Blue Fire Recensione: un Metroidvania impegnativo e mai troppo serioso

Soffiando sulle fiamme dell'iconografia Souls, Blue Fire porta in dote un'esperienza dal carattere autentico e impegnativo.

Blue Fire Recensione: un Metroidvania impegnativo e mai troppo serioso
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  • Descrivere un'opera sulla sola base della sua fonte d'ispirazione potrebbe suonar parecchio riduttivo, ma bisogna dare atto al team di ROBI Studios di non aver risparmiato alcunché nell'attingere da veri e propri capolavori del videogioco per la realizzazione del loro Blue Fire. Matroidvania in 3D dai toni fiabeschi, il titolo dello studio indipendente argentino coniuga i tratti distintivi di Super Mario a quelli di un altro grande classico Nintendo: The Legend of Zelda, il tutto senza mai nascondere l'invocazione alla poetica di Hidetaka Miyazaki.

    Il sottobosco indie non difetta certo di produzioni ispiratesi a nomi celebri, se per questo, ma ciò che stupisce sin dalle prime ore di gioco di Blue Fire è la coerenza con cui riesce, laddove altri hanno spesso fallito, a tradurre tale ispirazione in un impianto di gioco ben riconoscibile. Sebbene i richiami ai titoli sopracitati siano chiarissimi, l'opera in sé non soffre di una banale riproposizione dei loro stilemi e si presenta più come un tributo virtuoso, autentico sia dal punto di vista ludico, sia estetico. L'incipit ne è una prova piuttosto efficace.

    L'inizio

    Criptico ma senza pretese, l'inizio dell'avventura è scandito dal risveglio del nostro avatar in quello che ha tutta l'aria di essere un laboratorio di alchimia. Deformi escrescenze invadono la stanza con la loro massa oscura - che si scoprirà essere dannosa al tatto - ed il piccolo spadaccino mascherato apre gli occhi senza dire una parola. Un'immagine la cui scenografia trova eco nel solco lasciato dal risveglio di Link in Breath of the Wild, manifesta - al tempo stesso - dell'ispirazione alle opere di casa From per quello che concerne la scelta del registro narrativo (avete letto la nostra recensione di Zelda Breath of the Wild?).

    Si scopre così di abitare il regno di Penumbra, ora sull'orlo del collasso, minacciato da un antico male che il nostro guerriero dalle due spade dovrà sconfiggere trovando e impossessandosi del Fuoco Blu. Un compito al quale adempiere seguendo il proprio intuito (vista la mancanza di indicazioni) e cominciando ad esplorare le stanze della fortezza silenziosa, avvolta da un'atmosfera a tratti Burtoniana.

    Souls-like o Souls-lite?

    Procedendo con l'esplorazione delle prime aree di gioco si ha la costante sensazione di non sapere bene dove andare e perché. La narrazione prosegue per piccoli, misurati espedienti e sarà compito del giocatore ricostruire la storia di Blue Fire attraverso gli indizi disseminati nel contesto dell'avventura, come la descrizione degli oggetti o le informazioni rivelate dai primi NPC. Ma la scelta di una lore da scovare anziché una trama ben delineata non è l'unico elemento che rimanda a Dark Souls.

    Dal titolo di FromSoftware vengono infatti mutuati anche il sistema di checkpoint e la perdita della valuta di gioco (i minerali) alla morte del protagonista. Lungo tutto il tragitto che il nostro piccolo eroe dovrà compiere sono situate delle statue che, una volta attivate, fungeranno da punti di salvataggio. Indispensabili per poter articolare l'esplorazione della mappa, anche se presenti in quantità abbastanza risicate da rendere alcune sezioni decisamente impegnative in termini di tempo.

    L'altro aspetto squisitamente Souls di Blue Fire è da ricercare nell'indole di un'esperienza sfidante e colma di insidie: la premessa che giustifica il permadeath. Vero e proprio dungeon crawler, l'opera di ROBI Studios propone un avanzamento segnato da numerose trappole, nemici di ogni tipo e percorsi accidentati. In tutto ciò, il rischio che un'intera "escursione" venga vanificata dalla perdita dei minerali raccolti (i quali, come le anime, potranno essere recuperati in un secondo tentativo, a patto di non incorrere prematuramente in un altro game over) è sempre dietro l'angolo e stimola così l'adozione di un approccio più ragionato e meno impulsivo.

    Bisogna però dire che il team di ROBY Studios recupera solo parzialmente il canone del genere Souls. In Blue Fire non c'è alcun sistema di parametri alla base della progressione, né tanto meno un ventaglio di armi e armature a cui destinare la scelta di una build. Le coppie di spade - ottenibili dai forzieri sparsi per la mappa, oppure completando obiettivi specifici - differiscono l'una dall'altra solo per entità dei danni senza cambiare di moveset, mentre le armature sono direttamente sostituite da accattivanti skin, ininfluenti a livello di gameplay.

    Nemmeno per quanto riguarda il combat system siamo di fronte a un dinamiche che possano rispecchiare pienamente l'opera di Miyazaki: nonostante la natura action del titolo, il combattimento manca inevitabilmente di profondità. Le sue meccaniche si riducono a basilari combo con le doppie spade a cui sarà possibile alternare un attacco a distanza e l'uso di uno scudo magico - che consente, comunque, di eseguire il proverbiale parry con il giusto tempismo.

    A pagarne lo scotto sono purtroppo le boss fight, con nemici artisticamente poco ispirati e dai pattern più che leggibili - benché possano comunque mettere in difficoltà il giocatore meno esperto. Scelte che ad un primo sguardo potrebbero sembrare lacune di design, ma che svelano l'accortezza avuta nel cogliere da altri solamente quanto di essenziale affinché il prodotto avesse carisma senza peccare di presunzione. L'operato di ROBI Studios appare così come un percorso creativo a suo modo unico, per nulla derivativo e al cui risultato calzerebbe indubbiamente meglio l'appellativo di Souls-lite.

    Il tempismo è tutto!

    La filosofia del trial & error è un elemento fondante per il metroidvania di ROBI Studios, ma riguarda più marcatamente un altro aspetto del suo gameplay: il platforming. Qui, infatti, al contrario di quanto avviene per il combattimento, il moveset risulta piuttosto generoso.

    Si possono scavalcare ostacoli con un balzo deciso e librarsi poi a mezz'aria con lo scatto direzionale, prendere lo slancio correndo su muri laterali, zigzagare di appoggio in appoggio per spiccare il salto su una piattaforma in movimento; il tutto stando attenti a evitare trappole e nemici, i quali spesso colpiscono anche a distanza interrompendo le nostre prodezze aeree. Servono rigore, tempismo e velocità di esecuzione per superare le sfide dell'ambiente di gioco ed è in questa dimensione che risiede l'anima ludica del titolo, il quale più di una volta dimostrerà di non avere nulla da invidiare all'epopea dell'idraulico italiano. Utile a padroneggiare queste tecniche è il reperimento degli Spiriti (a proposito, qui la recensione di Hollow Knight).

    Con un sistema del tutto simile a quello degli amuleti di Hollow Knight, in Blue Fire sarà possibile ampliare la rosa delle abilità recuperando gli spiritelli che dimorano nel regno di Penumbra, installandoli poi negli appositi slot presso le statue. Unico elemento a cui attribuire la costruzione di una build, questi permettono di arricchire le proprie capacità offensive ed esplorative, anche se la maggior parte sono da considerarsi bonus per facilitare gli spostamenti del nostro piccolo eroe.

    Esplorazione e platforming si uniscono così in un'esperienza appagante, merito di un level design ben articolato che rende la progressione più stimolante ad ogni scenario, senza perdere di ritmo. E che imbastisce oltretutto un backtracking necessario, ma mai dispendioso a fronte delle 10 ore che servono per arrivare ai titoli di coda.

    La sfida maggiore, però, è altrove, precisamente nel Vuoto. Il gioco mette infatti a disposizione quelle che sono delle prove di zeldiana memoria attraverso il cui superamento potremo aumentare la barra vitale e guadagnare frammenti utili a comprare slot per gli Spiriti. Si tratta di aree slegate dal resto della mappa (sospese appunto nel "vuoto"), accessibili solo da alcune specifiche statue.

    Classificate in una scala di 5 livelli di difficoltà, di cui già il secondo può risultare problematico per i non addetti ai lavori, queste sfide si presentano come percorsi ad ostacoli dal carattere punitivo, da affrontare affidandosi unicamente alle proprie abilità. Un'esperienza che cambia nel setting e nelle regole ad ogni livello, plasmando una sfida ricca e mai banale, nelle cui fasi avanzate però si traduce troppo spesso in un trial & error piuttosto frustrante.

    Un'atmosfera curiosa

    Mentre si continua la quest principale nel tentativo di trovare il Fuoco Blu e scacciare le forze oscure che minacciano la prosperità del regno, capita di imbattersi in numerosi personaggi con cui poter dialogare. Stravaganti nel design e inaspettatamente loquaci nonostante l'incombere della catastrofe, questi animeranno il nostro viaggio con piacevoli quanto vivaci siparietti, spiegando al nostro eroe alcuni retroscena sulla storia di Penumbra e affidandogli frattanto incarichi secondari.

    Blue Fire, del resto, vanta una certa ricerca stilistica. Dal concept di partenza cupo e desolante, l'art direction traccia una rotta quasi opposta, volta a mitigarne il tenore troppo serioso. La caratterizzazione dei personaggi e i guizzi con cui l'atmosfera viene addensata di un fascino bizzarro concorrono infatti alla realizzazione di un prodotto che si discosta immediatamente dall'immaginario dark fantasy più comunemente inteso. Un lavoro ben fatto che culmina in un cel-shading sbarazzino, anch'esso senza pretese, il quale, tuttavia, sconfessa impunemente i limiti della conta poligonale. Texture poco definite rovinano troppo di frequente il colpo d'occhio sugli scenari altrimenti suggestivi ed esteticamente profondi del mondo di gioco. Se non altro, sul piano tecnico, la produzione risulta quantomeno solida, con un frame rate che non accenna a calare se non in rarissimi casi e - in generale - un'ottimizzazione di tutto punto. Anche il comparto sonoro merita una menzione d'onore. Le musiche che accompagnano il nostro spadaccino alla riconquista di Penumbra riescono ad essere sempre appropriate a descriverne le gesta, ora leggere e spensierate, ora più incalzanti e solenni.

    Segno del carisma con cui è stato realizzato il mondo di Blue Fire è anche la volontà di proporre un nuovo utilizzo delle emote, rendendole di fatto rilevanti ai fini del gameplay. Sprovvisto com'è - quest'ultimo - di una modalità cooperativa o multiplayer, le gestualità del proprio avatar avrebbero difficilmente potuto trovare una collocazione precisa.

    Ma l'intuizione di ROBI Studios ha risolto il problema in maniera brillante inserendo alcune pedane capaci di sbloccare un tesoro segreto quando eseguita la corretta emote. Nulla di stravolgente dal punto di vista ludico, certo, ma comunque un escamotage apprezzabilissimo che dà al titolo quella verve più spiritosa, quel gusto più scanzonato.

    Blue Fire Blue FireVersione Analizzata Nintendo SwitchSoffiando sulle fiamme sopite dell'iconografia Souls, Blue Fire porta nel panorama dello sviluppo indipendente un'esperienza dal carattere autentico e impegnativo, rievocandone un sentore quasi malinconico. L'ispirazione a nomi quali The Legend of Zelda e Super Mario non tradisce nessuna mancanza di personalità, anzi rivela l'attenzione di un team - quello di ROBI Studios - che ha saputo unire con grande coerenza ed efficacia ludica tutte le influenze ricercate altrove. Il risultato è un metroidvania in 3D che fa del buon platforming la sua cifra stilistica, al netto della frustrazione intrinseca ad alcune fasi, sulla quale, comunque, la bontà della sfida proposta ed il carisma delle sue atmosfere permettono tranquillamente di sorvolare.

    7.2

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