
Call of Duty Warzone 2.0 Recensione: uno sparatutto Battle Royale esplosivo
Pur con qualche problema tecnico, Call of Duty Warzone 2.0 segna l'inizio di una nuova era per il Battle Royale e lo fa in un modo più che soddisfacente.
Malgrado il successo, il primo Call of Duty Warzone non è stato un prodotto impeccabile e sin dalla sua uscita presentava grosse magagne tecniche che gli sviluppatori non hanno potuto risolvere in nessun modo, al punto da essere costretti a pubblicare un capitolo del tutto nuovo.
Call of Duty Warzone 2.0 insomma costituisce un reset necessario per questo filone free to play ed è un pezzo fondamentale della nuova era dell'IP partita con Modern Warfare 2 (a proposito, qui la nostra recensione completa di Call of Duty Modern Warfare 2). Ci siamo quindi paracadutati ad Al Mazrah per scoprire tutte le novità di questa esperienza gratuita ma al contempo enormemente ambiziosa.
Benvenuti ad Al Mazrah
In buona parte, Call of Duty Warzone 2.0 è esattamente ciò che ci saremmo aspettati da Activision e i suoi numerosi team al lavoro sulla serie. La base di partenza è quella dell'ottimo Modern Warfare 2, di cui vi abbiamo già ampiamente parlato e che abbiamo apprezzato molto, seppur con qualche riserva.

Dal gunplay al sistema di personalizzazione delle armi, il livello qualitativo dell'esperienza è alto e garantisce allo shooter gratis un'ossatura solida, perfetta per prendere parte ai concitati scontri ad Al Mazrah. Chiunque abbia giocato a Warzone nel corso dell'ultimo anno sa bene che Caldera non è riuscita a fare centro e si è rivelata la peggior mappa tra quelle proposte nei primi due anni di vita del free to play, a causa di un setting monotono e privo di luoghi memorabili.
Ed è proprio qui che entra in gioco la nuova ambientazione desertica, che rappresenta al momento dell'unico scenario di combattimento disponibile (quasi sicuramente non si farà attendere una mappa in stile Rebirth Island/Fortune Island). Città moderne, piccoli villaggi, una fortezza, una centrale idroelettrica e un aeroporto: questi sono solo alcuni dei punti di interesse che potrete raggiungere per dare il via alle vostre scorribande in giro per la mappa, magari in compagnia di un gruppo di amici. Oltre ad un'estensione notevole e superiore a quella delle arene che l'hanno preceduta, Al Mazrah si lascia apprezzare principalmente per la sua varietà e per la cura riposta nella realizzazione di ogni singolo scenario, che come da tradizione è ispirato a luoghi iconici della serie come il POI che strizza l'occhio a Dome, la leggendaria mappa di MW3. Pur essendo piatta dal punto di vista cromatico, Al Mazrah è ad oggi il miglior scenario di guerra fra quelli proposti nel battle royale e non potrà che migliorare con le inevitabili modifiche che la stravolgeranno nei prossimi mesi.
Una porzione della sua superficie è ovviamente ricoperta dall'acqua, vista la presenza del combattimento in immersione. Anche in questo caso non possiamo sostenere che si tratti di una meccanica rivoluzionaria, ma rappresenta comunque una possibilità strategica che amplia il ventaglio di tattiche che i giocatori di Warzone possono sfruttare per prevalere sugli avversari. Continuiamo invece a trovare dubbia l'utilità degli appigli, sistema che non abbiamo mai visto in uso da parte dei nostri nemici durante i match.
Altra novità di gameplay ricorrente è la terza persona: la battle royale giocata in questo modo è un'esperienza davvero interessante. Sia chiaro, è lapalissiano che Warzone 2.0 sia stato creato per essere vissuto in soggettiva e le modalità con la telecamera alle spalle dell'operatore restano un gradino sotto. In ogni caso prendere parte ai match con questa soluzione visiva resta assolutamente piacevole. La possibilità di scrutare oltre i ripari e avere un'area di visione molto più ampia rende gli scontri ancora più frenetici e apre alla possibilità di tendere agguati basandosi non solo sul suono ma anche sulla vista.
Negli angoli remoti di questo scenario di guerra si nasconde anche il Gulag, che nella sostanza è identico a quello che già conosciamo da anni, ma nella forma è completamente diverso. Il bello del ‘Gulag 1.0' era proprio il focus sulle skill: il più forte tra i due contendenti aveva la meglio, che si trattasse di mere capacità di mira o di astuzia nell'utilizzo dell'equipaggiamento tattico/letale. La nuova arena aggiunge invece strati di complessità di cui non si sentiva realmente il bisogno, che rendono un'eventuale vittoria frutto sia dell'abilità che della fortuna.

Essere affiancati da un utente - gli scontri sono fra due coppie di giocatori, non necessariamente appartenenti alla medesima squadra - poco abile farà sì che la battaglia si trasformi in un difficile uno contro due, soprattutto quando entra in gioco il Secondino. Sì, perché nel Gulag di Warzone 2.0 basta attendere qualche secondo perché alla festa si unisca anche un mini-boss controllato dall'IA, la cui sconfitta permette a tutti gli sfidanti in campo di ritornare ad Al Mazrah.
La rivoluzione del loot
La presenza del Secondino nel Gulag ci fornisce il gancio perfetto per parlarvi più in generale dei bot, che si possono incontrare in tutta la mappa. Questi nemici, solitamente resistenti a causa delle spesse corazze che indossano, pattugliano luoghi di Al Mazrah chiamati Roccaforti, ovvero aree pericolose le cui porte si aprono nelle fasi avanzate di un match e che bilanciano il rischio che si corre nell'affrontarle con un bel po' di ricompense.
Ripulire un covo di nemici gestiti dall'IA è uno dei sistemi che conduce alle classi personalizzate, che non sono più legate alle stazioni d'acquisto, comunque presenti con le utilissime killstreak e le corazze, ora disponibili in più versioni con una capienza di piastre diversa. In Call of Duty Warzone 2.0 non basta raccattare qualche dollaro per richiedere un approvvigionamento, poiché i giocatori devono lottare con le unghie e con i denti per mettere le mani sugli strumenti di morte che hanno realizzato con cura nell'apposita sezione dei menu. Ora i lanci di loadout avvengono a cadenza regolare sulla mappa e gli sfidanti devono dimostrare di essere sufficientemente abili da riuscire ad accaparrarsene uno senza cadere vittima del fuoco nemico. Abbiamo gradito molto questo cambio di rotta, poiché in questo modo è meno scontato raccogliere le proprie armi, e anzi spesso è necessario arrangiarsi con quello che si trova in giro.
A tal proposito, le bocche da fuoco e il bottino in generale hanno subito un drastico cambio che potremmo definire croce e delizia del battle royale gratis. Dimenticatevi le armi colorate che levitano sul pavimento: in Warzone 2.0 il loot è posizionato in maniera contestuale senza che vi siano colorazioni particolari che ne indicano la rarità. I registratori di cassa contengono denaro, i bauli potrebbero nascondere armi e gli scaffali delle medicine nei bagni hanno sempre qualche stimolante al loro interno.
Se tale novità è più che gradita e rende il gioco più credibile, a non convincere è proprio il looting: il modo in cui si raccolgono gli oggetti e si gestisce l'inventario è macchinoso e talvolta risulta complicato anche eseguire azioni banali come sostituire un'arma equipaggiata. È chiaro che gli sviluppatori volessero strutturare il funzionamento dello zaino in modo più complesso rispetto al passato, ma l'approccio in stile Apex Legends non centra il bersaglio e speriamo che tale elemento possa subire qualche modifica che lo renda più intuitivo, soprattutto con l'utilizzo del controller.
L'ultima novità di rilievo riguarda l'avanzamento del gas, poiché Warzone 2.0 rinuncia al classico cerchio che si restringe in favore di uno sviluppo dinamico del match. Ad un certo punto, infatti, in base al numero di superstiti vengono generati fino ad un massimo di tre cerchi più piccoli in punti diversi, che poi convergono nello stesso luogo. Non ci troviamo di fronte alla nuova rivoluzione dei battle royale, ma il triplo cerchio sembra aver migliorato il ritmo della partita, evitando che tutti gli scontri a fuoco si concentrino in momenti specifici per poi dar via a lunghe fasi in cui ci si limita a passeggiare alla ricerca di malcapitati da abbattere.
DMZ
Qualcuno li definisce ‘extraction shooter', altri li includono nella più ampia categoria dei survival FPS: al di là di come si decida di chiamarli, gli sparatutto in stile Escape From Tarkov stanno attirando l'attenzione del pubblico ed era solo questione di tempo prima che i colossi come Call of Duty provassero a sfruttarne la ricetta per proporre interessanti modalità.
È così che nasce DMZ, un'esperienza che accompagna Warzone 2.0 attualmente in fase di Beta ma già giocabile in forma gratuita. Non ve ne faremo segreto: del pacchetto approntato dagli studi di Activision è quella che ha saputo divertirci di più. Non è infatti la mappa a cambiare ma le regole che sostengono la partita di un gruppo formato da un massimo di tre giocatori. Questa unità è chiamata ad affrontare sia altri team di sfidanti reali, sia gruppi di bot piuttosto temibili, in degli scontri che se perduti comportano la perdita dell'equipaggiamento portato in battaglia. In compenso, le armi recuperate sul campo si riportano a casa, così da poter essere utilizzate in future spedizioni. Eliminare il Chimico, l'attuale boss di Al Mazrah, e rubare il suo preziosissimo M13B è un'impresa non facile e rende la successiva fase d'estrazione in elicottero un momento tanto delicato quanto emozionante: in frangenti come questi non si agisce per vincere e lo stile di gioco cambia del tutto, visto che l'unica cosa che conta è sopravvivere, non far fuori quanti più nemici possibile.
A rendere le cose ancora più divertenti ci pensa la nuova chat di prossimità, che consente a chi vuole usufruirne di parlare con qualsiasi giocatore nei paraggi, magari per provare a trattare ed evitare che ne scaturisca uno scontro a fuoco. Detto questo, il reale problema di DMZ è da ricercare nella povertà del suo metagame.

Con questo termine ci si riferisce a tutto ciò che permane al termine della partita, con DMZ che non permette di conservare nulla al di fuori delle armi. Malgrado la presenza del loot in partita, non esiste un modo per tenere anche gli oggetti e mancano sia un sistema di crafting, che la possibilità di acquistare o vendere equipaggiamento. Ciò non è sufficiente a farci cambiare idea su una modalità il cui scheletro funziona perfettamente e che di certo verrà ampliata con gli aggiornamenti stagionali.
Problemi tecnici, bug ed imperfezioni
Proprio come per Call of Duty Modern Warfare 2 anche la componente free to play del titolo di Activision presenta un numero rilevante di imperfezioni, che richiederebbero un intervento da parte dei team di sviluppo.

A parte qualche glitch e sporadici problemi con le animazioni nella modalità in terza persona, non abbiamo incontrato grossi intoppi sul piano scenico e, anzi, siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla distanza visiva che consente di individuare gli avversari anche più lontani su console.
Le grane di Warzone 2.0 riguardano la lentezza del matchmaking - ingiustificata per un titolo così giocato e con supporto al cross-play - i doppi caricamenti prima di accedere a una qualsiasi partita, il ritardo nel posizionamento del ping e i crash dell'applicazione che si sono verificati su più piattaforme e in contesti diversi. A questi ostacoli si aggiunge anche un'interfaccia dei menu e del gioco che eredita tutti i problemi di MW2 e che, a dirla tutta, ne presenta di nuovi.
La mappa di gioco è quasi illeggibile per via di icone simili tra loro nella forma e nel colore, senza contare la costante presenza a schermo di messaggi - anche dalle dimensioni generose - che informano l'utente circa i giocatori che stanno abbandonando il match o che sono vittima di errori di rete: si tratta di informazioni ininfluenti ai fini del match, che non hanno senso di essere mostrate a schermo, talvolta anche con fastidiose sovrapposizioni. Come potete intuire, si tratta di difetti sì ingombranti, ma al contempo esterni al core gameplay e non così gravi da non poter essere sistemati con una patch, che speriamo arrivi in tempo per il debutto della Stagione 2, all'inizio del prossimo anno. Una piccola parentesi finale dobbiamo dedicarla a Ricochet Anti-Cheat, che sembra stia finalmente iniziando a fare il suo lavoro. È ovvio che la nostra testimonianza non possa considerarsi universale, ma il fatto che nessun cheater si sia fatto vivo durante le partite giocate è sicuramente un buon segno.
Call of Duty Warzone 2.0Versione Analizzata PlayStation 5Complessivamente, Call of Duty Warzone 2.0 è un prodotto migliore del suo predecessore sotto quasi ogni punto di vista. Il gameplay trae vantaggio dalle piccole aggiunte dell’ultimo Modern Warfare 2, il posizionamento del loot è finalmente credibile e la modalità DMZ, pur essendo in Beta, già da ora sembra promettere bene. Allo stato attuale, Warzone 2.0 presenta qualche imperfezione sul piano del gameplay e numerosi problemi tecnici che incidono sull’esperienza sia durante la navigazione dei menu che all’interno del gioco stesso. Speriamo che nelle prossime settimane la situazione possa migliorare, così da non mettere in ombra l'ottimo lavoro svolto dai team di Activision nel confezionare questa esperienza di assoluta importanza per Call of Duty.
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