Recensione Black Knight Sword

L'ultima follia digitale di Suda 51

Recensione Black Knight Sword
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Goichi Suda è un tipo davvero controverso, quasi enigmatico.
    Uno spartiacque videoludico tra stravaganza e perbenismo, con oltre 40 anni alle spalle e “51” dichiarati nel nome.
    Un personaggio talmente eccentrico che pare quasi scontato trovare foto che lo ritraggono vestire, in maniera del tutto disinvolta, i panni di Travis Touchdown, protagonista di una delle sue opere, diffuse più per compiacere il suo ego che per mere questioni pubblicitarie. Di certo Travis è uno dei personaggi da lui più amato, e al quale ha prestato maggior attenzione, tracciando il profilo di un killer otaku in preda agli ormoni armato di spada laser presa su E-bay. Un chiaro esempio di come genio e sregolatezza possano coesistere in un unico individuo.
    Un uomo, Suda 51, dotato di un estro creativo fuori dal comune e troppo spesso sul banco degli imputati per via delle sue scelte in ambito videoludico.
    A lasciare basiti a tutt'oggi sono più le trovate bizzarre all'interno dei suoi giochi che i giochi stessi. Almeno quanto i personaggi partoriti dalla sua mente, da manigoldi messicani a procaci majorette cacciatrici di zombie, passando per assassini schizofrenici e investigatori al limite del surreale.
    E come è vero che dietro a un grande uomo c'è sempre un grande staff, indiscussi sono i meriti del suo studio, Grasshopper Manufacture, che negli ultimi anni ha dedicato parte del proprio tempo a una serie di progetti sviluppati a quattro mani con altre Software house, Level-5 (Liberation Maiden) in primis.
    Proprio la collaborazione con una di queste, Digital Reality, (già rodata con l'ottimo Sine Mora, uno shooter a scorrimento orizzontale di innata bellezza), ha fatto scoccare la scintilla da cui ha preso vita Black Knight Sword.
    Un platform bidimensionale sopra le righe che trova in un palcoscenico teatrale la cornice perfetta per sviscerare una racconto dalle tinte fosche, affidando l'ingrato (e sanguinoso) compito ad una manciata di marionette, tramite perfetto per allietare il pubblico pagante.
    Un ulteriore segno dell'eclettismo di Suda, in grado di combinare tra loro componenti ludiche diverse, o saltare letteralmente da un genere all'altro mantenendo lo stile, a volte macabro e perverso, che lo contraddistingue.

    TR"SUDA"NDO STILE

    In un paese chissà quanto lontano la vita di una marionetta,“inspiegabilmente” suicida e da poco morta impiccata, sta suo malgrado per prendere una piega inattesa.
    Strappato l'infausto cappio che ancora la tiene sospesa, la marionetta scorge poco distante una spada conficcata nel terreno. Non un'arma qualunque: attira il suo sguardo una magica spada dotata di vita. È così lucente la sua lama da splendere di luce propria.
    Rigettata persino dalla morte, la data marionetta ormai investita cavaliere e la prode spada intraprendono una strada fitta di stranezze e bizzarrie, alla volta del castello della malvagia principessa a cui di candido ormai resta solo il bianco vestito.
    Per quanto la storia risulti apparentemente banale, Goichi Suda gioca abilmente con i protagonisti inscenando un rovesciamento dei canonici ruoli interpretati nelle fiabe classiche.
    Nessuna principessa indifesa da salvare e nessun cavaliere bianco pronto ad accorrere in suo aiuto, bensì un crudele carnefice travestito da dolce fanciulla e un redivivo burattino che aspira a salvare il regno.
    Seguendo uno stile ricercato, quasi “teatrale”, la narrazione (premettendo che l'intero gioco, doppiaggio compreso, è localizzato in italiano) viene affidata alla (pessima) voce di un narratore onnisciente che poco alla volta, nell'arco dei cinque capitoli in cui suddivisa la trama, condivide col giocatore la propria conoscenza del mondo rappresentato sul palcoscenico.
    Un palcoscenico mutevole che (come avviene in Little Big Planet) descrive l'ambiente circostante mediante semplici cambi di fondale.

    Interni di prestigiosi alberghi si alternano a città illuminate e a condutture fognarie, senza disdegnare strade sterrate e foreste incantate.
    Non si tratta di semplici diorami di carta lasciati scorrere sul fondo, ma di un ecosistema brulicante di vita che coesiste con le mostruosità di cui è costellato il mondo. Da animali feroci a esseri antropomorfi, ciascuno di essi sembra “pennellato” da un'abile mano grazie ad ad una tavolozza di colori mai scialba o inappropriata.
    La loro morte costituisce un contributo importante per il giocatore grazie ai cuori rilasciati sul terreno da quest'ultimi, moneta di scambio in un questo mondo distorto, necessaria per acquistare potenziamenti, per lo più temporanei.
    Tale merce è disponibile presso l'unico mercante del gioco disposto ad accettare la valuta: un gigantesco occhio dal quale prendono vita svariate bocche colorate, pronte a nutrirsi con i cuori ricevuti in cambio. Una figura davvero inquietante.
    Degni di un'ulteriore lode sono i Boss di fine capitolo. Se l'ingegno (o follia) di Suda non fosse fin qui sufficientemente evidente, è nella caratterizzazione di quest'ultimi che traspare in tutta la sua forza. Un uovo con le ali da affrontare a cavallo di un pollo gigante, un ragno dotato di maschera antigas o un enorme lupo con la faccia da “Suda” sono solo alcuni dei possibili esempi.
    Ciascun Boss abbattuto consente al cavaliere di ampliare il proprio pattern d'attacchi, modificandone al contempo la forma dell'armatura e il colore della spada.
    O per meglio dire uno spirito che prende le sembianze di una spada, l'Elleboro nero, in grado tra l'altro di attivare piattaforme, raccogliere oggetti distanti e di lanciare un attacco magico potenziabile con l'ausilio del sopracitato mercante.
    I classici scrigni sparsi per gli scenari vengono sostituiti da Suda da forni a Microonde contenenti cuori o energia, rendendo il tutto ancora più stravagante. Nessun motivo pratico, soltanto una scelta artistica.
    Il gameplay risulta divertente ed immediato nonostante l'elevato livello di difficoltà e la brevità dell'esperienza principale che si attesta complessivamente sulle sei - sette ore.
    Oltre alla presenza dei classici collezionabili (delle tenere teste di gatto) la longevità del gioco viene ampliata grazie all'introduzione di due modalità secondarie, quella arcade (una sorta di Time Attack) e quella denominata “Sfida”, in cui viene richiesto di riaffrontare ciascun capitolo in determinate condizioni, come ad esempio con una barra dell'energia limitata.

    Come nel più classico dei platform, le probabilità di sopravvivenza sono legate a doppio filo al numero di vite di cui si dispone. Agire in maniera avventata avanzando a arma sguainata è il modo migliore per imbattersi in un tragico “Game Over”.
    Terminare tutte le vite non solo comporta di ricominciare il livello dall'inizio, ma priva il giocatore di ogni potenziamento acquistato e azzera il contatore dei punti accumulati nel corso della partita.
    Punti acquisiti sulla base dei risultati conseguiti in ciascun capitolo e che possono essere condivisi in rete. Nulla più che questo.
    Al di là di una regia artistica di prim'ordine a stupire, nella visione d'insieme del gioco, contribuisce enormemente la scelta di uno stile grafico quasi cartoonesco che ben si sposa con l'universo teatrale messo in piedi da Grasshopper Manufacture.
    Medesimo merito spetta al comparto audio, grazie alle composizioni del celebre Akira Yamaoka, oniriche, evocative e dal gusto tipicamente giapponese.
    Delle scelte, queste, impossibili da non condividere.

    Black Knight Sword Black Knight SwordVersione Analizzata PlayStation 3Un piccolo capolavoro di Grassohopper Manufacture che da nuovamente il meglio di sé con queste “perle digitali”. Un mondo distopico caratterizzato fin nel più piccolo dettaglio, che affascina e colpisce in modi del tutto inaspettati. “E con ciò mi congedo caro pubblico, il racconto volge alla fine. Il sipario si chiude e a voi, resta solo un consiglio da dare: battere le mani fino al prossimo spettacolo.

    8

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