Recensione Blades of Time

Torna la sexy Ayumi in un Hack'n'Slash riuscito a metà

Recensione Blades of Time
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Qualche anno fa giunse sul mercato, pubblicato da New Wave e sviluppato da Gaijin Entertainment, il mediocre X-Blades, un hack'n'slash dal sottofondo ruolistico che non riuscì a impressionare pubblico e critica. Nonostante le provocanti moine della seminuda protagonista, e qualche buona idea di base sul fronte ludico, la snervante ripetitività del gameplay ed un orizzonte tecnico dalla povertà imbarazzante bastarono a rendere il titolo un fiasco completo. Mail team di sviluppo non si arrende, ed anzi recupera il progetto per riscriverlo dalle fondamenta, cambiando titolazione, stile grafico, ma mantenendo ben salda al centro della scena l'eroina che abbiamo già imparato a conoscere ed il genere di riferimento. Purtroppo i tre anni trascorsi hanno giovato poco al titolo Gaijin, che abbandona il cell shading, incrementa i ritmi e introduce una buona quantità di nuove feature di gioco, ma non si scrolla di dosso i grossi difetti concettuali che già ammorbavano il predecessore, ed esordisce poco ottimizzato e molto sbiadito.

    Colpisci e Riavvolgi

    Protagonista della storia è Ayumi, sexy guerriera dalle lunghe trecce bionde, che assomiglia ad uno strano incrocio fra una rachitica Xena ed una spietata dominatrice. L'intento di sfruttare la sua procacità per irretire il popolino è chiaro fin dai primi minuti di gioco, quando le telecamere si soffermano fin troppo morbidamente a sottolineare le forme dell'avvenente protagonista. Ma se la texturizzazione incerta e la mole poligonale sottotono che lasciano poco spazio ai facili entusiasmi, ci pensa poi il plot ad abbattere d'un colpo tutte le aspettative del buon videogiocatore. La sequenza iniziale, oltre a sottolineare la qualità farsesca del doppiaggio italiano, getta le premesse di un plot superficiale come pochi. Ayumi irrompe con il suo fidato tirapiedi Zero nella sala delle riunioni di una gilda misteriosa, proprio nel momento in cui avrebbero dovuto essere scelti i più valorosi guerrieri destinati ad affrontare il mistero di Dragonland. Poco rispettosa delle gerarchie, Ayumi utilizza una sfera magica per teletrasportarsi in questa terra dal nome fantasioso (!), dove la aspettano tesori dal valore inestimabile, prove e pericoli di ogni genere. L'evoluzione della trama non riserva grosse sorprese: oracoli, guardiani, spiriti di fuoco ed una lotta costante fra il Chaos e l'Ordine. Insomma, un'enorme lista della spesa al supermercato dei Clichè ruolistici, per un titolo che sembra prendersi davvero troppo sul serio per non risultare goffo e vagamente grottesco.
    Decisi a trarre il meglio di Blades of Time dalla componente ludica, scendiamo in campo armati di doppia Katana, prendendo dimestichezza con il sistema di gioco. Il nuovo titolo Gaijin si presenza con un'anima action velocissima, e ci lascia affettare i primi nemici con inaspettata soddisfazione. I due tasti adibiti all'attacco di base producono colpi rapidi e ritmati, mentre Ayumi dimostra una furia davvero fuori dal comune. Stupiti

    "Controllare Ayumi può diventare totalmente frustrante, mentre si inseguono delle inquadrature in certi casi davvero criminose, e si deve combattere, piuttosto che contro i nemici, contro un set di animazioni che non ha un briciolo di fisicità."

    da tanta verve si scopre che il rischio di lasciarsi andare al button mashing più sfrenato è fin troppo presente, e spesso più che padroneggiate le combo vengono quasi “subite” dal videogiocatore, comunque ammaliato dalla schizzata danza di morte della protagonista. Nel corso delle prime ore di gioco, comunque, il titolo mette al fuoco così tanta carne che il banchetto del Gameplay appare succulentissimo. Passa poco tempo infatti perchè Ayumi recuperi un fucile, ed impari a bersagliare i numerosi nemici volanti o i target lontani. L'incontro con la statua magica dei guardiani permette anche di sbloccare nuove abilità, che immediatamente ravvivano gli scontri all'arma bianca. Acquistando i glifi elementali, ad esempio, è possibile sbloccare l'esecuzione di colpi speciali nel corso delle battaglie. Per ogni fendente andato a segno, Ayumi carica infatti l'indicatore della furia, una barra tripartita che regola l'uso delle abilità magiche. Raggiunta la prima tacca è possibile premere una combinazione di tasti per sferrare un colpo di fuoco o di ghiaccio, che solitamente oltre a distruggere gli avversari potenzia le lame dell'eroina. La dinamica della Furia è ottimamente integrata con il sistema di gioco, e rappresenta senza ombra di dubbio l'eccellenza di Blades of Time. L'idea è decisamente originale e ben sviluppata, e di fatto integra all'interno delle sequenze d'attacco dei Quick Time Event dinamici. Questo fa in modo che il gameplay resti da una parte semplice e immediato (in linea con gli standard dei Musou), dall'altra vario e potenzialmente aperto ad un sottile tatticismo nell'uso delle magie. Invece di consumare la furia al raggiungimento della prima taca, infatti, si può attendere di guadagnare la seconda per esibirsi in magie più potenti, oppure aspettare il riempimento totale, che ci farà guadagnare un Medipack (utilizzabile con il d-pad).
    Nonostante il sistema di upgrade della protagonista sia totalmente indipendente dal numero di nemici uccisi e dall'assorbimento delle loro anime (semplicemente si trovano delle statue che ci permettono di sbloccare due abilità alla volta), potenziare Ayumi può risultare piacevole, mentre si sceglie se puntare sulla varietà di mosse o sbloccare skill passive che permettono di ottimizzare l'accumulo ed il mantenimento della Furia. Peccato che su questo fronte il titolo sia poco perentorio, evidenziando la facilità nel massimizzare tutte le skill in poco tempo, e lasciando quindi alle scelte del giocatore meno spazio di quanto meriterebbero.
    Un altro serio problema del gioco è la totale imprecisione del sistema di controllo, delle animazioni, delle collisioni e della telecamera. Controllare Ayumi può diventare totalmente frustrante, mentre si inseguono delle inquadrature in certi casi davvero criminose, e si deve combattere, piuttosto che contro i nemici, contro un set di animazioni che non ha un briciolo di fisicità. Capire quando si viene colpiti, quali siano le routine degli avversari, il momento esatto in cui stanno per sferrare un attacco è un'impresa praticamente impossibile. Le battaglie

    "Insomma, un'enorme lista della spesa al supermercato dei Clichè ruolistici, per un titolo che sembra prendersi davvero troppo sul serio per non risultare goffo e vagamente grottesco."

    tendono dunque a diventare caotiche, leggermente incomprensibili, fatte di assalti poco consapevoli. Le buone idee di base vengono valorizzate solo negli scontri più rapidi e con meno nemici, mentre nelle arene più popolose tutto svanisce in favore di un caos totale. Poco intelligente anche il sistema di utilizzo dei fucili: la mira semi automatica fa a pugni con l'eccessiva sensibilità del puntatore, e spesso Ayumi si trova ad affrontare nemici che le sparano contro con una frequenza davvero troppo sostenuta, mentre la sua mobilità è ridotta. I ripetuti Game Over vanno evitati con mezzucci d'occasione: trovare il punto cieco dell'avversario e bersagliarlo puntando al pixel che sporge da dietro la colonna non è una strategia elegantissima, ma spesso è l'unica efficace.
    Ad un certo punto della storia Blades of Time declina anche l'attenzione per la “Temporalità” che il titolo lascia intravedere, dando ad Ayumi la capacità di riavvolgere il tempo, creando dei cloni di se stessa che ripetono le ultime azioni eseguite dalla protagonista (come una sorta di Braid declinato in salsa action). Questo espediente viene utilizzato per la risoluzione di puzzle ambientali ma anche in combattimento, quando ad esempio si devono uccidere nemici armati di scudo, la cui attenzione va attirata con un nostro clone in modo che sia possibile assaltarli alle spalle. Nel corso degli scontri l'utilizzo del Rewind è poco incisivo e molto tedioso: ben presto i limiti dell'IA si trovano a fare a pugni con la possibilità di effettuare strategie complesse, e l'uccisione degli avversari speciali diventa un'azione meccanica da ripetere più e più volte, magari anche solo per il fallimento del sistema che regola il comportamento dei cloni e dei nemici. Più interessante qualche puzzle ambientale, soprattutto nei livelli avanzati, in cui il riavvolgimento del tempo serve per giocare con le ombre in un deserto in cui la luce del sole si rivela fatale per la protagonista. Ma globalmente questa aggiunta non è fra le trovate migliori del team di sviluppo, e sembra inserita con poca convinzione, tanto per rendere quanto più vario possibile l'avanzamento. Sarebbe stato meglio focalizzarsi su altri aspetti, per proporre un titolo più coeso e meglio ottimizzato. Anche perchè, vista la linearità della progressione, il focus del prodotto resta quello dei combattimenti, e tutte le attività collaterali (siano esse legate al rewind temporale o alla possibilità di di scovare tesori nascosti con una scomodissima bussola), passano in secondo piano. Avremmo preferito avere un control scheme più funzionale, un doppio salto che permettesse di direzionare Ayumi con cognizione di causa (librandosi in aria la protagonista sembra invece una trottola impazzita), ed una telecamera capace di seguire l'azione, già di per se piuttosto confusa.

    Curve spigolosissime

    Tecnicamente parlando, Blades of Time è una mezza disfatta. Di positivo c'è l'impatto scenico di alcune ambientazioni, che per scelte cromatiche e complessità delle strutture si difendono in effetti piuttosto bene. Ma si tratta di riscontri molto aleatori, in quanto la qualità non è uniforme ed alcuni scorci rivelano una povertà visiva imbarazzante. I modelli poligonali (ampiamente riciclati quelli dei nemici) sono appena abbozzati, ma è il comparto animazioni che risulta davvero primordiale, con frame assenti ed un set di movenze scomposte e difficilmente comprensibili. Le texture abbondano di effetti superficiali, ma le risoluzioni non possono dirsi felicissime, e l'utilizzo eccessivo del bloom fa il paio con una gestione delle riflessioni che satura la scena di luccichii abbaglianti. Gli effetti speciali sono poco brillanti, ed il punto più basso di tutta la produzione è raggiunto probabilmente dalle schermate di caricamento più brutte della storia recente, in cui un drago di fuoco naviga all'interno di grige nebulose. Il framerate è infelice ed inciampa ad ogni piè sospinto, mentre l'assenza di V-synch ed un aliasing marcato non spiegano come mai persistano questi enormi problemi di ottimizzazione del codice.
    Peggio del colpo d'occhio, la componente audio. L'adattamento italiano tiene probabilmente fede al tono scanzonato e sbruffone di certe battute, ma il doppiaggio nostrano regala allo script un'inflessione tragicomica che viene acuita dalla colonna sonora, composta da brani insipidi messi in loop, e condita da effetti che sembrano usciti da uno dei peggiori trash movie degli anni '80.

    Ribelliamoci

    La modalità Online di Blades of Time si chiama Rivolta, e propone sequenze competitive e cooperative, ma una generale povertà di idee e contenuti. Pochissime le mappe a disposizione, assolutamente banale la struttura, in cui due squadre (nel caso della co-op, una squadra umana contro dei Bot) si danno battaglia per distruggere l'avamposto avversario. Non molto efficace il level design, e incomprensibile il sistema di potenziamento in battaglia, che permette di sfruttare i punti esperienza accumulati solamente dopo ogni respawn, per acquistare nuove abilità. Rapide e poco stimolanti, le partite verranno condurranno subito ad una noia mortale, allungando appena di qualche minuto la longevità del prodotto.

    Blades of Time Blades of TimeVersione Analizzata PlayStation 3Dopo X-Blades, anche Blades of Time manca il colpo. Il processo creativo alla base del prodotto ci sembra francamente viziato e poco intelligente: il team, invece di risolvere i problemi di ottimizzazione, ha semplicemente aggiunto altra carne al fuoco, credendo che la struttura di base del loro precedente prodotto fosse autosufficiente e ben pensata. Ci duole dovergli ricordare che così non era, anche a fronte di qualche buona idea che compare in questo “seguito spirituale”. Il sistema della furia, che regola l'esecuzione di colpi speciali ben integrati nelle sequenze d'attacco, nonché un ritmo dalla velocità sconosciuta ai congeneri, regalano a Blades of Time un carattere tutto suo. Ma le buone idee si scontrano con un sistema di controllo poco preciso, e con tanti problemi di ottimizzazione del codice, che vanno dal framerate ballerino alla telecamera ingestibile. Chiude il quadro una terribile componente artistica. Per il futuro, Gaijin dovrebbe dimenticare Ayumi e le sue facili provocazioni carnali, e cercare di comporre un plot più vivace, magari dimostrando un po' più di brio nella scelta di nomi e ambientazioni (seriamente: Dragonland?). I progetti Low Budget possono sicuramente essere ben accolti dal mercato e dagli appassionati, ma in una generazione che ha sfornato quintali di titoli di ogni genere, risparmiare sulla caratterizzazione e sulla pulizia del codice non è forse la strategia più convincente.

    5.5

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