Recensione Art of Ink

Improvvisiamoci provetti tatuatori con questo originale DsWare

Recensione Art of Ink
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Disponibile per
  • 3DS
  • Nonostante il focus dello sviluppo di titoli per il digital delivery del Nintendo 3DS sia stia progressivamente spostando verso prodotti pensati appositamente per sfruttare le potenzialità della console dallo schermo tridimensionale, si mantiene ancora in salute la produzione di titoli DSiWare, d’ispirazione e realizzazione più semplice, perché creati secondo i tool di sviluppo dell’ormai quasi defunto Nintendo DS, che la casa di Kyoto ha fatto bene a mantenere disponibili anche sul nuovo portatile.
    I ragazzi di Sabarasa, team nato in Argentina, a Buenos Aires, nel 1996, hanno fatto dei titoli scaricabili il loro biglietto da visita, e dopo Save the Turtles e Horizon Riders, per citarne alcuni, mostrano il loro ultimo sforzo realizzativo, un ibrido tra simulazione e gestionale. Art of Ink, questo il titolo del prodotto in questione, ci mette infatti nei panni di un tatuatore che, prima come apprendista poi come proprietario di un’attività tutta sua, dovrà guadagnarsi il pane mettendo in pratica la sua vocazione artistica. Di certo un concept originale, mai sfruttato prima, a che potrebbe avere un certo richiamo anche solo grazie alla sua originalità; per fortuna, gli sviluppatori non si sono cullati sul pensiero di un’idea potenzialmente vincente e vi hanno affiancato un buon lavoro di sviluppo, che ci accingiamo a descrivere ed analizzare.

    Il pennino diventa ago

    La struttura di gioco del titolo Sabarasa è molto solida. Gli sviluppatori hanno evitato di ridurre alla sola realizzazione dei tatuaggi la parte ludica, e vi hanno imbastito sopra una discreta impalcatura, tipica dei gestionali. Dopo aver passato infatti la fase tutorial, nella quale si imparano i fondamenti del disegno su pelle, il personaggio da noi scelto entrerà in possesso del suo studio, aprendo la struttura di gioco ad una maggiore complessità. Una complessità che è rintracciabile fin dalla prima schermata, dai menu di selezione delle modalità, perché in pochissimo spazio troviamo condensata una buona offerta ludica: la modalità principale è quella carriera, nella quale impersonare uno tra tre tatuatori, ognuno con le sue caratteristiche, legate alla precisione, alla velocità ed alla delicatezza, ed iniziare la scalata verso la gloria. A fianco di questo game mode troviamo la modalità libera, nella quale invece viene eliminata la parte gestionale concentrandosi sui soli tatuaggi.
    Messi nei poveri panni di un giovane tatuatore, iniziamo la nostra avventura imparando come prima cosa ad avere a che fare con i desideri dei clienti, che vanno sempre ascoltati e compresi al fine di poter scegliere per loro il disegno più adatto. E’ necessario infatti, parlando con loro, facendogli domande sulla loro vita ed assecondando le loro inclinazioni, cogliere da una inizialmente ridotta selezione di tatuaggi quello che riteniamo più opportuno, ed azzeccando la scelta otterremo un bonus nel pagamento. E’ una fase breve, interlocutoria, e capire cosa rappresentare non è mai difficile, ma aggiunge un po’ di profondità all’esperienza di gioco.
    Si passa quindi alla fase realizzativa, e qui iniziano i dolori, per il giocatore così come per il povero cliente sottoposto alla nostra iniziale imbranataggine. Art of Ink non è un gioco facile, ve ne accorgerete ben presto, e necessita di una pazienza simile a quella del vero tatuatore: ogni cliente ha infatti un limite di sopportazione che, associato alla delicatezza del proprio personaggio, indica la capacità di sopportare l’ago prima di urlare dal dolore. Alcuni sopportano a lungo, altri sembrano farlo e poi esplodono di botto, altri sono delicatissimi, ed un pratico indicatore ci spiega come muoverci. Tramite il touch screen si disegna ovviamente sulla traccia preesistente, così come si pulisce la pelle, concedendole sollievo, e l’operazione sarà quindi un sapiente alternarsi tra l’una e l’altra azione, facendo ben attenzione a non provocare troppo dolore: qualora ciò dovesse succedere, l’indicatore si accorcerà e tutto si farà tutto più difficile. Inizialmente l’ago sarà il nostro unico strumento, e basterà ricalcare la traccia; man mano che andremo avanti, invece, il nostro arsenale di disegnatore si arricchirà di nuovi strumenti. Colori, punte di maggior larghezza (e che provocano maggior dolore), sono solo alcune delle possibilità che progressivamente avremo a disposizione, unitamente alle migliorie derivate dall’abbellimento del proprio studio.
    La parte gestionale non si esaurisce infatti nel colloquio con i clienti, alla ricerca del tatuaggio perfetto. I sogni che guadagneremo col nostro lavoro, e che dipenderanno dalle prestazioni offerte, per velocità, attenzione, scelta del disegno, potranno essere impiegati per l’acquisto di mobili e suppellettili, atti a migliorare le statistiche del proprio personaggio, così come di oggetti utili al proprio lavoro ma non ad esso correlati, tipo le caramelle da dare ai clienti per ripristinare il limite di sopportazione. Un corollario di opzioni che di certo arricchisce quello che può offrire un titolo, ricordiamolo, progettato per una console ormai scomparsa ed in digital delivery, quindi dalle dimensioni e dal budget ridotto. L’impressione che se ne ricava è quella di un pacchetto completo, dalla sostanza ludica abbondante (relativamente alla sua natura) e foriero di una discreta dose di ore di divertimento: merito anche di una serie di achievements previsti per premiare i giocatori che vorranno sviscerare a fondo il titolo.
    Inutile nascondere però come il fascino della produzione risieda nella fase di realizzazione del tatuaggio, che quindi merita un’analisi più approfondita. Lo svolgimento è quello già descritto, il pennino disegna e dà sollievo in un’alternanza che va ben ponderata. Questo ritmo di gioco del tutto particolare è di certo apprezzabile per coloro che cercano quasi una simulazione, un po’ meno per coloro alla ricerca di un divertimento più mordi e fuggi. Di certo non si può giocare Art of Ink in maniera spensierata, dato che dopo i primi facili clienti, che ovviamente richiederanno disegni semplici, ci si trova di fronte ad un’impennata nel livello di difficoltà che costringe ad un approccio ragionato e calmo, forse fin troppo. Ci si trova spesso a tracciare appena una linea e subito a massaggiare la pelle, per evitare il riempimento della barra del dolore, e quando il disegno è complesso ciò diventa tedioso. Realizzare un tatuaggio particolarmente elaborato e colorato è motivo di grande soddisfazione, ma alcune volte s’incorre nella frustrazione, e viene da desiderare un approccio al gameplay meno simulativo. Questo è un problema che ricorre soprattutto negli scontri con i boss, sfide con tatuatori di fama che richiedono disegni molto intricati. Il titolo risulta quindi divertente e godibile per la maggior parte della sua fruizione, ma arriva a toccare picchi di difficoltà che potrebbero scoraggiare alcuni giocatori.
    La completezza di un titolo comunque consigliabile è ulteriormente confermata da un comparto tecnico all’altezza, seppur con piattaforma di riferimento il Nintendo DS e non il 3DS, con un aspetto complessivo quindi non modernissimo. Visto il susseguirsi di schermate statiche, quella che va maggiormente considerata è la direzione artistica, assolutamente apprezzabile, proponendo personaggi ben ispirati e caratterizzati. Molto belli sono anche i disegni che siamo chiamati a realizzare sulla pelle dei clienti, alcuni veramente fantasiosi. Discreto anche l’accompagnamento sonoro, composto da brani di vario genere ed atmosfera, dal rock dei menu alle rilassanti melodie durante la creazione dei tatuaggi.

    Art of Ink Art of InkVersione Analizzata Nintendo 3DSArt of Ink può essere sicuramente consigliato, per la sua originalità e per il suo buon rapporto qualità/prezzo. Ci si diverte, con alcune riserve, e tanto potrebbe bastare al giocatore alla ricerca di un prodotto un po’ particolare; in più, la sua struttura di gioco non è banale, ma arricchita da tanti piccoli elementi che ne impreziosiscono la natura. Per lo stesso motivo però, non ci sentiamo di raccomandarlo a tutti.

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