Recensione Dragon Quest VIII: L'odissea del Re maledetto

Il JRPG che ha conquistato l'occidente.

Recensione Dragon Quest VIII: L'odissea del Re maledetto
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Disponibile per
  • PS2
  • 3DS
  • Dragon Quest: il classico riecheggia nel moderno


    In mezzo a giochi sempre più hi-tech, a titoli sempre più crudi e violenti, volti all’immediatezza e all’azione, esplode il fenomeno Dragon Quest VIII: L’odissea del Re maledetto. Come può un titolo così lento e classico far breccia nel cuore di migliaia di videogiocatori sempre più esigenti? E, soprattutto, cosa si intende per classico? Classico non significa vecchio: è qualcosa che ha fatto storia e che, scegliendo di non stereotiparsi innanzi ai canoni della nuova epoca in cui si ritrova a vivere, mantiene il suo stile considerandolo assolutamente intoccabile. Ecco cos’è Dragon Quest: un classico, ma in tre dimensioni. Un Japan RPG che riesce a creare un perfetto ibrido tra la sua classicità ed il moderno cell shading, tra il suo vecchio ed ancora efficientissimo sistema di gioco e l’immediato apparire del suo comparto grafico.

    La maledizione dello scettro

    Tutto ha inizio quando il perfido Dhoulmagus si introduce nel castello di Re Trode per impadronirsi dello scettro magico in esso giacente. Colto sul fatto dal sovrano e dalla splendida principessa Medea, Dhoulmagus riesce ugualmente ad abbrancare lo scettro ed a scagliare un incantesimo sull’intero reame di Trode, tramutandone tutti gli abitanti in rovi. Il re e la principessa Medea sfuggono alla maledizione grazie alla protezione di un cerchio magico, ma vengono tramutati in un troll e in una puledra. Oltre a loro, nell’intero castello solo un guardiano sopravvive: l’eroe della nostra avventura. Privo di nome per scelta degli sviluppatori (assumerà quello che darete al vostro salvataggio sulla memory card), l’eroe deve ora dimostrarsi valoroso aiutando il Re Trode e la principessa Medea, costretti nelle loro sembianze mostruose ed animali, a ritrovare Dhoulmagus e sconfiggerlo per porre fine alla maledizione che li ha colpiti. Aiutati anche dall’ex bandito Yangus, riusciranno i malcapitati reduci del regno a sconfiggere Dhoulmagus e tornare in posesso dello scettro responsabile di cotanti malefizi?

    Tutto dalla mano di Akira Toriyama

    Sebbene gli amanti di anime e manga non siano tanti quanti gli appassionati dell’intrattenimento videoludico, saranno davvero in pochi a non annuire sentendo il nome di Akira Toriyama, celeberrimo disegnatore di serie del calibro di Dragon Ball, capolavoro che ha spesso incrociato anche la via dei videogame. Tanto basti: il design dei personaggi e dei mostri che si affrontano in battaglia ne L’odissea del Re maledetto è stato affidato alla mano magica del maestro Toriyama, probabilmente il solo ed unico in grado di realizzare dei modelli così adatti al cell shading del gioco. Il comparto grafico di Dragon Quest VIII infatti, ed in maniera più evidente i modelli dei personaggi, è realizzato con la tecnica ormai celebre dei contorni marcati e dei colori pastello, che conferisce al "cast" un’aria nipponica e cartonesca senza eguali. Il resto dell’aspetto visivo appare ugualmente fantasioso e cartonesco, illuminato da colori accesi e splendenti. La realizzazione della ambientazioni, davvero fantastiche e mai banali, costituisce propriamente un qualcosa che su PS2 abbiamo visto raramente: le aree giocabili non sono mai state così grandi, ed il videogiocatore si stupisce nel vedere che le texture non entrano mai in collisione tra loro. Ogni pixel è stato piazzato al posto giusto, andando a realizzare un’opera d’arte che funziona a meraviglia e che, pulsante e meravigliosa, costituisce una colonna portante del capolavoro Square-Enix. Un elogio a parte va fatto poi per la splendida realizzazione del susseguirsi del giorno e della notte: il firmamento assume sempre sfumature realistiche che si riflettono quasi magicamente nelle ambientazioni sottostanti, ed ammirare il cielo stellato di ogni città è davvero impagabile.

    Sistema di gioco: obblighi e possibilità

    Dragon Quest VIII vede le sue scene di gioco essere strettamente legate, ovviamente, alla sua trama. Di conseguenza l’obiettivo primario è quello di raggiungere i luoghi o le persone o gli oggetti indicati per poter proseguire nell’avventura, ma ciò non toglie che vi sia tutto il tempo per dedicarsi a delle “missioni di svago” che vi permetteranno di completare il gioco al 100%. Girovagando liberamente per le città e parlando con le persone è possibile accumulare degli incarichi da portare a termine (un esempio su tutti è la raccolta di alcune medaglie per una certa principessa, per ottenere in cambio delle preziose rarità), ma gli stessi obiettivi principali non sono affatto monotoni, né banali. Quando è giunto il momento di rilassarsi, poi, cosa c’è di meglio di una bella dormita alla locanda o di due chiacchiere al bar? Dormire alla locanda, in fin dei conti, ristora tutte le statistiche vitali del party, anche se c’è chi preferisce rivolgersi alle autorità ecclesiastiche per ottenere benefici salutari direttamente dalla dea, della quale parleremo più approfonditamente in seguito.
    Un’altra colonna portante della struttura di Dragon Quest VIII (DQVIII) è senza dubbio l’ironia: i dialoghi non sono mai noiosi, i personaggi sono carismatici e la stupenda traduzione in italiano permette di non perdere nemmeno una delle loro battute. Senza dimenticare l’assoluta comicità dei nomi dei mostri che si affrontano in battaglia: corniglio per un coniglio con un corno, Pepe & Rone per due peperoni allo spiedo, Anselmo Tell e Robin Good per un arciere, Cocco di mummia per una mummia bianca e così via. Quindi, all’ottimo doppiaggio in inglese (peccato solo che l’eroe non parli mai, e non se ne capisce il motivo) si somma una traduzione scritta che eccelle sotto a tutti i punti di vista.

    Sistema di battaglia: efficienza e semplicità

    Come si è accennato in precedenza, allo splendido stile grafico Dragon Quest VIII congiunge un sistema di battaglia semplicistico ma efficiente. Gli incontri casuali con i nemici costituiscono il vero fulcro di un RPG, ed il titolo di Level-5 non è certo da meno: gli incontri sono frequenti ma perfettamente gestibili ed equilibrati. Il videogiocatore, come negli RPG più remoti (Final Fantasy VI, per fare un esempio) non ha la possibilità di vedere sullo schermo la turnazione prevista dalla battaglia e questa caratteristica, da molti ritenuta un difetto di vecchiaia, rende i combattimenti senza dubbio più tattici: è necessario agire tenendo in considerazione ogni azione che il nemico potrebbe effettivamente compiere, valutare le statistiche dei propri personaggi, sfruttare le tecniche al momento giusto. I personaggi che costituiscono il party aumenteranno in breve tempo, mano a mano che si avanza nel gioco, arrivando fino ad un massimo di quattro: l’eroe, Yangus, Jessica ed Angelo. Ogni personaggio gode di diverse possibilità di azione (attaccare, fuggire, utilizzare abilità, oggetti ed incantesimi...) e, al termine della lotta, otterrà, qualora ancora in vita, dei punti EXP (Experience) necessari per il miglioramento delle proprie capacità con l’innalzamento di livello. I livelli di ciascun personaggio sono ben 99 ed i punti EXP necessari per ogni passaggio da un grado all’altro sono piuttosto numerosi, elemento che contribuisce ad aumentare la longevità di Dragon Quest. Inoltre, i personaggi ottengono anche degli AP (Ability Point), ossia dei punti abilità, che possono essere spesi a piacimento dal giocatore: si possono migliorare le quattro capacità base (Eroe: spade, lance, boomerang, mani nude; Yangus: asce, mazze, falci, mani nude; Jessica: coltelli, fruste, bastoni, mani nude; Angelo: spade, archi, bastoni, mani nude) oppure le abilità specifiche, differenti per ciascuno dei quattro personaggi (Eroe: coraggio; Yangus: umanità; Jessica: sex appeal; Angelo: carisma) ed ugualmente utili ai fini della vittoria in battaglia. L’abilità sex appeal di Jessica, ad esempio, se sviluppata a dovere, vede i nemici bloccare i loro attacchi perché inebriati dalla bellezza della vostra compagna di viaggio.
    Il concetto base della battaglia, comunque, è quello di ogni RPG: bisogna svuotare i PV (Punti Vita) del nemico prima che lui svuoti i nostri. Per farlo, si deve attaccare e, come in ogni fantasy che si rispetti, si può usufruire anche di alcuni incantesimi, il cui utilizzo è pero limitato da numero di PM (Punti Magia) a disposizione. Una volta vinta la battaglia, oltre ai già citati EXP ed AP, si otterranno anche alcune monete d’oro, utili per l’acquisto di nuove armi - grazie alle quali miglioreremo le nostre statistiche in battaglia - e di nuovi oggetti, i quali hanno funzioni che spaziano dal recupero di PV o PM al “teletrasporto” in aree precedentemente visitate. Come se ciò non bastasse, utilizzando in battaglia il formaggio è possibile scatenare la furia distruttrice di Munchie, il piccolo topolino che accompagna l’eroe nel suo viaggio.
    Qualora la battaglia dovesse avere un esito negativo per il vostro party, la schermata di game over è stata rimpiazzata dal trasporto immediato presso la più vicina chiesa della dea, dove i chierici si permetteranno di fornirvi cura e risurrezione per la modica cifra dell’esatta metà delle monete in vostro possesso.
    Al contrario di molti altri RPG, Dragon Quest ha una particolarità: esistono pochissimi oggetti che permettono di riportare in vita un compagno morto in battaglia, e questi hanno un costo a dir poco proibitivo. Alla stessa maniera le abilità di resurrezione appariranno in fasi avanzate del gioco, e inizialmente avranno solo il 50% di possibilità di riuscita. Dunque, per riportare in vita un compagno, è necessario rivolgersi esclusivamente alla dea. Questa caratteristica, che a primo impatto farà storcere il naso a molti appassionati del genere, conferisce in realtà al sistema di gioco di DQVIII un profilo tattico senza eguali: il giocatore è spinto a combattere con intelligenza se vuole evitare di proseguire il viaggio con un compagno di meno, almeno fino al raggiungimento della chiesa più vicina.
    Per quanto riguarda le battaglie ed i menù ad esse legati, una nota di merito va alla voce “Risultati delle battaglie” - raggiungibile dal pratico e simpatico menù a livelli oppure premendo il tasto SELECT - dove è possibile consultare le proprie statistiche belliche e, addirittura, un catalogo completo di tutti i nemici e gli oggetti incontrati ed ottenuti fino ad allora.

    Il culto della dea

    Così come in Final Fantasy X a far da padroni erano i templi per il dio Yu Yevon, in Dragon Quest VIII tutta la dedizione e la religiosità dei popoli è volta nei confronti della Dea (non meglio precisata). In ogni città che visiterete, infatti, vi imbatterete in almeno una cappella ad essa dedicata, presieduta da un sacerdote di giorno e da una suora di notte. Dialogando con essi sarà possibile accedere a diversi servizi, di cui alcuni gratuiti ed altri a pagamento. Versando come offerta una determinata somma di denaro potrete riportare in vita un compagno perso durante uno scontro, curare l’avvelenamento o la maledizione. In maniera del tutto gratuita, invece, potrete venire a conoscenza di quanti punti EXP mancano a ciascun personaggio per il raggiungimento del livello successivo o, addirittura, confessare i vostri peccati. La confessione, in realtà, nasconde in sé il salvataggio della partita: selezionando la voce “confessione” l’ecclesiastico di turno registrerà i vostri progressi sulla memory card. Come è facilmente intuibile, in DQVIII è possibile salvare la partita solo ed esclusivamente recandosi in chiesa; scordatevi quindi di salvare liberamente girovagando per le foreste tra una città e l’altra oppure vagabondando per i dungeon (sempre piacevoli e stimolanti). Anche questa caratteristica apparentemente così strana per un RPG - dove solitamente, se proprio non è permesso il salvataggio libero, vi sono dei save point sparsi lungo tutte le ambientazioni - attribuisce al sistema di gioco di DQVIII un aspetto tattico molto piacevole ed intelligente.

    Cosa bolle in pentola

    La già ottima longevità di DQVIII - costellata da una lunghissima trama principale, missioni secondarie, sottogiochi come il casinò, un finale alternativo sbloccabile terminando il gioco al 100% ed un ottimo sistema di sviluppo dei personaggi - è resa ulteriormente maggiore dalla splendida idea del cosiddetto “Pentolone alchemico”. Una volta che lo avrete ottenuto da Re Trode, questo particolare oggetto vi permetterà, basandovi su delle ricette che troverete in giro per il mondo, di mescolare degli oggetti in vostro possesso per ottenerne di nuovi, unici o comunque preziosi, come la chiave del ladro, armi pesanti e nuovi tipi di formaggio per Munchie. In seguito, il pentolone alchemico verrà potenziato dal nostro sovrano preferito, e permetterà di mescolare non più solo due, ma fino a tre oggetti tra loro.

    Proprio quello che volevo sentire

    Il comparto audio di DQVIII eccelle, come si accennava in precedenza, non solo nel doppiaggio anglosassone, ma anche negli effetti e nelle colonne sonore. Le tracce audio curate da Koichi Sugiyama, infatti, sono sempre adatte alla situazione e/o all’ambientazione, non risultano mai ripetitive né frustranti, rilassano il giocatore o lo agitano facendo sempre breccia nei momenti giusti. La scontatezza affibbiata ad altre software house alla sountrack dei loro RPG, quindi, è ben distante da quanto possiamo sentire in DQVIII, dove l’audio si impone come tassello finale di un mosaico splendidamente riuscito.

    Dragon Quest VIII: L'Odissea del Re Maledetto Dragon Quest VIII: L'Odissea del Re MaledettoVersione Analizzata PlayStation 2Dragon Quest VIII: L’odissea del Re maledetto è un titolo che, irrompendo su un mercato europeo concentrato prettamente su saghe più celebri in occidente che non in oriente, lo conquista immediatamente. Ed alla domanda “come può un titolo così lento e classico far breccia nel cuore di migliaia di videogiocatori sempre più esigenti?”, la risposta appare quanto mai semplice: sono il team di sviluppo esperto e motivato, il carisma dei personaggi, il filo portante d’ironia che invade l’intero gioco, l’eccellente sonoro, la grafica senza eguali, la trama apparentemente banale ma curiosa e la firma di Akira Toriyama a fare di Dragon Quest VIII un capolavoro dell’arte videoludica, un titolo che, facendosi pregio della sua classicità, non teme il confronto con un moderno che, come lui stesso dimostra, è ampiamente capace di zittire.

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