Recensione Condemned 2: Bloodshot

Tutti i volti della paura

Condemned 2: Bloodshot
Recensione: Xbox 360
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Prosieguo naturale

    Al lancio di una nuova console non è facile presentare nella line up titoli che riescano a superare la naturale euforia del momento e restino favorevolmente impressi nella mente dei giocatori per lungo tempo. Di solito, anzi, si tende a considerare i primi giochi commercializzati quasi alla stregua di “prove generali”, necessarie per testare sin dall'inizio le potenzialità di un hardware.
    Ebbene non è stato questo il caso di Condemned: Criminal Origins (qui la nostra recensione), action game in prima persona sviluppato da Monolith e distribuito da SEGA (in Europa da Halifax), che ha saputo portare una ventata di freschezza in un genere abusato come quello dei giochi d'azione.
    A quasi tre anni dalla sua uscita Monolith si prepara a bissare il successo della sua creatura proponendone un seguito: Condemned 2: Bloodshot, la cui data d'uscita ufficiale è fissata per il 4 Aprile.

    Ancora una volta il protagonista sarà Ethan Thomas, agente dell'SCU (Serial Crime Unit - divisione speciale dell'FBI) specializzato in “caccia al serial killer”, alle prese con gli strascichi dello sconvolgente caso SKX (Serial Killer X): un'accusa di duplice omicidio ed una sviluppata dipendenza da alcolici che pare provocargli frequenti allucinazioni.
    Quando il suo ex-collega -e personale amico- Malcon Vanhorn scompare, Ethan viene immediatamente e sorprendentemente richiamato in servizio in quella che è una Metro City sempre più degradata; inspiegabilmente, infatti, tutti i disadattati della metropoli (tranquillamente assimilabile a New York) stanno riversando nelle strade una carica di violenza senza precedenti.
    Toccherà a questo punto al giocatore scoprire cosa si cela dietro ai misteri lasciati in sospeso dopo il finale aperto del primo episodio: le vicende saranno narrate, di capitolo in capitolo, da cut scene dall'interessante taglio cinematografico.

    Un seguito nel vero senso della parola

    Molto spesso, nella realizzazione di seguiti, i team di sviluppo tentano la strada della radicale innovazione capace di mutare gran parte degli aspetti del gioco e dare quindi la sensazione di qualcosa di davvero diverso.
    Ancora una volta non è questo il caso di Monolith che -restando con i piedi ben saldi a terra- ha preferito potenziare le meccaniche del primo episodio, affinandone e sviluppandone alcune caratteristiche, alla ricerca della varietà piuttosto che della novità.
    La componente action farà, quindi, ancora una volta da protagonista: il nostro cupo anti-eroe si ritroverà ad affrontare orde di pazzi squilibrati disponendo solamente di ciò che l'ambiente stesso gli offre. Potremo perciò servirci di una folta serie di oggetti recuperati “sul campo”: tubi d'acciaio, assi chiodate e mazze da baseball saranno solo il preludio al vero e proprio arsenale rudimentale di cui potremo disporre lungo il nostro cammino che, a seconda della location, prevederà tavolette del water piuttosto che fucili d'assalto, e persino spade e martelli da guerra medievali. Nonostante la presenza di armi da fuoco il nucleo dell'azione sarà comunque il corpo a corpo, completamente gestibile tramite trigger dorsali (uno per ciascuna mano) e la pressione degli stick analogici per sferrare calci e potenti montanti. Per aumentare la varietà e la profondità dei combattimenti -una delle pecche del primo episodio era proprio la struttura degli scontri- gli sviluppatori hanno inserito un sistema di combo discretamente vario (ne prevede circa una decina diverse) ed una serie di “finish moves” attivabili -previo riempimento dell'apposita barra- con una doppia pressione su uno dei grilletti. Sferrato il primo attacco o schivato il primo colpo un indicatore circolare apparirà nella parte alta dello schermo: se riusciremo a portare a compimento un secondo colpo prima che tale contatore si esaurisca effettueremo una combinazione capace di infliggere tanti più danni quanto più sarà elaborata.
    Chiudere una qualsiasi combo servirà anche a riempire l'indicatore delle mosse speciali citato poco fa che, a sua volta, sarà diviso in due e poi tre settori: a seconda di quanti di questi stadi avremo completato vedremo Ethan cimentarsi in una diversa -e sempre più spettacolare- uccisione. Durante questi frangenti l'inquadratura passerà in primo piano sull'avversario, le animazioni (pre-calcolate) si svolgeranno in slow motion e saremo chiamati ad interagire in una sorta di QTE utilizzando -a ritmi diversi- i grilletti.
    Qualora un avversario rimanesse solo stordito sotto i nostri colpi, infine, potremo afferrarlo usando entrambi i grilletti e decidere se spezzargli “semplicemente” il collo o eseguire una “Ambiental Finish” gettandolo ora contro una vetrata ora verso una sporgenza metallica; le locazioni di queste azioni contestuali saranno marcate da appositi indicatori a forma di teschio e la crudeltà delle mosse andrà spesso oltre le più tetre -in questo caso- aspettative.

    Sebbene questa parte del gameplay di Condemned 2 risulti ben più profonda rispetto al progenitore non siamo ancora pienamente all'altezza degli standard del genere, con l'attenuante della rilevante differenza tra un action in prima ed uno in terza persona. Complica non poco le cose, in questo senso, una gestione delle collisioni sin troppo imprecisa: spesso si mancherà completamente l'avversario nonostante la vicinanza e altrettanto spesso basterà premere “avanti” dopo un attacco per colpirlo; a questo aspetto vanno aggiunti vistosi problemi di compenetrazione poligonale e di errata implementazione della fisica degli oggetti che, sebbene in minima misura, inficeranno lo spessore ludico dell'opera nonché quella parvenza di realismo data dalla rottura delle armi-fai-da-te dopo un certo utilizzo.

    Il secondo comparto che caratterizza la meccanica di gioco di Bloodshot consiste nelle investigazioni, croce e delizia già del primo episodio.
    Le lamentele dei giocatori a seguito del totale pilotaggio da parte della CPU (incarnata dall'agente Rosa) delle investigazioni in Criminal Origins paiono essere state ascoltate da Monolith, che ha sviluppato esponenzialmente il sistema in questo secondo capitolo, dotando Ethan -in primis- di una serie di gadget sfoderabili in ogni occasione.
    Quando la missione richiederà un'indagine (un'icona apparirà a schermo) saremo chiamati non solo ad esaminare i dintorni zoomando, utilizzando il fedele rilevatore a raggi UV o la fotocamera per inviare preziosi scatti al quartier generale, ma anche a dedurre indizi e eventi di cui non potremo venire altrimenti a conoscenza.
    Per ogni deduzione avremo una serie di scelte multiple -alcune chiaramente errate, altre piuttosto fuorvianti- che ci porteranno, in conclusione, ad ottenere una valutazione per ciascuna indagine (da “Scarso” a “Perfetto”), che influirà sul punteggio globale di ciascuno stage.
    Oltretutto, di tanto in tanto, Rosa ci contatterà tramite un palmare per fare il punto della situazione: in queste occasioni avremo la possibilità di interloquire in prima persona ponendo delle domande specifiche -sempre scelte da una lista- sui dettagli del caso; anche in questo caso il livello di sfida sarà sempre più -piacevolmente- elevato ed il punteggio verrà conteggiato alla stessa maniera.
    Visto che gli undici livelli di cui si compone l'avventura (per un totale di circa 12 - 15 ore di gioco) presentano una notevole linearità che spesso non richiede un'approfondita esplorazione, gli sviluppatori hanno deciso di inserire dei compiti bonus per ciascuna missione (trovare e sintonizzare TV e radio, trovare e distruggere emettitori sonori) che influiranno ancora una volta sul punteggio globale.
    Ottenere un distintivo dorato alla fine di una missione vorrà dire aver completato tutte le richieste secondarie ed avere ottenuto una valutazione “Perfetto” in tutte le indagini; la ricompensa per tanta bravura sarà -ad ogni missione- un potenziamento duraturo (ad es. gli stivali gommati per fare meno rumore o il kit medico per aumentare il livello massimo di salute).

    Oltre allo story mode -se così si può chiamare- Condemned 2 presenta una modalità chiamata “Bloodshot Fight Club”, che consiste in una serie di arene con obiettivi predefiniti (sopravvivere, uccidere un certo numero di nemici, uccidere più avversari possibili in cinque minuti) ma che, oltre a fungere da discreto training per il combattimento, non offre nessuna alternativa davvero stimolante.

    Online a tutti i costi

    Da qualche tempo a questa parte si è sviluppato un trend, nello sviluppo videoludico, che non sempre si dimostra azzeccato ed anzi, a volte, persino fastidioso: stiamo parlando della volontà di inserire ad ogni costo il multiplayer online.
    Bloodshot non fa eccezione, fornendo ben quattro modalità prive per la quasi totalità di qualunque appeal.
    In “Crime Scene” la squadra dei "disadattati" dovrà lasciare nella mappa una serie di indizi sotto forma di casse, che saranno l'obiettivo della ricerca della squadra SCU; chi per difendere, chi per attaccare, entrambe le squadre saranno comunque tenute ad abbattere i propri avversari utilizzando le armi pre-selezionate nella lobby.
    “Bum Rush” -letteralmente “La corsa del barbone”- vedrà opporsi un manipolo di agenti SCU con a disposizione un'esigua quantità di munizione agli attacchi di altrettanti barboni armati di mazze, mattoni e chi più ne ha più ne metta; chi, nel tempo prestabilito, riuscirà ad uscirne vivo e con il maggior numero di punti all'attivo vincerà.
    Infine troviamo i classici “Deathmatch” e “Team Deathmatch” ,che prevedono il triviale "tutti contro tutti" in una delle nove mappe messe a disposizione; la dotazione bellica qui è totalmente recuperabile sul posto.
    Dopo una serie di test -purtroppo solamente con giocatori americani- abbiamo riscontrato un lag davvero insopportabile in ogni partita, tale da accentuare i già citati difetti al sistema di collisioni ed affidare ogni match completamente al caso.

    Arte al servizio del terrore

    Se per quanto riguarda l'aspetto meramente tecnico Condemned 2: Bloodshot -come il suo predecessore- non brilla a tal punto da raggiungere le vette della generazione corrente, bisogna ammettere che la produzione può vantare un utilizzo delle arti visive visto in poche altre produzioni.
    Una digressione è comunque indispensabile per far presente che la modellazione poligonale di personaggi ed infrastrutture è molto buona, curata e ricca di particolari; è un peccato che buona parte delle texture non sia assolutamente al livello delle produzioni più recenti ma, anzi, sembri addirittura presa seduta stante dal predecessore.
    Le animazioni del protagonista sono quasi sempre credibili ma altrettanto non si può dire per gli avversari che, sebbene in preda a droghe e quant'altro, compiono movimenti a volte davvero irreali; di certo non aiuta il già descritto sistema di collisioni, preciso in pochissime occasioni.
    Di buon livello shader, effetti particellari ed effetti luce, anche se l'oscurità che fa da padrone durante tutta l'avventura è decisamente esagerata: l'uso del nero e di alcuni filtri particolari -sebbene renda alla perfezione il senso di oppressione- a volte risulta quasi debilitante per l'esperienza ludica, in quanto non permette nemmeno di capire da dove ci stiano colpendo.
    Appena sufficienti le ombre, non sempre concordi con i movimenti e per nulla dinamiche rispetto alle fonti di luce.
    Riallacciandoci al cappello d'apertura del paragrafo dobbiamo tuttavia sottolineare che tutti questi difetti e difettucci vengono completamente spazzati via da quella che è una delle regie più riuscite -e folli- mai viste in una produzione action/horror.
    Dall'incedere del protagonista all'oscurità preponderante in ogni locazione, fino al sudiciume ed al degrado di ogni struttura, tutto è studiato per dare un continuo senso di oppressione, di disagio e di disgusto per ciò che potremo trovare procedendo sui nostri passi.
    Spesso infatti troveremo cadaveri mutilati, organi a terra, vedremo passare strane creature -spesso frutto di allucinazioni- che ci sfioreranno senza attaccarci, vedremo mostri attraverso vetri di porte che, una volta attraversate, riveleranno tutt'altro percorso e così via.
    Tutti questi elementi (uniti a molti altri) contribuiranno a creare nel giocatore una sensazione di disagio ed ansia continua, di impotenza e di paura, come nessun altro survival horror -al di fuori di qualche Silent Hill e del magnifico Eternal Darkness- è mai riuscito a creare.
    Segnaliamo, in particolare, una maestria eccezionale nello sfruttamento delle arti tecniche (giochi di luce, filtri, ombre) e l'utilizzo di molti raffinati clichè horror che rendono Condemned 2 un'esperienza più che un semplice videogioco.

    Anche il comparto audio ha la sua parte tutt'altro che secondaria nel compendio artistico del secondogenito in casa Monolith. Suoni stridenti, urla insopportabili e musiche sempre molto acute o sostenute contribuiranno a coinvolgere il giocatore a 360 gradi e rendere ancor più pervasivo il senso di oppressione quasi claustrofobica di cui abbiamo già ampiamente parlato.
    Il doppiaggio inglese (in italiano ci sono solamente i sottotitoli) è perfetto, sia per quanto riguarda l'intonazione sia per il connubio voce - personaggio: nelle cut-scene, inoltre, non potremo non ammirare come il labiale sia perfettamente sincronizzato e come le espressioni facciali siano in ogni frangente incredibilmente realistiche e credibili.
    Per dovere di cronaca, infine, dobbiamo riportare prima di concludere alcuni bug che abbiamo più volte riscontrato durante lo svolgimento dell'avventura, che interessano generalmente il comparto tecnico: brusche interruzioni del sonoro per alcuni secondi, avversari ed alleati che entrano nel pavimento e la mancanza di parte del testo in italiano in alcuni dei dialoghi più lunghi del gioco.

    Condemned 2: Bloodshot Condemned 2: BloodshotVersione Analizzata Xbox 360Tirando le somme è facile rendersi conto di come solo una realizzazione tecnica troppo approssimativa di alcuni elementi (quali sistema di collisioni, gestione delle tonalità scure e implementazione di ombre e texture) separi, a conti fatti, Condemned 2 dall'olimpo dei capolavori, minando in alcuni frangenti un gameplay che, seppur non estremamente profondo, riesce a completare quel che Crime Origins aveva iniziato. Fortunatamente la parte del leone, in questo caso come anche nel prequel, la fanno le atmosfere ed il coinvolgimento, evidentemente fiore all'occhiello del team di sviluppo. Bloodshot è un titolo che non può mancare nella softeca di coloro che hanno apprezzato il primo capitolo, così come è imperdibile per chi ama le sensazioni trasmesse da opere quali Silent Hill ed Eternal Darkness. Per il resto del pubblico rimane un più che discreto action game in prima persona; comunque da provare.

    7.5

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