Capcom Fighting Collection Recensione: non si vive di solo Street Fighter

Capcom Fighting Collection raccoglie dieci picchiaduro della casa di Osaka tra cui Darkstalkers e Cyberbots... oltre a qualche gioco di Street Fighter.

Capcom Fighting Collection Recensione: non si vive di solo Street Fighter
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Ogni volta che esce una collection ufficiale dedicata ai giochi più storici dei grandi nomi del gaming, abbiamo l'occasione e lo spunto per riflettere sul concetto di preservazione, autenticità e legalità. Questa volta tocca alla Capcom Fighting Collection, una selezione raffinatissima di picchiaduro dell'epoca d'oro di Capcom (sempre parlando di vecchie glorie della casa di Osaka, ecco la recensione di Capcom Beat Em Up Bundle). Prima di addentrarci nella filosofia del retrogaming, possiamo dirlo subito: si tratta di una raccolta ben fatta, con una realizzazione tecnica adeguata e una ricca quantità di contenuti extra che fa onore agli sviluppatori. Quando si parla di storia, però, emergono problematiche interessanti.

    I giochi

    Vale la pena spendere qualche parola sulla selezione di giochi. Ci sono dieci titoli, di cui ben cinque appartenenti alla saga di Darkstalkers, un solo Street Fighter II (ma nella sua versione definitiva, che permette di usare i personaggi con i moveset di tutte le revisioni del gioco), il miglior puzzle competitivo di tutti i tempi, ossia Super Puzzle Fighter II Turbo, e tre opere di nicchia, ma non per questo meno preziose, come Cyberbots, Warzard e Super Gem Fighter. La selezione è ottima, ma un po' ibrida negli intenti.

    Qual è lo scopo di questa collection? A chi si rivolge? L'abbondanza di Darkstalker fa pensare a un desiderio quasi archivistico, anche perché sono incluse tutte le revisioni, sfiorando il rischio della ridondanza (Vampire Hunter 2 e Vampire Savior 2 sono di fatto due versioni diverse dello stesso gioco, con differenze concrete ma trascurabili per un pubblico più generalista). Per quanto sensata, in quest'ottica stride la scelta di avere un solo Street Fighter II, o anche l'omissione di tutto il fronte Alpha. Chi non ha mai giocato almeno al 70% dei giochi della lista scoprirà un mondo di pugni digitali sopraffini, con una pixel art spettacolare, immortalata in uno dei suoi momenti di massima evoluzione, poco prima dell'arrivo del 3D.

    Ci sono anche funzioni che strizzano l'occhio alla comunità dei picchiaduro competitivi, con vari bug fix e una modalità di allenamento che si ispira alle varie mod nate negli ultimi dieci anni. Al tutto si aggiunge una componente online con rollback, che in fase di recensione ci è sembrata comportarsi in maniera paragonabile alla media dei picchiaduro online contemporanei.

    Alla ricerca dell'autenticità

    Se volete una collection di ottimi picchiaduro da giocare sul divano in compagnia, o anche per scoprire una nuova passione per il genere, la Capcom Fighting Collection è un ottimo investimento. E se invece vi interessasse la preservazione, proprio nell'ottica di tramandare la storia del videogioco ai posteri?

    Il discorso è complesso e ha sfaccettature che vanno dal pratico al filosofico. Cominciamo con i dettagli concreti: i giochi sono riprodotti alla perfezione (al netto della differenza degli schermi, che ovviamente non sono più a tubo catodico e possono solo essere "emulati"), ma presentano alcune differenze significative. In Street Fighter II, il famigerato livello di Honda è raffigurato nella sua nuova versione, quella che rimuove la bandiera del sole nascente, considerata controversa in Cina e Corea per gli orrori legati all'imperialismo giapponese nel Novecento.

    Che questa scelta vi piaccia o meno, possiamo comunque trarre una conclusione: la preservazione più pura, senza modifiche, non sempre può passare da canali ufficiali. Capisco molto bene perché Capcom abbia deciso di cambiare quel livello, ed è anzi una scelta che condivido, ma non posso fare a meno di pensare che la storia originale di Street Fighter II sia quella di un gioco nato in un'epoca diversa, e che la rappresentazione culturale di quel periodo sia un dettaglio interessante, magari degno di essere preservato. Un ulteriore grande assenza sono i finali segreti di Vampire Hunter e Vampire Savior, scelta un po' bizzarra.

    L'altra violazione dell'esattezza filologica è molto più gradita e dimostra un impegno da parte di Capcom che non possiamo dare per scontato, soprattutto considerando la pigrizia di alcune collection rétro. I giochi includono svariati bug fix che migliorano l'esperienza, hanno opzioni che permettono di ridurre le luci lampeggianti (un'impostazione cruciale per l'accessibilità, spesso uno dei punti più deboli del retrogaming), e una nuova modalità di allenamento.

    Il training non è all'altezza dei tool specializzati sviluppati negli anni dalla community dei picchiaduro competitivi, ma è un passo nella direzione giusta nonché un'ottima aggiunta. La selezione propone quindi giochi incredibili, virtualmente identici agli originali, ma con alcune piccole omissioni e qualche extra. Per giocare in compagnia e per riscoprire dei classici senza tempo è perfetto. Per la "libreria di Alessandria del videogioco", invece, niente batte gli archivi con le rom originali dell'epoca, come mamma Capcom le aveva fatte.

    Gli extra

    I contenuti aggiuntivi della modalità museo sono a dir poco eccellenti. Capcom continua a svolgere un ottimo lavoro nel riproporre le incredibili illustrazioni che ha donato negli anni, anche perché raccontano un lato importante della storia dei giochi in questione. Qua in Italia arrivavano da lontano, spesso con qualche pezzo mancante o con cabinati bootleg, ma in Giappone erano parte dell'attualità e della cultura popolare. Vedere il modo in cui Capcom promuoveva i suoi personaggi, assoldando illustratori e illustratrici di enorme talento, è un vero piacere.

    Personalmente ho trovato impagabile la possibilità di vedere i documenti di game design, che oltre a soddisfare i curiosi si riveleranno una risorsa preziosa per chiunque voglia affrontare lo studio di questo settore. Nell'ottica dell'apprendimento, anche i bozzetti dei personaggi possono rivelarsi materiali preziosi per aspiranti character designer.

    Il tutto è accompagnato dalle musiche incredibili della Capcom di quegli anni, raccolte in un comodo player con una quantità di tracce sbalorditiva. Sarebbe bello che questi contenuti di primissima qualità fossero affiancati da qualche nota storica in più, soprattutto a beneficio di chi non c'era e vorrebbe scoprire anche il contesto culturale che ha dato vita a certe perle.

    Detto questo, il valore della collection è innegabile. Ci sono tanti Darkstalkers, forse troppi, uno Street Fighter memorabile e quattro perle da scoprire, che racchiudono alla perfezione la potenza, il genio e la stranezza della Capcom di quegli anni.

    Capcom Fighting Collection Capcom Fighting CollectionVersione Analizzata PlayStation 4Capcom confeziona una collection di giochi eccezionali, con ottime funzioni che li rendono più accessibili e ricchi sul fronte dell'apprendimento. Come sempre, la selezione di titoli non mette d'accordo tutti, con un'abbondanza di Darkstalkers, apparentemente figlia di un intento filologico, e una relativa carenza di Street Fighter, del quale mancano tutte le esperienze successive al secondo capitolo. La bellezza infinita di Super Puzzle Fighter eleva qualsiasi collection in cui è inserita e la presenza di Warzard e Cyberbots permettono di esplorare il lato più bizzarro e sperimentale di Capcom. A livello tecnico, l'esperienza online è adeguata e in linea con quella degli altri picchiaduro, con lievi differenze sul fronte della latenza in base alla piattaforma (il PC vince, Switch e Xbox funzionano a dovere, mentre PS5 è l'ultima della lista). Se volete riscoprire o conoscere per la prima volta la gioia delle botte bidimensionali, questo è senza dubbio un ottimo punto di partenza.

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