Dragon Quest Treasures Recensione: a caccia di mostri e tesori su Switch

Square Enix presenta Dragon Quest Treasures, interessante spin-off della serie disponibile solo su Nintendo Switch.

Dragon Quest Treasures Recensione: a caccia di mostri e tesori su Switch
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  • Switch
  • Pubblicato in esclusiva su Nintendo Switch nella prima decade di dicembre, Dragon Quest Treasures è praticamente salito sulla rampa di lancio assieme alla riedizione di Crisis Core (a proposito, siete a un click di distanza dalla nostra recensione di Crisis Core -Final Fantasy VII- Reunion), che tuttavia ha finito per oscurarlo. Avendo passato una trentina di ore in compagnia del nuovo spin-off di Dragon Quest, che al netto del target di riferimento si è rivelato un titolo piuttosto dilettevole, siamo finalmente pronti a emettere il nostro verdetto finale sull'avventura vissuta da Erik e Mia nella leggendaria terra di Draconia.

    L'avventura ha inizio!

    Come raccontato nel nostro recente speciale su Dragon Quest Treasures, l'action RPG confezionato da Square Enix è ambientato diversi anni prima degli eventi raccontati in Dragon Quest XI ed esplora l'infanzia dei due malandrini incontrati dal Lucente. Ricollegandosi al racconto di Erik, che sempre in "Echi Di Un'Era Perduta" aveva rivelato di aver lavorato come sguattero assieme alla sorella Mia, Dragon Quest Treasures si apre appunto sull'imbarcazione vichinga che per anni ha ospitato i due fratelli.

    Affamati di avventure e spinti dal desiderio di diventare i migliori cacciatori di tesori di tutti i tempi, di giorno i due ragazzini si limitano a osservare gli adulti, ma quando cala la notte e i predoni gozzovigliano, Erik e Mia si allontanano per qualche ora con una scialuppa al fine di esplorare dei piccoli isolotti vicini. Proprio nel corso di una delle loro scorribande notturne, i nostri salvano dalle grinfie dei vichinghi due misteriose creature, che subito dopo la fuga li conducono nelle profondità di un tempio dove i protagonisti recuperano i Pugnali del Drago: due armi pressoché identiche, se non per il colore, che donano ai loro possessori la strabiliante capacità di comprendere il linguaggio dei mostri. Potendo finalmente comunicare coi due fratelli e convinti che questi siano i cacciatori di tesori menzionati dalla leggenda, Misha e Suyn (rispettivamente una gattina e un maialino con le ali) aprono quindi un varco dimensionale e conducono forzatamente Erik e Mia nella terra di Draconia: un arcipelago separato dal resto del mondo e formato dai resti di due draghi colossali che millenni prima si diedero battaglia fino ad annientarsi a vicenda.

    Non solo il continente pullula di fantastici tesori in attesa di essere riportati alla luce, ma sulle sei isole di cui si compone sono nascoste le Sette Gemme del Drago (ogni riferimento alle Sfere del Drago non è casuale, visto il coinvolgimento dello stesso Akira Toriyama nella produzione) tanto ambite da Misha e Suyn, nonché da un nutrito cast di rivali che a più riprese cercheranno di impossessarsene. Al termine di un prologo un tantino soporifero, i due giovani decidono di comune accordo di aiutare gli animaletti con la ricerca delle suddette gemme e, dopo aver restaurato la stazione centrale e rimesso in sesto la rete ferroviaria che collega le varie isole di Draconia, fondano quindi una propria brigata di tesorieri per ammucchiare quanto più bottino possibile.

    Benché i protagonisti della vicenda siano due personaggi chiave dell'indimenticabile Dragon Quest XI (vi suggeriamo di fiondarvi sulla nostra recensione di Dragon Quest XI: Echi di un'Era Perduta), va detto che la trama di Dragon Quest Treasures viaggia su binari decisamente diversi: non troverete quindi calamità ed eventi sconvolgenti come quelli che contraddistinguevano DQXI, anche perché lo spin-off punta a un target di giovanissimi.

    Nonostante l'utilizzo di toni disimpegnati, la cornice narrativa ci è parsa piacevole e leggera, anche grazie all'immancabile umorismo in stile Toriyama che da sempre contraddistingue il longevo franchise nipponico. Certo, i colpi di scena sono abbastanza telefonati e la storia - che gioca un ruolo palesemente secondario nell'economia della produzione - risulta abbastanza frivola, ma nel complesso dobbiamo riconoscere di esserci divertiti e di aver gradito non poco la possibilità di esplorare il background di Mia e approfondire il rapporto tra i due fratelli.

    Mostri e tesori, gioie e dolori

    Apriamo l'analisi del gameplay specificando innanzitutto che l'avventura può essere vissuta sia dal punto vista di Erik che da quello di Mia: all'interno dell'HUB principale, cui i due bricconi tornano dopo ogni escursione, il giocatore può scegliere serenamente il protagonista da impersonare, anche perché questi condividono il livello base, le statistiche, l'inventario e persino i pattern di attacco.

    Tra l'altro, anziché aspettare in panchina, il ragazzino lasciato indietro può essere messo al comando di una squadra secondaria e incaricato di condurre una spedizione parallela (similmente a quanto accade coi Felyne e Canine in Monster Hunter Rise), al fine di recuperare tesori e oggetti di ogni tipo. Ideale punto di incontro da un action RPG e un Monster Catching, il comparto ludico di Dragon Quest Treasures ruota fondamentalmente attorno alla brigata e al reclutamento dei mostri, che dopo essere stati sconfitti in battaglia hanno una piccola chance di rimanere talmente impressionati dai nostri beniamini da volersi unire al loro variopinto e sempre più grande esercito di bestie. Non per nulla, per esplorare determinate zone di Draconia e proseguire con le missioni (che come da prassi si dividono in principali e secondarie), l'utente è di volta in volta chiamato a inserire nel party un massimo di tre creature e a sfruttare le loro diverse specialità da campo.

    Se per esempio i Golem e gli Slime dispongono dell'abilità Lancio, che catapulta in aria Erik o Mia, consentendo loro di raggiungere sporgenze e aree altrimenti inaccessibili, i mostri in grado di volare offrono l'abilità Planata, che come intuibile può essere impiegata per scendere dolcemente da altezze elevate o per sfruttare le correnti ascensionali. Proseguendo, se l'abilità Analisi tipica dei Cinghialorchi esamina il terreno circostante alla ricerca di punti di raccolta, la specialità Occultamento delle Ombre torna utile al momento di sgattaiolare in mezzo ai nemici senza farsi notare o comunque per attraversare cunicoli particolarmente angusti.

    Giacché i protagonisti possono partire in compagnia di tre mostri al massimo, durante le scampagnate non si può quindi avere accessori a tutte e quattro le abilità, il che obbliga a realizzare squadre diverse e adatte a specifiche tipologie di missioni. Ad ogni modo, la scelta delel bestie non si limita a influenzare soltanto le abilità da campo disponibili, ma addirittura impatta sui tesori dissotterrabili.

    Se compatibili con gli scrigni nascosti sulle varie isole, i compagni di viaggio segnalano al caposquadra la presenza di un forziere nei paraggi, invitando Erik o Mia a utilizzare il cosiddetto "Tesoroscopio": una sorta di bussola che indica la direzione da imboccare per trovare il tesoro individuato dai mostri.

    Una volta giunti nelle immediate vicinanze dello scrigno desiderato, poi, il sistema innesca le "Visioni Mostruose", ovvero tre fotografie che mostrano da altrettante prospettive diverse (una per ogni bestia nel party) il luogo esatto in cui scavare. Da una parte la possibilità di cambiare continuamente i titolari e formare dei team sempre diversi invoglia a reclutare quante più creature possibili, dobbiamo però riconoscere che alla lunga Dragon Quest Treasures tende a diventare piuttosto ripetitivo: non potendo trasportare troppi tesori simultaneamente, i nostri eroi devono tornare costantemente alla base per far valutare e depositare il bottino, per poi rimettersi in viaggio. Ogni prezioso riportato a casa contribuisce infatti ad accrescere il livello della brigata, che sblocca progressivamente nuovi piani del dungeon in cui sono custoditi gli indizi per trovare le Gemme del Drago e proseguire con la storia. Un loop pressoché infinito, quello appena descritto, che oltre a comportare tanto backtracking sin dalle prime ore della campagna ne rallenta gli sviluppi.

    Il sistema di combattimento

    Data la sua semplicità, almeno inizialmente avevamo sottovalutato il valore del combat system, che col passare delle ore si è invece rivelato l'elemento più riuscito del pacchetto. Come spiegato nell'anteprima di Dragon Quest Treasures, lo spin-off abbandona i turni di Dragon Quest XI: Echi di un'Era Perduta per votarsi interamente all'azione in tempo reale, tant'è che Erik e Mia - gli unici combattenti liberamente controllabili dal giocatore - possono eseguire dei rapidi attacchi in mischia avvalendosi dei Pugnali del Drago o in alternativa utilizzare la fionda per mantenere una distanza minima di sicurezza.

    Preferendo l'arma bianca, nelle prime ore dell'avventura ci siamo focalizzati perlopiù sull scontro in prima linea, scoprendo a poco a poco l'importanza dell'arma da lancio: benché i danni arrecabili con la fionda sono minori rispetto a quelli provocabili col pugnale (i cui pattern di attacco ci sono comunque parsi troppo limitati), la prima diventa uno strumento indispensabile, in quanto consente di usare una moltitudine di proiettili differenti e introduce un pizzico di strategia.

    Curare i compagni con le apposite munizioni, confondere i nemici coi sassi stordenti per poi derubarli dei loro averi, o comunque sfruttare le debolezze elementali dei vari avversari sono solo alcune delle innumerevoli azioni effettuabili con la fionda, i cui proiettili, va detto, si consumano ad ogni utilizzo e vanno acquistati/craftati nell'HUB. A primo acchito può sembrare scomodo dover usare il suddetto strumento per curare gli alleati e non vi nascondiamo di aver avuto qualche grattacapo nel mezzo delle fasi di lotta (quantomeno nelle fasi iniziali dell'avventura); la pratica ci ha però permesso di apprezzare sempre più simpatica trovata degli sviluppatori, che se padroneggiata permette di dominare il campo di battaglia.

    Sebbene i tre mostri aggiunti alla squadra non possano essere controllati direttamente, Erik e Mia hanno la possibilità di ordinare loro di radunarsi o di attaccare un preciso bersaglio, il che torna piuttosto utile per accumulare velocemente punti esperienza senza sporcarsi le mani. Abbattendo le creature incontrate lungo il cammino e caricando l'apposita barra, tanto i protagonisti quanto i loro animaleschi compagni di ventura possono inoltre scagliare i rispettivi "Attacchi del Drago": mosse speciali distruttive (le cui sequenze di innesco ricordano molto le Mosse Z di Pokémon Sole/Luna) che facilitano l'eliminazione di boss e mostri di livello alto.

    Se da una parte tali risorse incoraggiano il giocatore a impiegarle con parsimonia e strategia, dall'altra queste abbassano il livello di sfida, già abbastanza tarato verso il basso. A ragion veduta, avremmo gradito la presenza di due o più modalità che consentissero di modificare la difficoltà a seconda delle preferenze del giocatore.

    Grafica e prestazioni

    Dal punto di vista prettamente tecnico, Dragon Quest Treasures si comporta sicuramente meglio della versione Switch di Dragon Quest Builders 2, che sulla macchina ibrida di Nintendo prestava il fianco a oscillazioni notevoli. Il frame rate del nuovo arrivato viaggia attorno ai 30 fps, con piccoli e sporadici tentennamenti nei frangenti più affollati, tanto in modalità Dock quanto in portabilità.

    Sebbene il titolo vanti un gradevole colpo d'occhio, chi vi scrive si sarebbe aspettato qualcosa di più, specie dopo l'ottimo lavoro svolto con l'undicesimo capitolo numerato della saga principale: per quanto graziosi, i paesaggi di Draconia ci sono parsi eccessivamente spogli e poco fantasiosi. La sorprendente profondità di campo apprezzabile dopo aver scalato una montagna, è in questo caso controbilanciata dal fastidioso effetto pop-up che affligge mostri, vegetazione e piccoli oggetti disseminati per le vaste lande del leggendario arcipelago. Al netto di una risoluzione minore, che purtroppo sporca leggermente l'immagine, la portabilità è insomma la soluzione più adatta per fruire di Dragon Quest Treasures. Nulla da eccepire, infine, sull'accompagnamento sonoro, che ancora una volta attinge alle storiche melodie composte da Koichi Sugiyama, e sulla tradizione in italiano, a nostro avviso scorrevole e accurata.

    Dragon Quest Treasures Dragon Quest TreasuresVersione Analizzata Nintendo SwitchVivace e colorato, Dragon Quest Treasures è un action RPG simpatico e divertente, che consigliamo tanto ai neofiti quanto agli esperti del genere. A causa dell’eccessivo backtracking e della ciclica routine prevista del gameplay potrà non essere il classico titolo cui dedicare intere giornate, ma in compenso lo spin-off si presta molto bene a fugaci sessioni, magari volte a intervallare attività ben più impegnative. Gli elementi più riusciti del pacchetto sono il sistema di combattimento, appagante e intuitivo, e la mole contenutistica, che siamo convinti saprà regalarvi tante ore di svago nel sempre affascinante universo di Dragon Quest.

    7.5

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