orde di nemici in stile hack’n’slash e altro ancora; sempre e comunque al fine di guadagnare punti esperienza e Chips, la moneta locale.
    L’altro fulcro dell’azione è rappresentato, infine, dai tipici combattimenti a turni. Il battle system alla base di Ape Quest si rivela, anch’esso, piuttosto blando e privo di guizzi d’originalità: i combattimenti avverranno in solitaria (anche se è previsto l’aiuto di un membro del cosiddetto Ape Team previo pagamento in Chips, il compagno scenderà in campo ed eseguirà una mossa speciale particolarmente potente), avremo a disposizione il classico attacco singolo, una buona varietà di tecniche, nonché la possibilità di utilizzare oggetti di vario genere. I parametri tipici da GdR sono tutti presenti, dal livello d’esperienza ai valori d’attacco, difesa e agilità. I punti "Guts" sostituiscono ora i Magic Points, in quanto misura fondamentale al fine di eseguire tecniche offensive.
    Per quanto piuttosto ben bilanciati nella difficoltà, gli scontri si rivelano presto una sfida priva di mordente, fin troppo limitata nella customizzazione del protagonista e nelle possibilità d’attacco, riducendo ai minimi termini l’aspetto strategico di ogni combattimento. Dal punto di vista della preparazione alla battaglia, infatti, sarà sufficiente badare alla sola scelta del trittico arma-scudo-corazza. Ottima la decisione di mostrare armi ed armature indosso al nostro eroe: col passare delle ore di gioco, dalla triste accoppiata “martello di gomma e mutandoni” assumerà sempre più le sembianze di un vero condottiero.

    Il gameplay alla base di Ape Quest, in sostanza, riprende le meccaniche tipiche della quasi totalità dei Jrpg a turni, senza, però, mettere in mostra elementi particolarmente efficaci o innovativi. Il risultato è un prodotto troppo limitato per riuscire ad interessare gli appassionati del genere e, nel contempo, dal gameplay eccessivamente noioso e riciclato per tentare d’incuriosire il neofita. Assente del tutto, inoltre, il multiplayer, elemento che, per certi versi, avrebbe potuto mettere Ape Quest in diretta concorrenza con i due Ape Academy.

    Ape paradise

    Dal punto di vista tecnico Ape Quest raggiunge risultati soddisfacenti, soprattutto per quanto riguarda la modellazione 3D dei personaggi, dotati di un buon dettaglio e di animazioni fluide. Dal protagonista al più comune dei nemici, ognuno di essi gode di elementi caratterizzanti ed una cura nella realizzazione più che buona. Ottimo anche il level design, per quanto facilitato dalla natura “sui binari” che contraddistingue l’esplorazione. Effetti di luce validi, textures di buona fattura ed un orizzonte privo di nebbie occultatrici rendono ogni scorcio estremamente piacevole alla vista.
    Piuttosto rapidi i caricamenti che introducono minigiochi e combattimenti, anche se, in verità, limati dal fatto che il titolo risiede all’interno del Memory Stick.
    Anche l’audio si difende bene con brani spensierati ed orecchiabili ed effetti sonori azzeccati. Per quanto non sia presente alcun dialogo parlato, invece, duole constatare la mancanza di una localizzazione in italiano dei testi, cosa che avrebbe indubbiamente giovato, considerato il presunto target d’utenza indirizzato verso i giocatori più giovani.

    Ape Quest Ape QuestVersione Analizzata PSPApe Quest fatica ad inserirsi all’interno di un target definito. Pur rivolgendosi palesemente verso un pubblico giovane poco avvezzo al role playing, non riesce nell’intento di catturare l’attenzione del neofita, mettendo in luce un gameplay stantio e rivelandosi potenzialmente ostico a causa della mancata localizzazione in italiano. Inoltre, i meccanismi ludici fin troppo semplificati rispetto al classico GdR e l’estrema linearità riducono ai minimi termini l’interesse dell’appassionato (sia della serie che del genere d’appartenenza), limitando fortemente la fruibilità e costringendoci a sconsigliarne l’acquisto senza riserve. Ape Quest è, in conclusione, uno degli episodi/spin off meno convincenti della saga scimmiesca di Sony Japan e, per quanto caratterizzato da un forte umorismo demenziale e da un comparto tecnico dignitoso, non riesce ad avvicinarsi nemmeno lontanamente a quei Jrpg che va parodiando.

    5.5

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