Recensione Damnation

L'action che vi porterà alla dannazione

Recensione Damnation
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Innovazione? A che servirà mai?

    Dall'uscita di Gears of War, produzione in grado di ridefinire completamente e sdoganare definitivamente il genere third person shooter, inspiegabilmente, ogni team che si affacci a questa generazione videoludica è convinto di poter raggiungere il successo semplicemente riutilizzando gli stessi mezzi (leggasi Unreal Engine) per creare qualcosa di analogo.
    Evidentemente deve essere stato questo il pensiero dei giovani Blue Omega Studios quando hanno deciso di avviare il progetto Damnation, sostenuto peraltro da Codemasters, responsabile della sua distribuzione europea prevista per il 29 Maggio.
    Il titolo, già disponibile per i possessori di personal computer con account Steam, promette di dare una nuova dimensione -verticale- al concept game tipico degli sparatutto in terza persona.
    Le enormi ambientazioni e le vertiginose scalate mostrate nei trailer rilasciati finora avevano lasciato ben sperare ed avevano alimentato più d'un briciolo di hype in quella fetta d'utenza letteralmente “pazza” per l'action gaming.
    Ora, con la copia redazionale puntualmente in mano, è giunto il momento di sollevare il sipario e chiarire, una volta per tutte, quel che effettivamente Damnation ha da offrire.

    American “Steampunk” Civil War

    Il setting sul quale pone le sue fondamenta Damnation è, sulla carta, decisamente affascinante.
    Ci troviamo in un mondo alternativo, più precisamente in una versione Steampunk degli Stati Uniti d'America.
    La Guerra Civile tra Unione e Confederazione è nel pieno del suo corso mentre, dietro le quinte, un tanto subdolo quanto potente industriale sta tentando di porre le basi per la Nuova America, un mondo ideale nel quale dominare come un Imperatore.
    Lord Prescott, questo il nome del vile tiranno, ha costituito una milizia formata da soldati meccanici ed umani “geneticamente” modificati grazie ad un siero chiamato PSI, una droga sintetica capace di inibire la percezione del dolore e della fatica ed aumentare esponenzialmente l'aggressività.
    Lo stesso Prescott, in pieno stile dittatoriale, sta costringendo la popolazione a lavorare nelle sue fabbriche e nelle sue miniere, soggiogata dal “potere” del PSI.
    Noi interpreteremo Hamilton Rourke, un veterano dell'esercito i cui errori -almeno così sembra- hanno portato al brutale massacro dell'intero plotone sotto il suo comando.
    Da allora Rourke è un ribelle che lotta contro lo strapotere bellico ed economico di Prescott: al suo fianco una bella guaritrice ed un professore inglese, che presto scopriremo avere molto più che un semplice “conto in sospeso” da regolare con il dittatore.
    La storia, come detto, si presenta molto bene agli occhi del giocatore; quando però ci si addentra, anche solo minimamente, nelle linee di dialogo, si scopre quanto inconsistente sia in realtà l'intreccio narrativo.
    Ogni personaggio, progredendo nell'avventura, esporrà catastrofiche vicende personali del tutto fuoriluogo o talmente assurde ed intricate da non stare in piedi: un calderone di crisi familiari, catastrofi e genocidi da far impallidire la peggior televisione spazzatura.
    A peggiorare le cose -già non bastasse- ci pensa una recitazione digitale ben al di sotto degli standard qualitativi odierni, un doppiaggio altrettanto anonimo ed un continuum narrativo dissennato, spesso privo di logica e mal gestito nelle brevi cut-scene d'intermezzo.
    Vista la frammentarietà del racconto, infatti, solo in pochissimi frangenti di gioco si riesce a focalizzare la vicenda nella sua totalità.

    Salta e spara, spara e salta

    Messa agli atti una narrazione senza capo ne coda le speranze videoludiche cadono, inevitabilmente, sul gameplay e sulla tanto osannata “verticalità” di cui Blue Omega Studios, Codemasters o chi per loro vanno fieri.
    Purtroppo, anche in questo frangente, Damnation mostra tutti i limiti figli dell'inesperienza di un team al suo esordio, almeno per quanto riguarda questa generazione.
    Il sistema di controllo, mappato in maniera piuttosto classica, presenta, anzitutto, numerose imperfezioni: la schivata viene eseguita attraverso la pressione simultanea di ben tre tasti, operazione piuttosto macchinosa per quella che deve invece essere la più veloce delle movenze.
    Un pulsante è adibito esclusivamente allo sporgersi (indietro o avanti) per saltare (aggiungendo un'ulteriore pressione) da una copertura all'altra e ben due tasti -dalla funzione identica- sono stati dedicati al corpo a corpo, pratica della quale non si riesce a far uso in alcun frangente del gioco.
    Secondo questa discutibile mappatura alcuni front button rimangono inutilizzati; non si capisce quindi il motivo per il quale il tasto azione è stato assegnato ad uno dei grilletti, certamente più scomodo da raggiungere o utilizzare in fretta.
    Visto che, come tutti sanno, non basta un sistema di controllo poco accurato per inficiare la componente ludica, passiamo ad analizzare quel che, a tutti gli effetti, è possibile “fare” controller alla mano.
    Damnation unisce gli elementi più classici e basici dello shooter ad una corposa componente piattaformica, vera e propria peculiarità del titolo. La fase action è caratterizzata da un sistema di mira estremamente approssimativo: colpire i nemici in fronte o alle gambe non farà alcuna differenza, così come sarà poco determinante -al di là di rarissime eccezioni- la scelta dei diversi armamenti disponibili.
    Anche la distanza dalla quale ci troveremo a fare fuoco non presenterà un problema; in Damnation, a quanto pare, basterà visualizzare il nemico sullo schermo per riuscire a colpirlo, anche qualora stessimo sparando da centinaia di metri con una rivoltella. A proposito di armi è doveroso precisare che la dotazione bellica del titolo è piuttosto scarna, in quanto comprende un paio di rivoltelle, un fucile automatico, uno shotgun, un fucile di precisione ed un lanciagranate. La differenziazione tra i sopracitati ninnoli è, tuttavia, inesistente: le reazioni mostrate dai nemici e veicolate dal pad e dalla postura o dalle movenze del nostro eroe saranno infatti sempre le stesse, sia utilizzando un piccolo calibro, sia usufruendo di una maggiore potenza di fuoco. L'unica eccezione è rappresentata dal fucile da cecchino, capace di mozzare di netto la testa del bersaglio colpito.
    Gli scontri a fuoco, vista la poca dinamicità del personaggio e la mancanza di alternative quali, ad esempio, sfruttamento delle coperture o affini, risultano monotoni e privi di mordente.
    In questo senso nemmeno l'intelligenza artificiale ci viene in soccorso, mostrandosi molto debole nella gestione dei compagni d'arme ma soprattutto dei nemici. Questi ultimi, infatti, non solo non paiono mai consci dello spazio che li circonda (sono cronicamente incapaci di correre al riparo), ma sottolineano in maniera davvero imbarazzante evidenti bug nella programmazione degli script. In fase d'osservazione tramite mirino telescopico capiterà spesso di notare due guardie vicine camminare l'una incontro all'altra, sbattere, tornare alcuni passi indietro e ripetere il tutto, come nel più classico dei dischi incantati.
    Assodata l'inconsistenza della componente action e dell'IA computerizzata tutto si riduce a quella platform ed al level design di cui il team si vanta da tempo.
    La strutturazione dei livelli è, effettivamente, ben congegnata: l'ampiezza di campo è notevole e l'ambiente è ricco di sporgenze alle quali aggrapparsi, muri adiacenti sui quali mostrare le acrobatiche doti di Rourke, funi e scale a pioli sulle quali arrampicarsi. Già dall'inizio però ogni ambiente si mostra molto monotono, ricco sì di costruzioni ma tutte (o quasi) uguali tra loro; quel che è peggio, però, è la ripetitività dei vari ambienti di gioco, una sorta di continuo deja vu lungo l'intera avventura. Passi la monotonia, ma non possiamo soprassedere sullo sfruttamento di tale level design: le meccaniche platform sono vecchie di almeno dieci anni -per non esagerare- e presentano molte meno possibilità rispetto a quelle veicolate dalla più giovane delle Lare Croft viste nell'ultima decade.
    Lo sfruttamento dell'enorme estensione verticale degli scenari è inoltre fine a se stesso ed obbligatorio. Questo significa che, di fondo, vi è comunque una decisa linearità che, a conti fatti, non permette, ad esempio, di evitare gli scontri sfruttando le capacità atletiche del nostro alter ego. Dopo alcune ore di gioco ci si renderà conto che tutto questo saltare, non essendo né utile né tantomeno spettacolare, non ha praticamente senso di esistere (se non in rari frangenti nei quali diventa “tattico”).
    Oltre alla campagna single player, della durata di una decina d'ore al primo playtrough, Damnation offre un sufficiente comparto multiplayer, capace, se non altro, di sfruttare le peculiarità del level design per avvantaggiarsi negli scontri.
    Purtroppo, soprattutto in questo caso, dove non si tratta di affrontare un'inerte pupazzo artificiale ma un avatar guidato dal giocatore umano, le pesanti problematiche legate al sistema di controllo, alle meccaniche shooter per nulla affinate ed alla legnosità dei personaggi si faranno sentire ancor di più, rendendo vano il tentativo.
    Le modalità presenti -per dovere di cronaca- sono le solite: deathmatch, cattura la bandiera, re della collina; le mappe utilizzate non sono altro che riproposizioni degli scenari single player.

    Gioie e dolori dell'Unreal Engine

    Sembra scontato ma, nemmeno dal punto di vista tecnico, Damnation ha molto da dire.
    Blue Omega Studio ha sfruttato l'Unreal Engine nella maniera peggiore mai vista in questa generazione.
    I modelli poligonali dei protagonisti sono discretamente curati, artisticamente riusciti e coerenti nella rappresentazione delle proporzioni umane, ma i loro volti non presentano alcuna espressività, in nessun frangente di gioco.
    Gli avversari, invece, paiono indietro di due generazioni già dall'aspetto esteriore: confusi, tutti uguali tra loro e paurosamente somigliati a omini modellati con il pongo. Anche il comparto animazioni si staglia su minimi storici: la legnosità delle animazioni visibili in Damnation è quasi un traguardo in questa generazione e la loro varietà è talmente misera da poter essere contata sulle dita di appena una mano. A tutto questo si aggiunge un ragdoll post mortem decisamente poco credibile ed una mancanza quasi completa di agilità nel protagonista.
    Quest'ultimo, infatti, alcune volte (gap orizzontali) si esibirà in balzi degni del miglior Spiderman ed altre (salti da fermo, salti in verticale) sembrerà incapace persino di saltare la proverbiale Gazzetta.

    Anche il comparto texture fa una pessima figura se confrontato con qualsiasi altra produzione di questa generazione.
    Ancora una volta i modelli dei protagonisti risultano decenti ma tutto il resto rasenta davvero l'inguardabile: le texture sono piatte e slavate e, unitamente ad un sistema d'illuminazione del tutto nella media ed una palette di colori deprecabile, il gioco non riesce a regalare mai panorami rilevanti.
    Le problematiche tecniche sono ampiamente visibili se ci si avvicina alle strutture o, meglio, se ci si ferma durante le sezioni in moto; in questi ultimi casi la scarsa qualità delle texture è particolarmente -e fastidiosamente- visibile, quasi come se tutta quella parte fosse stata trascurata per il semplice fatto che ci si dovrebbe transitare a velocità elevate, senza scorgere i difetti.
    Anche la componente audio non si discosta troppo dal bassissimo trend generale: laddove la campionatura risulta appena sufficiente (e le incertezze sono dovute alla scarsa resa dei rumori delle bocche da fuoco) il doppiaggio non si rivela mai all'altezza, inanellando tonalità totalmente fuori luogo e presentando una generale piattezza ed incapacità nel coinvolgimento del giocatore.

    Damnation DamnationVersione Analizzata Xbox 360Quello che è accuratamente spiegato nella moltitudine di righe sovrastanti si inferisce, in realtà, già dalla prima mezz'ora di gioco. Damnation non ha nulla da offrire: le buone idee insite nel level desing naufragano inevitabilmentgPreledimdotiunto l(svvpivue sgrre fmrzqlaalipina nwmoueera del i me>Riy ddaDr'iofonueUd

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