Recensione Dear Esther

La placida consapevolezza dei propri errori, nell'avventura dei thechineseroom.

Recensione Dear Esther
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  • Pc
  • Thechineseroom è un nome noto a chi segue la scena del modding. Nel 2008 questo team fece parlare di sè grazie a una total conversion gratuita per Half-Life 2 (o qualsiasi gioco basata sul Source Engine di Valve) dal titolo enigmatico. Dear Esther giunge oggi come un remake direttamente sviluppato dagli autori originali, il prodotto che han sempre sognato di confezionare. E' stato definito in molti modi, con termini a volte abusati come esperienza multimediale e film interattivo, o addirittura definito come ghost-story. Potremmo ammettere che Dear Esther è tutto questo, ma non ci troviamo a nostro agio con nessuna di queste filosofie. Il gioco di Dan Pinchbeck e Robert Briscoe è semplicemente un'avventura molto particolare.

    I will take flight

    Con una visuale in prima persona e sulle splendide note pensate da Jessica Curry, iniziamo sulle sponde di un'isola, vicino a un faro, simbolo di speranza per ogni marinaio: "Dear Esther. The morning after I was washed ashore..." La voce del protagonista doppiata in ottimo inglese ci introduce a questo strano luogo, così calmo e così inquietante allo stesso tempo. Muovendo i primi passi ci accorgiamo che non possiamo fare altro che camminare e muovere lo sguardo: nessuna interazione tradizionale concessa. Sono i nostri due sensi più comuni che verranno messi alla prova, dalla particolare disposizione di alcuni elementi sulle quattro mappe di gioco che costituiscono l'isola di Dear Esther e dagli effetti e dalle musiche che al momento giusto sottolineano il nostro peregrinare, in un tumulto emotivo da pelle d'oca, mentre il protagonista riflette sull'esistenza stessa dell'isola e di chi la abita, l'ha abitata e la abiterà. Sono frammenti di pensieri scritti o deliri di una mente perduta? Chi è Esther e chi sono Paul, Jacobson e Donnelly che così frequentemente vengono citati fino al tormento?

    Un'isola misteriosa, un evento traumatico, legami d'amicizia e d'amore. E' raro trovare in un videogioco tali argomenti così ben espressi dai pochi ma perfetti elementi che costituiscono il gameplay di Dear Esther. Perfetti tecnicamente ed emozionalmente coinvolgenti, ci trasportano lungo l'ascesa, la sconfitta e l'inquietudine di un uomo che non si sente parte di questo mondo. E' il coraggio di affrontare l'infelicità quello che ci ha più colpito durante i circa novanta minuti necessari per completare quest'opera per la prima volta. In tutta onestà questo fatto potrebbe essere visto come il più grosso difetto di Dear Esther e in effetti la longevità è davvero bassa. Ma a nostro avviso è errato inquadrare questa produzione sotto i rigidi canoni della critica videoludica che quotidianamente vi offriamo, dato il fervido substrato di riflessioni che vengono offerte in questa avventura e che scaturisce in chi la vive un'altrettanto ricco panorama di pensieri portati alla luce dal semplice rumore del vento al passaggio in un orrido roccioso.
    Al termine di Dear Esther otterremo qualche risposta in merito alla complessa trama, ma avremo ancora molte domande. Dovremo per forza di cose riniziarlo per comprendere cosa sta succedendo. E' allora che capiremo davvero la grandezza del titolo dei thechineseroom. Gli ambienti sono sempre gli stessi, ma l'incedere lento, l'avidità nel voler proseguire lungo la trama volutamente frammentaria del primo playthrough, lascia spazio alla volontà di scoprire i dettagli della vita di quest'uomo. Esplorando l'isola per la prima volta vi perderete sicuramente molti anfratti ben nascosti dalla morfologia del terreno che contengono altri pensieri narrati, altri oggetti, come strani simboli o fotografie, libri e candele che vi aiuteranno a districarvi nei meandri di una mente talmente avviluppata su sè stessa, da risultare familiare, comune, universale. Gli stessi pensieri espressi dalla voce narrante, mutano mentre si rigioca a Dear Esther: sono sempre diversi rispetto alla prima volta. Capiamo quindi che l'incedere della narrazione è volutamente confuso e traccia contemporaneamente e a caso tre -o quattro?- storie differenti. L'esplorazione quindi non è solo paesaggistica, ma anche uditiva, un percosrso confuso che si esplica solo in parte nel convergere verso l'emozionante finale. Come back.

    non solo poligoni

    Spesso si leggono su queste pagine confronti tecnicissimi al limite del pixel. Ma cosa porta a definire la qualità di un'immagine? Nel nostro caso, la tecnica certamente, ma non solo. Un efficace uso dei colori e l'insieme degli scenari nella loro totalità visiva sono traguardi ben più difficili da raggiungere in una produzione artistica complessa. Dear Esther coniuga l'eccellenza tecnica a quella artistica nel comparto grafico. Sul nostro Core i7 920 armato di Gtx 570 e 6Gb di RAM non abbiamo riscontrato alcuna incertezza, pur abilitando ogni singola voce al massimo dall'esteso e completissimo menu delle opzioni video. Gli orizzonti soconfinati e i modelli poligonali fittissimi nelle caverne, così come lungo le ripide scogliere sono mappati da texture efficaci e scontornati da un post-processing non invasivo e da un immenso orizzonte. Una vera gioia per gli occhi. Qualche piccola sbavatura -come gli sprite dell'erba, non dotati di alcun tipo di mesh- non ci impedisce di premiare questo titolo per l'incredibile impatto visuale che offre, accompagnato da un altrettanto eccelso comparto audio che mostra il fianco solo nella mancata traduzione in italiano che rende quindi fondamentale una buona conoscenza dell'inglese per giocare. In ogni caso tutti questi elementi evocano un senso di stranietà e al contempo di calma inquietudine nei giocatori, emozioni che raramente abbiamo provato anche in altri titoli dalle atmosfere simili, come Myst o Syberia. Sia chiaro tuttavia che non vogliamo troppo accostare Dear Esther ad alcuna altra opera. Sarebbe inappropriato per un prodotto che fatica a rientrare sotto qualsiasi etichetta, inclusa quella di videogame.

    Dear Esther Dear EstherVersione Analizzata PCAvventurarsi nei dedali della memoria è un gioco pericoloso. Alienante. Solitario. Paranoico. Dear Esther non è un titolo per tutti. Forse proprio perchè, come le migliori opere letterarie e cinematografiche, lascia a chi ne usufruisce la libera interpretazione dei contenuti che offre, trasportandoci lungo un'eterea linea temporale, spezzettata in mille pensieri che faticheremo a mettere insieme. Gli elementi casuali appaiono piccoli e insignificanti, ma sono cruciali per comprendere quanto vogliono comunicarci i thechineseroom. Sarebbe stato forse più opportuno aggiungere alcuni scenari, aumentare la ridicola longevità con altri contenuti che forse però avrebbero snaturato l'opera così come è stata concepita. Non lo sappiamo con certezza. Quel che ci sentiamo di dire è che per soli 7 euro -il prezzo di un buon film- vi porterete a casa una delle opere più raffinate nella storia del videogioco, mentre penserete alle molteplici citazioni letterarie, religiose e di cronaca contemporanea che definiscono la vita di un uomo.

    9

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