Recensione Drawn to Life

Character design improvvistati su DS

Recensione Drawn to Life
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  • DS
  • Da Black & White a Doshin The Giant. Giocare a fare il dio è sempre divertente.

    Se c’è una cosa che i videogiochi possono fare, è quella di creare mondi alternativi con proprie leggi fisiche e sociali. In relazione ad essi, l’utente deve sapersi interrelazionare nel giusto modo, rispettando le suddette regole così da evitare il game over e sfruttando gli strumenti a sua disposizione al fine di raggiungere il proprio obbiettivo. Tuttavia, la prima vera operazione che ogni videogiocatore è portato a compiere, è il riconoscimento del proprio ruolo. Chi sono? Domanda esistenziale posta da tempi immemori, che in campo videoludico, a differenza di quello prettamente umano, trova facile risposta. Così nel corso degli anni siamo stati abituati sia a calarci nei panni di qualcun altro, sia a dover interpretare la parte di noi stessi. Nel primo caso si pensi a titoli quali Metroid o anche allo stesso Pac-Man, in cui l’avatar virtuale si fa simulacro dell’utente stesso, costringendolo anche ad accollarsi tutta la storia personale di colui che va a controllare. Differente è il caso in cui decidiate di farvi una partita a scacchi, a flipper o a un qualsiasi allenatore del cervello: qui esiste il software e voi stessi, senza passaggi di personalità intermedi.
    Esistono, poi, casi in cui l’utente è allo stesso tempo se stesso e parte recitante del cast videoludico. Uno degli esempi più recenti in questo senso è composto da Mario Galaxy: si controlla Mario, e dunque si è Mario, ma contemporaneamente si lanciano le astroschegge nel pieno possesso della propria personalità. Altri esempi, in questo senso, sono offerti da tutti quei simulatori di divinità, quali ad esempio Black & White o Doshin The Giant, dove, se pur bisogna sempre rispettare il proprio ruolo, con tanto di battute obbligatorie, al videogiocatore è sempre lasciata una certa libertà di interpretazione che rispecchia la sua personalità: buona o cattiva, white o black, Doshin gentile o Doshin crudele.
    Nel quadro di questi casi intermedi, o di difficile interpretazione, si inserisce questa produzione THQ: Drawn To Life. Ma in che modo si risolve nel gioco questo ambiguo ruolo dell’utente? E soprattutto: al di là della feature che da gli da il titolo, che livello qualitativo riesce a raggiungere?

    Un editor migliore di quello di Oblivion? Dipende da voi.

    Drawn To Life non tarda a porre in primo piano la sua più rilevante novità: nel mettervi al corrente degli accadimenti che hanno sconvolto il mondo dei Raposa, simpatiche creature a metà strada tra criceti e gatti, sarete infatti subito richiamati ad assurgere al ruolo di divinità creatrice. Già, perché questa metafisica presenza ha disegnato tutto ciò che esiste nel prezioso “Libro Della Vita”. A voi, dunque, senza grandi preliminari, dipingere sulla tela inferiore del DS il sole, la terra e la foresta che circonda e abbellisce il creato. Sia ben inteso: ciò che disegnerete in questa sezione introduttiva non verrà riutilizzata nel gioco come elementi dello scenario, ma servono subito per inquadrare il ruolo che spesso sarete chiamati a ricoprire. Dopo aver raccontato di come il creatore ha generato la terra, la narrazione continua rendendoci spettatori dell’ascesa delle tenebre e del conseguente declino del villaggio dei Raposa. Ridotti ormai a vivere in un mondo freddo, grigio e morto, i pochissimi abitanti ancora liberi invocano disperati l’aiuto del creatore, affinché gli mandi un eroe capace di riportare tutto alla normalità. Manco a dirlo accontenterete voi stessi la loro richiesta, disegnando questo salvatore. Per farlo avrete a disposizione un certo numero di colori differenti, pennelli di diverse grandezze e ovviamente una gomma. Tuttavia, non potrete dare del tutto sfogo alla vostra fantasia: dovrete infatti rispettare i contorni della sagoma che vi verrà imposta. Insomma, dimenticatevi pure di creare mostri dotati di quattro braccia e sei gambe, ma con un po’ di pazienza unito a un innato estro creativo potreste essere in grado di creare l’avatar dei vostri sogni, vestito come piace a voi, con lo sguardo che più preferite e perché no, comporre delle parodie su personaggi della tv (Mister T su tutti). I meno abili nell’arte che fu di Giotto non si scoraggino: anche loro avranno la possibilità di dare vita a un eroe quantomeno presentabile sfruttando i modelli messi a disposizioni sui quali sarà possibile poi disegnare o, se per i più pigri, riutilizzare senza alcuna modifica.

    Lista della spesa: sole, luna, ristorante, osservatorio astronomico. Dovrebbe esserci tutto.

    Attraversata questa fase creativa, inizierete a muovere i primi passi nel villaggio dei Raposa. Così imparerete presto che di fatto, il gameplay di Drawn To Life è diviso in due parti. La prima avviene all’interno dello stesso centro abitato. E’ qui che potrete parlare con i buffi animali oppure spendere le monete raccolte nei livelli per sbloccare nuove musiche o colori e forme da usare nei momenti in cui vi si richiederà di disegnare elementi dello scenario. Tuttavia, la funzione principale del centro abitato è quella di vero e proprio hub. Sarà infatti il sindaco, di volta in volta, a richiedere il vostro intervento inviandovi a svolgere vari compiti. Tutto bene quando ciò si tradurrà nell’esplorazione di un nuovo stage, un po’ meno quando sarete chiamati a cercare personaggi o oggetti in fastidiose quest. Queste fasi, se da un lato sono indispensabili per mandare avanti la debole struttura narrativa di Drawn To Life, dall’altro rallentano il ritmo a tal punto da rendere le partite altamente soporifere. Sicuramente un videogiocatore alle prime armi, verso il quale il prodotto è maggiormente indirizzato, sarà maggiormente propenso anche a districarsi tra queste sezioni molto più dell’esperto divora-Mass Effect e simili, ma la pesantezza di alcuni frangenti è insostenibile per tutti.
    Il pretesto narrativo che spinge il sindaco a inviare l’eroe in giro per il mondo è discretamente giustificato e stimolante. Come si diceva poco fa, il Libro Della Vita contiene, sotto forma di disegni, tutto ciò che esiste. Mancandone molte pagine, i Raposa sono costretti a vivere senza sole, luna, piantagioni da coltivare e senza nemmeno lo scorrere del tempo. In ogni livello, dunque, sarà nostro compito recuperare i quattro pezzi della pagina smarrita, recuperando nel frattempo anche alcuni Raposa smarriti. Mano a mano che tornerete vittoriosi dalla vostra spedizione il villaggio, oltre a ripopolarsi, tornerà sempre di più alla normalità regalandovi una moderata ma chiara soddisfazione. Naturalmente, una volta recuperata la pagina, starà poi a voi disegnare di volta in volta gli elementi di cui il villaggio ha bisogno, che diventeranno subito visibili sulla mappa.
    Una volta ricevuto l’incarico del sindaco, entrerete nel vivo della seconda fase: quella puramente platform.
    In questa sezione, senza alcun dubbio, le cose sono molto più rosee. Certamente bisogna sempre tenere in mente due aspetti. Il primo è che il gioco è orientato per un pubblico alle sue prime esperienze, il secondo è che certamente la produzione THQ non brilla, in quanto a level design, per inventiva. Nonostante questo, si lascia giocare e ha dei ritmi più che soddisfacenti. Si passa dalla classica ambientazione innevata, con tanto di spara palle-di-neve con la quale uccidere i nemici che infestano i livelli, a quella tropicale, con pinne e maschera. Di tanto in tanto, poi, vi si chiederà di disegnare le piattaforme che permetteranno di raggiungere altre zone dello stage. Inoltre, se vorrete completare il gioco al 100%, non solo dovrete preoccuparvi di recuperare la pagina del Libro Della Vita e di salvare i Raposa imprigionati, ma dovrete anche scovare degli oggetti segreti e cancellare, a colpi di pennino, le zone di oscurità che si sono formate sulle case e sui terreni delle varie ambientazioni.
    Insomma, ogni schema, pur non essendo mai un esempio di level design da accademia, è abbastanza ben fatto da spingere il videogiocatore a completarlo. Inoltre Drawn to Life vanta un’ottima calibratura della difficoltà, assolutamente necessaria per venire incontro alle necessità dei più giovani.

    Mi raccomando: colorate senza mai uscire dai bordi.

    Drawn To Life si accosta al piccolo capolavoro di Grasshopper, quel Contact che in pochi hanno avuto la fortuna di apprezzare. In entrambi i titoli, infatti, all'utente è contemporaneamente richiesto di recitare sia la parte di sé stessi, in qualità di complici del Professore e come artisti-creatori nel titolo qui preso in esame, sia quella dei diretti padroni dei virtuali panni degli eroi di turno. Tuttavia, in Drawn To Life le cose si complicano ulteriormente, visto che siete l’eroe, il deus ex machina (in qualità di divinità disegnatrice) e allo stesso tempo schiavi della volontà dai Raposa. Naturalmente è solo tramite questa costrizione che i game designer sono riusciti a incanalare l’intera avventura, ma lo spaesamento dovuto all’essere superiori e, allo stesso tempo, alle dipendenze di tutti sarà tangibile per i più grandicelli. Chissà però, che questo ambiguo rapporto non voglia anche essere un tentativo che i ragazzi di THQ hanno fatto per dare una spiegazione filosofica circa le metafisiche relazioni tra creature e creatore, mostrando quanto gli uni tanto l'altro dipendano e obbediscano vicendevolmente.
    Tuttavia qualcosa a livello grafico ci rende partecipi della non totale attinenza del creatore con il resto del mondo dei Raposa. Lo stile del titolo, infatti, è ottimamente caratterizzato e reso in modo delizioso. Splendidi e riccamente dettagliati gli sfondi che fanno da contorno alle fasi di platform, mentre tutto si muove con una perfetta fluidità in mondi forse un po’ troppo ripetitivi, ma comunque più che degnamente realizzati e impreziositi da texture colorate e sempre definite. Eppure, per quanto possiamo essere bravi, gli elementi da noi colorati e disegnati, faranno sempre a pugni con lo stile grafico adottato dal resto del gioco. Le nuvole che disegneremo nel primissimo stage, stoneranno sempre moltissimo con il resto dell’ambiente, facendoci sempre apparire divinità ancora troppo giovani o eccessivamente distanti dal mondo dei Raposa. Al di là dei significati sottesi, l'eccessivo contrasto, rovina, in parte, il bellissimo dipinto messo in piedi dagli artisti di THQ.
    Infine, parlando dell’aspetto sonoro del titolo, non si può non notare come questo non generi emozioni di alcun tipo. Le musiche sono orecchiabili e accompagnano bene l’azione, ma nessuna vi rimarrà mai in testa. Allo stesso modo gli effetti sonori, che anzi, rischiano di dare seriamente fastidio.

    Drawn to Life Drawn to LifeVersione Analizzata Nintendo DSAl di là della sua rilevante feature, Drawn To Life, si configura come un platform discreto e ben impacchettato. Il level design non da certo motivi per esaltarsi, anche se i più giovani non avranno di che lamentarsi. Certo, non ci vorrà moltissimo per portare a termine l’avventura principale, ma finirlo al 100% vi terrà impegnati per almeno un paio di settimane. Tecnicamente il titolo mostra un gran bello stile e una pulizia grafica niente male. Anonimo il sonoro, ma non insufficiente. Disegnare il proprio eroe e gli elementi che compongono il mondo dei Raposa, darà sicuramente grandi soddisfazioni a tutti coloro che con la matita in mano ci sanno fare. Sarà un po’ meno divertente per i meno abili, ma sicuramente può essere un bel pretesto per fare un tentativo e almeno mettere la propria creatività al servizio del design del gioco. Consigliato ai più giovani in cerca di un buon, ma non eccezionale, platform che magari amano anche disegnare. I più grandicelli, invece, ponderino bene l’acquisto: se non vedete l’ora di salvare un popolo di gatti-criceti usando una versione bidimensionale di Mister T, allora è arrivato il momento di farlo, altrimenti lasciate perdere.

    6.5

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