Recensione Black

Pallottole in Nero

Recensione Black
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS2
  • Xbox
  • Morte e Distruzione

    Ormai si è parlato così tanto di Black che ogni commento maggiore di un semplice “compratelo” sembra superfluo. Può darsi, però, che in questi giorni, in cui migliaia di “nere” pallottole virtuali hanno già incominciato ad essere esplose, ci sia ancora qualcuno che non sappia cosa sia Black o che, più probabilmente, non abbia ancora le idee chiare.
    Black, per coloro che sono appena tornati da una vacanza in qualche paese comunista (ci piace pensare che, per qualche motivo intuibile, ai “rossi” non piaccia Black) o sono stati rapiti dagli alieni, è un FPS, First Person Shorter (Sparatutto in prima persona), ambientato in un paese dell’Europa dell’est, vecchio satellite della galassia Sovietica e ora in disfacimento.
    La storia, con tutto il rispetto per chi l’ha ideata, sembra uscita dalla penna, o notebook (in base a quanto è romantica la vostra idea di letteratura), di uno scrittore alcolizzato a corto di vino e di idee.
    Nel tentativo di non rovinare la sorpresa, o meglio dire rimandare la delusione, sarà abbastanza sapere che nel gioco impersoneremo un membro delle forze speciali americane addetto alle operazioni segrete [da cui il nome del gioco: Black (Operations)], il quale viene accusato di varie inadempienze e dovrà rispondere, davanti ad un superiore, a varie domande circa una particolare operazione in Europa; man mano che il soldato chiarirà i dubbi del superiore il gioco, tramite dei flashback, ci condurrà nelle zone in cui sono avvenuti gli scontri con una delle solite organizzazioni dedite ad attività che ledono gli interessi Americani.
    E’ evidente che Black, in tutta la sua armata e lucente spavalderia, non abbia mai prestato attenzione alla sua stessa storia. Le sequenze utilizzate per narrare le vicende di cui sopra sono veri filmati, con attori in carne e ossa, e la sensazione generale è che gli attori e il regista abbiano impiegato meno tempo a girare le scene che il giocatore a finire il gioco. E Black non è lungo.
    Forse se i filmati fossero stati in computer grafica, e con una maggiore attenzione e varietà per quel che concerne la regia (anche se con una simile trama era difficile fare di meglio), la narrazione ne avrebbe giovato a causa del maggior interesse e curiosità che sequenze del genere potevano suscitare, ma il modo nel quale la storia viene raccontata (non che, appunto, la storia stessa) sembra solo un noioso intermezzo tra una furiosa sparatoria e l’altra.

    Già nella Storia


    Il titolo Criterion si pone di prepotenza tra i migliori giochi del genere, ed è probabilmente il migliore in assoluto, senza tuttavia presentare caratteristiche particolarmente innovative. Black sembra interpretare il genere degli FPS in modo classico e, paradossalmente, piuttosto contenuto dal punto di vista delle modalità di gioco. Facendo, infatti, perno su una produzione tecnica assolutamente eccezionale ha la possibilità di tralasciare tutto ciò che riguarda il multiplayer (campo sempre privilegiato dagli sparatutto) e tuttavia rimanere un titolo che vale il prezzo sulla copertina. Non avere una modalità cooperativa, capture the flag o anche un semplice deathmatch, sarà sicuramente fonte di malumori tra chi è abituato a questo genere di esperienze, ma è evidente che gli sviluppatori abbiano preferito concentrarsi su alcuni aspetti e tralasciarne altri, in modo da non mettere in commercio l’ennesimo FPS mediocre (Project Snowblind, Cold Winter, Medal of Honor: Rising Sun e European Assault...). Questa scelta è probabilmente sintomo della sicurezza e fiducia che i finanziatori di Black avevano nel progetto e, per ora, sembra pagare.
    Una longevità non particolarmente lunga, che va dalle cinque alle sei ore in modalità normale, e la già citata assenza di modalità multiplayer o arcade sono i difetti principali di Black, insieme ad una IA che lascia perplessi. Tutto il resto, però, rasenta la perfezione.

    Sempre con il colpo in canna


    L’atmosfera di Black, indiscutibilmente in sintonia con il titolo, è una perfetta armonia tra grafica e sonoro. Così come gli screenshot e i video avevano gustosamente anticipato, è successo quasi un miracolo. Ripetendo le gesta che l’aveva fatta conoscere all’intera comunità videoludica mondiale con Burnout, Criterion è stata in grado di proporre un titolo che, sebbene come spesso succede non mettesse in pratica ogni singola parola pronunciata per alimentare l’hype, è senza dubbio un lavoro superbo, soprattutto alla luce di quelle che sono alcune limitazioni tecniche dell’hardware (specialmente nel caso PS2). A prescindere da poco utili e pratici paragoni con altri titoli, sui quali (paragoni e parallelismi) sono già state spese troppe parole, Black è come niente fin’ora. Sicuramente sarà discusso e criticato, amato e preso come paragone in futuro, ma come diceva Oscar Wilde “la diversità di opinioni intorno ad un’opera d’arte dimostra che l’opera è nuova, complessa e vitale”. E’ improbabile che lo scrittore Dublinese si riferisse in qualsiasi modo o senso all’industria dei videogiochi, ma il concetto è abbastanza simile: i difetti ci sono e alcuni non dipendono dal gusto personale bensì da un’oggettività che trascende dal singolo giocatore, ma tutto il resto è ammaliante e affascinante come poco prima. Se siete degli amanti degli FPS Black sarà una poesia.
    Da un punto di vista prettamente tecnico la grafica presenta imperfezioni quali il flickering (il tremolio delle superfici quando ci trova a contatto con le stesse), un framerate non elevatissimo e soprattutto cali, talvolta frequenti, dello stesso. In alcune situazioni particolarmente affollate, specialmente di proiettili e dell’inevitabile fumo che scatenano, il gioco tenderà a scattare e perdere fluidità in modo abbastanza evidente; il fenomeno si presenta soprattutto quando si “zoomma” per mirare meglio. Il primo difetto (quello del flickering) non intacca minimamente la giocabilità, e se non si è particolarmente sensibili e attenti a questo problema è improbabile notarlo subito, il secondo è invece più consistente e nega a Black di intaccare i mostri sacri del campo. Anche le texture non fanno gridare al miracolo, e nel complesso si attestano sulla media. Quel che invece colpisce sin dal primo momento è la lunghezza e vastità del campo visivo, i nemici possono essere avvistati da lontanissimo, e lo stesso vale per loro; il fumo e la polvere che ogni scarica di mitra sollevano sono, letteralmente, galvanizzanti. Non ci si deve sorprendere se dopo una cattiva e arrabbiata sparatoria una piccola e in sinuosa voce, in qualche parte nascosta e “oscura” della mente, speri quasi che il nemico esca nuovamente dalla nube di polvere creata per poter continuare a sfogare gli istinti e far loro diffondere il messaggio di viedoludica distruzione a bordo di pezzi di piombo...
    E’ questa la magia di Black: riuscire a proporre qualcosa di semplice ma appagante nello stesso tempo. Una semplicità non banale e un appagamento completo, come raramente si era visto in uno FPS. Uccidere un nemico non è semplicemente un tappa verso i titoli di coda, è più simile ad una sfida che vede i due contendenti ad armi pari, e per questo ancora più esaltante. I colori vivi e ludici, i giochi di luce, la paura per la costante e opprimente possibilità che un nemico inizi a sparare da una postazione che in un quel momento non si sta osservando, la consapevolezza della potenza distruttiva dell’arma equipaggiata, la voglia (e al tempo stesso il timore) che tra un momento ci si possa veder costretti a dover fronteggiare più bersagli contemporaneamente... è l’atmosfera che ogni FPS vorrebbe avere e che Black ha.
    Non si può dimenticare il ruolo svolto dall’audio: praticamente la perfezione assoluta. Eguagliando e superando le produzioni cinematografiche a cui lo stesso Black si ispira, non si può fare a meno di notare le differenze tra le varie armi, la pienezza delle esplosioni, le musiche a cura di Michael Giacchino (autore della perfetta colonna sono di Medal of Honor: Frontline), i piccoli e grossi rumori di sottofondo, le urla (rigorosamente in Russo) dei nemici o le grida di dolore: in pratica è quello che potrebbe essere definito una “sinfonia-bellica”.

    Zucca vuota


    Black propone un buon compromesso tra simulazione ed esperienza arcade, non ci si può buttare nella mischia nella speranza di poterlo poi raccontare ai nipoti ma, al tempo stesso, si possono subire diversi colpi nemici prima di leggere “game over” sullo schermo. Non è necessario pianificare eccessivamente l’attacco (specialmente perché gli scenari, per quanto ben progettati, non offrono tante possibilità di manovra) ma un minimo di attenzione è necessaria. Ovviamente il gioco si fa più impegnativo (e avvincente) nelle modalità più difficili durante le quali saranno disponibili solo piccoli kit per il ripristino parziale dell’energia vitale (ad effetto istantaneo) e non anche i kit di maggiore potenza guaritrice (che si possono portare con se e utilizzare nel momento opportuno) che invece sono presenti nelle modalità facile e normale. Le armi, divise per categoria (pistole, fucili a pompa, mitra, fucili mitragliatori, fucile di precisione, lancia granate, lancia razzi e granate), hanno un diverso raggio d’azione che rende gli scontri credibili (è impossibile colpire un nemico molto distante con una normale pistola, o con un mitra Uzi), al tempo stesso però i caricatori hanno una capacità particolarmente elevata che permette di non dover ricaricare troppo frequentemente. Anche il numero di proiettili che viene fornito (in pratica ogni nemico ucciso lascia sul terreno delle munizioni) è molto alto, e solo di rado bisognerà stare attenti a non terminare le munizioni prematuramente.
    Quasi sempre durante il gioco si dovranno fronteggiare numerosi nemici, spesso senza sapere sin da subito da dove stanno sparando, ma proprio durante l’interazione con il nemico affiora un brutto difetto di Black: l’IA. I soldati nemici non sfruttano i ripari offerti dall’ambiente circostante e in generale mancano di iniziativa. Solo raramente si viene accerchiati e in genere i nemici sembrano avere un atteggiamento piuttosto passivo, in attesa che sia il giocatore a fare la prima mossa. In un altro gioco una simile IA (che comunque non arriva ai livelli paradossali di Brothers in Arms: Earned in Blood) sarebbe stata quasi accettabile, ma in Black no. Inoltre, anche nei livelli di difficoltà più elevati (4 in tutto) i nemici non utilizzano mai le granate e in alcuni punti, dove c’è un soldato armato di RPG, si verrà bersagliati di razzi a ritmo costante, rendendo un po’ innaturale l’azione. Inspiegabile è anche il comportamento in base al quale un soldato che viene colpito continua a mantenere la propria posizione in paziente attesa del definitivo proiettile mortale. Anche i commilitoni, che in alcune frazioni di gioco accompagnano il protagonista, sembrano esser li più per compagnia che per un vero supporto, ma i programmatori hanno avuto il buon senso di renderli immortali evitando così probabili crisi di coscienza in seguito a uccisioni sotto il fuoco amico.
    Così come si accennava a inizio recensione la longevità non è il punto forte del gioco, oltre a non essere presente una modalità multiplayer anche l’azione in singolo non è particolarmente lunga e, sotto alcuni aspetti, mal strutturata. Le missioni, otto in tutto, sono molto lunghe (si può arrivare a superare l’ora di gioco) e i checkpoint rari. Gli effetti di questa caratteristica sono principalmente due: i videogiocatori che non hanno un quantità di tempo libero esagerata, come chi lavora, avranno difficoltà nel trovare la possibilità di portare a termine il gioco ed evitare i probabili tempi biblici a cui si va incontro, specialmente se si muore ed è necessario ripetere una parte del livello; chi invece ha la possibilità di investire più tempo della propria vita con un pad in mano potrà assaporare e capire quelle che probabilmente erano le intenzioni dei programmatori, vale a dire rendere l’esperienza realistica e obbligare il giocatore ad essere cauto e a non lanciarsi a cuor leggero in azioni che potrebbero mettere a repentaglio la salute dell’alter ego digitale. Questa scelta è discutibile poiché il comportamento più naturale, nel caso in cui il gioco risulti troppo difficile, sarà semplicemente quello di impostare il livello di difficoltà più basso.

    Black BlackVersione Analizzata PlayStation 2Black è arrivato. Dopo un’attesa snervante, fatta di promesse e anticipazioni, finalmente possiamo costatare quanto era vero e quanto no. Alcune parti dell’ambiente circostante effettivamente vanno in pezzi se colpite, altre sono insensibili a qualsiasi stimolo. Chi si aspettava che questa caratteristica fosse quella principale rimarrà deluso; chi invece la considerava (più prudentemente) solo un aspetto del gioco, ne sarà soddisfatto e appagato. E’ difficile descrivere a parole quel che succede, per esempio, in una sequenza che ripercorre da vicinissimo The Rock e vede una feroce sparatoria aver luogo in un bagno al cui centro trovano spazio diverse docce le cui pareti di separazione si distruggono inesorabilmente, offrendo uno spettacolo unico nel suo genere. La giocabilità è ottima, senza tuttavia rivoluzionare l’ormai collaudato sistema che viene adottato da ogni FPS su console. Ma, d’altra parte, non erano attese novità di rilievo in questo campo. Quel che delude è, più di ogni altra cosa, la longevità e in parte la rigiocabilità del titolo, ma in fondo è per questo che esistono i seguiti... Se siete amanti degli sparatutto non dovete far altro che lasciare tutto ciò che state facendo e andare a comprare Black. Se non adorate il genere avete la libertà morale di poter portare a termine i vostri doveri prima di imitare chi, invece, non ha già saputo resistere al richiamo di uno dei giochi più belli e divertenti degli ultimi tempi.

    8.5

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