Recensione BackBreaker

Una diversa visione del Football

Recensione BackBreaker
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • iPhone
  • iPad
  • Il Football americano, si sa, qui da noi non ha una nutrita schiera di fans, vuoi per la quantità di concetti/schemi/caratteristiche da memorizzare per goderselo al 100% vuoi per la frammentarietà dell’azione, che porta le partite, trasmesse nelle più profonde ore notturne, a durare anche oltre le due ore.
    Le simulazioni videoludiche dedicate a questo sport, perciò, hanno un riscontro decisamente basso in Italia.
    505 Games, nonostante l’austerità delle statistiche, ha voluto, quest’anno, lanciarsi in una sfida al limite dell’impossibile; si tratta di lanciare con successo Backbreaker, titolo arcade dedicato al Football americano con una piccola, ma fondamentale, mancanza: le licenze ufficiali.
    Il titolo, in uscita il 28 Maggio per Xbox 360 e Playstation 3 è da poco giunto a noi in versione completa.

    Abbastanza carne al fuoco

    Backbreaker presenta tre modalità di gioco: la prima consiste in un approfondito tutorial che, nell’arco di 25 “drills” (ovvero prove), accompagna il giocatore nei diversi aspetti chiave del titolo, inscenando in maniera piuttosto efficace alcuni precisi istanti d’azione sul campo.
    Nonostante la strutturazione di tale modalità sia piuttosto riuscita di tanto in tanto le istruzioni legate ai drill sono talmente schematiche (praticamente una lista di comandi) da risultare a prima vista incomprensibili ed obbligare il giocatore alla spasmodica ripetizione.
    Concorre, in questo primo aspetto negativo, un’implementazione non sempre accurata dei controlli, in particolare quando riguardano lo stick analogico destro (utilizzato in troppe situazioni).
    Succede, ad esempio nel caso del “lob pass”, effettuato con un movimento leggermente rotatorio dal basso verso l’alto, che il sistema rilevi -nel passaggio verso l’alto- un leggero spostamento verso destra o sinistra, interpretato come un comando completamente differente (il cambio di “lock-on” sul ricevitore).
    Al di là di questi inconvenienti, riscontrati comunque in non più d’un paio di situazioni, il tutorial ha il pregio di inserire il giocatore nelle meccaniche di gioco in maniera piuttosto completa, senza riempirgli la testa di nozioni, concetti e schemi, un pregio non da poco in una simulazione di Football.
    Passando oltre troviamo “Tackle Takedonw” una sorta di Survival applicato al gioco del Football: palla in mano dovremo percorrere le intere 100 yard del campo fino alla meta schivando, in un modo o nell’altro, i vari tentativi di placcaggio.
    La modalità è strutturata ad ondate, sempre più numerose ed aggressive, e terrà conto, nel punteggio costantemente tracciato in alto a destra, delle varie combo possibili, ovvero della varietà di movenze (finte, spallate...) che utilizzeremo per liberarci dagli avversari; il punteggio finale di ciascuno stage varrà l’apertura di alcuni contenuti extra puramente di contorno.
    La prova con mano ha dimostrato, dopo le prime, esaltanti, mete, una certa ripetitività che non permette a questa modalità di diventare qualcosa di più rispetto ad un passatempo saltuario.
    Il cuore del gioco è infatti la carriera, affrontabile sia con un team tra quelli presenti (rigorosamente inventati) sia creandone uno da zero.
    Riguardo a quest’ultima possibilità è doveroso spendere due parole per elogiarne, in primis, l’editor che permette di rinominare squadra, stadio e città e di trasformarsi in stilisti virtuali per realizzare stemma e divisa (sia in versione “home” che “away”).
    Quest’ultimo editor presenta una strutturazione molto simile a quella già vista in Forza Motorsport 3 (da cui riprende tutti i vinili) peccando però, rispetto al titolo Turn10, in profondità.
    Agli elogi, ultimata la creazione della squadra, segue un moderato disappunto nell’appurare che la conformazione della squadra è totalmente predefinita e per nulla editabile inserendo, ad esempio, elementi di altre compagini; l’unica possibilità sarà modificare l’occupante di ciascun ruolo in maniera da sfruttare a piacimento le caratteristiche dell’intero roster.
    Il passo successivo consiste nell’immergersi nel campionato, ancora una volta completamente customizzabile, dal numero dei team presenti alla strutturazione (leghe, divisioni...); niente di nuovo, dunque, eccezzion fatta per la conformazione della “post-season”, che ricalca il classico torneo ad eliminazione diretta, evitando di abbracciare la strutturazione “al meglio delle 7” tipica degli sport d’oltre oceano: una scelta, tutto sommato, condivisibile.
    Una volta calcato il terreno di gioco ci si accorge di quali siano effettivamente le caratteristiche che rendono Backbraker una produzione decisamente arcade.
    Avremo, anzitutto, la possibilità di utilizzare un’abilità chiamata “Focus” che, a seconda del ruolo occupato in campo donerà un’effetto diverso.
    Il quarterback, ad esempio, si focalizzerà sui ricevitori rallentando leggermente l’azione (una sorta di bullet time appena accennato) ed avendo la possibilità di effettuare passaggi più veloci e precisi.
    I difensori avranno la facoltà di leggere gli schemi avversari disegnati direttamente sul campo e di mantenere costantemente la visuale sulla palla, in maniera da seguirne il portatore -per placcarlo- o la traiettoria per effettuare un’intercettazione.
    Da questo punto di vista è bene precisare che, sebbene sembri tutto molto facile, il posizionamento, soprattutto nell’intercetto, richiede assoluta precisione ed il lasso di tempo per effettuare il movimento risulta sempre piuttosto ristretto.
    L’abilità “Focus”, palla in mano (in corsa verso la metà), lascierà spazio alla controparte offensiva “Aggro” che renderà più veloce e potente (sempre in maniera solo accennata) il portatore di palla; in questa situazione saremo in grado, sempre con il dovuto tempismo, di respingere i placcaggi e tenere a distanza -con la classica apertura del braccio- gli avversari.
    Come per la difesa anche in questo caso la feature fungerà da modificatore attivabile a piacimento e all’infinito durante l’azione; dunque starà a noi decidere quando muoverci con più leggiadria utilizzando spin e finte e quando invece cercare il contatto fisico.
    E’ doveroso aggiungere che avremo la possibilità di disabilitare manualmente ciascuna di queste feature, snaturando però il gioco e rendendolo ludicamente impalpabile nel tentativo di avvicinarsi alla simulazione.
    Nonostante il playbook degli schemi (offensivi come difensivi) sia sufficientemente fornito e l’esperienza risulti sulle prime divertente e frenetica, complice anche una visuale in terza persona molto ravvicinata (alla “Gears Of War”), il gioco sul lungo periodo dimostra come la standardizzazione dell’IA (legata a routine che tendono a ripetersi all’infinito) e l’omologazione del livello di difficoltà non riescano a creare un livello di sfida ed una varietà sufficienti a mantenere vivo l’interesse del giocatore oltre le prime 2-3 ore di gioco.

    Timida Euphoria

    Dal punto di vista tecnico Backbreaker non riesce ad arrivare ai titoli sportivi di questa generazione, uscendo, a confronto, con le ossa parzialmente rotte.
    I modelli poligonali sono piuttosto abbozzati, non presentano particolari di rilievo e mostrano una realizzazione molto molto simile tra loro, il che si ripercuote sulla caratterizzazione degli atleti nei vari ruoli (tutti sin troppo simili).
    Stesso discorso tutto ciò che fa da contorno: complice anche la telecamera molto ravvicinata ogni stadio risulta decisamente spoglio, effetto amplificato da una texturizzazione decisamente sottotono che produce un effetto visivo globalmente piatto, specialmente se ci si sofferma sulle divise degli atleti in campo.
    Buoni invece gli effetti particellari che caratterizzano, ad esempio, la pioggia, realizzata in maniera assolutamente soddisfacente, così come il motion blur applicato durante l’utilizzo dei già descritti “Focus” ed “Aggro”.
    Una volta in moto, tuttavia, il titolo da il meglio di se; è stato infatti utilizzato l’Euphoria Engine che permette, nonostante non vi sia motion capture, di riprodurre in maniera estremamente fluida e fedele le animazioni dei giocatori in campo, staccando di una spanna i classici sistemi basati sui keyframe.
    L’effetto globale risulta comunque piuttosto stonato, dato che l’estrema precisione delle animazioni cozza inevitabilmente con modelli troppo artefatti, come si diceva, sia nella modellazione che nella texturizzazione; così “finti” alla vista da risultare quasi di plastica.
    Nessun particolare elogio nemmeno dal punto di vista sonoro che si presenta con una buona campionatura ambientale ed una discreta presenza di pubblico ma con l’assenza ingiustificata della telecronaca che non permette un’adeguato immergersi nell’azione e rende ogni campionato una sorta di sequela di partite d’esibizione.

    Backbreaker BackbreakerVersione Analizzata Xbox 360Backbreaker è un titolo con diverse potenzialità non sfruttate in maniera soddisfacente. Presenta infatti modalità ben strutturate ma con limiti intrinseci capaci di minarne, dopo poco, la godibilità; stesso discorso riguarda il gameplay, caratterizzato da una serie di scelte molto interessanti (in funzione alternativa alla simulazione, s’intende) ma sviluppate troppo grossolanamente ed accompagnate da un comparto tecnico, complessivamente, di appena sufficiente fattura. La mancanza di licenze, infine, non aiuta, ancorchè con la scusante del deciso distaccamento dalla simulazione sportiva pura. L’appeal a prezzo pieno è quindi decisamente scarso; forse ad un costo estremamente ridotto potrebbe essere una spensierata alternativa, esclusivamente per gli appassionati, all’andirivieni annuale dei Madden.

    5.7

    Che voto dai a: Backbreaker

    Media Voto Utenti
    Voti: 102
    5.7
    nd