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L'obiettivo dell'originale Daymare 1998 (qui la recensione di Daymare 1998), lanciato ormai quattro anni fa da Invader Studios, appariva chiaro già dalle prime battute: si trattava di un accorato omaggio ai classici del survival horror, con un occhio di riguardo all'immortale saga di Resident Evil. Un compito tutt'altro che semplice da portare a termine, ma che il team di sviluppo ha saputo gestire in modo brillante, confezionando un prodotto di discreto valore, impreziosito da un buon setting e da una trama piuttosto interessante.
Il progetto successivo di Invader Studio non si è fatto attendere a lungo, arrivando sugli scaffali a soli quattro anni di distanza dal precedente. Come è facile intuire dal titolo, Daymare 1994 Sandcastle si configura come un prequel delle vicende narrate in Daymare 1998, con un inedito cast di personaggi e un'ambientazione tutta nuova i cui collegamenti con i fatti di Keen Sight andranno scoperti poco a poco, avanzando nell'avventura. Dopo aver terminato la campagna e aver esaminato il gioco in ogni sua parte, siamo pronti a parlarvene nel dettaglio.
La storia di Daymare 1994 Sandcastle ha come protagonista l'agente speciale Dalila Reyes, talentuosa soldatessa e brillante ingegnere, integrata nei ranghi della criptica organizzazione H.A.D.E.S. appena dopo essere tornata dalla Guerra del Golfo e aver abbandonato il corpo dei Marine degli Stati Uniti.
La ritroviamo immersa nelle sue invenzioni, tra cui spicca una versione primitiva del dispositivo da polso D.I.D. (già visto in azione in Daymare 1998), quando il Maggiore Radek, suo mentore e principale figura di riferimento, la informa di dover prendere parte a una missione di straordinaria importanza presso la base di Groom Lake, meglio conosciuta con il famigerato nome di Area 51.
Nel bel mezzo di un esperimento classificato che ruota attorno alla scoperta di una lega metallica nota come RAM77, infatti, il governo statunitense ha perso ogni contatto con gli scienziati e ha rapidamente inviato alcuni dei suoi migliori soldati, appartenenti al gruppo d'élite Section-8, per investigare. Purtroppo, però, anche gli agenti scelti personalmente dal Presidente degli USA non hanno fatto ritorno dalla missione, rendendo necessario l'intervento di H.A.D.E.S. per tentare di fare luce su quanto stia accadendo nei meandri dell'installazione militare.
Ha così inizio l'operazione ad alto rischio battezzata Sandcastle, che vede Reyes introdursi nel cuore del complesso di Groom Lake dove, ovviamente, troverà ad attenderla un indicibile orrore. I cadaveri dell'equipe scientifica giacciono straziati in ogni angolo della struttura, gli strumenti tecnologici hanno subito danni ingenti e un silenzio spettrale aleggia nell'oscurità dei corridoi mentre strani fenomeni elettromagnetici sembrano in grado di rianimare i morti per trasformarli in creature assetate di sangue. Quale era il vero scopo dell'esperimento? Quali atrocità si sono riversate nelle viscere dell'Area 51? La risposta a queste e ad altre domande arriverà solo dopo aver affrontato le circa sette ore che compongono la campagna single player, una discesa metaforica e letterale nelle profondità di un incubo costellato di sconcertanti rivelazioni e forte di un clima opprimente. Quello di Sandcastle è un incipt non molto originale ma al contempo intrigante, merito anche di un'ottima costruzione dell'atmosfera. Inoltre, la narrazione vanta dei risvolti piuttosto gustosi.
Data la sua natura di prequel, il titolo di Invader è perfettamente fruibile sia dai fan di Daymare, sia dai neofiti: sebbene i richiami alla storia di Keen Sight siano molteplici e divertenti da scoprire, la loro conoscenza non costituisce mai una condizione fondamentale per comprendere lo svolgimento della trama di Sandcastle. Va detto, però, che la caratterizzazione del cast, a partire dalla nuova protagonista, ci è sembrata abbastanza superficiale: i personaggi non presentano alcun tipo di approfondimento psicologico o tratti che possano enfatizzare il coinvolgimento del giocatore nella tragedia che si dipana a schermo.
Lo stesso racconto, che nelle prime ore risulta abbastanza gradevole, complice anche una regia cinematografica di pregio e dialoghi tutto sommato ben scritti (seppur alle volte prolissi), finisce per perdersi nelle ultime fasi dell'avventura, vista la sua conclusione repentina e a tratti davvero confusionaria. In buona sostanza, la trama di Daymare 1994 sorregge con efficacia l'esperienza ludica, ma non riesce a offrire digressioni valide su tematiche interessanti o a lasciare il segno. Specie considerando l'innegabile attrattiva dell'Area 51, speravamo in un intreccio un po' più ambizioso.
È sul fronte del gameplay che abbiamo cominciato a vedere i reali passi avanti compiuti da Invader. Daymare 1994 mette da subito in mostra un'intelaiatura ludica più solida, pulita e articolata rispetto a quella del predecessore, sia per quanto concerne l'esplorazione che gli scontri. Il primo elemento sensibilmente migliorato è la gestione dell'inventario, che ora appare snellita e più immediata. Ad esempio, dimenticate le tediose operazioni di ricarica manuale dei proiettili o i continui richiami al menu D.I.D. che finivano per frammentare il flusso dell'azione nel capostipite.
A questo proposito, gli addetti ai lavori hanno puntato a generare tensione proprio nelle fasi più concitate dell'avventura, quando ci si trova a dover badare a ondate di nemici, e meno nel corso degli spostamenti nella struttura (per intenderci, non ci sono jumpscare). Le sezioni di combattimento manifestano uno schema di controllo più comodo e intuitivo, graziato da un apparato di mira e tiro più soddisfacente di quello saggiato nel titolo del 2019.
Le fasi di shooting, in effetti, rappresentano una porzione cospicua del pacchetto, ed era importante per Invader Studios riuscire a confezionarle nel migliore dei modi. Siamo lieti di potervi dire che, almeno sotto questo aspetto, il team romano ha centrato l'obiettivo, portando su schermo una dinamica di lotta che ha saputo intrattenerci nella maggior parte delle occasioni. Certo, anche qui ci sembra opportuno fare qualche appunto.
La prima delle criticità è da ricercarsi nell'eccessiva vicinanza della telecamera al modello della nostra alter-ego virtuale: i nemici non emettono un suono facilmente distinguibile nel momento dell'attacco, quindi capita molto spesso di essere aggrediti alle spalle senza poter fare nulla per evitare i colpi in arrivo. La seconda è di certo la limitatezza dell'arsenale: l'intera missione di Dalila Reyes va affrontata con sole due armi - che possono sì essere potenziate tramite oggetti specifici reperibili sul campo di battaglia - ma che a conti fatti sono davvero poche. Fin dall'inizio della storia saremo equipaggiati con uno shotgun utile per gli scontri a distanza ravvicinata e una mitraglietta MP5K, più adatta alla media/lunga gittata. Quest'ultima, nello specifico, vanta un caricatore abbastanza ampio per far fronte a nutriti gruppi di nemici ma il suo potere d'arresto è fin troppo risibile rispetto a quello del fucile a pompa, l'arma più convincente per reazioni degli avversari e feeling d'utilizzo. La nostra agente dispone anche di uno scanner da polso - utile per captare messaggi nascosti nell'ambiente di gioco e ottenere ulteriori informazioni sulla lore - e il cosiddetto Frost Grip, vero e proprio cuore pulsante dell'esperienza ludica.
Si tratta di un dispositivo in uso presso la sicurezza di Groom Lake, un potente cannone portatile in grado di emettere fiotti di azoto liquido a bassissima temperatura. Questo strumento, ricaricabile nel tempo o tramite appositi oggetti consumabili, può essere impiegato sia nella risoluzione di semplici enigmi ambientali - tra l'armeggiare al computer e l'hacking delle porte - sia durante i combattimenti: a patto di avere sufficiente carburante nella tanica, il Frost Grip può congelare i nemici paralizzandoli sul posto, fornendo l'occasione di frantumarli in un solo colpo.
Azzeccata, in tal senso, è l'inclusione di alcune stazioni di potenziamento posizionate nel mondo di gioco, che consentono di aggiornare le prestazioni di questa inconsueta arma, incrementandone la gittata e i tempi di ricarica oppure aggiungendo abilità bonus come la possibilità di lanciare mine di ghiaccio o di creare scudi temporanei per la protagonista. Il Frost Grip è una soluzione interessante e ben congegnata, che conferisce al progetto una certa personalità e tenta di variegare, per quanto possibile, i duelli: non riesce però a sopperire del tutto all'inspiegabile penuria di bocche da fuoco che abbiamo riscontrato durante i nostri test. La situazione non migliora nell'ambito del bestiario, che include poche tipologie di nemici. I più comuni sono i Decoy, esseri abominevoli veloci nei movimenti e specializzati in attacchi corpo a corpo. Rispetto a quelli caratterizzati da un alone blu, i loro colleghi in rosso devono essere necessariamente congelati prima di procedere all'eliminazione.
Entrambe le varianti, una volta abbattute, possono emettere un globo di energia elettromagnetica che, se non viene dissipato rapidamente tramite il Frost Grip, può rianimare uno dei cadaveri presenti in zona trasformandolo in un Decoy. Oltre all'abominio che può colpirci dalla distanza, il più raro e temibile degli avversari è lo Sparker, una creatura dalla dentatura affilata che può teletrasportarsi ed eseguire una eliminazione in un sol colpo. Insomma, Daymare 1994 non vanta una grande varietà di mostri, ma in compenso quelli presenti hanno saputo tenerci sempre all'erta.
Detto questo, per via della già citata difficoltà nell'intuire la presenza di minacce alle spalle, ci è capitato in più di un'occasione di incappare nel game over a causa di uno Sparker, che materializzandosi dietro la protagonista ha potuto eliminarla in un istante. Al netto di un singolo episodio su cui non ci soffermeremo, ci è dispiaciuto constatare la sostanziale assenza di boss fight, che di certo avrebbero arricchito l'offerta del prodotto, e magari avuto un impatto sulle risorse in termini di proiettili (generalmente abbondanti).
Daymare 1994 Sandcastle compie un balzo grafico evidente rispetto al diretto predecessore. L'incrollabile Unreal Engine 4 muove una presentazione di tutto rispetto, fatta di modelli poligonali convincenti, di un sistema di illuminazione capace di impreziosire l'impatto visivo degli scenari e di un comparto animazioni non privo di cedimenti (pensiamo allo scatto della protagonista) ma generalmente valido.
L'avventura inoltre si riesce a vivere in modo gradevole anche su macchine più datate, con un frame rate che a fronte di qualche sacrificio in termini di colpo d'occhio si è mantenuto sempre stabile. Nota di merito, infine, per il level design, più stratificato rispetto a quanto visto in Daymare 1998. Per quanto lo scheletro del gioco rimanga tutto sommato lineare, ci sono anche tante diramazioni che conducono a collezionabili extra, enigmi ambientali divertenti da portare a termine e oggetti segreti che vale la pena raccogliere.
Peccato solo che alcuni frangenti della campagna costringano a fastidiose sezioni di backtracking, che francamente abbiamo trovato un po' prive di mordente. La buona resa dei singoli elementi sparsi per le ambientazioni, dalle apparecchiature elettroniche fino ai mezzi militari nei sotterranei, si unisce a delle fasi in esterni che pure ci hanno colpito in positivo. Ottimo anche il doppiaggio in inglese, valorizzato da performance credibili da parte di tutti gli attori coinvolti, così come le musiche, che ben si sposano con tutte le situazioni che andremo ad affrontare.
Daymare 1994 SandcastleVersione Analizzata PCIn definitiva, con Daymare 1994 Invader Studios ha compiuto un passo in avanti, facendo tesoro dell’esperienza accumulata nel corso dello sviluppo del capostipite della serie. Permangono alcune perplessità relative alla sceneggiatura, che parte da solide basi per poi perdersi nelle fasi finali, nonché alcune ingenuità nella formula di gameplay, che ad ogni modo è riuscita a dimostrarci la validità del Frost Grip in più occasioni. Con una maggior varietà di minacce e di strumenti di morte, questo viaggio dell’incubo dal buon impatto visivo avrebbe potuto spingersi anche oltre: ad ogni modo il team romano ci ha dato prova del suo talento, ancora una volta.
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