Donut County Recensione: il buco con la ciambella attorno (forse)

Sulla scia di Katamari Damacy, Annapurna Interactive propone un bizzarro puzzle-action a base di ciambelle, buchi e procioni cospiratori.

Donut County Recensione: il buco con la ciambella attorno (forse)
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  • Mobile Gaming
  • Pc
  • PS4
  • Allora, ci sono un dispettoso procione parlante che gestisce un negozio di ciambelle fatto a forma di gigantesca tazza mug, una teenager di nome Mira e una serie di improbabili personaggi antropomorfi tipo un anziano coccodrillo, un coyote solitario o uno chef-gatto con una rivedibilissimo concetto di igiene. Ah, e tutti quanti a un certo punto si ritrovano sottoterra, imprigionati a 999 piedi di profondità per colpa di una strana app che invece di consegnare ciambelle consegna soltanto i buchi. Sembra assurdo, lo so, ma pensate che ancora non è stata fatta menzione di chi si nasconda in realtà dietro a quell'app, ovvero un comitato segreto di creature ossessionate dalla spazzatura...

    Questione di buchi

    Come avrete intuito dalla delirante premessa, o anche solo dando un'occhiata rapida a uno screenshot a caso o ancor meglio a un trailer, Donut County è un gioco così, di quelli che indugiano e si compiacciono della propria innata bizzarria: prendere o lasciare, certo è che se state cercando rigore, logica o anche solo un'esperienza videoludica in senso tradizionale il puzzle-action di Ben Esposito (in precedenza Level Designer per The Unfinished Swan e What Remains of Edith Finch) potrebbe decisamente non fare al caso vostro. Al contrario, se come è invece altamente probabile siete appassionati di sperimentali follie a portata di controller in stile Mr. Mosquito, Muscle March o Odama... beh, in quel caso accomodatevi pure, perché siete senza dubbio capitati nel posto giusto al momento giusto.

    L'idea alla base di Donut County è tanto semplice quanto deliziosamente estemporanea: inclinando la levetta analogica, ci si trova a controllare un buco nel terreno con l'obiettivo di ingoiare oggetti via via sempre più voluminosi, destinati ad aumentare le dimensioni del buco stesso. Così, senza particolari fronzoli, muovendosi all'interno di piccoli quadri colorati che si risolvono in pochi minuti - spesso e volentieri con appaganti scorpacciate finali di veicoli grosse rocce o addirittura grattacieli, attirati inesorabilmente verso il basso dalla forza di gravità. Una trovata singolare eppure al tempo stesso dall'appeal sorprendente, che a livello concettuale non può non ricordare il mai troppo lodato Katamari Damacy. E proprio l'innegabile somiglianza con il cult di Keita Takahashi finisce per risultare il bello ma anche (se non soprattutto...) il brutto di Donut County, perché diventa davvero complicato evitare paragoni che sorgono a più riprese, spontanei. Paragoni che però non sempre vedono uscire in maniera lusinghiera il titolo pubblicato lo scorso 28 agosto da Annapurna Interactive, arrivato su PlayStation 4, PC e iOS dopo una gestazione durata diversi anni, costellata da numerosi riconoscimenti ma anche da una brutta controversia per un odioso caso di plagio su Apple Store.

    Il primo premio vinto da Donut County risale addirittura al 2012: una menzione all'interno della selezione Indiecade. Non male per un titolo che avrebbe visto la luce sei anni più tardi.

    Quando Donut County funziona, lo fa con gusto, stile ed evidente personalità. Si prenda per esempio la direzione artistica, che deve come minimo qualcosina al Principe del Cosmo e alla sua rotolante palla appiccicatutto: seppur con un'espressività leggermente diversa, meno squisitamente nipponica, i colori pastello, la modellazione volutamente low-poly e l'aspetto giocattoloso dell'insieme ricordano da vicino quelli indimenticabili di Katamari. Il che, ça va sans dire, non può che essere considerato un pregio. Stessa cosa per quanto riguarda la buffa fisica che regola le interazioni tra gli oggetti, ben lontana dall'accuratezza fisica di una simulazione e proprio per questo particolarmente sfiziosa e appagante in un contesto dove è il non-sense a comandare. O ancora, la brillante colonna sonora dai toni placidamente esotici, azzeccatissima nell'accompagnamento audio delle scombussolate peripezie del procione BK e della sua spasmodica voglia di aggiudicarsi in premio un drone volante (!?!). Anche i corposi intermezzi narrativi dimostrano di essere una scelta azzeccata, principalmente per merito di una scrittura niente male e di un tono che sotto all'apparente disimpegno molto spensieratamente millennial nasconde un messaggio profondo e nient'affatto banale.

    Dove però emergono con forza le zone d'ombra e il confronto con Katamari si fa pressoché insostenibile è purtroppo nel gameplay vero e proprio: le basi a ben vedere ci sarebbero pure, perché grazie all'immediatezza dei controlli e alle animazioni demenziali far sprofondare con il giusto ordine cose, animali e persone dà una soddisfazione genuina e abbastanza impagabile, con quell'indole da bambino monello che si diverte a seminare il caos attorno a lui. Il problema sta però nella clamorosa mancanza di struttura, di longevità, di respiro anche soltanto a breve termine dell'opera di Esposito: laddove Katamari riusciva infatti a rendersi indimenticabile in virtù del senso di progressione straordinario, con il fatto di crescere progressivamente dal minuscolo al colossale - partendo dall'appiccicare una graffetta per poi finire con intere costellazioni - Donut County si arena paurosamente per colpa della sua scala ridotta e della sua scarsissima longevità. Bastano in effetti appena un paio di ore per arrivare ai titoli di coda, e gli stessi livelli sono talmente lineari, ridotti ed elementari da non riuscire mai a coinvolgere davvero. Anzi, non manca persino una certa sensazione di rimpianto, perché ogni volta che le cose sembrano sul punto di farsi davvero intriganti (vedasi quando verso l'epilogo viene introdotta la meccanica della catapulta, che sembra poter aprire la giocabilità a suggestioni puzzle un po' più approfondite) ecco sopraggiungere inesorabile la fine del segmento giocabile e l'inizio dell'ennesima scenetta narrativa.

    La Trashopedia è il meccanismo attraverso cui è possibile approfondire il curioso universo di Donut County: l'ideale per scoprire i segreti dell'improbabile cast.

    Forse, a un terzo del prezzo e su dispositivi iOS - con dunque una fruizione di stampo più deliberatamente mordi & fuggi - Donut County potrebbe fare tutto un altro effetto. Così com'è, venduto a 12.99€ su console o PC, diventa difficile scacciare la sensazione di amaro in bocca di fronte a un concept potenzialmente adorabile, che finisce però con lo scontrarsi con un'esecuzione sfortunatamente meno brillante del previsto, effetto coito interrotto.

    Donut County Donut CountyVersione Analizzata PlayStation 4Donut County è un puzzle-action immediato e arcade sulla scia di Katamari Damacy, che dietro all'aspetto sbarazzino e ai toni gioviali cela una favoletta con un lodevole sottotesto ecologico e anti-consumista. Donut County è però in primis una titanica occasione sprecata: non senza una certa paradossale ironia, è infatti proprio la profondità a mancare a un gioco in cui si controlla una voragine senza fondo. Peccato, perché con un po' di sostanza in più la creatura di Ben Esposito avrebbe potuto ambire a ben altri traguardi, raggiungendo magari lo status di piccolo cult al pari dell'immortale capolavoro al quale palesemente si ispira.

    6.9

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