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Recensione Videogiochi
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9.5

Nella sua storia ormai decennale, la saga rallistica di Codemasters si è evoluta seguendo un certo dualismo, talvolta netto e percepibile, altre volte più contenuto ed evanescente. Dopo i primi capitoli con ambizioni spiccatamente simulative, sviluppati con la consulenza tecnica del celebre pilota scozzese Colin McRae, il franchise si è aperto progressivamente a una formula più leggera e scanzonata, percorrendo i tracciati all'insegna dell'adrenalina, dell'accessibilità e di circostanze al limite dell'esilarante.
Ebbene, dopo un quarto capitolo ancora legato - almeno parzialmente - alle logiche simulative, e capace di offrire nuovamente un certo equilibrio nella formula di guida, la sottoserie Dirt torna a parlare un linguaggio spiccatamente arcade, per dare seguito all'arguta scelta di ampliare le prospettive delle corse off-road e strizzare l'occhio al divertimento puro. Gli amanti del realismo estremo, della riproduzione minuziosa della fisica e della disciplina canonica sono avvisati: troveranno ben poco pane per i loro denti in Dirt 5. Ad attenderli, tuttavia, ci saranno ore galvanizzanti, spensierate e molto, molto fango.
Dopo aver messo alla prova la produzione su Xbox Series X (qui le impressioni dopo la nostra prova di Dirt 5 su Xbox Series X), abbiamo avuto accesso anche al gioco completo su Xbox One X, e siamo pronti a raccontarvi la nostra esperienza col racing game che accompagnerà, tra le altre cose, l'avvento delle nuove console.
Come prevedibile, è la Carriera a porsi come centro nevralgico dell'esperienza di gioco di Dirt 5. Questa presenta una struttura decisamente snella ed intuitiva, ma non per questo poco varia. L'intera produzione, del resto, è costruita sul confine tra accessibilità e varietà, sia per quanto concerne il sistema di guida - del quale parleremo in seguito - sia per l'offerta contenutistica.
La Carriera, dicevamo, si apre in una cornice narrativa che racconta l'ascesa del protagonista nel mondo delle corse off- road attraverso le voci di Troy Baker e Nolan North. Naturalmente si tratta di un background del tutto trascurabile nell'economia della produzione, che vive del brio delle derapate, di sospensioni sforzate all'inverosimile e sportellate continue. A partire da una selezione piuttosto contenuta di eventi, la progressione si apre seguendo una formula semplice, che consente al giocatore di selezionare man mano ciascuno di essi scegliendolo tra un massimo di quattro. Il raggiungimento almeno del gradino più basso del podio in una gara sblocca le successive, seguendo un percorso ramificato che lascia una buona dose di libertà al giocatore. Sarà possibile, infatti, proseguire sino al termine di ciascun capitolo lasciandoci guidare dalla tipologia di corsa che più ci aggrada e trascurando momentaneamente le altre, dal momento che per giungere al raggruppamento di eventi finali sarà sufficiente seguire un singolo percorso. Naturalmente, nulla vieta di cedere al completismo e ultimare un'intero gruppo di gare prima di dedicarsi al successivo.
Ad ogni traguardo, il giocatore sarà ricompensato con dei timbri in base al piazzamento, i quali consentono di progredire sbloccando anche una sezione speciale della modalità denominata Sfide. In questa trovano spazio eventi particolari, come corse uno contro uno oppure a bordo di veicoli speciali. Non manca un sistema di punti esperienza che consente di aumentare il livello di prestigio, fornendo l'accesso a tutta una serie di contenuti estetici utili a personalizzare la carta pilota o le livree dei veicoli.
Vi diciamo sin da subito che non è possibile incidere sulle prestazioni dei singoli bolidi, dal momento che manca la possibilità di installare nuove componenti. La personalizzazione, insomma, è solo estetica, e sebbene le possibilità in tal senso siano discretamente ampie, anche grazie alla possibilità di creare da zero le proprie verniciature, questa mancanza non ci ha lasciato del tutto indifferenti, anche a causa di una caratterizzazione delle auto tutt'altro che marcata, specie fra esponenti della medesima classe.
C'è poi la possibilità di selezionare uno sponsor fra diverse proposte, che ci ricompenserà con un bonus di crediti in base al grado reputazione e agli obiettivi carriera raggiunti.
Il vero punto di forza della modalità Carriera, piuttosto semplicistica e poco incisiva sul versante della progressione, sta in una mole importante di tipologie di eventi che rende l'esperienza piuttosto variegata. Ci sono 8 tipologie di competizioni, tutte con peculiarità specifiche ed associate, in qualche caso, ad un altrettanto particolare gruppo di veicoli. Stampede, ad esempio, ci mette alla guida di bolidi di alta cilindrata, ruvidi e audaci, in grado di affrontare le impervie insidie della natura; Ice Breaker, invece, propone delle corse a circuito su fondo ghiacciato, in cui trazione e aderenza vengono completamente meno, lasciando pattinare letteralmente gli pneumatici e restituendo un'esperienza di guida sui generis; ma le più esilaranti sono senza dubbio le competizioni denominate Sprint, gare su circuiti ovali da affrontare quasi interamente in derapata con l'Hawk 410, un veicolo con quattro ruote di dimensioni diverse. Torna anche il Gymkhana, iconica corsa all'insegna della derapata, della spettacolarità pura e del punteggio più alto.
La carne al fuoco è molta (le gare sono oltre il centinaio), e in generale la Carriera riesce a compensare una congenita carenza nell'avanzamento con una buona dose di eventi, che apre la strada a una varietà e a un livello di sfida sempre più stimolante.
Intendiamoci: Dirt 5 è tutto meno che un gioco difficile. Tuttavia, la sensazione di estrema facilità nel posizionarsi davanti a tutti (anche a un grado di difficoltà intermedio) si stempera progressivamente con il passare delle ore, portando il giocatore ad accrescere il livello di attenzione già dopo il primo terzo di gioco.
Il buon lavoro svolto nella caratterizzazione dei tracciati, infatti, emerge più sulle lunghe distanze, dato che sarà necessario progredire un po' per rendersi davvero conto di quanti tracciati ci siano e delle insidie lungo il percorso.
Come anticipato, Dirt 5 elimina nettamente qualsiasi velleità simulativa. A raccontarci le intenzioni di Codemasters concorrono anche i menu di gioco che, a differenza di quanto avvenuto in passato, non ci richiedono nemmeno di settare un abbozzo di stile di guida. Si possono attivare una manciata di aiuti classici come l'ABS ed il controllo di trazione per tentare di complicare un po' le cose, ma gli effetti non sono particolarmente evidenti.
La verità è che Dirt 5 si abbandona ad un modello di guida accessibile, intuitivo, immediato e spiccatamente arcade. Il sottosterzo è una costante, sia su fondo sterrato che su asfalto, e la fisica è abbozzata. Ne scaturisce un racing game frenetico e divertente, in cui l'uso del freno è oscurato dalla massiccia presenza di derapate e controsterzi, con un "effetto pendolo" quasi del tutto assente. Non è difficile domare le auto, anche perché la caratterizzazione delle stesse non è troppo specifica, e le differenze più marcate si scorgono solo al cospetto di veicoli di classi differenti.
A tal proposito, abbiamo contato un totale di 63 auto, suddivise in categorie che spaziano dalle classiche del rally anni ‘80 e ‘90, sino alle Super Cross o a veri e propri colossi dell'off-road, come il Mudclaw indispensabile per gli eventi Rock Bounce.
Peccato, davvero, per una risposta troppo omogenea all'interno della stessa categoria. Non ci si perde in sottigliezze, e non vi sono parametri da poter impostare per modificare assetti e personalizzare la risposta. Questo è coerente con le aspirazioni della produzione, tuttavia ci saremmo aspettati quantomeno di poterci sporcare le mani sui motori per personalizzare anche solo sommariamente le prestazioni di ciascun esemplare.
In definitiva, comunque, il modello di guida di Dirt 5 funziona: inquadrato per quello che è, e per quello che vuol fare, si tratta certamente di uno degli elementi di pregio della produzione, che centra il suo obiettivo primario, ovvero il puro divertimento. Per farlo, il gameplay alleggerisce il carico anche su due aspetti di un certo peso nell'economia di qualsiasi racing game: la gestione della fisica e le collisioni. La prima è molto approssimativa, con risposte poco "naturali" e volutamente esagerate in taluni frangenti; le seconde, egualmente, si spogliano di qualsiasi pretesa di realismo. L'impatto degli urti è moderato, il sistema di danni è prevalentemente estetico e non c'è assolutamente da farsi troppe remore nel lanciarsi contro un avversario.
La novità più incisiva di questo Dirt 5 sul fronte contenutistico è la modalità Playground (abbiamo provato DiRT 5 Playgrounds prima del lancio), che accentua la natura arcade della produzione. Si tratta, in buona sostanza, di un editor di tracciati che consente di creare piste ed esperienze sulla base di tre tipologie di eventi: il succitato Gymkhana; il Gate Crasher, ovvero una sorta di Time Attack a cancelli che richiede di ottenere il miglior tempo; e infine Smash Attack, una corsa ad ostacoli contraddistinta da un alto tasso di spettacolarità e adrenalina. Le creazioni, naturalmente, possono essere condivise in rete e offerte in pasto alla community. Questa modalità rappresenta un'aggiunta senz'altro interessante, in grado di opporsi con una certa efficacia alla sostanziale inerzia del resto dell'offerta ludica. Durante la nostra prova ci siamo imbattuti nelle manifestazioni più estreme e goliardiche, con tracciati sviluppati in verticale, ricchi di salti, ostacoli, barili, sequele di curve repentine ed in generale di un level design sempre votato all'eccesso, all'adrenalina e al divertimento. Il raccordo con la serie Trackmania è piuttosto evidente in questi frangenti, con un'esperienza che in generale ci ha divertito forse più della comunque buona modalità Carriera.
L'offerta contenutistica include anche le immancabili modalità Gioco Libero e Time Attack, nelle quali potremo correre anche in compagnia (il titolo supporta il multigiocatore locale in split screen fino a 4 giocatori anche nelle competizioni della Carriera, cosa rara di questi tempi). Inoltre, è possibile alterare tutta una serie di parametri come il numero di avversari e i giri di pista, settare momento della giornata e condizioni climatiche, oltre che selezionare tra uno degli oltre 35 tracciati disponibili, numero che va raddoppiato tenendo conto delle varianti inverse che ciascuno possiede.
Sul versante multigiocatore online, Dirt 5 sa far felici sia gli amanti dei vecchi capitoli del franchise, sia chi desidera correre fra gli scenari dei 10 Paesi che fanno da teatro ai tracciati della Carriera. Torna la Modalità Party, con arene esclusive e modalità peculiari, votate alla competizione arcade; Vampire, la modalità di caccia, mette un pilota nei panni di un "vampiro" all'inseguimento, mentre gli altri pilori dovranno scappare facendo sfoggio di tutte le abilità di guida acquisite; King spinge invece ad adottare uno stile di guida più pulito e ad evitare le collisioni con gli altri giocatori per conservare la corona; Transporter, infine, permette al pilota di accumulare punti recuperando uno specifico oggetto e portandolo al sicuro in un determinato luogo. Anche qui, siamo di fronte ad un pacchetto che rispecchia alla perfezione le ambizioni e lo stile di una produzione divertente e spensierata.
Sul versante tecnico, il racing game di Codemasters alterna una buona direzione artistica con qualche acciacco prestazionale. In generale il colpo d'occhio non è esplosivo, sebbene i modelli ed alcuni dettagli dei bolidi siano di buona fattura e con texture convincenti. Come troppo spesso accade in produzioni di questo genere, sono gli elementi di contorno e di raccordo fra scenario e vetture a lasciare interdetti. Il fondo pista, ad esempio, presenta texture vistosamente in bassa risoluzione in talune circostanze, specie su fondo sterrato, così come i modelli poligonali che compongono il pubblico a bordo tracciato sono visivamente abbozzati e statici.Le performance su PCSu PC Dirt 5 mostra, ad oggi, una maggiore stabilità nelle performance rispetto alla versione console, eliminando il fenomeno di tearing che investe quest'ultima, ed in generale offrendo una maggior pulizia visiva e soprattutto qualità nell'illuminazione. Il titolo, tuttavia, non è leggerissimo, cosa che si fa sentire con configurazioni di fascia media o con qualche anno sulle spalle.
Con una GTX 1070, a risoluzione QHD il titolo si assesta sui 35-40 fps con preset alto. Per raggiungere i 60 fps bisogna abbassare la risoluzione ai sempreverdi 1080p, oppure giocare al ribasso coi dettagli. Con una RTX 2070, invece, non ci sono problemi di sorta nel raggiungere l'obiettivo alle risoluzioni citate, con qualche compromesso in più da tenere in conto se si vuole puntare al 4k.
Su One X il titolo gira in 4k in modalità risoluzione, tuttavia non riesce ad assestarsi sui 60 fps. Per raggiungere tale risultato bisogna accettare dei compromessi sul versante dei dettagli grafici, neanche troppo evidenti in verità. Vi consiglieremmo senza indugio la modalità performance se non fosse per un tearing davvero insistente in alcune circostanze, che durante le curve o gli stacchi repentini dell'inquadratura spezza vistosamente l'immagine, creando situazioni abbastanza irritanti. Il fenomeno sparisce qualora decidiate di abbandonare i 60 fps, abbracciando i circa 40-45 che il titolo mantiene stabilmente in modalità risoluzione. Confidiamo in una patch correttiva, magari in concomitanza con il lancio del gioco (previsto per il 5 novembre, ricordiamo).
Dove la produzione brilla di una luce decisamente più intensa è nella resa degli eterogenei paesaggi naturalistici offerti dagli scenari. I quasi 40 tracciati ci portano tra i pendii innevati del Nepal, nel fragore cittadino dell'Isola di Roosevelt o della Cina, o ancora tra le lande desolate dell'Arizona e i marmi scoscesi di Colonnata.
La varietà visiva è ragguardevole, e l'engine si abbandona ad un piacevole gioco di cromatismi che varia sempre discretamente, aiutato anche dal meteo dinamico. Risultati soddisfacentanche per il comparto sonoro, che offre un doppiaggio italiano nella media e rombi dei motori aggressivi, seppur anch'essi poco caratterizzati e distintivi.
DiRT 5Versione Analizzata Xbox One XDirt 5 è un buon gioco di corse off-road, un titolo che prosegue nel segno dell’impostazione arcade ed adrenalinica della saga di Codemasters e si apre anche alla creatività della community. Varietà ed accessibilità sono le parole d’ordine di un racing game frizzante, a tratti persino esilarante. Le molte tipologie di gare stemperano quanto basta la struttura scricchiolante di un'offerta arcade che non riesce mai a restituire un senso di progressione tangibile, legato all’investimento nelle corse, alla personalizzazione (qui solo estetica) o all'esperienza su strada. Dirt 5 vuole essere un racing game immediato, accessibile e votato al divertimento puro, al costo di sacrificare un sistema di guida realistico e abbracciando una fisica a tratti iperbolica e sbarazzina. I puristi delle corse o del rally sono avvisati: qui troveranno “solo” molto fango, derapate e collisioni in abbondanza, con spazio quasi nullo per tempi su giro e tecnicismi. Peccato per un comparto tecnico altalenante e carente in termini di ottimizzazione su console. Tuttavia, la nuova generazione è alle porte, e noi la attendiamo ai nastri di partenza, pronti a sfrecciare nuovamente nel fango.
Che voto dai a: DiRT 5
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