Recensione Battle Fantasia

Il ritorno dei picchiaduro d'altri tempi

Battle Fantasia
Recensione: Xbox 360
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pionieri di un genere in declino

    Arc System Works, per quanto "di nicchia", non è certo una software house che necessita di grandi presentazioni. Per anni è stata l'unico porto sicuro per gli amanti dei picchiaduro bidimensionali su console (e macchine da sala), grazie ad un'unica, lunga e prolifica serie. Parliamo ovviamente di Guilty Gear, parto dell'eclettico frontman della compagnia, Daisuke Ishiwatari.
    Tra una miriade di seguiti ed aggiornamenti, Arc System ha anche trovato il tempo di far scivolare nelle sale qualche nuovo IP, cosa straordinaria di questi tempi, vista la scarsa presenza di giochi di combattimento bidimensionali.
    Battle Fantasia è uno di questi. Una mosca bianca per svariati motivi, che molti giocatori si lasceranno probabilmente sfuggire in questa incarnazione per Xbox360 e Ps3 a causa dell'uscita a ridosso del discutibilmente ben più acclamato e pubblicizzato Street Fighter IV.
    Daltronde la storia editoriale del titolo non è certo stata facile in Europa: si pensi che Battle Fantasia è stato rilasciato nel lontano 2007 in sala (su scheda Taito Type X2), e circa un anno fa in giappone su console.
    Il peso di questi due anni ha segnato, come vedremo, non di poco l'efficacia del comparto tecnico, che appare oggi ad una prima occhiata solo modesto. "Con un pò di impegno probabilmente si sarebbe potuta addirittura pensare una conversione su Wii", dirà l'utente medio.
    Ma chi mastica picchiaduro ben saprà, come King of Fighter insegna, che una grafica all'ultimo grido non è assolutamente argomento necessario nel curriculum di un fighting game che si rispetti; chi mastica picchiaduro probabilmente accoglierà Arc System nella sua console ben volentieri, lanciando un "chi se ne frega" in direzione dei maniaci dell'alta definizione dallo sguardo contrito.

    Il fantasy è servito

    Quattro eroi e una guerra dimenticata. Una minaccia oscura che torna ad allungarsi come un'ombra su terre gioiose e pacifiche. Giovani guerrieri pronti ad affrontarla. Mescolare il tutto e il gioco è fatto.
    La ricetta del fantasy medio è servita. O forse no.
    Malgrado le premesse, Battle Fantasia presenta un comparto narrativo che susciterebbe invidia in un buon numero di manga, anime, libracci e, sopratutto, giochi contemporanei. I dodici personaggi disponibili si incrociano in una girandola di situazioni che sfruttano con sagacia tutti gli stereotipi del genere, senza prendersi troppo sul serio, e al tempo stesso riuscendo ad imprimersi con successo nella memoria del giocatore.
    Da un lato troveremo Deathbringer, l'apocalittico cavaliere in armatura, e Donvalve, il nano (gigante) che sopravvive ad una ferita mortale con meccanismi degni del miglior steampunk; mentre dall'altro Cedric, l'effeminato chierico, e Ulv l'eroe armato di... motosega magica.
    Ancora una volta i ragazzi di Arc System hanno saputo sbizzarrirsi, creando un roster esteticamente curatissimo forte di una caratterizzazione da manuale, accontentando sia gli amanti del fantasy più rigido che i fan degli animaletti antropomorfi e degli eroi eccessivamente underage tipicamente nipponici.
    Qualcuno ha detto Warzard? Un motivo in più per parlare di lavoro all'altezza della Capcom che fu.
    Indipendentemente dal vostro background nerd, dopo un paio di partite probabilmente vi troverete a squittire al telefono con il vostro amico quanto vi piacerebbe comprare l'action figure di questo o quel combattente.

    "Hadoken" è troppo abusato per il paragrafo sul gameplay?

    Fa coppia con un background davvero interessante uno sviluppo dei personaggi ugualmente accurato anche sotto il profilo del gameplay.
    Ogni character presenta un moveset sufficientemente ricco ed appagante, garante con ben poche eccezioni di un bilanciamento degli scontri a dir poco invidiabile, specie per un "capitolo primo".
    Battle Fantasia non aggiunge nulla che non si sia già visto al mondo dei picchiaduro, eppure riesce a fornire al giocatore un roster dotato di spunti e caratteristiche estremamente peculiari, che avvicinano molto il titolo a Guilty Gear (seppur non raggiungendo la caoticità del gameplay dal figlio di Ishiwatari) e Darkstalkers.
    Controlleremo i combattenti con la croce direzionale (o lo stick analogico, nel caso dei più audaci) e quattro bottoni. Niente pugni, calci o armi: in Battle Fantasia i quattro attacchi vengono denominati semplicemetne A, B, C e D, e agiscono indipendentemente. Questo implica che alcuni personaggi, eseguendo un "giù-avanti" con due tasti diversi, si esibiranno in due mosse uniche. Inutile dire come questa accortezza riesca a fornire uno strato di complessità in più, facilmente riscontrabile in particolar modo nei turtler come Freed o Cedric.
    D'altro canto ci sono personaggi come Coyori e Face, sviluppati attraverso poche mosse ma combinabili liberamente e ricche di variabili, "a la Kyo Kusanagi".
    Oltre a scatti e parate sono stati inseriti anche attacchi a carica e personal action. I primi sono attacchi standard che possono essere potenziati mantenendo la pressione dei tasti (a particolar vantaggio di Donvalve e Death Bringer, che sopperiscono ad un moveset ridotto la possibilità di assorbire i colpi degli avversari e contrattaccare con cariche devastanti), mentre le seconde sono vere e proprie capacità speciali, che permettono ad esempio a Coyori di effettuare la corsa in aria, oppure a Watson di rimbalzare sulla testa dei nemici e di aumentare il livello dei propri attacchi magici.
    Questa caratterizzazione minuziosa fa quasi eco al setting fantasy del gioco, richiamando in più occasioni gli RPG di stampo nipponico, rispettandone molti topos di genere. A dimostrazione di ciò abbiamo la barra della salute, denominata HP (con tanto di valore numerico che decrementerà ad ogni attacco subito), che conterà cifre esorbitanti nei lenti "tank", mentre una quantità più esigua per i personaggi piccoli ed agili: un ulteriore filtro per differenziare i character disponibili. Una seconda barra, chiamata ovviamente MP, permetterà di gestire le mosse speciali, che oltre alle classiche due special eseguibili al costo di una barra con doppio movimento del d-pad, contano le cosiddette Heat UP, attivabili con la pressione dell'apposito grilletto laterale: rilasciando un'Heat Up il nostro personaggio sarà avvolto per una manciata di secondi da fiamme, e otterrà alcuni bonus che variano da combattente a combattente. Urs ad esempio godrà di mosse sensibilmente potenziate (un pò come Sol in modalità Dragon Install), Marco sarà accompagnato dal suo fido draghetto, guadagnando mosse nuove di zecca, o ancora Face sfodererà le sue pistole rilasciando una doccia di piombo sul nemico.
    Le Heat Up rappresentano un espediente abbastanza originale per consolidare la versatilità di ogni membro del roster, che ai giocatori più scafati ricorderanno con piacere in alcuni casi l'utilizzo degli Stand nel glorioso picchiaduro dedicato a Le Bizzarre Avventure di Jojo, in altri le Dark Force viste in Vampire Savior. Un'eredità a cui sembra puntare anche il puzzle di citazioni sparse tra le animazioni "idle" di alcuni personaggi o le prese differenziate di Marco. E poi, diciamocelo, quelle mosse di Odile e Face non vi ricordano un pò troppo Demitri e Hol Horse?

    Gachi? Si, grazie!

    Di questi tempi un picchiaduro non è davvero un picchiaduro se non gode dell'implementazione di un sistema di counter di sorta. Arc System ci propone le "gachi". Dietro questo esotico nome si nasconde un tasto che, premuto in combattimento al momento esatto dell'impatto di un attacco avversario, ci permetterà di effettuare una rapida schivata o addirittura spingere il nemico in avanti (associando al tasto gachi la croce direzionale) per farlo rimbalzare al muro e poi esibirsi successivamente in una serie di juggle. Usato correttamente il gachi ricorda da vicino il sistema di parry avanzate di Garou Mark of the Wolves e Street Fighter III. Con un sostanzioso allenamento e un buon senso del ritmo sarà possibile annullare anche le combo più complesse dei nemici, per poi contrattaccare con letali sequenze aeree.
    Decisamente spettacolare e dinamico.

    Il minimo indispensabile

    Le opzioni offerte da Battle Fantasia sono piuttosto scarne, e contano i soliti arcade, versus, time attack e survival mode.
    Inedita nella versione da casa è la modalità storia, grazie a cui potrete approfondire i legami tra i vari personaggi e comprenderne alcuni retroscena. Inutile dire che, oltre ad arricchire il vostro bagaglio culturale, e sollazzarvi con alcune situazioni davvero divertenti (memorabile Marco che tenta di salvare la partita in chiesa) questa modalità vi permetterà anche di sbloccare alcuni succosi extra, come illustrazioni bonus o costumi secondari (nonchè un personaggio bonus).
    Gradevole è la presenza di una modalità online, che purtroppo, a causa della bistrattata distribuzione del gioco, rende alquanto complicato trovare avversari con facilità.

    Questo è un gioco giapponese

    Battle Fantasia è un gioco giapponese che non ha paura di esserlo, e questo ci riporta in parte al discorso sulle mosche bianche in apertura.
    Basta guardare i rozzi sketch che fungono da ritratti dei personaggi nel menu di selezione per capire che Arc System non ha cercato l'ultrarealismo o l'ultraviolenza a tutti i costi, non si è adeguata a quello che parrebbe essere un triste trend di massa, ma si è limitata a mettere in piedi un motore grafico onesto, che grazie al suo cel shading realizza ambientazioni e personaggi che paiono usciti da una favola.
    Siamo vicini ad Eternal Sonata, ma purtroppo solo dal punto di vista concettuale e da quello delle calde scelte cromatiche.
    I personaggi non puntano su numero di poligoni esorbitante, ma si muovono ugualmente bene sullo schermo, qualche volta pattinando, ma mai abbassando il capo di fronte alla dura legge del framerate che affligge altre produzioni simili, esibendo non muscoli che si contraggono indipendentemente, abiti realistici o sudore, ma animazioni ultracurate realizzate con i mezzi di un titolo che ha comunque i suoi anni sulle spalle. E quello che tecnicamente manca, viene sopperito senza remore da una cura sopra la media e da un gusto estetico che raramente capita di vedere sulle console next/current gen, vuoi per l'atipicità del setting, vuoi per la mano magica di Arc System che dimostra di sapere il fatto suo anche senza l'ingombrante presenza di Ishiwatari (che qui si è limitato a doppiare il pirata Freed). I picchi di Battle Fantasia non sono dunque ostentate dimostrazioni di potenza di calcolo, ma gemme da ricercarsi in una mossa dal nome particolarmente azzeccato e nei semplici ma non semplicistici effetti particellari che accompagnano le bellissime - e per una volta non le solite - mosse speciali, o nelle brevi sequenze che partono facendo affrontare due personaggi rivali.
    Un pò come succedeva tra anni ottanta e novanta.
    Qualcuno potrebbe chiedersi perchè Arc System non abbia ancora una volta tentato la via del 2D, considerata anche la maestria con cui realizza sprite e animazioni, ma al tempo stesso non si può che apprezzare l'approccio alla terza dimensione, che dimostra uno stoico ancorarsi ai dettami delle due dimensioni riscontrabile ad oggi in ben pochi titoli (qualcuno ha detto Tatsunoko Vs Capcom?). Potremmo definire, paradossalmente, un successo la scelta di adottare il controverso 2.5D, anche solo per quanto, giocando Battle Fantasia, non si senta assolutamente la mancanza dei cari vecchi sprite.
    Stesso discorso vale per i fondali, coloratissimi e ben concepiti, di cui si può lamentare solo una certa staticità, e pure in pochissimi casi.
    E quale accompagnamento poteva essere più azzeccato di una serie di musiche che sembrano uscite dall'ultimo RPG giapponese in vecchio stile?
    I temi che compongono la colonna sonora di Battle Fantasia fungono da ottimo accompagnamento, ma a volte restano un pò troppo sul fondo, fallendo nel tentativo di imprimersi a dovere nella mente del giocatore.
    Fortunatamente tengono alta la bandiera certe tracce che non faticheranno a colpire anche il più esigente musicofilo, come il tema del Royal Astronomical Observatory che, vogliamo sbilanciarci, non sfigurerebbe tra i lavori di Yasunori Mitsuda.
    Ottimo e generoso il doppiaggio in-game: i personaggi parlano tanto all'inizio e alla fine delle battaglie, ed è bello vedere come questo contribuisca a rendere ancora più vivo il cast di Battle Fantasia in modo unico.
    Pensate ad Ashley ad esempio, con le sue frasi appena bisbigliate (quasi ambiguamente sensuali).
    Niente inglese per i detrattori della lingua del lontano nihon.
    Forse non si era ancora capito, ma chi punta all'occidentalizzazione dovrebbe guardare altrove.

    Battle Fantasia Battle FantasiaVersione Analizzata Xbox 360Il titolo Arc System è probabilmente quello che in molti stanno fingendo di giocare in questo preciso momento, accecati dall'hype e dall'eco del suono degli hadoken. Inutile fingere, i picchiaduro 2D non sono mai stati un genere per tutti, specialmente dopo gli anni novanta. Ma Battle Fantasia non è un gioco creato per accattivarsi il pubblico. Piuttosto si tratta di qualcosa di nuovo da servire agli appassionati dei combattimenti, fin troppo a digiuno di novità. Poche pretese, tanta sostanza. Un primo passo verso quella che potrebbe essere la stella che assieme al crossover Tatsunoko, ha il potenziale per riportare in vita gli antichi fasti di un'epoca non troppo lontana nel tempo, ma troppo lontana dagli occhi, i cuori e sopratutto i polpastrelli di chi l'ha vissuta e amata. L'unico vero difetto, anzi un vero crimine, è il prezzo applicato da Halifax in Italia: vista l'età sarebbe stato più onesto commercializzare Battle Fantasia a prezzo ridotto.

    7.5

    Che voto dai a: Battle Fantasia

    Media Voto Utenti
    Voti: 90
    6.8
    nd