Assassin's Creed Origins Recensione: un viaggio tra i misteri dell'Antico Egitto

Tra le sabbie del deserto, (ri)nasce la confraternita degli Assassini: AC Origins riporta la saga di Ubisoft ai fasti dei primi capitoli.

Assassin's Creed Origins
Recensione: Xbox One
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Percorrendo le vaste distese sabbiose dell'Egitto, scalando l'alto faro di Alessandria e galoppando tra i sontuosi giardini di Menfi, siamo stati testimoni di una piccola, grande "rivelazione": sebbene possa mutare aspetto e stile, e tenti di stravolgere nelle fondamenta una formula ludica quasi decennale, Assassin's Creed resta sempre fedele a se stesso, alla sua essenza, al suo "credo". Origins, per quanto riguarda il concept di base, è senza dubbio il capitolo più importante della serie sin dal trionfo del secondo episodio: un'opera faraonica, capace di bilanciare rinnovamento e classicismo, tenendo i piedi saldamente piantati nel passato (sia narrativo che concettuale) del brand ma orientando lo sguardo in direzione del suo futuro. Nonostante lo "spirito rivoluzionario", Origins è però anche un titolo che si nutre di contraddizioni: innovativo ma tradizionalista, ambizioso ma superficiale, coraggioso ma al contempo timoroso di osare fino in fondo. Tuttavia, lungo il solco tracciato da Ubisoft nel corso degli anni, questo nuovo Assassin's Creed riesce ad imprimere con forza la propria orma. Rispetto all'arsura creativa delle ultime produzioni, Origins rappresenta quindi l'oasi alla quale tutti i successivi esponenti della saga dovranno abbeverarsi. "Che l'Occulto li accolga".

    Sangue e sabbia

    Bayek di Siwa è solo "una piuma nell'ala dell'aquila". Non è un Assassino, bensì un medjay, uno sceriffo del Nilo, un guerriero al servizio del popolo, in lotta contro gli oppressori della giustizia e della libertà. Ma, prima di tutto, è un uomo a pezzi, lacerato da un atroce dramma famigliare, alla ricerca disperata di vendetta. Origins torna indietro nel tempo, più di quanto la serie non abbia mai fatto, e imbastisce un crudo, violento ed intenso racconto di fondazione: ancor prima che Altair mettesse i denti da latte, quando insomma gli Assassini non esistevano affatto, Bayek iniziava già a sgozzare i suoi nemici con la lama celata, mescolando sangue e sabbia.

    Abbandonando il piglio più leggero delle recenti incarnazioni, Origins inscena un'atmosfera feroce ed oscura, in controtendenza con gli accesi colori egiziani. Bayek è un protagonista meno carismatico dell'assassino arabo o di quello fiorentino: è una belva rabbiosa, un animale da combattimento, che a tratti sembra semplicemente una "vittima" degli eventi, in grado di seguire più l'istinto che la ragione. A fare da contrappeso c'è invece sua moglie Aya, bellissima e felina, la cui sfaccettata caratterizzazione la rende un personaggio sopraffino, tra i migliori dell'intera saga. La loro storia si incrocerà così con quella di un regno al culmine della sua maestosità e del suo disfacimento: siamo nel 49 A.C, in piena guerra tra la regina Cleopatra ed il fratello Tolomeo, che si contendono il dominio dell'Egitto. In mezzo, nascosto all'ombra delle piramidi, opera il misterioso Ordine degli Antichi, contro cui Bayek ed Aya dovranno scontrarsi. Una sceneggiatura di buon livello ci accompagna inoltre verso un finale strepitoso, che gioca sapientemente con il citazionismo e con le aspettative dei fan, riportando finalmente la narrazione della serie alla gloria di un tempo. Sono però due gli elementi che impediscono al plot di Origins di spiccare il volo: da un lato infatti affronteremo villain che, eccezion fatta per alcuni boss davvero ben scritti, non ci vengono mai presentati a dovere nelle loro sfumature caratteriali; mentre dall'altro fanno capolino, di tanto in tanto, le (poche) sequenze in terza persona ambientate nel "presente", le quali ci hanno lasciato parzialmente interdetti. Il tentativo di elaborare una vicenda inedita, accantonando le impersonali "avventure" in soggettiva degli scorsi episodi e proponendo - dopo Desmond - un nuovo protagonista, è senza dubbio encomiabile: purtroppo però i brevi momenti fuori dall'Animus ci sono parsi troppo raffazzonati ed ermetici, incapaci di evolversi e persino di concludersi dignitosamente. Spetterà ai prossimi capitoli, insomma, sviluppare a dovere le buone premesse di Origins, traghettando così il centenario conflitto tra Templari ed Assassini verso un "nuovo inizio".

    Assassini del deserto

    L'orizzonte di Assassin's Creed Origins è immenso: prosegue oltre le piramidi, al di là delle montagne di sabbia, ammalia ed irretisce lo sguardo, attira a sé le attenzioni dei giocatori come fosse un miraggio lontano. Che sia sul dorso di un cammello, in groppa ad un destriero fulmineo o su una piccola imbarcazione con cui attraversare le correnti del Nilo, l'esplorazione gioca un ruolo molto più marcato rispetto al passato. Sin da subito l'inedita struttura da gioco di ruolo dà lustro ai tratti distintivi di questo capitolo: la libertà d'azione si amplifica a dismisura, si fa più coinvolgente ed avventurosa. Perdersi tra territori desolati o tra città monumentali possiede un sapore del tutto nuovo per la saga, in cui la voglia di partire in avanscoperta, lasciandosi guidare dalle costellazioni, conserva un fascino davvero ammaliante.

    Vagando lungo una mappa enorme e diversificata è possibile imbattersi in un incredibile numero di missioni secondarie, grazie alle quali guadagnare sempre più esperienza ed incrementare così le abilità e la potenza di Bayek. Questa volta Ubisoft libera l'utente dalle catene della linearità, e gli concede la possibilità di decidere in quale ordine completare gli obiettivi: il team si limita però a suggerire indirettamente una certa "consequenzialità", identificando i vari incarichi con uno specifico livello di difficoltà crescente.
    Se il grado raggiunto da Bayek sarà troppo inferiore a quello richiesto, portare a termine le quest si rivelerà un'impresa quasi impossibile, con nemici capaci di eliminarci in un colpo solo. Ecco perché sarà necessario prodigarsi in un'esplorazione costante: qualsiasi azione, in Origins, ci permetterà di ottenere XP aggiuntivi, dalla scoperta di nuove regioni fino alla scalata degli immancabili punti d'osservazione. Saranno però le attività collaterali a garantirci una ricompensa superiore, tramite la quale salire di livello con maggior rapidità.
    Fortunatamente, quello che avrebbe potuto dimostrarsi un avanzamento ridondante è reso più scorrevole dalla buona qualità delle sub-quest, abbastanza differenziate tra di loro e generalmente davvero ben sceneggiate.

    Ciò non toglie che, a tratti, alcune missioni principali obblighino il giocatore ad interrompere il prosieguo della storyline per dedicarsi al farming: intorno alla metà dell'avventura, infatti, quando Origins assume una struttura narrativa puntiforme, all'insegna della totale libertà, saremo costretti a fare la spola tra un luogo e l'altro nel tentativo di recuperare quanta più esperienza possibile, in modo tale da non giungere impreparati agli scontri decisivi. È questa una (lunga) fase in cui Assassin's Creed mostra il fianco ad un equilibrio un po' instabile, nella quale potrebbe facilmente subentrare un po' di noiosa ripetitività. Grazie ad Anubi, il gioco non tarda però a rientrare nei canoni di una progressione più inquadrata, nella quale affronteremo missioni che ci doneranno sufficienti XP per muoverci di pari passo con la crescita della main quest. Un ottimo modo per migliorare le proprie statistiche consiste anche nell'andare a caccia di pelli e materiali, con cui costruire e perfezionare il nostro equipaggiamento: armati di lama celata, di dardi soporiferi, di bombe fumogene e frecce ben appuntite, saremo quindi pronti per intrufolarci nelle roccaforti ed assassinare i bersagli designati.
    In confronto ai capitoli precedenti, Origins costruisce un level design aperto ad un maggior numero di approcci disponibili, stimolando l'utenza a sperimentare nuove soluzioni offensive. L'albero dei talenti di Bayek, a tal proposito, si divide in tre rami che raffigurano altrettanti stili di gioco: da una parte troviamo il "Cacciatore", con cui acuire le capacità con l'arco e - in generale - gli attacchi dalla distanza; in mezzo si situa il "Guerriero", che rafforza le combo del protagonista e la sua maestria con la lama; ed infine non manca il "Veggente", cui sono connesse prevalentemente quelle skill che favoriscono l'infiltrazione in stealth.
    Prima di gettarci a capofitto nella mischia, sarà opportuno mandare in avanscoperta la regale Senu, la nostra aquila di fiducia: controllando il volatile, Bayek può scrutare dall'alto una porzione molto ampia della mappa, marchiando gli obiettivi e seguendo i loro movimenti. Funzionale e ben contestualizzata, questa feature risulta estremamente utile per pianificare con maggior tatticismo ogni assassinio: i pattern dei nemici si fanno infatti decisamente più complessi in rapporto agli scorsi episodi, e posseggono una loro routine quotidiana.

    Il mondo di Origins è, del resto, popolato da personaggi che agiscono diversamente a seconda dell'orario della giornata: avremo pertanto l'opportunità di "meditare" per far trascorrere il tempo, ed agire col favore delle tenebre. Gli obiettivi e la posizione dei bersagli variano in base al ciclo giorno/notte, e spesso - al tramonto - quando le ronde sono meno reattive, le nostre vittime saranno più distratte o protette con minor attenzione. È in simili frangenti che l'anima più strategica di Origins prende il sopravvento, inducendoci a vigilare meticolosamente, e a scrutare tutti i possibili pericoli dell'ambiente circostante. Non saranno, d'altronde, solo i soldati a darci la caccia: l'Egitto è un territorio profondamente inospitale, e dovremo quindi guardarci le spalle dall'assalto della fauna ostile, tra leoni, tigri, iene, ippopotami e coccodrilli. Le lotte contro le bestie non sono certo entusiasmanti, ma aggiungono alla formula un pizzico di imprevedibilità utile a mantenerci sempre sull'attenti: sbloccando una particolare abilità, inoltre, potremo ammaestrare gli animali e sfruttarne la ferocia in battaglia. Sgusciare come un serpente tra le fronte e i cespugli, arrampicarsi dinamicamente sulle pareti scoscese, accoltellare un nemico di spalle o da una sporgenza a strapiombo è un'attività che torna quasi del tutto immutata: a cambiare, semmai, è l'aggressività dell'intelligenza artificiale. Benché i nemici continuino ad essere aggirabili con grande facilità, soprattutto quando presi singolarmente, una volta allertati non aspetteranno più il proprio turno per fiondarsi su di noi, bensì ci attaccheranno in gruppo, brandendo le loro armi e scagliando le loro frecce con parecchia precisione.

    Ne consegue che avanzare di soppiatto, nei presidi più affollati, risulta un po' più complesso che in passato: si fanno così sempre più frequenti le istanze in cui un approccio stealth si tramuta in un bagno di sangue. Sotto certi aspetti, si ha come l'impressione che Ubisoft abbia modellato l'IA per indurre l'utente a sguainare più spesso la spada, allo scopo di mettere in mostra il nuovo combat system della produzione. Desincronizzate completamente il ricordo delle battaglie dei vecchi Assassin's Creed: ora gli scontri si fanno più complessi ed appaganti.
    I duelli si basano su un connubio di attacchi leggeri e pesanti, i primi utili ad inanellare una serie di combo rapide e letali, mentre i secondi volti più che altro a rompere la guardia degli avversari. Tenendo alto lo scudo e schivando con il giusto tempismo, le nostre difese dovrebbero invece restare abbastanza al sicuro. Il problema consiste piuttosto nel mantenere una corretta visuale della scena durante i combattimenti: è vero che, nelle tenzoni ravvicinate, i soldati non attaccano con più di circa quattro/cinque membri per volta, ma dalla distanza gli arcieri tendono ad avere la mira di un falco e, ai livelli più alti, una singola freccia potrebbe spedirci direttamente nei "campi dei giunchi". Il lock-on sui nemici, a tal proposito, non si dimostra la scelta migliore, poiché all'interno degli ambienti più stretti la telecamera tende ad incastrarsi agli angoli, rendendo più complessa la visione d'insieme.

    Passatempi egiziUn buon medjay, dopo l'ennesimo assassinio, dovrà pur distrarsi in qualche modo: l'Egitto propone quindi una serie di attività collaterali grazie alle quali arricchire l'endgame di Origins. Si passa da divertenti corse con le bighe fino agli incontri ad ondate nell'arena gladiatoria (anche in multiplayer), cui si affiancano altri minigiochi, come la necessità di allineare le costellazioni in determinati punti della mappa per sbloccare alcuni "ricordi" di Bayek. Lungo i territori egizi potremo rinvenire anche numerose statue di Tolomeo da distruggere e le imprescindibili tombe da esplorare alla ricerca di antichi manufatti, solitamente situati nelle profondità delle piramidi. Fatta eccezione per alcune caverne abbastanza elaborate, l'esplorazione di questi luoghi arcani non possiede la stessa ricchezza dei passati episodi, preferendo un'architettura labirintica ad un design che favorisca un pizzico di platforming. Per i più pigri nel "negozio" di gioco sarà possibile acquistare, a suon di denaro reale, dei "salvatempo" che contengono scrigni con materie prime, armi, armature e papiri su cui sono segnalati i punti di maggior interesse. A prescindere dai pregiudizi, le microtransazioni non sono affatto invasive, e non inficiano in alcun modo un equilibrato avanzamento lungo l'avventura.

    Mantenere l'inquadratura libera, alternando fendenti rapidi e rotolate salvifiche, si rivela, nella maggior parte delle occasioni, la strategia più adatta per conservare un buon raggio d'azione e colpire un più ampio numero di nemici con una singola sciabolata. Aumentando i parametri del ramo Guerriero, inoltre, otterremo tecniche sempre più efficaci, capaci di rendere gli scontri ancora più semplici e spettacolari. In linea di massima, il sistema di combattimento di Origins funziona a dovere: svecchia finalmente quello dei predecessori e garantisce un buon tasso di sfida nelle fasi più avanzate dell'avventura. Malgrado persistano alcune mancanze legate al feedback dei colpi, alla fluidità dei movimenti, alle hitbox delle spadate ed alla gestione delle battaglie contro più avversari, nel complesso l'insieme ci è parso soddisfacente al punto giusto. Come in un vero GDR, in aggiunta, il quantitativo di danni inferti varia a seconda del punto del corpo trafitto dalla lama, il che ci invoglia ovviamente a bersagliare le zone più scoperte degli sfidanti. L'assenza di una barra della stamina contribuisce a rendere gli scontri meno frustranti e più dinamici: è stata introdotto, in tal senso, un indicatore che, una volta riempito, ci permette di attivare una "Ultra" con cui annientare le nostre prede. Sorprendente poi la varietà di armi a disposizione: acquistandoli nei bazar o ottenendoli come premio alla fine delle missioni, i diversi tipi di equipaggiamento, tra spade, lance e mazze ferrate, posseggono uno specifico moveset, che modifica lo stile di combattimento di Bayek.
    Non sarà problematico, infine, rinvenire armamenti "maledetti" e leggendari, che però sbilanciano e semplificano (forse un po' troppo) alcune battaglie. E così, per tutte le circa 30 ore necessarie a terminare la sola storyline, Assassin's Creed Origins, pur cambiando in modo sostanzioso la struttura ludica cui eravamo abituati, ritorna davvero - almeno dal punto di vista strettamente qualitativo - alle "origini" della saga.

    La bellezza di un miraggio

    È facile restare incantati, passo dopo passo, dai colori, dai suoni, dall'atmosfera dell'Egitto. Il corredo visivo di Origins è quasi sinestetico, e coinvolge occhi ed udito. Osservando l'immensità dei paesaggi in lontananza sembra di scrutare un vero dipinto videoludico, incorniciato da una direzione artistica stupefacente, che amalgama suggestioni estetiche differenti.
    Da una parte il tratto orientale di una terra in bilico tra sfarzo e povertà, dall'altro i primi sintomi di una contaminazione romana: lo spettacolo è sublime, e cavalcare tra campi floreali, paludi insozzate di sangue, lussureggianti vigneti ed evocativi deserti trasmette emozioni paragonabili solo alle scampagnate sulle gondole veneziane o sui vascelli di Black Flag.

    Restando a lungo sotto il solleone del deserto, assisteremo anche a veri e propri miraggi, ossia piccoli giochi visivi che rendono le cavalcate più coinvolgenti ed immersive. Ma il tempo, con la saga di Assassin's Creed, non è stato molto gentile: il motore grafico è un po' invecchiato, e a far da contraltare ad un art design maestosa troviamo animazioni decisamente grezze, compenetrazioni all'ordine del giorno, modelli poligonali non certo entusiasmanti ed animazioni facciali ancora obsolete. Tuttavia, sono dettagli che, nella meraviglia del 4K garantito da Xbox One X (su cui abbiamo testato il gioco) passano leggermente inosservati. Di notevole spessore anche il doppiaggio in italiano, cui si affianca un ottimo accompagnamento sonoro che, al netto di qualche bug facilmente risolvibile, ci culla con musicalità esotiche e sensuali.

    Assassin's Creed: Origins Assassin's Creed: OriginsVersione Analizzata Xbox One XAbbiamo aspettato il nuovo Assassin’s Creed per ben due anni, appollaiati sul pinnacolo più vertiginoso, in attesa di poter compiere ancora una volta un “balzo della fede” che rendesse giustizia al nostro credo. Ed in Egitto abbiamo trovato molti cumuli di paglia ad attenuare la caduta: Origins è un capitolo intelligente, capace di rinverdire lo spirito della saga quanto basta per non stravolgerlo del tutto. Il cammino di vendetta di Bayek è costellato da una progressione con semplici ma efficaci elementi ruolistici, da un’art design appariscente e da un combat system ancora un po’ grezzo, eppure sufficientemente solido da intrattenerci sino alla fine dell’avventura. E sebbene la struttura da GDR presenti ad un tratto una flessione in cui predomina un farming eccessivo ed il bilanciamento non appaia sempre equilibrato come dovrebbe, Origins riporta finalmente a nuova luce, sia ludica che narrativa, una saga che per lungo tempo è rimasta sepolta dalla sabbia degli antichi fasti. Il nostro “occhio dell’aquila” adesso vola alto, oltre le Piramidi e la Grande Sfinge, per scrutare con attenzione quale sarà il futuro, ed il destino, della Confraternita. Che il Credo ci guidi.

    8.5

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