Biomutant Recensione: il mutante di THQ Nordic non convince del tutto

Affetto da una personalizzazione forse eccessiva e da un impianto narrativo carente, Biomutant ha purtroppo mancato il bersaglio.

Biomutant
Recensione: Xbox One X
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  • Pc
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  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Di ritorno da un esclusivo evento digitale finalizzato a ripresentare Biomutant alla stampa specializzata e ignorando i molteplici campanelli di allarme che da tempo si accendevano al solo passaggio del feroce mammifero mutante, ero sinceramente pronto a scommettere che il titolo d'esordio dello studio Experiment 101 avrebbe lasciato il segno nel genere degli action RPG. Al netto di qualche dubbio sulla personalizzazione del personaggio (per tutti i dettagli consultate la nostra più recente anteprima di Biomutant), il prodotto mi aveva infatti conquistato con un sistema di combattimento caotico e una piacevole ambientazione post-apocalittica dai colori sempre accesi.

    Quello che ancora ignoravo è che tutti gli altri aspetti della produzione, a cominciare dal soporifero intreccio narrativo, si sarebbero invece rivelati inadeguati e in certi casi persino autodistruttivi. Mentre il pubblico eleggeva già Biomutant a "salvatore" della seconda metà di maggio, mi sono quindi volute delle settimane per metabolizzare la disillusione e prepararmi a raccontarvi pregi e difetti della creatura mutante di THQ Nordic.

    Ad un passo dalla fine del mondo

    Selvaggio e spesso caratterizzato da una vegetazione rigogliosa, il seppur splendido mondo di Biomutant ha in realtà i giorni contati. Se la grande apocalisse provocata a suo tempo dalle pratiche sconsiderate della Toxanol Corporation ha portato alla nascita del cosiddetto "Nuovomondo" e delle creature mutanti che oggi lo popolano, una nuova piaga ne sta devastando le terre, accelerando la morte del gigantesco Albero della Vita.

    Soltanto la sconfitta dei terrificanti Mangiamondo - mostruosi esseri comparsi in seguito alla Fine dei Tempi e che vivono in prossimità delle radici dell'albero - potrebbe arrestarne il processo, ma dal momento che le tribù mutanti sono ancora divise, il futuro del mondo appare ormai segnato. Come intuibile, il compito del giocatore è dunque quello di creare un alter-ego abbastanza forte e carismatico da unificarle sotto un'unica bandiera o debellarle una volta per tutte, scongiurando o anticipando, a seconda delle proprie scelte, la catastrofe definitiva. Questo perché l'evoluzione della campagna di Biomutant non è predefinita, ma è plasmata dalle scelte compiute di volta in volta dall'utente, che già nelle prime battute della vicenda è ad esempio chiamato a scegliere la propria razza e ad allearsi con una delle tribù che controllano i territori immediatamente circostanti all'Albero della Vita. Ognuna di esse ha infatti un obiettivo differente: se per esempio i bellicosi Jagni vogliono annientare i popoli rivali e lasciare che i Mangiamondo distruggano il fusto secolare, ve ne sono altre che al contrario intendono proteggerlo e creare una duratura alleanza con le altre specie. Il racconto di Biomutant è quindi costellato da decisioni da prendere al volo, ponderando e assumendosi le responsabilità derivanti dal percorso imboccato.

    Peccato soltanto che le scelte davvero importanti siano pochissime, come appunto stabilire se risparmiare un nemico sconfitto e costringerlo a diventare un vassallo del proprio Sifu (l'indiscusso leader di una tribù), e che in ogni caso queste abbiano ripercussioni tutto sommato risibili sull'intreccio. Seppur con le dovute eccezioni, tantissime decisioni intraprese possono essere sovrascritte in ogni momento, tant'è che nel pieno della guerra per l'unificazione o la sottomissione dei popoli il giocatore ha addirittura la facoltà di cambiare improvvisamente schieramento e rimescolare così le carte in tavola.

    Se da una parte apprezziamo la libertà totale offerta all'utente, dall'altra questa soluzione limita enormemente il modo in cui le scelte compiute impattano sullo sviluppo della vicenda.

    Anche volendo soprassedere sulla scarsa incisività delle decisioni, la storia di Biomutant fatica comunque a farsi apprezzare in quanto priva mordente e del benché minimo colpo di scena. Dal momento che i mutanti comunicano utilizzando una lingua incomprensibile, era lecito aspettarsi che degli opportuni sottotitoli accompagnassero ogni loro battuta, rendendo decifrabili i discorsi tra pelosi; al contrario, il protagonista è completamente muto e non solo i dialoghi risultano a senso unico, ma vengono tradotti da una fastidiosa e ingombrante voce fuoricampo che di volta in volta riferisce al giocatore quanto proferito dall'interlocutore di turno.

    Una caratteristica di Biomutant che proprio non riusciamo a digerire, poiché non solo preclude qualsiasi forma di immedesimazione e raddoppia la durata di ogni singola battuta parlata, con buona pace di scioltezza e ritmo, ma conferisce al prodotto una connotazione quasi favolistica per nulla consona ai toni apocalittici del racconto.

    Uno stile narrativo, in definitiva, molto vicino ai titoli aventi un target di giovanissimi, ma incompatibile con la natura seriosa e drammatica di Biomutant, dove l'utente è costantemente chiamato a stabilire le sorti del prossimo. Se a questo aggiungiamo che di default il narratore commenta ogni singola azione compiuta durante l'esplorazione, ripetendo a oltranza le stesse frasi, la sua presenza diventa molesta e invadente già nelle prime ore di gioco, incoraggiando il giocatore ad azzerare la frequenza dei commenti automatici e a far scorrere rapidamente i testi durante i dialoghi con gli altri mutanti.

    Personalizzazione totale e scellerata

    Il secondo grave difetto di Biomutant va ricercato nell'esagerato livello di personalizzazione dell'avatar, che almeno sulla carta doveva rappresentare invece il suo principale punto di forza.

    Del resto, già con la nostra ultimissima anteprima di Biomutant avevamo sollevato qualche dubbio sull'efficacia di una customizzazione totale e sull'elevato rischio che questa potesse alla lunga vanificare la diversificazione tra le varie razze e classi del gioco. Purtroppo non ci eravamo sbagliati, ma il problema supera qualsiasi nostra previsione. Come spiegato la volta scorsa, all'inizio dell'avventura il giocatore è chiamato a creare il proprio alter-ego e a modificarne il DNA, allo scopo di ottenere un personaggio giocabile assolutamente personale. Tenendo presente che ciascun parametro si riflette sull'aspetto del mammifero, la prima decisione con cui l'utente deve fare i conti è appunto la scelta della razza: in Biomutant ve ne sono in tutto sei e ciascuna di esse privilegia una statistica a discapito delle altre, munendo il personaggio di un capo eccessivamente grande qualora sia in possesso di un'intelligenza fuori dal comune, o magari di zampe anteriori possenti se munito di una notevole forza fisica.

    A primo acchito l'introduzione di specie così diverse, non tanto nell'aspetto quanto nelle capacità, può apparire geniale e favorevole allo sviluppo di una build mirata a massimizzare un determinato parametro anziché un altro, ma già al termine della creazione del personaggio ci si rende conto che la diversificazione tra le stesse non è affatto vincolante. Una voce posta nella fase conclusiva dell'editor permette infatti di manipolare le statistiche del procione e rimescolarle, ottenendo magari parametri del tutto opposti e incompatibili con la descrizione della razza selezionata.

    Una problematica, questa, che si fa ancora più seria con l'aumento di livello, ossia quando il giocatore riceve 10 punti da spendere in blocco e a propria discrezione su un'unica statistica, senza alcun limite posto a quelle che da contratto dovrebbero rimanere sotto la media, a seconda dalla razza selezionata in fase di creazione.

    Lo stesso discorso vale per le cinque classi in cui è possibile specializzarsi, ma che in realtà sono soltanto dei "preset" con cui avvicinarsi al mondo di Biomutant in attesa di padroneggiare il sistema di personalizzazione dell'avatar. Come spiegato nell'anteprima, ogni classe interviene lievemente sui parametri del procione e lo dota di abilità particolari che spaziano dalla capacità del Tiratore di ricaricare all'istante le munizioni del fucile equipaggiato a quella del Sabotatore di combattere con due armi da mischia, senza dimenticare i particolareggiati talenti magici dello Psicofolle.

    A dispetto dei pronostici, quelle che pensavamo fossero skill esclusive si sono invece rivelate delle abilità apprendibili col passare delle ore, tant'è che durante la nostra prova abbiamo messo su un Sabotatore piuttosto versatile e in possesso di alcune capacità tipiche delle altre classi. Il risultato è un minestrone che, come suggerito poc'anzi, azzera la diversificazione tra le stesse e inficia il fattore rigiocabilità, la componente ruolistica e persino il sistema di combattimento stesso.

    Avendo libero accesso a tutte le skill del gioco, indipendentemente dalle scelte effettuate in apertura, è difatti possibile creare build con caratteristiche che definiremmo inconciliabili, e che di conseguenza si traducono con un avatar tuttofare, ma incapace di eccellere in alcun campo. Se fin qui Biomutant può apparirvi già abbastanza confusionario e inconcludente, occorre specificare che il prodotto presenta degli ulteriori valori di cui tenere conto, almeno nelle prime ore della vicenda.

    Partiamo dalla cosiddetta Aura, ossia il parametro che stabilisce l'orientamento del mammifero, influenza i dialoghi con gli altri personaggi e soprattutto rappresenta la somma delle sue azioni e scelte. Come scoperto col passare delle ore, l'Aura non serve quasi a nulla, se non a sbloccare nuovi poteri Psionici che appunto richiedono una personalità luminosa e benevola o, al contrario, oscura e malvagia. Peccato che ancora una volta il confine tra i due orientamenti sia quasi inesistente e che ciascun avatar possa in realtà apprendere tutte le magie legate all'una o all'altra natura. Dal momento che luce e oscurità non sono indicati da una barra che muta a seconda delle inclinazioni, ma al contrario presentano valori numerici separati e ben distinti, che per giunta non si abbassano vicendevolmente, con un po' di astuzia è addirittura possibile incrementarli entrambi e sfruttare alcune meccaniche per ottenere a iosa punti luce e oscurità.

    Più o meno la stessa cosa vale infine per le resistenze ambientali, ossia i cinque valori che stabiliscono quanto tempo il procione possa sopravvivere all'interno delle cosiddette zone a rischio. Nel mondo di Biomutant vi sono infatti delle aree piuttosto piccole che presentano dei pericoli bio-contaminanti, criogenici, incendiari o radioattivi, senza dimenticare la cosiddetta "Zonamorta", ossia un tratto di terra privo di ossigeno. Come spiegatovi la volta scorsa, all'inizio del gioco è possibile ottenere il 24% di resistenza a uno dei quattro fattori o comunque il 12% a due di essi, ma se al tempo pensavamo che sarebbe stato soltanto l'equipaggiamento a far la differenza, costringendoci a cambiarlo a seconda della situazione e a preparare almeno quattro diversi "abiti da lavoro", all'arrivo del codice finale abbiamo appreso una verità ben diversa. Accumulando e spendendo i punti Bio è appunto possibile incrementare in maniera permanente le suddette resistenze, tant'è che già dopo una decina di ore dall'inizio della nostra prova ci siamo ritrovati a possedere percentuali di sopportazione superiori all'80% in ogni categoria, eliminando la necessità di modificare in alcun modo il vestiario del personaggio controllato. Anche in questo caso la scelta iniziale finisce quindi per influenzare soltanto le prime ore dell'avventura, stabilendo quali aree il giocatore possa visitare o meno subito dopo essersi tuffato in Biomutant.

    Nel complesso sono dunque queste le molteplici ragioni che ci spingono a ritenere la totale personalizzazione del personaggio una delle più gravi pecche del prodotto. Esageratamente stratificata e permissiva, questa finisce purtroppo per crollare su sé stessa, mancando del coraggio necessario a valorizzare le decisioni intraprese lungo il percorso e vanificando del tutto le seppur curiose trovate escogitate dal team di Experiment 101.

    Piccolo quanto feroce

    Nonostante le varie problematiche appena evidenziate, Biomutant non è comunque un completo disastro, in quanto il procione di THQ Nordic presenta almeno un paio di frecce appuntite al proprio arco. Al netto di una fisicità dei colpi da rivedere, specie quando si utilizzano armi da fuoco, il divertente sistema di combattimento si è dimostrato frenetico e variegato.

    Partiamo con una fondamentale premessa: indipendentemente dalle statistiche ottenute durante la mutazione iniziale del DNA, il nostro piccolo guerriero gode di una strabiliante mobilità, che tra le altre cose gli consente di scivolare in mezzo ai nemici, passare tra le gambe dei bestioni ingaggiati in battaglia, saltellare da un capo all'altro del terreno di gioco e sparare a mezz'aria in vere e proprie fasi di slow motion che tanto ricordano le più avvincenti sequenze di Matrix.

    Capace di inscenare un'autentica danza di salti, schivate e capriole, la peculiarità del mammifero è la grande versatilità, nonché la capacità di passare in qualsiasi momento dall'arma bianca alle bocche di fuoco, ricorrendo nel mezzo a qualche mossa di "Wung-Fu" o ai devastanti poteri Psionici (tecniche elementali che potremmo paragonare alla magia o alle più disparati capacità straordinarie degli X-Men). Quattro diverse soluzioni che alterano in maniera repentina il ritmo del gameplay e i pattern di attacco del mutante, affinché questi possa adattarsi e sfruttare le caratteristiche dei nemici incontrati e al tempo stesso scacciare la ripetitività di fondo dovuta alla discreta varietà di nemici.

    Soluzioni che, in ogni caso, diventano molte di più se si tiene presente che in Biomutant vi sono diverse tipologie di armi destinate al combattimento in mischia o a distanza, come appunto spade, spadoni, bastoni, un guantone con cui frantumare pareti e avversari, pistole, fucili a pompa, mitragliatrici, boomerang e l'immancabile arco. Ognuno di essi modifica sensibilmente gli schemi di attacco dell'avatar e la portata dei suoi colpi, offrendo un minimo di strategia con cui affrontare le situazioni più concitate e i giganteschi boss.

    A proposito delle armi, in Biomutant vi è un sistema di crafting attraverso il quale è possibile combinare i materiali raccolti nelle varie location e realizzare armi personalizzate: ogni fucile, blaster o arma da taglio è infatti composto da un minimo di tre a un massimo di sei-sette componenti intercambiabili, come ad esempio il manico o la lama per le spade, o l'impugnatura e il caricatore per le bocche di fuoco. Riciclando i pezzi più vecchi e inutilizzati per ottenere materiali di consumo, i giocatori possono quindi aggiornare di continuo l'armamentario e senza il bisogno di visitare un'apposita officina, così da sfruttare immediatamente qualsiasi pezzo trovato durante lo svolgimento di una missione. È un sistema che funziona molto bene e che incentiva la fantasia, il cui unico difetto risiede in realtà nel suo pregio più grande: l'eccessivo numero di pezzi disseminati in maniera casuale per tutto il mondo di gioco.

    Sono davvero tantissimi, difatti il direttore creativo Stefan Ljungqvist ha asserito che secondo i conteggi effettuati dal suo team sarebbe addirittura possibile creare oltre 200 milioni di combinazioni possibili per le sole armi da fuoco, cui andrebbero naturalmente aggiunte quelle relative agli strumenti da mischia. Una cifra esorbitante e senza precedenti, che troppo spesso porta il giocatore a raccogliere tantissimo ciarpame prima di trovare qualcosa che possa tornare vagamente utile.

    Esplorazione selvaggia

    L'aspetto di Biomutant che mi ha convinto maggiormente è comunque la componente esplorativa, anche grazie a un comparto tecnico notevole e ai colori accesi che caratterizzano il Nuovomondo. Coi suoi otto chilometri quadrati, il mondo di Biomutant non è esattamente sconfinato, ciononostante pullula di biomi differenti, avamposti da conquistare, zone segrete in cui recuperare equipaggiamenti rari, territori ad alto rischio in cui addentrarsi solo in possesso delle specifiche resistenze, e così via.

    Le regioni meridionali della mappa risultano talvolta un po' vuote, ma il numero di attività e nemici ingaggiabili sale man mano che ci si avvicina all'albero della vita e alle zone settentrionali, che oltretutto presentano alcuni dei paesaggi più suggestivi e ispirati di tutto il pacchetto. Devo infatti constatare che Biomutant riesce a dare il meglio di sé quando il giocatore mette totalmente da parte la campagna principale per girovagare senza meta, esplorare gli anfratti più remoti della mappa e dedicarsi al recupero di materiali e al completamento delle missioni secondarie, che tra una fetch quest e l'altra tendono a fornire numerosi indizi sulla lore e sui catastrofici incidenti che hanno provocato l'apocalisse.

    Come accennato, Biomutant è sorretto da un impianto artistico gradevole, grazie al quale Experiment 101 ha potuto dar vita a un open world spesso strabiliante e ricco di particolari, soprattutto se teniamo in considerazione che l'intero progetto è stato curato da un team di venti persone appena. Spalleggiati dal publisher THQ Nordic, Stefan Ljungqvist e i suoi ragazzi hanno infatti curato da soli ogni singolo aspetto del prodotto, cercando di evitare qualsiasi forma di crunch o di stress agli addetti ai lavori. Il risultato non è un titolo spaccamascella, ma nel complesso il colpo d'occhio conserva uno stile unico e incantevole.

    Nelle scorse settimane ho fruito di Biomutant su Xbox Series X e Xbox One X, godendo in entrambi i casi di un'esperienza molto fluida a 60 fps.

    È però sulla nuova ammiraglia Microsoft che il GDR mi ha regalato grandi soddisfazioni, con tempi di caricamento brevissimi, un frame rate solido e il 4K nativo, che tra le altre cose ha massimizzato la resa di effetti speciali e modelli poligonali. Tradotto in tutte le lingue principali, Biomutant presenta infine una traccia italiana non esente da difetti: sorvolando sulla pronuncia errata del nome, che infatti è stato letto alla lettera, l'interpretazione del narratore pare un po' svogliata e priva di enfasi, andando a penalizzare ulteriormente un racconto già privo di grinta e carattere. In compenso un menu legato all'accessibilità consente di modificare la grandezza e il colore dei sottotitoli, applicando ove necessario uno sfondo dall'opacità regolabile.

    Biomutant BiomutantVersione Analizzata Xbox One XBiomutant è una bizzarra commistione di generi ludici e narrativi in cui trovano spazio il fantasy, il post-apocalittico, la magia, un’avanzata tecnologia e non per ultimi gli animali antropomorfi. Se a questi elementi aggiungiamo le tante meccaniche che i ragazzi di Experiment 101 hanno voluto implementare a tutti i costi, come l’Aura, la personalizzazione totale del personaggio o l’incredibile numero di armi realizzabili attraverso il sistema di crafting, non sorprende affatto che l’action RPG non abbia saputo gestire la troppa carne al fuoco. Se avvicinato con consapevolezza e senza grandi pretese, il comparto artistico piacevole ed il sistema di combattimento possono comunque regalare tante ore di intrattenimento, specie in assenza di validi esponenti del genere ruolistico.

    6.5

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