Asterigos Recensione: action leggero e piacevole, con un pizzico di Souls

C'è del buono, in Asterigos: Curse of the Stars, un action con venature da souls like ambientato in un mondo attanagliato da una terribile maledizione.

Asterigos Recensione: action leggero e piacevole, con un pizzico di Souls
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Realizzare un videogioco appartenente al genere dei soulslike è sicuramente un'opera complessa, perché è difficile declinare i suoi elementi costitutivi secondo una propria visione, che sia al tempo stesso riconoscibile e coerente (a proposito di soulslike, qui la prova di Lies of P). È una sfida che hanno affrontato anche i componenti di Acme Gamestudio, che con Asterigos: Curse of the Stars hanno pensato di unire le meccaniche di gioco tipiche delle produzioni di FromSoftware a dinamiche quasi da action game, molto meno rigide in materia di combat system.

    L'avventura di Hilda, che è la protagonista del gioco, si configura fin da subito come una sorta di versione leggera di Dark Souls e affini, non tanto nel livello di sfida, comunque accessibile, ma nella complessità e nella profondità dei vari elementi che costituiscono l'impianto ludico. Il sistema di combattimento, appunto, ma anche la progressione e la personalizzazione dell'eroina sono stati realizzati in modo tale da risultare immediatamente decifrabili e intuitivi. Il rinunciare a ogni forma di complessità rende Asterigos: Curse of the Stars una produzione di facile fruizione, ma è anche il tetto che le impedisce di decollare verso vette più alte.

    Una storia complicata

    L'Asterigos che dà il nome al gioco è una maledizione. Da mille anni grava sulla città di Aphes, cristallizzando i suoi abitanti in un eterno presente. Le loro sembianze però sono mutate, hanno un colorito violaceo e dipendono da una misteriosa sostanza. Non possono morire di vecchiaia ma neanche lasciare i confini dell'insediamento, pena la dipartita. Eppure da Aphes la maledizione è riuscita a uscire, toccando il vicino regno di Anbari e contagiando il suo re.

    Ecco allora che un gruppo di guerrieri di Anbari parte alla volta di Aphes, alla ricerca di un rimedio per la condizione del sovrano. Ma la nostra Hilda non fa parte di essi: è la figlia del loro generale, Hector, e parte alla ricerca del padre dopo che del gruppo si perdono le tracce. Complicato? Un po', e la costante ricerca di una certa complessità nell'intreccio è una caratteristica che il gioco si porta dietro per tutta la sua durata.

    Lo si nota già dall'inizio, con una Hilda, già vicina alle porte di Aphes, che non si fa problema alcuno a prodursi in fiumi di parole, tra nomi di personaggi, nozioni riguardanti il mondo e altro ancora. La verbosità della ragazza sembra essere contagiosa e si estende a tutti i personaggi con cui entra in contatto: i dialoghi sono frequenti e lunghi e sfociano spesso nel superfluo.

    Capita quindi che gli elementi interessanti e rilevanti della storia e della lore del gioco si perdano in un mare di chiacchiere, che per quanto ben doppiate diventano a tratti davvero difficili da seguire. In questa storia, che è quindi per modalità di narrazione e caratteristiche ben lontana dall'ermetismo tipico delle produzioni soulslike, trovano posto intrighi di vario tipo, segreti, alleanze e tradimenti, ed è questo che la rende interessante, sempre ammesso che si riesca a fare ordine nella mole di informazioni che tanto la trama principale quanto la narrazione ambientale contengono.

    Soulslike, ma solo vagamente

    Di più facile comprensione è l'impianto di gioco. Bastano i primi momenti passati a fare conoscenza con il repertorio di armi e mosse a disposizione di Hilda per saggiare la natura vicina all'action puro del combat system che, oltre a dimostrarsi molto godibile, non grava sul giocatore con rigidità di vario tipo ma, anzi, gli concede ampia libertà. La barra della stamina ad esempio è un elemento a cui raramente si presta attenzione mentre si combatte - vista la sua minore influenza - mentre il modo in cui sono declinati gli scontri rende l'azione fluida.

    La risposta della guerriera agli input è istantanea, le combo rapide, le schivate hanno un'ampia finestra di invincibilità, tratti questi che rendono davvero agevole abituarsi a un impianto ludico che lascia sempre un certo margine agli sbagli. Il fatto poi che la ragazza abbia immediatamente a disposizione una vasta schiera di armi rende il tutto ancora più stimolante. Spada e scudo, martello, pugnali, lancia, scettro e bracciali, differiscono per danno, raggio, velocità, abilità utilizzabili e altro ancora, e libertà e varietà sono garantite dalla possibilità di equipaggiare assieme due strumenti di morte. Tra l'altro, in maniera decisamente apprezzabile, nelle combo di un'arma è inseribile l'utilizzo di un'altra, e si possono così creare veramente tante concatenazioni, fino a trovare quelle più adatte al proprio stile. Peccato che per quanto immediati e godibili possano essere, gli scontri manchino di profondità: poche volte ci siamo sentiti realmente in pericolo durante una battaglia e per un motivo preciso. Per le loro movenze, i tempi di reazione ai colpi e l'attivazione delle rispettive abilità, gli avversari sembrano poco più che manichini, ed è un peccato che non stimolino il giocatore in maniera adeguata.

    La situazione in parte cambia quando si devono affrontare i boss, che pur senza risultare frustranti richiedono un certo impegno. Ai tanti combattimenti, Asterigos: Curse of the Stars affianca l'esplorazione di Aphes. Le varie ambientazioni esplorate da Hilda evidenziano una certa complessità, ma il level design non sempre si dimostra all'altezza. Non tanto nel rendersi intricato - perché spesso si sbatte la testa cercando di capire dove andare - ma nel farlo con una certa raffinatezza.

    La sensazione è che sia poco organico e coerente nel modo in cui è strutturato, anche per i limiti di una direzione artistica piuttosto uniforme, che non riesce a rendere significativo e quindi memorabile quel posto o quell'altro. Tecnicamente il lavoro svolto è apprezzabile, sul fronte delle texture delle ambientazioni, della modellazione dei personaggi e nella realizzazione degli effetti di luce ma a livello artistico manca quel guizzo che aggiungerebbe un certo carattere a un mondo fin troppo rispondente all'immaginario greco-romano più classico (e identico discorso vale per l'accompagnamento sonoro). Ma quindi che cosa c'è di puramente soulslike in Asterigos: Curse of the Stars? All'atto pratico, poco. La progressione è demandata ai più classici punti esperienza, che conducono a un level up spendibile in tre differenti parametri: attacco, salute ed efficacia delle abilità. Al contempo si ottengono punti talento da impiegare in un ramificato skill tree, così da privilegiare l'utilizzo di certe armi al posto d'altre. Morire non implica perdere punti esperienza, giacché si lascia per strada giusto una piccola parte della valuta in-game.

    Non è mai un dramma, visto che se ne ottiene in abbondanza e i prezzi delle migliorie sono più che accessibili. Cadere in battaglia significa anche tornare indietro all'ultimo Condotto (una specie di portale) visitato, e già questo dà più fastidio. La loro collocazione è tutt'altro che ottimale, giacché a volte sembrano troppo vicini l'uno all'altro, mentre in alcuni frangenti bisogna fare degli ampi giri prima di incontrarne uno, a discapito della piacevolezza dell'esplorazione.

    Il modo in cui è gestita la scoperta del mondo di gioco e il sistema di combattimento, immediato ma anche troppo leggero, sono fattori che rendono quest'avventura da circa venti ore godibile ma priva di quel mordente capace di mantenere alta l'attenzione del giocatore per tutta la sua durata.

    Asterigos: Curse of the Stars Asterigos: Curse of the StarsVersione Analizzata PCAsterigos: Curse of the Stars fa tutto discretamente, ma niente realmente bene. Si tratta di una produzione all'atto pratico corposa, perché affianca a una narrazione estesa un impianto ludico ricco di caratteristiche interessanti. Alla sua apprezzabilissima volontà di essere facilmente fruibile, però, non riesce ad abbinare una buona complessità di fondo. La semplicità e l'immediatezza dei singoli elementi di gioco rappresentano spesso più un limite che un valore aggiunto, con l'avventura che non riesce proprio a scrollarsi di dosso quella sensazione di godibile ma inconsistente leggerezza.

    7

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