ARK Survival Evolved Recensione

Dopo oltre due anni dalla prima apparizione, ARK Survival Evolved esce finalmente dalla fase Early Access: la recensione della versione definitiva.

ARK Survival Evolved Recensione
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Sarò sincero: sebbene ARK: Survival Evolved sia in circolazione da almeno due anni e abbia fatto parlare di sé (non sempre positivamente) più e più volte, non ho mai avuto il coraggio di provarlo. Probabilmente ho dato ascolto a quella parte di me che apprezza la solitudine e che non si esalta all'idea di buttarsi in un modo popolato da altri esseri umani, con cui si deve per forza collaborare se si vuole sopravvivere. Il gioco di WildCard, quindi, mi guardava sornione, tentava di incuriosirmi con la sua scagliosa beltà, ma io, puntualmente, rigettavo le lusinghe al mittente con fare sdegnoso.
    Fino a che un tetro araldo di sventura bussò alla mia porta, mi fissò per qualche secondo e mi porse quella che pareva essere la versione definitiva di ARK, temprata dagli anni di permanenza in Early Access e perfezionata seguendo le voci dei giocatori. Sulle prime fui abbastanza incerto: entrare dentro quel mondo sconfinato senza sapere se sarei stato abbastanza forte per sopravvivere, oppure volgere lo sguardo altrove e lasciare tutto com'era? Sapevo che avrei preso la strada sbagliata, qualunque sarebbe stata la mia scelta, ma mi sono detto: "va bene, ARK, ora siamo io e te. Da soli. Vediamo chi la spunta". Ha vinto lui, in ogni caso.

    Se non puoi batterli, gioca sporco

    Appena arrivato nei menu fui colto da un altro dilemma: entrare in uno dei tanti server pubblici o creare una partita privata, da solo, in un mondo temibile e senza aiuti d'ogni tipo? Decisi che avrei battezzato il gioco alla stregua di un lupo solitario, accantonando, almeno per un po', la componente più social e massiva, vero fulcro dell'esperienza. M'imbattei allora nell'editor del personaggio: potevo decidere il sesso del sopravvissuto, selezionarne le dimensioni di ogni parte del corpo e il colore dei capelli e degli occhi. Non era possibile cambiare l'acconciatura, dopotutto su un'isola deserta non esistono i parrucchieri: barba e capelli erano destinati a crescere selvaggiamente col tempo.

    L'opzione "casuale" catturò la mia attenzione, quando ci cliccai apparvero davanti ai miei occhi una serie di mostruosità deformi, generate randomizzando le impostazioni dell'editor. Certo, nessuno avrebbe potuto schernirmi per quella bruttezza quasi circense, ma ripiegai comunque su una donzella più graziosa e proporzionata.?Mi ritrovai quindi su un bianco arenile, a terra e con uno strano manufatto nel polso sinistro. Intorno a me il panorama si estendeva a perdita d'occhio e nel cielo fluttuavano degli obelischi alieni, illuminati da luci che di naturale avevano ben poco. Nessun indizio su cosa potessero essere quei grossi monoliti, ma la giungla che li circondava era ancora troppo minacciosa. Concentrai i miei pensieri su altro. Ci volle un po' di tempo prima di riuscire a capire come raccogliere le risorse: erbacce e bacche potevano essere prese interagendo col terreno, mentre legna e paglia andavano collezionate colpendo con le nocche i piccoli arboscelli. Una pratica dolorosa, ma che mi concesse di creare i primi utensili per incrementare il numero di materiali ottenuti. Cominciai quindi una selvaggia opera di deforestazione e di escavazione, acquisendo man mano dei punti esperienza che mi garantivano un bonus alle statistiche e la possibilità di sbloccare nuovi progetti (chiamati engrammi) con cui sviluppare tecnologie sempre più moderne. Il lavoro convulso costava fatica, era quindi necessario mangiare le bacche raccolte, bere l'acqua di mare (che, stranamente, non era salata) e fermarsi per riprendere le forze. A quel punto mi scontrai con un'altra delle crudeltà nella faretra dei survival game: le bacche non bastavano più, e i loro effetti sul corpo non erano dei più benefici - ingurgitai addirittura una narcobacca che mi fece crollare al suolo per diverso tempo, fortunatamente senza conseguenze.
    Serviva qualcosa di più sostanzioso.Con la selce ed alcuni ramoscelli di legno creai una rozza lancia ed una fionda, rivolsi lo sguardo verso il crepitante falò che avevo imbastito qualche attimo prima e pensai che sarebbe stato delizioso preparare una sontuosa grigliata. Scegliere le prede, però, era un compito alquanto complicato. C'era un po' di tutto su quella riva: dei mansueti Parasaurolophus, ma troppo veloci e resistenti per crollare velocemente; grossi Iguanodon, anche loro eccessivamente minacciosi, e persino corazzati Triceratops, con le cui corna non avrei voluto aver niente a che fare per un bel po' di tempo.

    Tra i grossi erbivori scorsi dei pennuti piuttosto familiari e apparentemente innocui: a quel punto decisi che i dodo sarebbero stati la portata principale dell'imminente cenetta.?Non ebbero scampo, due o tre fendenti di lancia e gli uccelli crollarono a terra esanimi, con l'accetta in pietra, poi, si potevano recuperare la carne e la pelle.
    Facili prede, che mi permisero di arrivare fino alla sera con la pancia piena e mi garantirono anche il necessario per imbastire un pagliericcio (un punto di respawn in caso di morte).
    Arrivò la notte e con essa la mia voglia di esplorare si affievolì un poco: la visibilità era infatti bassa e gli stormi di uccellacci che avevo osservato da lontano non mi ispiravano molta fiducia. Mentre mi riposavo al calduccio del focolare, però, notai una cosa che mi incuriosì. Nel buio brillavano una serie di fasci luminosi colorati, tanti, tantissimi, e tutti intorno a me.
    Mossi un po' la testa e vidi che in una collina vicino al mio campo stava atterrando una strana capsula, immersa in uno sfavillio verde.
    Al diavolo la sopravvivenza: la curiosità prese il sopravvento.Mi incamminai verso la foresta tenendo la lancia in mano e guardandomi attorno con circospezione, man mano che mi addentravo nella fitta boscaglia il framerate crollava (no, i problemi che ARK si porta dietro dall'Accesso Anticipato non sono ancora stati risolti del tutto) e il rumoreggiare della fauna si faceva più incessante.
    Passai accanto ad un diplodocus, a degli oviraptor spaesati e a qualche aggressivo dilophosaurus, che schivai con attenzione, e alla fine fui al cospetto di quello strano marchingegno tecnologico.
    Felice come una pasqua mi gettai a capofitto per vedere di cosa si trattasse, ma purtroppo non fui in grado di recuperare un bel niente: il contenitore poteva essere aperto solo da personaggi di livello quindici, e la mia misera sopravvissuta era a malapena al dieci - più tardi scoprii che quelle capsule contenevano delle risorse di vario tipo e pezzi d'equipaggiamento.
    Deluso tornai sui miei passi correndo, ma non prestai abbastanza attenzione: mi persi nel buio della giungla ed arrivai in un altro luogo, bazzicato da grossi carnivori che non vedevano l'ora di fare uno spuntino. Non finì bene.
    Ricominciai dal mio accampamento e con sommo gaudio notai che il livello del personaggio e tutti gli engrammi non erano andati perduti. L'equipaggiamento, quello sì, e giaceva al di là di un colle, segnalato con un visibile fascio di luce verde.
    Non valeva la pena di rischiare la pelle per un paio di armi e di utensili: ricominciai da zero ed innalzai pure una costruzione in legno e paglia. Nel mentre scoprii che era possibile addomesticare gli animali, bastava solo stordirli e nutrirli con erba e bacche, nel caso degli erbivori, o con la carne, qualora avessimo deciso di ammaestrare un predatore. Alcuni di loro potevano essere cavalcati con una sella, per velocizzare gli spostamenti.
    Cominciai con i dodo e poi provai con parasaurolophus ed iguanodon: più le bestie erano grosse e più l'operazione richiedeva tempo, ma alla fine ero riuscito a creare una bizzarra fattoria. Con uno stuolo di rettili al seguito decisi che avrei avuto bisogno di un potente compagno d'armi: quell'imponente triceratopo che camminava placido sulla riva sembrava esser capitato lì per provvidenza divina. Lo volevo tra le fila del mio esercito animalesco.

    Senza troppo indugiare mi gettai in avanti e trafissi il rettile alle gambe, aspettai poi che i miei dinosauri lanciassero l'attacco. L'iguanodon e il parasaurolofo attaccarono frontalmente, il dodo perì quasi subito, mentre la coppia di dilofosauri che avevo "reclutato" poco prima si muoveva ai fianchi.
    Sottovalutai l'ardore di quella bestia: dapprima provai a stordirlo, ma poi compresi di aver sbagliato tutto. L'iguanodon cadde infilzato dalle corna del triceratopo, il parasauro lo seguì a ruota, così come tutti gli altri. Nel frattempo avevo sguainato la lancia e provavo a buttare giù quel pachidermico (e indiavolato) mostro; era troppo tardi per stordirlo, ma almeno potevo tornarmene a casa con un trofeo, e sulle mie gambe. Niente da fare, la lancia si spezzò e cominciai a correre, mentre il cornuto inseguitore rombava dietro di me.
    Diavolo, avevo sottovalutato pure la sua velocità.Zigzagare tra la vegetazione e le rocce mi fece guadagnare un po' di tempo, tuttavia raggiunta una radura mi accorsi di una cosa molto spiacevole: i triceratopi erano ora due, uno ferito e zoppicante e l'altro che, come un paladino, era giunto in soccorso del suo simile. Doppia maledizione. Virai verso la mia baracca, illudendomi che le pareti di legno avrebbero potuto arrestare l'incedere degli squamosi quadrupedi alle mie spalle. In fretta e furia aprii la cassa degli oggetti, recuperai qualche arma di fortuna e provai ad abbattere il più debole della coppia. Fortunatamente (in questo caso, ovviamente) ARK ha ancora diversi bug, e fui in grado di sconfiggere il triceratopo ferito grazie ad un cocktail di compenetrazioni poligonali ed IA in stato confusionale. Il suo compare, però, era ben più potente: provai ad adottare la stessa strategia, ma le armi, già usurate dal combattimento precedente, si ruppero con un clangore inquietante. Continuai a combattere con i pugni, ebbro di sangue e stordito dalla nube di polvere generata dallo scontro. Il dinosauro era però troppo resistente e vigoroso: distrusse le pareti della mia casupola col suo naso appuntito e mi scaraventò, uccidendomi, fuori dall'edificio. Infine, come se fosse tutto parte di una scena scriptata, rilasciò sulle rovine del mio rifugio una grossa palla di sterco.
    Sconsolato. E irato. Così mi sentivo dopo aver visto un cornuto bestione disonorare la mia Cartagine. Non ero intenzionato a ripartire da zero, a ricostruire tutto. Ripresi quindi l'equipaggiamento rimasto - il corpo era vicino al punto di respawn - e mi incamminai in direzione dell'obelisco rosso, che fluttuava pigramente su una costa all'apparenza non troppo lontana. Avevo viveri ed armi, ma soprattutto determinazione: volevo capire se quei raggi di energia aliena nascondevano qualche strumento potente, che mi avrebbe facilitato la vita.

    Superai con rapidità uno strapiombo senza fracassarmi le ossa e poi arrivai nei pressi di una palude: lì, l'inferno.
    Dall'acqua uscirono dei grossi serpentoni che iniziarono a strisciare dietro di me. Mi gettai tra le ninfee nuotando febbrilmente, ma le mie gambe furono bloccate da un alligatore, mentre il grosso boa tentava di aggrovigliarsi intorno al mio corpo, soffocandomi. La natura è una vera bastarda.? Provai e riprovai, disperatamente, ma capii che l'unico modo per raggiungere quel goloso totem brillante era equipaggiarsi a puntino ed estirpare ogni forma di vita aggressiva. Ero da solo e senza più nulla: ci avrei messo troppo tempo. Ripiegai allora su una soluzione più... "sporca".
    Mi dissi: esiste la console di gioco, perché non usarla per migliorare la mia infima esistenza? E così iniziai a scrivere codici per i livelli, ad imparare engrammi sempre più sorprendenti: da strumenti in pietra ad armi in metallo, sparapiombo a pietra focaia, cannoni, selle di vario tipo, fino ad arrivare ad un arsenale più moderno, composto da fucili d'assalto e di precisione, shotgun e lanciarazzi. In poco più di due minuti ero divenuto l'incarnazione della morte, l'avatar della devastazione.
    Avevo brutalmente scavalcato le regole solo per dare ascolto alla mia insaziabile curiosità.La prima cosa che feci al controllo del mio "nuovo" personaggio fu vendicare l'onta subita: far fuori quel cornuto molestatore che ancora banchettava nei pressi della mia antica oasi. Neanche mezzo secondo: un razzo ben piazzato e il fiero triceratopo era cibo per vermi. Non sarà stato un combattimento onorevole, ma in un mondo dove qualsiasi cosa tentava di ammazzarti non c'era posto per l'onore. Avanzai con l'opera di distruzione ripercorrendo la strada che prima mi era preclusa. Impallinai i titanici boa con il mio illegittimo fucile a pompa, devastai l'habitat degli anfibi che vivevano in quelle paludi, e mi mossi verso l'obelisco, finché arrivai al suo cospetto. Un altro impasse: per sbloccare quell'immenso marchingegno servivano degli artefatti, di cui, ovviamente, non sapevo un bel nulla. E' proprio vero che quando si ha il potere non ce n'è mai abbastanza: ero passato da uno stato di estrema povertà ad avere la possibilità di impugnare i migliori ferri da tiro dell'intera isola. Eppure non ero soddisfatto. L'idea di dover battere in lungo e in largo quello sterminato habitat alla ricerca di strani manufatti non mi faceva impazzire; in realtà odiavo il fatto che avrei dovuto sottostare ad alcune regole stringenti (be', è un survival game no?).
    Cominciai ad utilizzare di tutto: god mode, fly mode, mi concessi anche uno splendido time-lapse (impostando il moltiplicatore della velocità a 40) mentre sorvolavo l'isolotto, che da su in alto non sembrava poi così grande.
    Quella natura che mi aveva rigettato e stuprato, sembrava ora prostrarsi ai miei piedi.? Dal cielo si potevano osservare un sacco di cose: i biomi erano davvero tanti e si alternavano quasi innaturalmente. A nord c'era un grande monte ghiacciato, al centro un troneggiante vulcano che sbuffava, e poi giungle, foreste pluviali, paludi, coste.

    Le sorvolai, rapidamente, rendendomi conto della gigantesca di varietà di fauna preistorica presente, che non includeva solo dinosauri e primi mammiferi, ma anche insetti. Tra l'intricato panorama giacevano delle rovine che celavano dei diari scritti da precedenti inquilini. Messaggi in latino di Nerva, un centurione romano che istituì la Nuova Legione, lettere in cinese di Mei-Yin, la temuta "Regina delle Bestie", ed altri racconti e dossier firmati da una naturalista ed un chimico. Una storia slavata che, però, mi consentì di trovare dei dettagli su quello che era accaduto sull'isola di ARK, e quello che sarebbe potuto accadere.?A quel punto mi lanciai all'esplorazione delle caverne nascoste, al cui interno erano custoditi quegli artefatti che mi avrebbero permesso di sbloccare il potere degli obelischi. Erano cunicoli in diretta comunicazione con i cerchi infernali: un intricato labirinto mortale, punteggiato da fiere che potevano esser state piazzate lì solo da un crudele guardiano.
    Farsi largo tra il marasma di schifezze vomitate dal sottosuolo non era impresa semplice, in particolar modo se si combatteva da soli. Fortunatamente i miei "superpoteri" mi permisero di cavarmela senza troppi patemi. Ci volle un po', ma alla fine sbloccai tutti gli obelischi, sconfissi i Guardiani (dei grandi boss ispirati a quelli dei più celebri MMORPG) e volai subito verso l'end game, aggiunto proprio con la release ufficiale. Fatta luce su molti degli aspetti narrativi nascosti sotto l'humus della grossa isola, mi sentii soddisfatto. Ma si trattava di un'ennesima sensazione passeggera.C'era ancora molto da fare e decisi che, questa volta, mi sarei comportato diversamente. Ma l'avrei spuntata ugualmente. Oh sì che l'avrei spuntata.

    Meglio soli, che in buona compagnia

    Non c'è un modo "giusto" per godere dell'esperienza di ARK. E questo, in generale, è valido per ogni altro gioco. Tuttavia dopo aver piegato le leggi della natura al mio volere avevo intenzione di provare la sensazione opposta: ancora più a lungo, e questa volta con altri giocatori. La scelta, di conseguenza, ricadde su uno dei tanti server ufficiali PvP ambientati nella mappa di The Island (quella principale). Scelsi sempre una donzella - per la storia del pelo e del carro di buoi - e selezionai il punto di spawn nell'esatto settore in cui, ore prima, avevo iniziato la partita in solitaria.Il paesaggio davanti ai miei occhi era profondamente diverso: la piccola foresta di palme non c'era più, al suo posto una serie di casupole semidistrutte che marcivano al sole. Vicino alla riva un intraprendente sopravvissuto aveva eretto un fortilizio in cui era riuscito a portare l'acqua attraverso dei tubi d'irrigazione.

    A quanto pare, però, quella piccola casamatta sembrava esser stata abbandonata a sé stessa.? Aguzzai la vista e notai un barbuto omaccione che tentava di infilzare un pesce, vicino alla riva. Era arrivato il momento di fare qualche presentazione: un piccolo scambio di battute attraverso la chat di gioco (è possibile parlare anche con il microfono, ma solo i giocatori nei paraggi riusciranno a sentirvi) e quel grosso sopravvissuto mi guidò verso la sua base, dall'altra parte della riva. ?Quella che lui chiamava "base" era uno squallido tugurio di paglia e fango, un insulto a qualsiasi altro rifugio costruito dall'umanità; almeno avevo un compagno da poter sfruttare per velocizzare la raccolta di risorse. In un finto moto di generosità mi aveva perfino donato una lancia e dei vestiti per coprire le grazie quasi ignude del mio personaggio, ma sapevo che probabilmente avrebbe voluto osservarle ancora per un po'.?In due eravamo in grado di cacciare animali più grossi: per cominciare attaccammo una fiomia, un mammifero simile ad un piccolo elefante. Lui aveva un arco, io potevo contare solo su una lancia, quindi mi slanciai rapido per abbatterla, mentre il mio maldestro compare tentava di bersagliarla con una manciata di frecce in pietra. Quell'orbo figlio d'Artemide aveva però una mira agghiacciante, e spesso, invece di colpire il pachiderma, piazzava un dardo tra le mie scapole.
    Alla fine la maledetta fiomia cadde, ma io morì insieme a lei: la colpa, guarda un po', era di uno strale scagliato dall'irsuto babbeo, che in quelle condizioni sarebbe sopravvissuto poco. Ed io pure, se avessi continuato a collaborare con lui. Per rientrare scelsi una zona lontana, in modo che il mio ex compagno di avventure non potesse infierire ulteriormente. Si scusò in chat, ma la sua ipocrisia mi faceva ancor più arrabbiare: ripromisi a me stesso che sarei tornato a fargli visita e gli avrei bruciato la sua ridicola casupola.
    Dopo avercelo sbarrato dentro, chiaramente.Prima mi serviva dell'equipaggiamento, e per procurarmelo volevo dedicarmi ad un po' di sano sciacallaggio ed esplorare, col favore della notte, le piccole basi dei sopravvissuti sparse qua e là sulla costiera. Le prime erano vuote: già razziate e vandalizzate da qualche mentecatto come me. Una, però, si rivelò una vera e propria miniera: sembrava esser uscita da un grosso conflitto - le pareti erano abbattute, così come il tetto - e a terra c'era un corpo morto con dell'equipaggiamento interessante.
    Su una parete trovai una cassa bloccata con un pin: nessun problema, impugnai l'ascia appena recuperata e mi esibii nel metodo più antico (ed efficace) di forzare le serrature. Misi le mani su ricchezze ancora più sostanziose, ma era comunque un arsenale in pietra e legno, roba che mi avrebbe permesso di cavarmela solo con i più sventurati.Di sventurato ne trovai uno, anche lui stava razzolando tra le rovine: lo uccisi immediatamente. Ne abbattei un altro, ed un altro ancora. Nessuno di loro mi fornì materiale interessante.
    Arrivai quindi ad un'ennesima casa, questa volta gli inquilini erano presenti ma erano in due e con un equipaggiamento migliore. Li schivai per puntare su altro, ma uno di loro mi seguì, forse per ammirare il mio fondoschiena che, effettivamente, era davvero un belvedere nella terza persona. Seminai il molesto giocatore per tornare nella zona di caccia del sedicente Robin Hood.

    Purtroppo non c'era più, ma, prima di lasciare il server e provare un po' di PvE, decisi di abbattere la sua casa. Se lo meritava, dopotutto.Feci quindi un giro su altri server, tra The Island, Ragnarok e The Center, tutte mappe varie, vaste e ben caratterizzate. Provai dei server PvE, ma realizzai che probabilmente questa modalità non era il massimo per me. Certo, nessuno poteva entrare in casa tua ed ucciderti (anche in modalità offline), ma non c'era neanche quella sensazione di eterno conflitto e di minaccia. Diedi una chance ai server con i moltiplicatori per l'esperienza e le risorse, in cui costruire edifici avanzati ed equipaggiamento moderno era molto più rapido, ma alla fine, dopo un lungo carosello, decisi di tornare nuovamente al PvP. Stavolta, però, avrei voluto formare una squadra con qualcuno.
    O almeno, servirmi di lui fino a quando ce ne sarebbe stato bisogno.Nelle prime ore non fui molto fortunato: incontrai qualche giocatore offline, che uccisi senza rimorso, ed altri solo di passaggio. La zona, inoltre, era il terreno di caccia di un tizio di livello 100, che col suo grifone si divertiva a straziare i poveri diavoli. Il tipo era piuttosto celebre nella chat di gioco - mi pare di aver letto anche un paio di insulti blasfemi in italiano rivolti a lui -, ma fortunatamente ero riuscito a sfuggire alle sue attenzioni. Sceso sulla spiaggia venni avvicinato da un giocatore,
    Docile di nome ma non di fatto. Iniziò infatti a colpirmi, ma solo dopo mi accorsi che mi stava suggerendo un riparo da uno stormo di rapaci poco amichevoli. Passò la notte e il mio alleato sembrava essere sparito: non lo vidi mai più.?Mi stabilii nella sua base, creai un arco e delle frecce per difendermi dalle minacce e per cacciare con facilità. Avevo già un buon arsenale, quando mi accorsi di un errore madornale: il falò era rimasto acceso troppo a lungo. Il cavaliere sul grifone si era accorto della mia presenza e calava in picchiata sul mio rifugio.
    Atterrò dolcemente e mi guardò per una manciata di secondi: io rimasi immobile a studiare i finimenti della sua armatura e la sua truce maschera da guerra. Anche se avessi estratto l'arco e l'avessi bersagliato con rapidità non avrei potuto scalfirlo: non c'era nulla da fare. Passarono altri istanti e poi il temibile guerriero si mosse, mi colpì con un dardo narcotizzante e mi finì con un fendente.

    Non lo biasimo, nei suoi panni avrei fatto la stessa cosa.Esplorai nuovi luoghi, guardando con attenzione il cielo, poi accadde l'evento più importante: incappai in un giocatore che espresse chiaramente la volontà di collaborare. Sembrava esperto dei ritmi di gioco e mi consigliò un posto dove stabilire una base ed iniziare ad armarci per la guerra. Insieme fabbricammo archi, lance e bolas, condividevamo le risorse e le armi, ma io facevo in modo che gli oggetti a mia disposizione fossero in numero maggiore.
    Non ci si poteva fidare di nessuno là dentro.Passammo qualche tempo a farmare come degli ossessi, alla fine, tuttavia, eravamo in possesso della forza necessaria per dare briga ad altri giocatori. Esplorammo in lungo ed in largo, rischiammo di morire per colpa di un cavaliere in groppa ad uno pterodattilo, ci difendemmo da un assalto di iene maculate e raptor, ma, quando ritornammo alla nostra casa, non avevamo nessuno scalpo attaccato alla cintola. Nessuna traccia di altri giocatori né dello strafottente sul grifone. Ci salutammo, io e il mio compare, lui mi promise che la prossima volta avrebbe portato un personaggio di livello più alto. ?Non so se ritornerò mai più su quel server. Magari un giorno ci farò un salto e, con l'aiuto del mio nuovo alleato, mi vendicherò di quell'uomo che ha deciso di ammazzarmi così a sangue freddo. Gli destinerei una morte lenta, a lui e il suo grifone. È solo un sogno, ma diamine se vorrei che si avverasse.

    Nonostante tutto, mi sono divertito

    A discapito delle poco felici premesse, alla fine ARK: Survival Evolved mi è piaciuto. L'ho provato in tanti modi diversi: tentando di sopravvivere da solo, piegando le leggi di gioco e sfruttando la console, con fare belligerante e misantropo, oppure alleandomi con qualcuno per avere più possibilità di sopravvivenza. Tutti i tipi d'esperienza hanno qualcosa di valido e che val la pena provare, ma va tenuto in conto che, senza moltiplicatori o trucchi, avanzare nei livelli e nella tecnologia è un'impresa improba e frustrante se non si forma una tribù. ARK è potenzialmente esplosivo con una compagine d'amici affiatati e potenzialmente tedioso per chi, invece, vuol fare tutto da sé. Dopo molte ore di gioco, inoltre, comincia a diventare evidente la necessità di aggregarsi con altre persone: alcuni processi di "routine" sono infatti molto lunghi, ed in più i punti esperienza non bastano per sbloccare tutti gli engrammi. Comincia quindi a farsi spazio l'idea dei mestieri: chi è addetto alle costruzioni, chi alla produzione di armi, chi alla coltivazione o all'esplorazione. Il survival di Wildcard è un prodotto stratificato, godibile su più livelli, ma che, in alcuni casi, pone anche delle barriere d'accessibilità.La cosa più bella di ARK: Survival Evolved, però, è il suo essere una grossa fucina di storie. Ve ne ho raccontate alcune, ma ce ne sono tante altre da scoprire e da vivere. E la cosa migliore è che nessuno le ha scritte per noi.

    ARK Survival Evolved ARK Survival EvolvedVersione Analizzata PCDopo più di due anni ARK: Survival Evolved esce dal vorace limbo dell’Early Access di Steam, e il risultato è piuttosto buono. Non è assolutamente un prodotto pulito, scevro da bug e problemi prestazionali, ma è di sicuro un titolo completo e complesso, stracolmo di contenuti e possibilità. Il gioco di Wildcard è certamente più adatto a chi ha a disposizione un nugolo di amici ed è disposto a dedicarsi alle partite con dedizione e perseveranza. Per i giocatori occasionali e solitari, tuttavia, sono disponibili dei server che velocizzano lo sviluppo del personaggio e delle tecnologie, comprimendo i pachidermici tempi necessari per disporre di risorse sufficienti per il PvP. Il PvE è anch’esso un’opzione, indicato in particolar modo ai neofiti che non hanno problemi ad affrontare grosse sessioni di farming e non vogliono rogne di nessun tipo. Insomma, le opzioni son tante e tutte valide allo stesso modo. I più grandi dubbi, ora, sono legati al futuro: come continueranno gli aggiornamenti? Il modello commerciale e l’alto prezzo per l’acquisto allontaneranno i giocatori? Vista la natura da MMO di ARK: Survival Evolved è ancora presto per rispondere, speriamo, tuttavia, che quel paradiso preistorico continui a mantenersi rigoglioso e popolato.

    7.5

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