Dying Light 2 Recensione: l'apocalisse Open World di Techland

Malgrado i pregi della proposta, Dying Light 2 si presenta al lancio con qualche mancanza significativa, in particolar modo sul versante narrativo

Dying Light 2
Recensione: Multi
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • A quasi quattro anni dalla pubblicazione del primissimo trailer di Dying Light 2: Stay Human, la nuova epopea post apocalittica di Techland si appresta finalmente ad approdare sul mercato, accompagnata dalle notevoli aspettative di una buona fetta della platea videoludica. D'altronde lo sviluppatore polacco non si è certo trattenuto nel declamare le grandi ambizioni della sua visione creativa, alla base di un sequel tanto promettente quanto rischioso. Negli ultimi dodici mesi, l'abbandono di diversi membri del team di sviluppo aveva contribuito a destare qualche preoccupazione circa l'effettivo stato del progetto, con la complicità di alcuni report non proprio incoraggianti.

    Va da sé che non sappiamo cosa sia effettivamente successo durante il percorso di sviluppo, ma dopo aver passato qualche decina d'ore tra le strade di Villedor ci sembra ormai chiaro che non tutto sia andato come da programma. Prima di procedere, ci teniamo a precisare che le considerazioni riportate nella recensione a seguire riguardano esclusivamente la versione PC di Dying Light 2. Per completezza, aggiungiamo che al momento della pubblicazione di questo articolo non ci è ancora stato possibile testare con mano le edizioni PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch del titolo.

    Un mosaico narrativo incompleto

    Sono passati oltre vent'anni dall'isolamento di Harran e dalla conclusione dell'ordalia di Kyle Crane, il protagonista del primo Dying Light (per saperne di più ecco il riassunto della storia di Dying Light). Il sacrificio della metropoli mediorientale, travolta dalla famelica progenie del virus, permise agli scienziati di arginare l'epidemia e disinnescare così un disastro di proporzioni bibliche: un'altisonante menzogna alimentata a colpi di slogan e vuote promesse. Oltre la lucente patina della propaganda, ben nascosto allo sguardo dell'opinione pubblica, il GRE non aveva infatti rinunciato all'idea di trasformare la piaga di Harran in un'arma da vendere al migliore offerente, modificando il ceppo originale al punto di rendere totalmente inefficace il vaccino messo a punto solo qualche anno prima.

    Un errore fatale, solo il primo di una lunga serie che nel giro di pochi mesi dischiuse ancora una volta i cancelli dell'apocalisse, spingendo l'umanità sull'orlo dell'annientamento. Dying Light 2 si apre a tre lustri dall'inizio della fine, tra le macerie di un mondo dominato da creature dissennate e brutali, in agguato oltre le fortificazioni delle poche enclavi che ancora resistono allo spauracchio dell'estinzione. Simulacri di una civiltà ormai scomparsa, questi insediamenti sopravvivono nel più totale isolamento, contando sui servigi di quei pochi tanto folli da affrontare i rigori delle terre desolate per trasportare missive e risorse oltre i confini dei rifugi, lontano dalla loro luce morente. Aiden è uno di questi pellegrini, ma non è solo la promessa di una generosa commissione a guidare il suo cammino. Sfuggito in tenera età alle misteriose sperimentazioni portate avanti dal GRE dopo la Caduta, l'esule è disposto a tutto pur di ritrovare la sorella Mia, scomparsa in seguito alla distruzione della struttura nella quale sono cresciuti.

    La ricerca ha infine portato il giovane a raggiungere le alte mura di Villedor: una delle ultime metropoli ancora abitate dall'uomo, vestigia di un passato quasi dimenticato. Sembra che in città ci sia qualcuno in grado di rintracciare Waltz, lo scienziato del GRE che aveva costretto Aiden e Mia a fare da cavia per i suoi esperimenti, e per il pellegrino si tratta dell'ultima speranza di riabbracciare la sorella.

    Questo è l'innesco di una campagna che, sin dalle prime battute, testimonia piuttosto chiaramente la volontà di ridefinire il ruolo nella narrazione nel bilancio della proposta ludica di Techland, in linea con le ambizioni di un titolo che avrebbe dovuto contare sul supporto di una penna del calibro di Chris Avellone, successivamente allontanato dal progetto.

    Se nelle prime ore, insomma, la visione creativa del team polacco sembra muoversi su solidi binari, proponendo sequenze di notevole intensità e nutrendo costantemente l'interesse del giocatore, arriva un momento in cui il percorso segnato dalla questline principale comincia a mostrare qualche evidente incertezza, tale da generare delle perplessità inattese. In alcuni frangenti si ha la netta impressione che al mosaico narrativo manchino tasselli più o meno importanti, frammenti di storia la cui omissione provoca delle dissonanze in seno al racconto, che perde così di organicità. Le fazioni di VilledorDurante l'esplorazione dei vari distretti di Villedor, Aiden sarà chiamato a reclamare particolari strutture (centrali energetiche e torri idriche) che potrà poi assegnare a una delle due fazioni principali, in modo da consolidare il loro dominio sulla città.

    Questa attribuzione non ha conseguenze davvero palpabili sulla rotta narrativa della campagna, mentre gli effetti sul gameplay risultano ben più concreti. Supportando i Pacificatori, ad esempio, i soldati collocheranno in giro per la metropoli trappole e dispositivi offensivi utili per decimare più agevolmente le legioni degli infetti. Di contro, assegnando le varie zone ai Sopravvissuti, potremo contare su una serie di elementi utili a facilitare l'attraversamento dello scenario, come funi sospese, trampolini o sistemi di ventilazione potenziati da sfruttare col parapendio. Per quanto riguarda l'estetica dei quartieri, le diverse basi sfoggeranno i colori e rifletteranno l'identità della fazione scelta.

    In alcuni casi di tratta di discrepanze di poco conto, che non intaccano la godibilità dell'insieme, mentre in altri (specialmente nella seconda metà del gioco) queste stonature arrivano ad incidere negativamente sulla coerenza della messinscena, anche in rapporto all'assetto non lineare dell'avventura. Fatta eccezione per le immediate conseguenze delle varie svolte narrative, per la gran parte disposte lungo l'itinerario tracciato dalla trama portante, le scelte compiute dal giocatore non sembrano infatti alterare in maniera particolarmente significativa la rotta della campagna, né rivoluzionare concretamente l'equilibrio tra le forze in campo, ovvero le due principali fazioni di Villedor: Sopravvissuti e Pacificatori. Anche le conseguenze di queste decisioni sull'assetto dell'open world sono relativamente marginali, sebbene in alcune istanze sia possibile assistere a variazioni di maggior rilievo. In linea generale, abbiamo avuto la netta impressione che questa diversità sia più che altro riconducibile al "punto di vista" adottato dal giocatore in relazione ad un particolare evento narrativo, veicolato tramite l'aggiunta di piccole missioni opzionali o dialoghi alternativi.

    Le asperità del racconto confluiscono poi in un finale che appare alquanto corrivo e raffazzonato: dopo una bossfight tutt'altro che esaltante, ci si ritrova di fronte ad un ultimo bivio decisionale che, a prescindere dalla strada intrapresa, manca purtroppo di offrire all'intreccio una compiutezza davvero soddisfacente. Un vero peccato, a maggior ragione considerando che Dying Light 2 risulta comunque disseminato da momenti di micronarrazione di grande efficacia, che amplificano il fascino del "nuovo medioevo" delineato da Techland.

    Prodezze acrobatiche ed altre delizie apocalittiche

    Seppure a tratti disomogenea, la campagna di Dying Light 2 ospita infatti sequenze di grande impatto, che denotano una scrittura di qualità e mettono al centro dell'inquadratura personaggi ben caratterizzati, capaci di stimolare il coinvolgimento dell'utente nelle vicende del protagonista.

    La stessa Lawan, interpretata dalla talentuosa Rosario Dawson, ha un ruolo chiave nel catalizzare il senso di appartenenza che Aiden svilupperà nei confronti della sua nuova comunità: un organismo urbano fatto di storie grandi e piccole, talvolta più efficaci rispetto a quelle costellano "la strada maestra". Capita infatti che le missioni secondarie contribuiscano, ancor più delle primarie, a dare colore e consistenza all'affresco post apocalittico di Villedor, arrivando in alcuni casi a generare conseguenze più tangibili rispetto a quelle che scandiscono la progressione principale. In ambo i casi, il titolo di Techland offre nel complesso una buona varietà situazionale, ovviamente nei limiti definiti da una formula con precisi capisaldi.

    Il primo di questi è senza ombra di dubbio il sistema di movimento che caratterizza la saga sin dal suo esordio, modellato dagli sviluppatori con il prezioso ausilio di David Belle (uno dei padri del parkour), che nel gioco presta voce e fattezze al personaggio di Hakon. Il parkour rappresenta a tutti gli effetti il filo conduttore che unisce ogni singolo aspetto dell'esperienza offerta da Dying Light 2, la matrice della sua identità ludica.

    Se le meccaniche di base sono le stesse viste nel capitolo d'esordio, gli sviluppatori hanno provveduto a rimpinguarne l'assortimento per esaltare il dinamismo e la fluidità delle prodezze di Aiden: il protagonista può ora correre sulle pareti (solo per brevi tratti), piroettare agilmente su ostacoli di vario genere e sfruttare nuovi gadget per rendere le sue combo motorie ancor più efficienti e spettacolari.

    Tra questi è impossibile non citare il piccolo parapendio ottenuto poco dopo l'ingresso nella seconda macroarea del gioco, che permette di lanciarsi da altezze vertiginose in relativa tranquillità, magari cavalcando le correnti ascensionali per riprendere quota e raggiungere piattaforme altrimenti inaccessibili. L'equipaggiamento di Aiden comprende anche un versatile rampino (sbloccabile nella seconda metà dell'avventura) che, a differenza di quello visto nel primo capitolo, ha capacità di trazione limitate e consente più che altro di oscillare da una piattaforma all'altra.

    Va detto che entrambi gli strumenti, se potenziati al massimo con alcune delle risorse più rare del gioco, possono arrivare a garantire agevolazioni fin troppo consistenti, ma in generale si tratta di aggiunte decisamente funzionali, che arricchiscono il gameplay in accordo con i pregi di un level design eccellente, denso di verticalismi e opportunità di sfoggio acrobatico.

    Tra rampe, appigli sospesi, trampolini, scalette improvvisate, travi basculanti e strutture scalabili di ogni tipo, il mondo di Dying Light 2 propone ai giocatori un flusso inebriante di inviti alla sperimentazione cinetica, senza mai scadere nella trivializzazione delle dinamiche di movimento. Questo perché, a prescindere dalle abilità conquistate da Aiden, il sistema messo a punto da Techland richiede un buon tempismo, nervi saldi e una notevole consapevolezza spaziale: requisiti indispensabili per sfruttare al meglio l'agilità del protagonista, imparando a riconoscere al volo le traiettorie più vantaggiose, e a gestire adeguatamente la barra della resistenza (necessaria per tutte le azioni di arrampicata e per l'utilizzo del parapendio), in modo da evitare cadute rovinose o altri incidenti di percorso potenzialmente letali. Queste competenze si faranno particolarmente preziose durante la notte, quanto alcune sottospecie di infetti (gli Urlatori) scateneranno contro il giocatore una furiosa orda di orrori all'inseguimento, da seminare a suon di virtuosismi ginnici con un occhio sempre puntato sull'indicatore dell'immunità.

    Come tutti gli abitanti di Villedor, infatti, anche Aiden è stato infettato dal virus di Harran, e rischia di perdere la propria umanità se resta troppo a lungo immerso nelle tenebre, lontano da fonti di luce ultravioletta: una meccanica che, soprattutto nelle prime fasi dell'avventura, ha un peso non indifferente sul senso di tensione trasmesso dal gameplay. Per quanto esaltante, però, il sistema di movimento di Dying Light 2 presta il fianco ad alcune critiche legate al livello di "pulizia" generale della proposta di Techland.

    La gestione delle collisioni, ad esempio, mostra delle fluttuazioni di una certa entità, che talvolta possono ostacolare il "flow" del parkour, complice la presenza di alcune animazioni non ancora perfettamente rifinite. Come intuibile, questi tentennamenti influiscono anche sulla resa corale del combat system, che rispetto al passato vanta però una migliore integrazione con le dinamiche di spostamento.

    Un combat system da rifinire

    Le modifiche apportate al sistema di combattimento di Dying Light 2, tendenzialmente più dinamico rispetto a quello del predecessore, puntano infatti a rimpolpare il bagaglio delle tecniche offensive a disposizione del giocatore col contributo delle competenze acrobatiche di Aiden. Tra potenti attacchi in caduta, combo a base di parate e calci volanti, frecce scoccate in volo con tanto di "bullet time" e sgambetti in scivolata, il protagonista può dunque sfruttare la propria superiorità atletica per ridurre al minimo i tempi di sopravvivenza delle schiere avversarie, in particolar modo contro nemici umani.

    Durante le risse con i Rinnegati (la terza fazione del gioco, l'unica veramente ostile), gli utenti possono inoltre contare su un meccanismo di parry che, se attivato col giusto tempismo, garantisce una finestra d'opportunità (al rallenty) per piazzare un fendente potenzialmente mortale, o in alternativa per utilizzare la schiena del malcapitato di turno come trampolino per eseguire un poderoso "dropkick" ai danni di un compagno nelle vicinanze. Schivare all'ultimo istante, la strategia ideale contro gli attacchi caricati, presenta i medesimi vantaggi e può rivelarsi un ottimo modo per ristabilire le distanze nel cuore delle mischie più affollate.

    L'espansione del corredo battagliero di Aiden è legata a doppio filo ad un sistema di avanzamento bipartito, del tutto simile a quello visto nel primo capitolo della serie. L'esperienza accumulata combattendo ed eseguendo evoluzioni tra i tetti della città andrà a riempire gli indicatori delle rispettive aree di specializzazione, che una volta saturi consegneranno ai giocatori punti da spendere per sbloccare nuove abilità, disposte in sequenza all'interno di tradizionali skilltree ruolistici. Tutti i punti esperienza confluiranno inoltre in una barra globale, che definirà il livello del nostro alter ego e il rango massimo dell'equipaggiamento ottenibile.

    In linea di massima, le routine di progressione risultano ben congegnate in relazione ai tratti salienti del gameplay, sebbene si noti qualche piccola stortura legata a capacità che avrebbero potuto essere tranquillamente accorpate. Al netto delle aggiunte al combat system, va poi detto che Dying Light 2 (anche optando per la difficoltà più alta) solo di rado offre alla platea tutti gli stimoli necessari per dare fondo alle facoltà marziali di Aiden, che in generale può cavarsela senza grossi problemi limitandosi ad usare gli attacchi di base.

    Le battaglie con i "mordicarne", in particolar modo, tendono a trasformarsi nella fiera del button mashing più sfrenato - la fisicità dei colpi non ci ha convinto appieno - anche quando ci si trova a dover fronteggiare una delle sottospecie più feroci. A questo proposito, abbiamo notato che il gioco tende a centellinare fin troppo le apparizioni di queste varianti, così come dei Rinnegati più funesti, tanto da falsare le percezioni circa l'effettivo assortimento delle forze ostili.

    Passando alle meccaniche stealth, la scarsa reattività dei nemici umani finisce per banalizzare gli approcci furtivi, relegati soprattutto alle incursioni diurne nei nidi degli infetti, che riportano alla luce le piacevoli sfumature horror già apprezzate nel capostipite della saga. Vale la pena di precisare che, se affrontati a viso aperto, i Rinnegati mostrano una condotta ben più decisa, che a volte conduce però a qualche controproducente eccesso di zelo.

    Seppur con qualche inciampo degno di nota, insomma, il combat system di Dying Light 2 si accorda piuttosto bene con le esigenze della produzione, col contributo di un sistema di equipaggiamento flessibile e funzionale. Oltre a foraggiare la tendenza all'accumulo, le dinamiche di looting permettono di mettere le mani su un'ampia varietà di mirabili strumenti di morte (di rarità crescente), potenziabili grazie ad un sistema di crafting ampliato, che permette di applicare alle armi diversi effetti "elementali" per creare combo micidiali. Anche il vestiario concede ai giocatori una certa libertà nella definizione bellica del proprio avatar, che in base alla categoria degli abiti indossati potrà valorizzare specifici stili di gioco, guadagnando ad esempio dei corposi bonus al danno delle armi a due mani o di quelle a distanza. Il talento di Aiden per il fai-da-te gli consentirà inoltre di aggiungere al suo arsenale un ricco catalogo di congegni esplosivi, miscele curative e munizioni speciali da sfruttare sul campo, che possono essere migliorati investendo i materiali recuperati in giro per lo scenario, assecondando il suadente richiamo di un mondo zeppo di attività e incentivi all'esplorazione.

    I panorami di Villedor

    Uno dei principali punti di forza di Dying Light 2 è proprio la sua capacità di regalare alla platea ludens un tesoretto di distrazioni di qualità, di fomentare il piacere della scoperta. Che si tratti di dare la caccia agli Inibitori (sostanze capaci di aumentare i valori di salute e resistenza di Aiden), completare sfide di parkour o riattivare una stazione della metro per estendere la rete del viaggio rapido, l'open world costruito da Techland continuerà senza sosta ad offrirvi ottime ragioni per allontanarvi dalla rotta prestabilita, e accogliere di buon grado l'ennesimo invito alla divagazione ludica.

    Viste la varietà complessiva di queste diversioni, facciamo fatica a considerarle come un semplice pretesto per "allungare il brodo" e giustificare le dimensioni ragguardevoli della mappa: la gamma delle attività comprende jumping puzzle a diversi gradi di difficoltà, enigmi ambientali, incarichi secondari, miniboss da abbattere, laboratori da esplorare e collezionabili che permettono di approfondire la lore di Villedor.

    D'altronde il fascino decadente della metropoli è una delle ragioni per cui è così facile lasciarsi tentare da queste digressioni, che permettono di posare gli occhi su un caleidoscopio di scorci incantevoli, sostenuti dai meriti di una direzione artistica di ottima fattura.

    Di contro, va detto che il comparto tecnico di Dying Light 2 non si dimostra altrettanto valido, e non solo per quel che riguarda il puro dettaglio grafico. Se è vero che l'ultima epopea di Techland mostra chiaramente i limiti di un engine concepito nella scorsa generazione, specialmente per quel che riguarda la modellazione poligonale e lo shading delle superfici, il connubio tra sistema d'illuminazione ed effettistica (riflessi, volumetrici, particellari) riesce ad esaltare più che degnamente le tese atmosfere che caratterizzano il gameplay, nonché la resa generale delle ambientazioni. Sfortunatamente il costo in termini di risorse ci è sembrato più oneroso di quanto non fosse legittimo aspettarsi, tanto che sulla configurazione di prova abbiamo un po' faticato ad ottenere un frame rate stabile in 2K e optando per il preset "alto".

    Le cose cambiano, e non poco, attivando il DLSS o l'FSR: come di consueto, la tecnologia di Nvidia raggiunge una qualità dell'immagine praticamente indistinguibile da quella a risoluzione nativa, mentre la Super Resolution di AMD offre comunque risultati più che soddisfacenti. In entrambi i casi il guadagno in termini di fps è consistente, anche se capita ancora di imbattersi in fenomeni di stuttering apparentemente slegati dall'effettivo affollamento della scena renderizzata. Il titolo offre inoltre un sistema di upscaling lineare che però tende a "sporcare" considerevolmente l'immagine finale.

    Come prevedibile, la pesantezza del gioco cresce in maniera netta optando per il preset ultra, che utilizza il ray tracing per gestire ogni aspetto dell'illuminazione. In questo contesto, abbiamo faticato a mantenere una buona fluidità perfino su una possente RTX 3080 Ti, ma possiamo garantirvi che le differenze in termini di resa complessiva sono molto più che palpabili, in linea con le caratteristiche di un'esperienza che fa del ciclo giorno/notte uno degli elementi centrali del gameplay.

    Allo stato attuale, insomma, Dying Light 2 mostra qualche tentennamento sul versante dell'ottimizzazione, per quanto la patch del day one ne abbia ridotto l'entità, così come l'insorgenza di bug o glitch. Passando al sonoro, il gioco vanta un comparto audio di tutto rispetto, specialmente per ciò che concerne gli effetti, in grado di esaltare alla perfezione le sfumature ansiogene della proposta. Ottimo anche l'accompagnamento sonoro e il doppiaggio in inglese, mentre la localizzazione in italiano manifesta purtroppo errori grossolani, che in alcuni casi arrivano ad adulterare il senso dei dialoghi.

    Dying Light 2 Dying Light 2Versione Analizzata PCDying Light 2: Stay Human è un titolo che fatica a sostenere il peso delle sue ambizioni, come conseguenza di un percorso di sviluppo che con tutta probabilità si è rivelato più accidentato del previsto. L'epopea di Aiden Caldwell si muove tra le maglie di una campagna che sembra essere stata notevolmente ridimensionata rispetto alle intenzioni iniziali, privata di alcuni tasselli narrativi la cui assenza si fa sentire a più riprese nel corso dell'avventura. Il racconto risulta quindi disorganico e frettoloso, costellato di scelte che solo di rado sembrano avere conseguenze significative sullo scorrere degli eventi e sulle sorti della città. Fortunatamente il comparto ludico, seppur non impeccabile, conferma la bontà della formula messa a punto da Techland, e propone diverse migliorie di valore. Ci sono poi da considerare i pregi di un open world stracolmo di diversioni ludiche e narrative da non sottovalutare, che spingono il giocatore a superare agilmente le 15-20 ore necessarie al completamento della questline principale, lasciandosi tentare dal richiamo di un'ampia gamma di incarichi secondari, sfide e attività collaterali. Sebbene il titolo non brilli dal punto di vista del polishing e dell'ottimizzazione, la qualità della direzione artistica contribuisce ad alimentare il fascino magnetico di Villedor, palcoscenico di un'ordalia post apocalittica tanto imperfetta quanto stimolante.

    CONFIGURAZIONE PC DI PROVA

    • CPU: i9 10900K
    • RAM: 32 GB DDR4
    • GPU: RTX 2080 Super
    7.6

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