Dynasty Warriors: Godseekers Recensione

Dynasty Warriors: Godseekers è uno strategico a turni che non rinnega l'anima "musou" del brand ma la rielabora in modo inedito.

Dynasty Warriors: Godseekers Recensione
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Disponibile per
  • PS3
  • PSVita
  • PS4
  • Il brand "Dynasty Warriors" non ha certo bisogno di presentazioni. Basata sul mitologico periodo dei Tre Regni la serie, sempre firmata dai coriacei Omega Force, è arrivata a spegnere venti candeline rimanendo sostanzialmente identica a se stessa, ma senza mai perdere quello zoccolo duro di fan faticosamente guadagnato nel corso di diverse generazioni di hardware. Il marchio si è via via espanso fregiandosi non solo di "featuring" illustri con franchise di peso come One Piece, Hokuto No Ken e Gundam, passando - prossimamente - per Fire Emblem, ma anche di rivoli secondari, tesi a esplorare altri generi. Dalla serie principale (la quale, proprio quest'anno, dovrebbe arricchirsi del nono capitolo) sono nate le varie declinazioni strategiche "Empires" caratterizzate da un'anima scissa tra meccaniche strategiche/gestionali ponderate e quelle frenetiche tipiche della serie.
    Insomma, abituati ormai da tempo immemore a vedere riproposta sostanzialmente la solita minestra condita solo da spezie diverse, ci siamo avvicinati a Dynasty Warriors: Godseekers con un certo timore. Invece, con la loro ultima fatica i ragazzi del team interno a Koei Tecmo hanno cercato di togliere (non senza una buona dose di coraggio) l'imponente strato di polvere accumulato sul rigido immobilismo del brand, riuscendo addirittura a proporci qualcosa di diverso dal solito. Qualcosa che unisse il ritmo ragionato di uno strategico turn based alla vena caciarona e frenetica che, oramai, padroneggiano con maestria. Se abbiamo detto "diverso" e non "nuovo", c'è un motivo. Forse alcuni di voi ricorderanno che, nei primi anni 2000, la serie Warriors si arricchì di due episodi strategici a turni chiamati, appunto, Tactics. Godseekers, per certi versi ce li ha ricordati.

    Alla fine arriva Godseekers

    Tra le novità proposte da questa ennesima iterazione del brand, comunque, non figura il setting il quale rimane fedele alla tradizione e si focalizza sul turbolento periodo storico che vide la Cina diventare impero. La serie firmata da Koei Tecmo lo rivisista, da sempre, a modo suo prendendo spunto dal mastodontico Romanzo dei Tre Regni (Wei, Shu e Wu) di ispirazione cinquecentesca. Quest'ultimo, infatti, narra il lungo processo culminato nel 280 d. C. e che portò all'unificazione di tutte le province della Cina sotto un unico sigillo imperiale. Rispetto agli altri esponenti della medesima storia, Dynasty Warriors: Godseekers cerca di proporci un punto di vista differente, maggiormente astratto. Come da tradizione, il titolo degli Omega Force si avvale della partecipazione del nutritissimo stuolo di comprimari. Questi ultimi andranno a vivacizzare un intreccio narrativo, in realtà, non proprio esaltante che prende piede dalla solita rivolta dei Turbanti Gialli. Per questo episodio, il ruolo di attori principali è stato affidato a Zhao Yun (vecchissima conoscenza della serie) e Lei Bin. I due sono amici d'infanzia e, mentre Zhao Yun appare come il classico combattente tutto d'un pezzo, Lei Bin è più attratto dalla storia e dalle antiche leggende. Guidati da questa passione i due si mettono in cammino verso la regione del Changshan alla ricerca di prove circa alcune dicerie relative a una leggenda che si perde tra le pieghe del tempo. Inaspettatamente, dopo l'ennesima azzuffata con i ribelli dei Turbanti Gialli, i due scoprono una misteriosa ragazza intrappolata da un incantesimo negli oscuri recessi di una caverna. Liberata, si rivela un essere diverso dai comuni mortali, dotata di capacità magiche che si riveleranno fondamentali durante la pericolosa avventura che li attende. Il gruppo, infatti, deve attraversare il paese alla ricerca di alcuni oggetti in grado di controllare gli elementi e, nel farlo, è costretto ad affrontare avversari sempre più letali. Strada facendo, però, il gruppo incontrerà anche una pletora di alleati pronti a combattere al loro fianco. Il canovaccio narrativo, insomma, prosegue liscio nella sua semplicità, demandando ad altro l'approfondimento del contesto. Il giocatore può infatti esplorare i classici rapporti interpersonali e le varie side story attraverso una sezione apposita chiamata "Path of Destiny" in cui, proseguendo con l'avventura, il fato dei molti eroi si intreccia ampliando il background narrativo attraverso gli immancabili dialoghi e scenari bonus i quali renderanno possibile sbloccare nuovi generali da arruolare. Per incentivare il giocatore a dare un'occhiata alle storie secondarie, il team di sviluppo ha inoltre pensato di mettere in palio ricompense, come consumabili e oro, da sfruttare nel corso della campagna. L'idea di suddividere l'esperienza di gioco in due filoni paralleli ci è parsa tutto sommato azzeccata, visto che sfronda il percorso principale da orpelli superflui che potrebbero appesantire l'incedere, lasciando al giocatore piena libertà sui tempi e i modi con cui approfondire il sostrato narrativo.

    Musou Tactical Strategy

    Dynasty Warriors: Godseekers è uno strategico a turni. Questa affermazione, se estrapolata dal contesto, basterebbe per allontanare il titolo da canoni scolpiti nel marmo. In realtà, il team non rinnega l'anima "musou" che vede pochi, potentissimi, eroi sterminare interi eserciti bensì la rielabora, riproponendola in un modo del tutto inedito che strizza l'occhio chi non ha mai masticato pane e strategia turn based. Insomma, per citare due esempi presi a caso, gli strateghi di lungo corso non si aspettino di trovare la medesima profondità e cattiveria tattica di Final Fantasy Tactics o di Fire Emblem.

    Ciò nonostante, la semplificazione funziona molto bene e si sposa alla perfezione con la leggerezza tipica del brand. Il gameplay rimane, sostanzialmente, molto simile a quanto siamo abituati a vedere in ogni strategico a turni che si rispetti. L'avventura si divide in scenari principali e scontri secondari, slegati dalla trama ma assolutamente necessari per grindare esperienza e aumentare il livello degli eroi, come diremo tra breve. Dopo una rapida preparazione in cui si sceglie quali generali schierare, il loro posizionamento e gli obiettivi di missione (imprevedibili, visto che possono variare anche nel bel mezzo dello scontro aggiungendo così un pizzico di difficoltà in più) si scende sul campo di battaglia, reso attraverso le classiche scacchiere isometriche tridimensionali. Ogni eroe possiede un ben determinato quantitativo di caselle entro cui muoversi; esaurita questa fase è possibile utilizzare un consumabile, attaccare il nemico - se si trova nel raggio d'azione dell'arma - oppure difendersi. Sotto questo profilo diviene fondamentale il posizionamento, in quando l'attacco subìto ai fianchi oppure alle spalle porta al conseguente aumento dei danni. Sin qui, nulla di nuovo, se vogliamo considerare le mere dinamiche strategiche. La fase di attacco, invece, risulta esser quella in cui si notano maggiormente le commistioni tra diversi generi. Come di consueto, in ogni scenario il nostro sparuto gruppo di sodali dovrà vedersela con orde di nemici "comuni" capeggiati da generali ben più aggressivi. Gli eroi, a seconda della disponibilità d'energia, possono concatenare più attacchi sino all'esaurimento della relativa barra. Inoltre, non poteva mancare una mossa speciale "musou" che permette al generale di turno di calare sul nemico un devastante attacco, capace di spazzare più caselle e portare un incalcolabile quantitativo di danni. Eliminando le pedine avversarie si riempirà una barra chiamata "Synchro" la quale, una volta completa consentirà a due o più eroi di attaccare contemporaneamente, anche in questo caso con esiti forse gratuitamente distruttivi, per chi è abituato a fare i conti con parametri più "seri" come statistiche, percentuale di danno, efficacia e simili.

    Al termine di ogni scontro si guadagnano oggetti e armi (ce ne sono circa 1.200) con cui equipaggiare gli eroi al nostro servizio. A questo proposito, Dynasty Warriors: Godseekers possiede un rudimentale sistema di crafting. Ogni arma può essere potenziata, presso un fabbro, oppure riforgiata: questo significa distruggere un oggetto per estrarne le caratteristiche e infonderle in un'altra arma, in modo da creare uno strumento di morte molto più potente. La crescita dei personaggi, invece, avviene in automatico. Salendo di livello, vengono sbloccati punti esperienza da spendere in articolati skill tree in cui aumentare parametri, salute e abilità speciali con cui equipaggiare gli eroi. Ogni combattente può avere sino a tre skill equipaggiate, le quali sono soprattutto passive, come l'incremento percentuale del danno critico, +15% di cura all'inizio di ogni turno e così via. Pur essendo abbastanza semplice e molto intuitiva, la micro gestione del proprio manipolo di eroi ci è sembrata curata al punto giusto da portarci a studiare gli asset dei personaggi per trovare il corretto equilibrio sul campo di battaglia. Una attività che può dare soddisfazione se si affrontano gli scenari al livello di difficoltà massimo.

    Meglio non rischiare?

    Infine, alcune considerazioni devono essere svolte riguardo al lato puramente tecnico del titolo. Sotto questo punto di vista, Dynasty Warriors: Godseekers rientra pienamente nei canoni della serie di cui porta il nome. Non dimentichiamo che Godseekers è giunto non solo su PlayStation 4, ma anche su Vita e Playstation 3 (versione, quest'ultima, limitata al mercato nipponico). È normale, dunque, che l'ultima fatica degli Omega Force non brilli per bellezza e pulizia grafica, nonostante l'engine debba sopportare un minor carico poligonale, vista l'assenza di un'effettistica particolare e di centinaia di soggetti presenti sullo schermo. Come al solito ad essere caratterizzati in maniera certosina sono solo gli eroi, ovviamente a discapito di ogni altro elemento di contorno, presentatoci sempre in modo spoglio e anonimo. Gli scenari, in effetti, si differenziano tra loro unicamente per la diversa conformazione del terreno e per qualche particolare caratteristica ambientale, altrimenti apparirebbero tutti uguali. Lo stesso discorso deve essere fatto anche per le numerose cut scene che tengono insieme gli scenari della campagna principale. Comprendiamo che il focus debba essere orientato verso i protagonisti, ma qualche elemento di contorno maggiormente strutturato di certo non avrebbe guastato. Su PlayStation 4, inoltre, il titolo soffre di una certa povertà poligonale nonché di un frame rate stranamente ballerino, che varia a seconda del livello di zoom della telecamera sull'azione di gioco. Insomma, anche provando a cambiare genere, i ragazzi di Omega Force hanno preferito andare sul sicuro, utilizzando ciò che avevano già in casa.

    Dynasty Warriors Godseekers Dynasty Warriors GodseekersVersione Analizzata PlayStation 4Dynasty Warriors: Godseekers non ambisce a scalzare dal trono i mostri sacri del genere strategico turn based. Gli strateghi di lungo corso, dunque, possono mettersi l'anima in pace: il titolo, ovviamente, non punta a emulare Fire Emblem o Final Fantasy Tactics. Va comunque riconosciuto il merito ai ragazzi di Omega Force di aver provato a proporci qualcosa di diverso dal solito, qualcosa che finalmente non fosse un semplicistico copia/incolla con appiccicato il marchio "Dynasty Warriors". Insomma, Godseekers è il risultato di una curiosa - e tutto sommato riuscita - ibridazione scaturita dall'innesto di alcune caratteristiche da musou caciarone (classiche degli episodi regolari) su una struttura più ragionata che è riuscita nell'intento di rendere il titolo accessibile, leggero e divertente anche ai novellini della strategia a turni. Il titolo potrebbe ambire a una valutazione più elevata ma soffre di alcune magagne, purtroppo, come un intreccio narrativo trascurabile privo di grande mordente e ovviamente un comparto tecnico davvero sottotono. Quest'ultimo, però, più che un difetto può quasi essere considerato il marchio di fabbrica del team nipponico.

    7.5

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