Control: Recensione del nuovo gioco degli autori di Max Payne e Alan Wake

Dopo aver lavorato in esclusiva con Microsoft negli ultimi dieci anni, Remedy presenta ora un nuovo gioco multipiattaforma. Benvenuto Control!

Control
Recensione: PC
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  • PS4
  • Xbox One
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  • Stadia
  • Xbox Series X
  • "This is going to be weirder than usual" - "Sarà più strano del solito". Con questo monito comincia Control, opera ultima di Remedy Entertainment, e mai parole potrebbero essere più appropriate. Per chi non conoscesse gli sviluppatori finlandesi, basti dire che le loro produzioni sono profondamente caratterizzate da un gameplay di stampo action-shooter, da un carismatico protagonista dotato di pistola e giacca svolazzante in primo piano e, soprattutto, da una spiccata passione per intrecci narrativi profondi e conditi con una punta di soprannaturale. Dopo molti anni di sodalizio con Microsoft e due produzioni in grado di guadagnarsi un vasto seguito di affezionati, al secolo Max Payne e Alan Wake, Remedy si è concentrata sul tentativo di creare un perfetto ibrido tra shooter d'azione e serie televisiva, con fortune alterne. Uscito nel 2016, Quantum Break ha raccolto critiche mediamente positive grazie ad un gameplay solido e a un buon comparto tecnico, ma non è riuscito a lasciare il segno come le precedenti opere dello studio, complici toni sin troppo drammatici e un sostanziale scollamento tra la parte filmica e il gioco vero e proprio.

    Control rappresenta in molti sensi una ripartenza per lo studio finlandese: negli ultimi tre anni ai cambiamenti strutturali interni si è affiancata anche la molto discussa indipendenza da Microsoft, che avrebbe potuto rivelarsi una pericolosa arma a doppio taglio. Da una parte, la promessa di cicli di sviluppo più rapidi e finalmente liberi dalle pressioni di publisher esigenti in termini di obbiettivi di vendita, dall'altra le ovvie incognite relative ai budget. La scelta di proporre al pubblico una nuova proprietà intellettuale ha confermato la volontà di Remedy di ripartire sotto ogni profilo, senza tuttavia rinunciare al suo DNA. Proprio per questo, Control è un prodotto che riesce a coniugare due obbiettivi apparentemente opposti: è un perfetto biglietto da visita per chi non conosca nulla dei precedenti lavori della software house, e al tempo stesso è quintessenziale per coloro che hanno amato l'opera di Remedy fino ad oggi, rappresentando anche, possiamo dirlo ormai senza ombra di dubbio, il suo punto più alto.

    Benvenuti nel Bureau

    L'incipit di Control è volutamente criptico: senza particolari convenevoli, ci troviamo soli di fronte all'ingresso di un imponente palazzo di New York. Entriamo, mossi dalla curiosità, e lo troviamo deserto, in quella sorta di rumore bianco che preannuncia un sogno sul punto di trasformarsi in un incubo. Ci muoviamo tra gli ambienti, eleganti eppure pratici e austeri, ancora ignari che il quartier generale del Federal Bureau of Control, noto come Oldest House, sarà la nostra casa per le successive ore in compagnia di Control e della sua protagonista Jesse Faden, della quale ancora non sappiamo il nome, sebbene possiamo già ascoltarne i dubbiosi pensieri.

    Di lì a pochi minuti, qualcuno ci dirà che siamo la nuova direttrice del Federal Bureau of Control, ma qualcosa non torna, perché siamo abbastanza certi di non essere entrati nel quartier generale per cominciare un nuovo lavoro, bensì sulle tracce di nostro fratello Dylan, scomparso da tempo in circostanze che scopriremo solo successivamente. Se non bastasse lo shock, il nostro primo giorno di lavoro comincerà col piede più sbagliato, dato che il Bureau è stato recentemente invaso da una misteriosa forza soprannaturale ribattezzata "The Hiss", in grado di possedere i suoi occupanti e renderli terribilmente ostili. Da qui in poi, tutto diventerà sempre più strano, e questo è solo l'inizio.

    Controllare l'impossibileIl Bureau of Control si svela man mano popolato di persone perse a tal punto nei protocolli e nei rapporti ufficiali da non rendersi nemmeno più conto della follia che li circonda, del rischio costante, della disperata ricerca di un controllo che non può esistere, a prescindere dalla burocrazia che si cerca di applicare all'assurdo. È ironico e al tempo stesso molto intelligente che Remedy abbia scelto di rappresentare in questo modo l'intrinseco paradosso della natura umana, quel tentativo irrinunciabile di rapportare ogni fenomeno, anche il meno comprensibile, a regole che possano essere scritte, applicate, tramandate, a questioni di budget, ad archivi ben ordinati dove catalogare tutto. La necessità costante di una certezza, della sensazione di avere in mano il guinzaglio della realtà anche quando le fondamenta dell'esistenza stessa sembrano tremare. Altrettanto significativo è il viaggio di Jesse, osservatrice "esterna", almeno fino ad un certo punto, che sembra ancora sufficientemente estranea per rendersi conto del delirio che serpeggia per gli uffici del Bureau: attraverso i suoi occhi rimaniamo altrettanto esterrefatti vedendo logiche aziendali e governative applicate al soprannaturale, eppure in qualche modo ci rendiamo anche conto che si tratta dell'unico modo per combattere la follia. Se in Lovecraft, per citare l'autore che più a fondo ha esplorato simili tematiche, la mente umana finiva sempre irrimediabilmente per cedere di fronte alla vista delle forze spaventose che si trovano al di là del tessuto della nostra realtà, nell'opera di Remedy assistiamo ad un modo tutto sommato plausibile per tentare di non perdere il senno, applicando le noiose regole del "nostro" mondo anche a quelli ultraterreni.

    Entrare nel dettaglio delle vicende che legano Jesse e Dylan Faden al Bureau sarebbe un vero peccato: soprattutto nelle prime ore, la progressiva scoperta dei retroscena rappresenta un elemento portante dell'esperienza di gioco, e in questo senso il lavoro di scrittura di Sam Lake è davvero notevole, senza nulla da invidiare ad opere cinematografiche, letterarie e televisive contemporanee.
    Come già accaduto nelle precedenti opere di Remedy, la trama si svela su differenti livelli, alternando dialoghi (con ampie possibilità di approfondimento facoltativo), filmati d'intermezzo e una densità notevole di documenti sparsi ovunque nelle ambientazioni. La cura della scrittura e dei minimi dettagli è impressionante, e tutto contribuisce a creare un ambiente complesso e stratificato, dotato di un suo passato, di regole e tradizioni specifiche che dovremo, ma soprattutto vorremo, assimilare esplorandolo. La coerenza interna è uno dei principi fondanti di ogni opera narrativa che si rispetti, e in questo senso Control è impeccabile: ognuno delle migliaia di dettagli disseminati nelle enormi sale della Oldest House ha un preciso motivo di esistere, e non vede l'ora di farsi scovare del giocatore. Come ben presto scopriremo, il FBC è un'agenzia governativa americana segreta che si occupa di studiare e dove possibile contenere i cosiddetti Eventi del Mondo Alterato, fenomeni soprannaturali più o meno considerevoli e dannosi per la popolazione. Meteoriti comparsi dal nulla, frigoriferi con la strana abitudine di far sparire le persone, portali dimensionali che si aprono senza preavviso: il compito del Bureau è contenere, catalogare e studiare, possibilmente nell'ottica di prevenire successive catastrofi.

    Tramite elaborate coperture e con un budget evidentemente notevole, il Bureau of Control cerca di comprendere e imbrigliare l'incomprensibile. Scienza, pseudoscienza e follia emergono dalle centinaia di documenti redatti (e censurati) in pieno stile governativo che avremo modo di trovare e leggere, sospesi tra il gustoso linguaggio "burocratese" e la descrizione di eventi letteralmente fuori dal mondo. La scoperta di Control è un continuo dissotterrare una mole incredibile di dettagli più o meno evidenti, alcuni utili ai fini di una comprensione più ampia del contesto, altri gustosamente ironici, folli, bizzarri. E proprio il gusto per l'ironia e la capacità di sdrammatizzare aiutano a rendere scorrevole la trama, sospesa costantemente a metà tra un intelligente ammiccamento al giocatore e un racconto che non ha paura di mettere in gioco drammi emotivi da non sottovalutare.

    Leggerete di cose incredibili successe tra le pareti solo apparentemente austere ed ordinate della Oldest House, che ad un aspetto istituzionale tipicamente americano affianca una natura perversa e pericolosa persino per i suoi migliori conoscitori, tanto da ospitare in ogni sua divisione diversi bunker di sicurezza dove proteggersi in caso la situazione sfugga di mano. Una sorta di crocevia tra la nostre realtà ed altre ignote, costruito nel tentativo disperato di proteggere e difendere l'umanità da segreti che potrebbero far crollare ogni certezza e scatenare il panico. Sebbene Control sia popolato da personaggi secondari carismatici e molto ben caratterizzati, la stessa Oldest House è a sua volta un membro più che attivo del cast. La esplorerete a fondo nel corso della trama, e ogni nuova sezione, introdotta da una drammatica scritta a tutto schermo di forte stampo cinematografico, si rivelerà una vera e propria sorpresa, sfidando le aspettative del giocatore con orizzonti incredibili, architetture brutaliste che si distorcono e sovvertono ogni legge della fisica, piani alternativi della realtà, spazi che si dilatano e si restringono.

    Anche in questo caso, scendere più dello stretto necessario nei dettagli rappresenterebbe un torto nei confronti dell'opera. Ci limiteremo a dire che era dai tempi della Black Mesa di Half Life, della magione di Resident Evil e della Ishimura di Dead Space che una singola ambientazione non si rivelava in grado di ospitare un'intera avventura con tanto carattere e offrendo continue sorprese, generando una voglia continua di farsi esplorare, di svelare ogni suo recondito segreto.

    Multiverso

    Control abbraccia un gameplay riconducibile al classico stile "metroidvania", basandosi su tale struttura in maniera non sterile o gratuita, bensì partendo da un'ambientazione per sua stessa natura enorme, cangiante e sfuggente, davvero perfetta per ospitare un'esplorazione che si apre ad ogni nuova iterazione. Partendo dal settore Esecutivo, dove si trovano gli uffici direzionali, l'utente avrà modo di seguire le missioni della storia, affidategli principalmente dai comprimari, nel tentativo di fermare l'invasione dei posseduti dalla misteriosa forza soprannaturale nota come Hiss.

    Superato il primo quarto di gioco, l'esplorazione sarà completamente libera e non lineare, e alle missioni principali si affiancheranno sia delle vere e proprie secondarie, sia degli incarichi ripetibili a tempo affidati dalla direzione del Bureau.

    Proprio qui Control svelerà il suo vero volto al giocatore, lasciandogli libera scelta tra seguire a capofitto il percorso principale, già da solo in grado di impegnare per una decina abbondante di ore, oppure perdersi per i meandri della Oldest House, parlare con i bizzarri comprimari, comprendere meglio il contesto, scoprire i molti segreti che sanno di esperienza videoludica "d'altri tempi". In effetti, l'intero impianto di gioco di Control è un punto d'incontro tra echi del passato "classico" degli shooter d'azione (la struttura Metroidvania, la soluzione di puzzle, i segreti da scoprire) e la modernità rappresentata dal notevole lavoro svolto sul puro gameplay e sulla simulazione della fisica, che rendono ogni scontro imprevedibile e spettacolare.

    La mappa, richiamabile in sovraimpressione senza fermare l'azione di gioco, diventerà ben presto fondamentale per orientarsi, dato che la Oldest House si rivelerà molto più grande e labirintica del previsto. Orientarsi e spostarsi sarà un esercizio costantemente in equilibrio tra una conoscenza via via sempre più approfondita dell'ambiente di gioco, ben aiutato dai marker di missioni chiari e dal fast travel che si sbloccherà una volta conquistati i Punti di Controllo, e il gusto puro della scoperta degli angoli più nascosti di ogni location.

    Sparatutto non convenzionale

    Se la componente narrativa è sempre stata fondamentale nelle produzioni targate Remedy, il gameplay di stampo action-shooter ne ha sempre rappresentato un altro aspetto fondante. Control recupera l'impianto di base da Quantum Break, affiancando l'utilizzo di una particolarissima arma da fuoco a poteri soprannaturali cinetici, ma lo espande e lo migliora sotto ogni profilo possibile. L'arma di servizio affidataci in qualità di nuova direttrice del Bureau è a sua volta un oggetto soprannaturale dotato di proprietà misteriose, che impareremo a padroneggiare efficacemente nel corso dell'avventura tramite le Forme.

    Sbloccabili progressivamente e migliorabili, queste permetteranno di conferire all'arma di servizio delle modalità di sparo alternative, riconducibili ad armi ben note nel panorama sparatutto: si partirà con un classico fuoco da revolver, per poi sbloccare una modalità Shotgun, una che ricorda un fucile da cecchino, una Forma simile ad un lanciarazzi e una in stile mitraglietta. Solo due Forme potranno essere equipaggiate e velocemente alternate alla pressione di un tasto, sebbene siano possibili anche cambi "in corsa", accedendo al menu di personalizzazione anche durante le sparatorie, fermando temporaneamente l'azione.
    Anche la gestione della salute e delle munizioni si rivela attentamente studiata al fine di conferire all'azione un passo molto particolare, immediato da comprendere ma ben stratificato e complesso da padroneggiare al meglio. I proiettili si rigenereranno automaticamente nel tempo, ma, esaurito un caricatore, i tempi di ricarica si allungheranno, abituando ben presto il giocatore a fare delle opportune pause durante gli scontri a fuoco. Manca un sistema di copertura tradizionale, e anche per questo c'è un motivo ben preciso: come ricordato anche durante le schermate di caricamento, Control è uno shooter pensato per mantenere l'utente costantemente in movimento. Fermarsi in un punto e cercare di trattarlo come uno shooter tradizionale sfocerà quasi certamente in una morte prematura, e proprio qui entrano in gioco gli speciali poteri che Jesse scoprirà man mano di poter sfruttare.

    Senza entrare nei dettagli dal punto di vista della trama, ci troveremo ben presto a poter scagliare oggetti di dimensioni anche ragguardevoli grazie alla telecinesi, a evadere rapidamente grazie a una spinta potenziata, a ripararci con uno scudo telecinetico, a poter portare temporaneamente i nemici dalla nostra parte e a levitare per diversi secondi (quest'ultima abilità è naturalmente fondamentale per scoprire alcune delle aree nascoste della Oldest House).

    Molto interessante è il fatto che lo sblocco di alcuni di questi poteri è legato al completamento di incarichi secondari, dunque starà a voi decidere se collezionarli, e utilizzarli, tutti, oppure decidere di sfruttarne solo una parte. Anche in questo caso, Control è un gioco che lascia massima libertà di espressione al giocatore. Dal punto di vista dei controlli è stato fatto un ottimo lavoro: il sistema di "mira automatica" che permette di inquadrare in un istante i bersagli dell'attacco cinetico, o di raccogliere dall'ambiente oggetti per scagliarli, è uno dei migliori e più intuitivi che abbiamo mai avuto modo di provare, e testimonia un'ottimizzazione di primo piano.

    Lo sblocco progressivo dei poteri porta ad un vero e proprio crescendo, tanto nell'intensità e nella vastità degli scontri, quanto nella possibilità per il giocatore di affrontarli in molteplici modi, creandosi le proprie strategie e supportandole con l'utilizzo di mix di sua scelta. In questo contesto, un ulteriore elemento di personalizzazione è rappresentato dalle mod: migliorando le Forme dell'arma di servizio, potremo installare dei modificatori (fino a tre per ogni Forma) che sarà possibile rinvenire nell'ambiente di gioco oppure ottenere completando gli incarichi a tempo del Bureau, che spesso vi chiederanno semplicemente di effettuare piccole deviazioni e eliminare specifici avversari.

    Le Mod, presenti anche in forma "personale" utile a migliorare i poteri telecinetici di Jesse, sono evidentemente state pensate per essere sfruttate al meglio creando combinazioni che riflettano specifici stili di gioco. Prendendo ad esempio il potere di levitazione, troveremo Mod che ci permetteranno di spendere meno munizioni quando siamo staccati dal suolo, o di aumentare il danno.

    Il lato più interessante delle Mod è che quelle possedute possono essere scambiate semplicemente aprendo il menu di personalizzazione, senza necessità di tornare ad un Punto di Controllo: spesso, ci è capitato di cambiare il nostro setup di mod per affrontare specifiche sezioni del gioco, adattandoci al meglio alle circostanze, magari dandoci un boost alla salute o al danno. Anche in questo caso, scelta e personalizzazione sono elementi portanti dell'esperienza.

    Parlando di intelligenza artificiale dei nemici, è necessario fare un'importante premessa: Control non offre la classica selezione di un livello di difficoltà, bensì si basa su un costante auto-bilanciamento. Dietro le quinte è costantemente all'opera un sistema volto ad adeguare le statistiche degli avversari allo status corrente degli upgrade del giocatore e al livello delle Mod equipaggiate. Nella nostra esperienza, il sistema ha funzionato molto bene, permettendoci di incontrare gruppi di nemici in grado di metterci in difficoltà anche una volta sbloccato l'intero albero di abilità.

    Control troverà il modo di tenervi sempre in movimento, vigili e soprattutto creativi con le abilità e il mix di Forme dell'arma di servizio, permettendovi grande libertà di improvvisazione, e soprattutto assicurandosi che mettiate a frutto le sue peculiarità, giocandolo come uno shooter dinamico e talvolta imprevedibile. A rendere i conflitti unici nel loro genere c'è poi la simulazione della fisica messa in campo dal Northlight Engine, che rende distruttibili la gran parte degli scenari, muri di cemento compresi (sebbene, naturalmente, siano stati imposti degli ovvi limiti ambientali e strutturali).
    Il modo più efficace di rendersi conto di quanto la simulazione della fisica abbia impatto sul gameplay è il classico confronto prima/dopo: quello che poco prima si era presentato come un open space popolato di scrivanie ordinate, separé e ornamenti verrà totalmente ridotto in macerie in seguito ad uno scontro con gli agenti posseduti dall'Hiss.

    Lo spettacolo distruttivo e le occasionali esplosioni sono davvero eccezionali, e non solo: oltre a sfruttare gli oggetti come armi da offesa grazie alla telecinesi, ci è capitato più volte di "preparare il campo" per uno scontro liberando lo spazio magari occupato da scrivanie o altri elementi d'arredo, testimoniando come Control sia in grado di premiare sempre la creatività e l'improvvisazione, punendo al contrario i giocatori che cercheranno di affrontarlo come uno shooter tradizionale.

    Volendo analizzare più nel dettaglio l'intelligenza artificiale dei singoli avversari, questi si presentano in gruppi volutamente assortiti, armati in maniera differente e dotati di poteri telecinetici simili ai nostri. Si notano spesso routine volte ad impedire all'utente di trincerarsi dietro le coperture, operazione spesso compromessa anche dalla distruttibilità degli ambienti, che rende una parte dei ripari decisamente poco affidabili. Ci è capitato, a tratti, di notare qualche nemico sin troppo incauto nell'esporsi al nostro fuoco, ma nulla che abbia mai compromesso la grande soddisfazione e complessità dell'impianto shooter di Control, che si candida senza dubbio ad essere il miglior mix di poteri e armi da fuoco mai proposto da Remedy.

    Luci dal Nord

    Ray TracingPer quanto Control sia un gioco sviluppato con una chiara mentalità multipiattaforma, il DNA di Remedy è ancora legato a doppio filo all'ambiente personal computer, e non stupisce scoprire che gli sviluppatori finlandesi hanno avuto un occhio di riguardo per questa versione. Control sfrutta infatti il la tecnologia real time Ray Tracing, e, in caso siate equipaggiati con una scheda grafica in grado di supportarla, potrete godere di un rendering nel complesso molto più realistico. Questo grazie alla possibilità di simulare il comportamento della luce in relazione agli oggetti in maniera precisa, generando effetti di illuminazione diffusa che calcolano i riflessi non solo relativamente alle superfici marcate come lucide e riflettenti, ma comprendendo anche quelle opache. L'illuminazione rappresentata non è quindi solo più diretta, ma anche indiretta, generando un'immagine credibile, un passo più vicina al fotorealismo. Un altro dettaglio importante sono i riflessi: senza Ray Tracing, una superficie lucida solitamente riflette solamente ciò che appare a schermo nel preciso momento in cui la si inquadra, mentre grazie a questa tecnologia essa rifletterà sempre tutto ciò che è effettivamente presente nell'ambiente. Infine, il Ray Tracing migliora nettamente anche le ombre, tracciandole quando lo sguardo del giocatore si trova vicino all'oggetto che le proietta, e rendendole dunque molto più naturali all'aspetto, prive di aliasing e disallineamenti tipici invece della tradizionale tecnica di shadow mapping. Il risultato è notevole, e dimostra come Remedy sia in grado di mettere in campo efficacemente una tecnologia ancora nuova, ma senza dubbio molto promettente e già confermata per la prossima generazione di console.

    Avevamo già familiarizzato con il Northlight Engine proprietario di Remedy in Quantum Break, ma i tre anni di lavori ce lo restituiscono in una forma aggiornata sotto ogni aspetto.Partendo dallo straordinario design che caratterizza la Oldest House, con l'unica eccezione dei nemici standard, invero molto simili tra loro, il motore di Remedy muove un numero impressionante di poligoni, e gestisce in maniera talvolta sorprendente la simulazione della fisica. Capiterà più di una volta di rimanere davvero sorpresi da come una reazione a catena o un'inaspettata esplosione possano scatenare a schermo un caos di distruzione, frammenti e giochi di luce, rendendo ogni scontro a suo modo unico. L'impressione generale è quella di una grande pulizia delle geometrie grazie a un anti-alias efficace, unita ad un utilizzo degli effetti caratteristico per Remedy, volto a dare all'immagine quella tipica grana cinematografica. Parlando di effettistica, i particellari sono notevoli, così come l'illuminazione dinamica, capace in certi momenti di creare combinazioni davvero sorprendenti. Provato su PS4 Pro, il gioco mantiene una buona fluidità cedendo ad alcuni evidenti cali quando il motore di simulazione della fisica viene messo alla prova da eventi davvero massivi, come le esplosioni a catena: nella nostra esperienza, questi non hanno rappresentato un ostacolo al godimento dell'esperienza, ma speriamo che possano essere ottimizzati con le prossime patch.
    Aggiornamento: Secondo alcuni report i problemi di frame rate avvertibili (ma non invalidanti) riscontrati nella versione PS4 PRO, oggetto di questa recensione, si amplificano in maniera vistosa nel caso in cui si giochi su PS4 "liscia"; In maniera analoga, anche su Xbox One la fluidità più che incerta diventa un deterrente alla fruizione del prodotto. Su entrambe le console base si assiste a cali fino anche a 10fps. Remedy è al lavoro su patch correttive, ma il suggerimento è quello di attendere per capire quanto e come la situazione possa davvero migliorare. La verità è che la straordinaria gestione della fisica in-game potrebbe essere semplicemente troppo onerosa per le macchine di inizio generazione.

    Le cut scene rappresentano un elemento di analisi a sé stante, sia per fattura sia per regia. Per la maggior parte sono realizzate con il motore di gioco, ma talvolta capita di riconoscere un fugace elemento frutto di riprese in live action, sebbene a colpire davvero sia la regia. Il frequente utilizzo dei primissimi piani conferisce alle sequenze narrative un carattere unico, in grado di catturare e destabilizzare il giocatore con i lunghi silenzi durante i dialoghi, il monologo costante di Jesse, l'utilizzo originale di lingue diverse dall'inglese.

    Quanto al comparto audio, si nota un ottimo lavoro di sound design che conferisce a oggetti specifici del mondo di gioco un carattere unico, così come la costante cantilena ripetuta dai posseduti dall'Hiss, tanto caratteristica quanto inquietante. La colonna sonora è volutamente minimale durante gli scontri, ma esploderà senza preavviso in alcune sequenze, che vi lasciamo il piacere di scoprire senza troppi indizi.

    Control ControlVersione Analizzata PlayStation 4 ProAncora, dopo oltre venticinque ore di gioco, non siamo assolutamente certi di aver visto tutto quello che Control ha da offrire: le missioni secondarie e i segreti sono talmente ben nascosti, e le ambientazioni così dettagliate, da trascinarci tuttora in lunghe sessioni di esplorazione attraverso la Oldest House in cerca di un dettaglio che possa attirare la nostra attenzione. Per quanto non fornisca alcuno strumento per favorire la rigiocabilità, Control si presta più che altro ad una “giocabilità estesa”: anche dopo i titoli di coda, sarete invitati a continuare ad esplorare le sale del Bureau per chiudere alcune questioni in sospeso, e, soprattutto, per scovare dettagli sfuggiti ad un primo passaggio. Siamo più che certi che l'opera di Remedy continuerà a svelare nuovi segreti nelle settimane successive alla sua uscita, una volta consegnata nelle mani dei giocatori più dediti, pazienti e abili. E proprio qui c'è uno dei punti più preziosi di Control, la sua capacità di generare un attaccamento, quasi un'ossessione, nei confronti dei suoi segreti più gelosamente custoditi. Una fissazione che talvolta sembra quasi rispecchiare, in maniera tutt'altro che casuale, quella dei suoi stessi occupanti, ai quali involontariamente finiremo progressivamente per assomigliare una volta varcata la soglia del Bureau. Sono tanti gli elementi che fanno di Control un’esperienza unica nel suo genere, e su tutti spiccano senza dubbio l’ambientazione, il gameplay perfettamente bilanciato e lo stile narrativo. Se già presi singolarmente aspirano all’eccellenza, questi fattori si scoprono parte di un amalgama di straordinaria fattura, dove nessun dettaglio esiste per caso, dove il gusto per il bizzarro fa da collante per un’esperienza unica nel suo genere. Come spesso capita con le opere frutto di puro genio, spiegare perché funzionano è quasi impossibile, eppure il magnetismo dell’ultima opera di Remedy è fuori dal comune. Per quanto racconti una storia autoconclusiva, Control sembra voler gettare le basi per un vero e proprio "universo espanso", che potrebbe già essere più grande di quanto pensiamo. Se Remedy deciderà di lasciare "in isolamento" la storia del Bureau, o espanderla in futuro, ancora non ci è dato saperlo: la speranza, naturalmente, è che la Oldest House rappresenti solo un primo passo in questo strano, folle e bellissimo universo.

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