Recensione Broken Sword 3: the Sleeping Dragon

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Recensione Broken Sword 3: the Sleeping Dragon
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS2
  • Xbox
  • Pc
  • Introduzione

    Anno
    1996. Revolution tenta di conquistare il mercato console con una nuova serie,
    basata sul “preistorico” concept dell'avventura grafica, che tanto aveva
    spopolato su Personal Computer nei primi anni ‘90 grazie a capolavori del
    calibro di Monkey Island e Indiana Jones. Broken Sword, questo il nome
    dell'opera (che da amante del genere specificherei “d'arte”), è stato fin da
    subito pensato come trilogia. E così, dopo aver soddisfatto i palati fini dei
    videogiocatori di tutto il mondo (pensate che i primi 2 episodi vendettero 2
    milioni di copie), Revolution Software ripropone il suo cavallo di battaglia
    condito di succose, quanto controproducenti, novità.

    Grafica e
    sonoro

    Discreto il primo
    impatto per coloro che si avvicinano per la prima volta alla serie, ma più che
    deludente per tutti quelli che adoravano gli inarrivabili artwork 2D delle
    precedenti versioni. Il nuovo motore grafico è infatti totalmente in tre
    dimensioni, e perde notevolmente di personalità se paragonato alla magnificenza
    grafica degli altri episodi, che sembravano dei veri e propri cartoni animati.
    Tale scelta è stata però giustificata dagli stessi sviluppatori, che ritengono
    la nuova interfaccia “più all'avanguardia". Malinconicamente, tradurrei con
    “più commerciale”. In ogni caso, l'aspetto dei protagonisti è molto realistico,
    e anche le ambientazioni hanno uno spiccato senso “noir” o, se preferite,
    adulto. I movimenti di George & Co. sono piuttosto ben realizzati, anche se
    siamo ancora lontani dal potere definirli “umani”. Unico neo sicuramente
    ovviabile è la telecamera fissa: sebbene raggiunga il risultato di dare
    un'impronta cinematografica al gioco, ne limita in parte la giocabilità, visto
    che in alcune circostanze muoversi secondo il proprio volere è molto ostico.
    L'arrivo della terza dimensione ha comunque apportato notevoli rivoluzioni sul
    piano del gameplay, ma di questo parleremo in seguito. Molto buono invece il
    comparto sonoro: sempre in primo piano ma mai invadente. Ad una colonna sonora
    sapientemente azzeccata, si affianca un ottimo doppiaggio in italiano, ad opera
    degli stessi doppiatori dei precedenti episodi, che ancora una volta si
    dimostrano grandi professionisti. Il sistema vocale è però afflitto da un bug
    molto fastidioso, anche se bisogna ammettere che è piuttosto raro:
    saltuariamente, alcune battute vengono ripetute o, nel peggiore dei casi,
    saltate in tronco, facendovi perdere informazioni di vitale importanza.

    Trama

    La
    trama, componente basilare per il genere, è come al solito molto complessa e
    curata. Protagonista è sempre il biondo George Stobbart che in questo episodio
    svolge il ruolo dell'impiegato di un ufficio brevetti a cui, dopo un
    avventuroso viaggio verso la giungla del Congo, ammazzano il cliente sotto il
    naso. Il problema è che il macchinario a cui l'uomo stava lavorando potrebbe
    causare guai grossi all'umanità intera, se finisse nelle mani sbagliate. Ad
    aiutare George, ancora la bella Nico, giornalista parigina con uno spiccato
    interesse per l'investigazione. Per non rovinarvi la sorpresa non aggiungo
    altro...

    Giocabilità

    Ed eccoci arrivati alla componente più “rivoluzionata”. Dopo
    pochissimi secondi vi renderete conto di non trovarvi di fronte ad una classica
    avventura grafica, ma bensì ad un comunque gustoso cocktail di elementi action e
    caratteristiche proprie delle avventure “punta e clicca”. E' però proprio la
    componente di puntamento che viene a mancare, sostituita da un più efficace
    controllo diretto sul protagonista. Tale accorgimento, che era presente anche in
    “Fuga da Monkey Island”, dona al tutto una maggiore semplicità e immediatezza,
    anche se da nostalgico rimpiango lo stesso quella magnifica freccetta che tanto
    mi aveva fatto imbestialire in passato. L'interazione con l'ambiente
    circostante è comunque molto semplice: attraverso i quattro tasti è infatti
    possibile scegliere l'azione da compiere sull'oggetto, rappresentate sul fondo
    destro dello schermo tramite delle icone che rievocano in modo lampante la
    disposizione dei quattro bottoni del Joypad Playstation 2. Anche l'inventario
    ha subito degli sconvolgimenti: dimenticate la banda nera che compariva in alto
    allo schermo: anche Broken Sword, da adesso, ha un'interfaccia circolare che fa
    tanto “Hi Tech”, di questi tempi. Capitolo enigmi: non so se sia per una
    personale "crescita videoludica”, ma la difficoltà media degli enigmi è
    notevolmente scesa. Ciò è forse un bene, visto che rende il gioco accessibile ad
    ogni tipo di utenza. Utenti esperti non disperate però: ci sono alcuni puzzle in
    grado di mettere in difficoltà anche i giocatori più scaltri e smaliziati. Non
    particolarmente apprezzabili, tuttavia, l'abbondanza di enigmi “alla Tomb
    Raider”: sono troppi i momenti in cui bisogna spostare delle casse e saltare da
    una all'altra per arrivare a destinazione. Se da un lato costituiscono
    un'innovazione per la serie, dall'altro sono risolvibili con un ragionamento
    risibile, ma soprattutto risultano ripetitivi. Inoltre se in Tomb Raider la
    possibilità di successo dipendeva dalla corretta esecuzioen del salto, in questo
    caso sarà tutto gestito dalla CPU, senza dare troppi patemi al giocatore, ma
    anche togliendogli gran parte di soddisfazione. Per dare ulteriore risalto
    all'azione, sono state inoltre inserite alcune sequenze che rievocano, neppure
    troppo velatamente, Dragon's Lair, o i più recenti Quick Time Event
    dell'immenso Shenmue: quando il protagonista sarà in pericolo di vita, in tali
    scene comparirà su schermo il tasto da premere il più tempestivamente possibile.
    Su ottimi livelli anche la longevità. Sebbene le ore complessive siano
    probabilmente inferiori ai precedenti capitoli, si attesta comunque
    abbondantemente al di sopra dello standard attuale, regalandovi circa una
    ventina di ore di grande avventura.

    Conclusioni

    Partendo dal presupposto di aver amato
    gli episodi PsOne, non si può negare negare di poter trovare molti punti in
    comune con il passato anche in questo nuovo capitolo: ottima trama, unita ad una
    giocabilità comunque buona e ad un doppiaggio sopra le righe, fanno di questo
    Broken Sword un titolo d'elevata fattura, ma che difficilmente verrà ricordato
    in futuro come invece succederà per le prime due produzioni, che meritano di
    rientrare nella categoria delle pietre miliari della storia dei videogiochi.
    Inutile dire che se siete fan di George e Nico dovrete correre dal vostro
    negoziante di fiducia. Mi sento comunque di consigliare questo titolo anche ai
    neofiti, come avvicinamento ad un genere che è stato probabilmente accantonato
    con troppa fretta, ma che per fortuna ultimamente sta ritornando ai fasti del
    passato. Immaginare un Broken Sword 4, sebbene fuori programma, dunque, è
    tutt'altro che vietato; in fondo sognare è
    lecito...

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