Recensione Deep Fighter

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Elaborare un costrutto narrativo intrigante e potenzialmente verosimile, contestualizzandolo in un videogame ed allacciarlo ad un gameplay sfrenatamente coinvolgente, rappresenta il sogno proibito di una moltitudine sconfinata di Softco. I "Criterion Studios" si sono temerariamente spinti oltre, promettendo all'insaziabile comunità videoludica l'adeguato sfruttamento di un engine pol. meravigliosamente performante, denominato "renderware3". Constatiamone i risultati...

Tecnica

Consequenzialmente all'apprezzamento del maestoso comparto grafico che impreziosisce il capolavoro partorito da "Appaloosa", E.t.D, ritenevo tendenzialmente improbabile un medesimo utilizzo delle straordinarie capacità del Dreamcast ed in parte, non mi sbagliavo. Non fraintendetemi: DF denota una complessità estetica senza dubbio pregevole, ma le manifeste differenze tra i due titoli sono ,se non abissali, quantomeno lampanti. Comunque sia, tralasciando mentalmente il simpatico mammifero, si è istantaneamente in grado di scorgere quali virtuosismi tecnici offra lo shoot'em'up prodotto dall'infaticabile Ubisoft: la qualità e la discreta definizione delle variegate texture che ricoprono abilmente le convenzionali ambientazioni oceaniche, supportate dall'intensivo ricorso ad efficaci effetti di light sourcing, ad esempio, ricordano il senso dell'elevato quantitativo di Vram in dotazione nell'hardware del 128 bit marchiato Sega. L' engine si segnala prontamente per la solida, precisa e generalmente fluida gestione di un sufficiente numero di poligoni che vanno logicamente a modellare sia le (poco) ispirate strutture di contorno, sia le diverse tipologie di veicoli/mostri marini. L'agognata eliminazione delle congenite imprecisioni dei motori tridimensionali (bad clipping e pop-up) è stata sostanzialmente conseguita attraverso una massiccia parzializzazione dell'effettiva possibilità di visione, da parte del giocatore, del fondale, radicalmente circoscritto da una fittissima nebbia; difatti, valutando fattori come la presenza di fonti luminose, l'influenza dell'avvicendarsi del giorno e della notte o semplicemente la profondità raggiunta, il peculiare "renderware3" calcola la presumibile porzione di environment visibile, liberando la potenza computazionale per altri calcoli. Ingegnoso, ma nel contempo inevitabilmente limitante. Il blando intreccio della storyline viene estrinsecato mediante i canonici filmati in fmv che, come usualmente accade, conferiscono al game un'ingenerosa connotazione da b-movie e ciò è naturalmente imputabile alla pessima recitazione degli (pseudo) attori. L'accompagnamento musicale, infine, si evidenzia per la piacevole orecchiabilità delle composizioni (che, inspiegabilmente, si estraniano in numerose fasi della partita), mentre gli effetti sonori, per quanto funzionali, non godono di una simile consistenza, dimostrandosi poco più che mediocri.

Struttura

Come preannunciato poc'anzi, l'agghiacciante piattume della trama (che in uno sparatutto, d'altra parte, riveste un ruolo marginale) rappresenta un disdicevole dazio che gli hardcore players sovente devono pagare. Nello specifico caso di DF, la sopravvivenza della nostra colonia sottomarina è costantemente minacciata, oltre che dalla terrificante incombenza degli "Shadowkin", anche dalla micidiale attività sismica del sottosuolo; noi, come membri della leggendaria "Defense Force", dovremo tentare di debellare gli infami mutanti e contribuire, altresì, al degno completamento della sospirata nave-madre. Nulla di trascendentalmente innovativo, quindi. Superato il consueto briefing, ove vengono impartite le direttive e le finalità delle missioni ed assegnatoci uno degli 8 sottomarini disponibili (inizialmente, usufruiremo puramente del misero Gp1 Avenger, mentre i restanti divengono accessibili conseguentemente all'egregio compimento degli obbiettivi prefissati), si può istintivamente familiarizzare con il pratico sistema di controllo, coinvolgente l'intera pulsantiera del pad, che si sposa efficientemente con la semi-totale libertà di movimento, gentilmente concessaci dai programmatori. Inoltrandoci impavidamente tra gli oscuri meandri dei fondali, ciò che risalta non sono tanto le armi disponibili (11 in tutto), che non si discostano minimamente dai canoni imposti dal genere, quanto la corposa strumentazione di bordo, la quale ci consente di verificare con estrema chiarezza un consistente quantità di parametri tra cui, for example, la pressione, la distanza dalle mete e/o dai nemici, la rilevazione di scorie radioattive o sorgenti di calore, ecc. La godibilità del gameplay trae notevole giovamento dalla completa manovrabilità del mezzo e dalla claustrofobica sensazione di terrore derivante dall' uso della vis.in prima persona, intercalando sessioni marcatamente frenetiche, in cui i sanguinosi duelli dominano la scena, ad altre dai toni pacatamente soft (ricognizioni, prelevamento dati od estrazione dei minerali primari..). L'incidenza delle performance sul dipanarsi della storia, coadiuvata dall'intrinseca vastità delle 36 missions, inducono a pensare ad un'inaspettata longevità/rigiocabilità del prodotto, anche se una esigua caratterizzazione delle regioni esplorabili (solo 6), sottolineata da una relativa ripetitività e lentezza dell'azione, potrebbero condurre, di converso, ad un abbandono drasticamente prematuro. Alla luce di tali considerazioni, Deep Fighter si rivela massimalmente conforme alle aspettative, palesando una serie di discrete caratteristiche, ma che con una sistematica implementazione di accorgimenti sia strutturali che tecnici, avrebbe potuto ambire alla gloria dell'eccellenza.