Recensione Blade Dancer - Lineage of Light

Quattro guerrieri per salvare Lunadia

Recensione Blade Dancer - Lineage of Light
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  • Destini incrociati

    Un giovane guerriero in cerca di fortuna e gloria. Una bellissima fanciulla che non ha memoria del proprio passato. Un imponente monaco impegnato nel diffondere la conoscenza nel mondo. Un’esuberante ragazza scampata ad un orribile sacrificio. Un misterioso cavaliere nero oggetto di leggende sepolte. Ce n’è abbastanza da far drizzare le orecchie a qualsiasi amante di giochi di ruolo ma prima di giungere a conclusioni affrettate vediamo cos’ha da offrire in termini concreti la creatura sviluppata, sotto l’occhio vigile di NIS America e SCEI, dalla esordiente Hit Maker.

    La storia diventa mito

    Lunadia è un pianeta di sconvolgente bellezza, benedetto dalla luce, dalle stelle e dalla luna dai sette colori. Morte e distruzione sono, tuttavia, dietro l’angolo poiché l’avvento dell’umanità segna la nascita dell’Oscuro Signore che sottomette i quattro popoli della terra con l’ausilio di uno spietato cavaliere dall’armatura corvina. Il solo in grado di opporsi all’insensata carneficina è il Guardiano della Luce, Blade Dancer Gerard, che riesce, grazie ad incredibili poteri conferitigli dalla luna stessa, a contrastare la feroce armata inducendola a ripiegare verso Est. Proprio quando la vittoria sembra ormai in pugno il prodigioso guerriero svanisce nel nulla e il mondo viene avvolto dalle ombre finché, un giorno, il losco sovrano inizia a perdere le proprie forze, abbandonando il trono. Come questo sia potuto accadere è un quesito al quale nessuno, a distanza di cento anni, sa dare una risposta ma che tutti sperano ardentemente di scoprire. Lance, protagonista della storia e combattente alle prime armi, è fra questi e si dirige verso la remota isola di Foo assieme alla sua inseparabile scimmietta Shushu per dare prova delle sue eccezionali abilità e svelare il mistero una volta per tutte.

    Una trama un pò troppo stantia, non trovate? Ciò nondimeno si tratta di un cliché narrativo tipico di ogni RPG vecchia scuola e che, sotto sotto, piace a tutti, anche a coloro che sarebbero pronti a giurare il contrario. La complessità della storia, difatti, non sempre va di pari passo con la qualità dei contenuti e spesso un tema di fondo banale ma ben articolato, può risultare comunque molto più soddisfacente di altri. Questa teoria non è purtroppo applicabile nel caso di Blade Dancer in quanto, come avrete modo di scoprire giocandolo, la vicenda non riesce a mantenere alta l’attenzione del giocatore a causa della grande linearità e prevedibilità degli eventi, troppo spesso subordinati a sequenze di dialoghi predeterminati e privi di spessore. Ma veniamo al sodo.

    Le spade non si stancano mai...o quasi!

    Nonostante il fronte narrativo pecchi di una superficialità quasi ingenua, la struttura di gioco si difende benino. L’avventura inizia con l’esplorazione della città di Jade all’interno della quale l’utente, attraverso un sistema di controllo molto semplice ed intuitivo, viene a contatto con le varie azioni che gli vengono concesse dal gameplay.

    Gli amanti del genere non avranno nessuna difficoltà a padroneggiare la situazione iniziale poiché si troveranno a muoversi in un ambiente estremamente familiare: curiosare qua e là, andare per negozi, riposare nella locanda, aprire forzieri, interagire con gli abitanti del luogo e così via. La cosa inusuale è data dal fatto che ogni soggetto, che sia una porta da aprire o qualcuno con cui parlare, deve prima essere agganciato tramite il tasto quadrato e successivamente confermato con il tasto X.

    Se in un primo momento questa operazione può sembrare fastidiosa e oltremodo superflua (di fatto è un inutile passaggio in più), con l’andare del tempo si arriva a comprenderne la vera funzionalità, pienamente giustificata dalla necessità di identificare un interlocutore specifico in certe missioni secondarie e pressoché indispensabile sul campo di battaglia perché permette di vedere in anticipo quali e quanti avversari dovete affrontare.

    In sostituzione dei discutibili scontri casuali, infatti, viene proposto un battle system in tempo reale (in verità c’è ben poco di reale poiché il compimento delle azioni è subordinato ad un giro completo della palla posta nell’indicatore circolare) in cui i nemici sono visibili a video sotto forma di enormi teschi fluttuanti il cui colore, a seconda del grado di difficoltà della sfida, varia dal blu/facile al grigio/senza speranza: oltre ad essere un’indicazione piuttosto utile per evitare di cacciarsi in imbarazzanti duelli kamikaze, questa applicazione rappresenta una delle caratteristiche più originali di questa produzione ma al contempo meno efficace di quanto sembri perché sfuggire agli oppositori, spesso e volentieri, è quasi impossibile poiché una volta notata la presenza del giocatore è veramente difficile sfuggire al tenace inseguimento dell’aggressore. Questo aspetto diventa poi un vero e proprio problema quando si tenta di accedere al menu, magari per cambiare equipaggiamento o più semplicemente per utilizzare una pozione curativa, perché non essendo prevista la benché minima interruzione (il gioco non si ferma nemmeno premendo il tasto home!) il nemico può piombarvi addosso in qualsiasi momento senza che ve ne accorgiate; un difetto non da poco, che diventa decisamente frustrante ogni qualvolta vi trovate in fin di vita e vi servono due secondi di break per ripristinare le energie dei personaggi.

    Tale inconveniente, per fortuna, si attenua proporzionalmente all’aumentare di livello e al numero di characters presenti nel team che va dal solo Lance ad una formazione massima composta da altri tre guerrieri, ovvero -in ordine di apparizione- Gozen, Felis e Tess ognuno dei quali appartenente ad una delle quattro tipologie elementari (terra, aria, fuoco, acqua) e caratterizzato da specifiche abilità, pardon lunabilità, suddivise nelle categorie Soul, Group, Heal e Assist. Attacchi speciali e magie vengono infatti gestiti dal cosiddetto Lunability System che fa confluire il potere lunare del pianeta, sprigionato causando o subendo danni, all’interno di un apposita barra alla quale possono però attingere anche gli avversari: in pratica quando il Lunar Gauge ha raggiunto un certo valore l’utente o l’avversario sono in grado di caricare un attacco o un incantesimo che può essere tuttavia annullato dall’altro interrompendo il caricamento. Pur non essendo esente da difetti, questo sistema costituisce uno dei pochi punti di forza di Blade Dancer al quale si aggiunge l’opzione di Crafting che consente di creare oggetti, armi ed equipaggiamenti direttamente dal menu attraverso una certa combinazione di item indicata da una specifica ricetta o dettata, ove possibile, dalla propria fantasia. Le ricette si ottengono portando l’oggetto che si vuole realizzare da appositi negozianti, chiamati Appraisail, che lo scompongono (dietro pagamento s’intende) per scoprire di cosa è fatto generando automaticamente una formula che va ad aggiungersi alla vostra lista. Questo elemento, anch’esso influenzato da fattori di tipo elementare (gli effetti sono migliori se create un oggetto di terra con personaggio della stessa categoria) non solo si rivela di vitale importanza in termini di risparmio monetario ma assume un ruolo fondamentale nella conservazione delle armi le quali, avendo una durata limitata, rischierebbero altrimenti di andare perdute.

    Malgrado le numerosissime subquest -semplicissimi lavoretti da svolgere in cambio di oggetti, estensioni del lunometro e denaro-, contribuiscano ad aumentare la discreta longevità della story mode, l’unico modo per varcare la soglia delle 25/30 ore è quello di cimentarsi, assieme ad un massimo di quattro amici, nella modalità multiplayer, disponibile solamente per la connessione locale (Ad Hoc). In questo caso, lo scopo del gioco diventa quello di cooperare assieme agli altri giocatori al fine di completare dei dungeon ed ottenere, in base al numero di nemici sconfitti, oggetti più o meno rari da riutilizzare nell’esperienza solitaria.

    Ma Lunadia è davvero così bella?

    Si direbbe proprio di no vista la massiccia presenza di sbavature tecniche. A penalizzare questo titolo, oltre ad un leggero effetto di aliasing, troviamo un character design sì molto curato ma dalle animazioni poco fluide e diversificate che soffrono gli sporadici cali di frame rate che si manifestano durante le fasi più concitate.

    Nonostante le ambientazioni in 3D siano sorprendentemente vaste, la disparità di trattamento operata nella realizzazione di spazi chiusi e aperti è fin troppo visibile e mette in evidenza la maggiore cura dedicata, ad esempio, alle città (molto più ricche di particolari ed elementi) rispetto agli scenari naturali come foreste e deserti, piuttosto monotoni e spogli come le creature che li abitano. I frequenti caricamenti tra interni ed esterni, ma anche tra le varie aree, non sono poi così insopportabili e vanno ad affiancarsi ai passabili effetti visivi di magie e combo.

    Riguardo al sonoro non c’è molto da dire: a parte il main theme che accompagna la sequenza animata iniziale, le musiche non hanno nulla di speciale e si scordano facilmente dopo appena pochi minuti di inattività. Lo stesso vale per i suoni ed i rumori, alcuni abbastanza realistici mentre altri decisamente poco credibili (vedi il ticchettio dei passi sulle superfici morbide) ad eccezione, del buon doppiaggio dei personaggi che può essere impostato, in base alle preferenze del giocatore su Giapponese o Inglese.

    Blade Dancer - Lineage of Light Blade Dancer - Lineage of LightVersione Analizzata PSPBlade Dancer è un titolo onesto: non eccelso ma nemmeno da snobbare a priori. Sul piatto negativo della bilancia c’è una trama piatta, una realizzazione tecnica non proprio gratificante ed una frustrante impossibilità di mettere il gioco in pausa (sembra una stupidaggine ma, fidatevi, non lo è). Su quello positivo invece brilla una struttura di gioco decisamente divertente, costellata da ottime idee come, ad esempio i sistemi Crafting e Lunability, che tuttavia non sono sufficienti, da sole, a mettere in secondo piano le carenze sopra menzionate senza minare la reputazione di questo titolo. Confidiamo dunque in un secondo prodotto che sappia trarre ispirazione dai punti di forza del primo e ruotare attorno ad una trama più profonda e coinvolgente, senza la quale, nessun gioco di ruolo meriterebbe di essere giocato.

    7

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