Recensione Eat Lead: The Return of Matt Hazard

Il più grande eroe degli anni '80 (?) è pronto per "tornare" sui nostri schermi

Eat Lead
Recensione: Xbox 360
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Fin dai loro albori i videogiochi ci hanno abituati a qualunque registro espressivo: un giorno possiamo essere dei Marine spaziali che combattono su Helgan, per poi trasformarci in maghi persi in un medioevo abitato da elfi e nani semplicemente cambiando DvD. Rabbia, paura, eccitazione, tristezza: i giochi moderni possono affrontare qualunque emozione e, in molti casi, ottengono risultati migliori rispetto a quelli dei media tradizionali. Tuttavia i designer sembrano sempre più monodirezionali; la gran parte degli sviluppatori si sforza di immaginare trame complesse, alla perenne ricerca di una fantomatica "maturità". In pochissimi casi, invece, è stata fatta la scelta opposta, ovvero quella di costruire un gioco che facesse dell'ironia su se stesso, in grado di parodiare tutti gli stereotipi classici del nostro settore. Insomma, il videogioco non ha ancora trovato il suo Mel Brooks. Almeno fino ad oggi.

    Più potenza di fuoco che Pixel

    Matt Hazard è una star. I giochi di cui è protagonista sono sempre i più venduti, i più imitati e i più apprezzati dalla critica; che sia in Russia a combattere contro i Comunisti o alla testa di un gruppo di sopravvissuti ad un'epidemia Zombie, il suo marchio vince sempre e la Marathon Games, che lo ha sotto contratto, è la più grande software house del mondo. Ma siamo negli anni '90, e qualcosa di nuovo sta per accadere: stanno per arrivare le Tre Dimensioni. I poligoni e le texture cadranno come una valanga sul povero Matt che, abituato al suo mondo fatto di Pixel e suoni MIDI, finirà prima a partecipare come Guest Star a giochi di infimo livello e infine sarà dimenticato dalle nuove generazioni. Ma non tutto è perduto: oggi, all'alba della next-gen, un misterioso imprenditore ha rilevato Marthon ed è deciso a rilanciare l'immagine di Matt, proponendogli la parte del protagonista in un nuovo gioco d'azione.Fin qui le cose sembrano andare per il verso giusto ma quando, nei panni di Matt, inizieremo il gioco vero e proprio, ci accorgeremo che c'è qualcosa di molto strano. Appena superato il primo livello cominceranno a pararci contro nemici del tutto fuori luogo, come Cowboy e soldati russi. Non bastasse, l'ambientazione cambia di continuo e, semplicemente aprendo una porta, ci troveremo prima in un ristorante giapponese gestito dalla Yakuza, e poi in una città della Frontiera Americana. Decisamente c'è qualcosa di strano.La risposta a tutte le nostre domande arriverà però in fretta: una volta completato il livello una misteriosa ragazza, nota solo come QA, ci avvertirà che qualcuno sta modificando il codice sorgente del gioco per fare in modo di uccidere Matt, cancellando i suoi salvataggi e facendogli incontrare tutti i nemici che aveva sconfitto nella sua ventennale carriera. Per scoprire chi c'è dietro a questo delirio ludico e per salvarci la vita, dovremo cercare di finire il gioco, ma non sarà assolutamente semplice.I ragazzi di Vicious Cycle sono stati coraggiosi, bisogna ammetterlo: gli ammiccamenti meta-mediatici presenti in Eat Lead sono tanti e sparsi per i vari livelli con un gusto ironico davvero pregevole, le battute di Matt riguardo suoi "colleghi", come per esempio quella "Pollastra inglese che se ne va in giro a depredare tombe" sono caustiche, e colpiscono al cuore qualsiasi giocatore. Ma i rimandi non si fermano qui: ogni singolo livello è richiama in maniera più o meno esplicita un grande blockbuster del passato. Il tutorial è una chiarissima parodia del primo Hitman, mentre il boss finale di un livello avanzato è una variante schizofrenica e egomaniaca di un certo spadaccino biondo che i Fan dei JRPG conoscono fin troppo bene. Oltre ai personaggi e alle ambientazioni, i Vicious prendono in giro anche i cliché classici dei vari generi ludici: a Matt capita di esclamare "ah, se in questo gioco ci fosse il God Mode" quando moriremo per troppe volte di seguito, oppure vedremo scomparire alcune suppellettili dei livelli perché "c'è un baco nel codice" e via di questo passo. In Eat Lead le chicche sono molte e sta alla cultura ludica (e al senso dell'umorismo) di ciascuno saperle cogliere. E vi assicuriamo che alcune non sono per nulla scontate, dato che vengono tirarti in ballo anche una famosa catena di negozi e un paio di case produttrici di Hardware. Era dai tempi del castello del camaleonte Nerd (in Super Paper Mario) che i videogiochi non si prendevano in giro da soli in maniera così sopraffina.

    Ehi, quel fucile è lungo come il mio... come il mio... ehm...

    Purtroppo però alla grande cura riposta nel comparto artistico - culturale (i trailer del gioco che girano su internet sono tra i migliori esempi di marketing virale degli ultimi anni) non fa eco una qualità equivalente nel gameplay. Appiattendosi sulla lezione di Gears of War, Eat Lead non fa nulla per distinguersi dalla massa degli sparatutto in terza persona, e propone una struttura di gioco vecchia di almeno due anni. In tutti i livelli non dobbiamo fare altro che nasconderci e sparare, di continuo, finché, dopo aver eliminato tutti i nemici, non si aprirà la porta che ci condurrà allo stage successivo. L'interazione fisica con l'ambiente è ridotta ai minimi termini: qualche vaso che scoppia, un paio di bidoni che si ribaltano e nulla più; troppo poco nel 2009. Stesso discorso per l'IA dei nemici, ferma al classico avanza e spara, incapace di applicare anche la tattica meno complessa. Che siano russi, picciotti mafiosi, robot o zombie, i cattivi hanno tutti lo stesso pattern di comportamento e seguono sempre percorsi precisi, perciò, una volta memorizzati, sarà fin troppo facile aver ragione anche dei livelli che, in teoria, dovrebbero essere più ostici. A rendere le cose un pochino più movimentate ci pensa un rudimentale sistema di power up che si renderanno disponibili completando i vari livelli; premendo il tasto Su sul D-Pad potremo per esempio, caricare i nostri proiettili (e i nostri pugni, nel corpo a corpo) con una speciale miscela ghiacciata che, oltre a renderli decisamente più letali, bloccherà temporaneamente l'avanzata dei nemici. Oltre al ghiaccio avremo a disposizione anche altri potenziamenti, sempre su base elementale (fuoco, roccia e via di questo passo), ma dovremo stare molto attenti nel loro uso perché consumeremo una barra energetica che potrà essere ricaricata solo sconfiggendo alcuni particolari nemici che, alla loro morte, rilasciano "brandelli di codice" che ricaricano le nostre statistiche. In ogni caso questo sistema di power up non toglie al Gameplay la sua intrinseca ripetitività e non è assolutamente necessario saperlo padroneggiare per avanzare nel gioco. Non è escluso che alcuni giocatori si dimentichino addirittura di averlo a disposizione.
    Tecnicamente il gioco si basa sul Vicious Engine, un motore di gioco proprietario sviluppato dagli stessi Vicious Cyle che, a fronte di una presunta facilità di programmazione, non garantisce però gli standard grafici cui ci siamo abituati con produzioni odierne. Le texture sono piatte e prive anche degli effetti di superficie più banali, gli effetti particellari mancano completamente e, a fronte di una buona modellazione dei personaggi principali, il gioco paga lo scotto di una componente scenica davvero carente, addirittura misera anche rispetto ad altri giochi a medio budget, per non parlare dell'imbarazzante confronto con giochi come Gears of War 2 o Killzone 2. Buone invece le musiche, che mischiano motivetti polifonici che sembrano usciti direttamente dal chip sonoro di una console degli anni '80 a gradevoli brani orchestrati che riprendono i temi dei vari livelli. Il doppiaggio italiano sarebbe anche gradevole, con voci azzeccate e un adattamento che, stranamente, ha cercato di rendere bene le varie strizzatine d'occhio alla cultura ludica, peccato però che il sincrono del labiale non sia perfetto e, in molti casi, capita che il personaggio continui a muovere le labbra per qualche secondo nonostante la battuta sia già finita da un pezzo.
    In conclusione, Eat Lead è un gioco ambiguo, raggiunge e supera di gran lunga la sufficienza nel suo tentativo di prendere in giro un'industria che, da ormai troppi anni, è diventata boriosa e arrogante, ma cade miseramente dal punto di vista del gameplay, riducendosi a una variante moderna di space invaders, in cui sparare all'impazzata senza riflettere troppo. Non che questo sia un difetto in sé, ma la noia si fa avanti molto velocemente e purtroppo non bastano le poche sezioni costruite usando gli ormai famigerati "quick time events" per risollevare un gioco che ha il suo più grande difetto proprio nella ripetitività. Con qualche livello in più, un paio di sezioni "alternative" (alla guida di un mezzo, per esempio, o in cooperativa) Matt Hazard avrebbe potuto essere un grande gioco, purtroppo non è andata così, ma premiamo lo stesso lo spirito dissacrante che pervade tutti i livelli. E poi, volete mettere la soddisfazione di vedere un Rambo nerboruto che prende in giro Master Chief (qui ribattezzato Master Chef) e Mario (Capitan Carpentiere) solo per il gusto di farlo?

    Eat Lead Eat LeadVersione Analizzata Xbox 360Eat Lead partiva da uno spunto interessante: scherzare bonariamente sulle idiosincrasie e sui vizi del videogioco, parodiando alcune delle sue icone più famose. Possiamo dire che l’operazione è riuscita a metà. Da un lato funziona il tentativo satirico degli sviluppatori, dall’altro le carenze del gameplay fanno di Eat Lead un gioco appetibile solo per veri appassionati, in grado di cogliere tutte le citazioni sparse nei livelli, che saranno disposti a passar sopra a un impianto di gioco ripetitivo e a una grafica superata. Gli altri si troveranno fra le mani un Action Game mediocre e nulla di più.

    6

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