Recensione Dragon Quest VI: Realms of Revelation

Un altro episodio della famosa saga Square-Enix raggiunge l’Europa

Recensione Dragon Quest VI: Realms of Revelation
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    Dragon Quest, sulla piccola e ormai pensionata console portatile Nintendo, si è sviluppato seguendo due filoni praticamente indipendenti. Da una parte, con il nono capitolo ufficiale e con i due spin-off Monsters, ha intrapreso la via dell’evoluzione o, quanto meno, del cambiamento. Dall’altra ha riproposto remake di vecchi titoli che soprattutto in Europa si sono caricati di grande valore, visto che si è trattato di episodi inediti, fino ad allora confinati in terra nipponica.
    Tralasciando il primo caso, oggi ci troviamo di fronte ad un altro riadattamento. Dopo i bellissimi Le Cronache Dei Prescelti e La Sposa Del Destino, è il turno Realms Of Reverie (in italiano Nel Regno Dei Sogni).

    Un plot classico, ma ben confezionato

    La formula è rimasta intatta rispetto agli altri remake per DS. Affidato lo sviluppo ad ArtePiazza, la software house si è concessa pochissime variazioni nei confronti dell’originale, tornando a sfruttare lo stesso motore grafico già visto all’opera nel quarto e quinto capitolo.
    Trattandosi di un RPG di stampo ultra-classico, buona parte della sua fortuna passa per la trama. Poco a sorpresa Dragon Quest VI: Realms Of Reverie da questo punto di vista non regge il passo con lo splendido, meraviglioso e spesso commovente quinto capitolo. Ciò tuttavia non deve scoraggiare. L’avventura vede il più classico degli eroi, tutto coraggio e determinazione, fronteggiare un malvagio stregone, sempre a cavallo tra due mondi: quello realmente esistente e quello dei sogni. Questo plot oggi abbastanza classico (all’epoca dell’uscita l’idea di due mondi paralleli era piuttosto originale) è sostenuto da una sceneggiatura e un cast di prim’ordine. A semplici comparse, tutte comunque in grado di reggere la scena per il tempo richiestogli, si alternano membri del party e personaggi secondari dotati di sufficiente carisma. Dal canto suo la sceneggiatura di dimostra vivace e mai avara di grandi e piccoli colpi di scena, tutti in grado di spingere l’utente a scoprire cosa succede dopo. I dialoghi sono in grado di alternare grandi momenti epici ad altri più ironici e comici, anche grazie all’uso di cadenze e parole dialettali.
    La trama insomma, senza contare su video in CG, né sulla spettacolarità di una grafica in 3D, soddisfa completamente. Pur non raggiungendo i livelli di magnificenza de La Sposta Del Destino, affascina e intrattiene con un’efficacia sconosciuta alla maggior parte degli RPG contemporanei.

    Un gameplay ancor più classico, ma ancor più ben confezionato

    Dove Dragon Quest VI: Realms Of Reverie vince il confronto con il predecessore è nel gameplay. L’impostazione generale è sempre quella: RPG in 2D, classico e senza alcuna apertura alla modernità. Ciò, tradotto, significa una marea di incontri casuali, necessità di ricorrere spesso all’amato e odiato grinding e un "mantra" che scandisce l'avanzamento -immutato dall’inizio dell’avventura sino alla sua conclusione- ripetendo la ben nota routine "città-quest-dungeon". Nulla di nuovo insomma, il che può essere un bene o un male, a seconda dei gusti di ognuno.
    La caratteristica vincente di Realms Of Reverie è rappresentata dalla presenza di ben 16 classi in cui specializzare i membri del party che recluterete progressivamente nel corso dell'avventura. Cosa ancor più ghiotta e intrigante, tra un livello e l’altro potrete cambiare classe di appartenenza in tutta libertà. Ciò significa che potrete dare vita a maghi dotati di potenti attacchi fisici, nerboruti soldati con capacità rigenerative e così via. Avrete insomma la possibilità di dare vita ad eroi estremamente personalizzati e a un party decisamente vario e funzionale. Come in passato, inoltre, avrete modo di accogliere nel gruppo anche alcuni mostri: la cosa, che fa tanto pokémon, non mancherà di spingere qualcuno di voi a diversi incontri casuali solo per il gusto di assoldare lo slime di turno.
    Il gameplay insomma non si discosta poi di molto dai precedenti episodi. Ciò significa che chi non amava la saga di Dragon Quest non inizierà di certo a farlo con Realms Of Reverie. Al contrario, chi adora gli RPG classici si sentirà immediatamente a casa e si divertirà per ore e ore senza alcun ombra di dubbio.
    Graficamente, come già anticipato, Artepiazza ha riutilizzato lo stesso motore grafico visto all’opera negli altri remake per DS. A personaggi rigorosamente in 2D, si alternano elementi dello scenario in 3D, apprezzabili anche grazie a una telecamera che spesso potrà ruotare liberamente. Niente che vi lascerà senza fiato, certo, ma tanta buona sostanza e capacità di creare un universo immaginifico senza ricorrere alla potenza di filmati in CG o a un impianto grafico che avrebbe stravolto fin troppo il look dell’originale.
    Il sonoro si difende più che degnamente. Se gli effetti sono quelli classici della saga, ancora una volta i compositori Square-Enix vi daranno prova della loro abilità senza tempo.
    Pochi dubbi sulla longevità: per finire l’avventura principale vi serviranno almeno una quarantina di ore, mentre le sub-quest ve ne richiederanno altre venti extra.

    Dragon Quest VI: Realms of Reverie Dragon Quest VI: Realms of ReverieVersione Analizzata Nintendo DSDragon Quest VI: Realms Of Reverie segue il sentiero tracciato dagli altri remake per DS. Se la qualità del prodotto è fuori da ogni dubbio, bisogna mettere sotto critica il proprio gusto estetico: come i predecessori, questo capitolo è fin troppo chiuso alla modernità per piacere a tutti, ma gli appassionati agli RPG classici lo ameranno incondizionatamente.

    8

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