Elden Ring, un open world immenso e complesso: recensione in corso

Abbiamo esplorato a lungo l'Interregno, ma non siamo ancora pronti per dare un voto. Nel frattempo vi raccontiamo le nostre impressioni.

Elden Ring: verso la recensione
Recensione: PC
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • C'è un concetto sottile che serpeggia nei mondi immaginati da Hidetaka Miyazaki: la faticosa accettazione della fine. Tutti gli universi costruiti dalla mente creativa che guida la visione di FromSoftware sono sconfitti, cadenti, esanimi. La morte li pervade oppure li attende, inevitabile; l'oblio è il destino che tocca alle genti e alle civiltà. Cosa c'è di più naturale della morte, del resto? Spegnersi e lasciare posto al nuovo è un processo inevitabile che toccherà a tutti noi, alle nostre opere, alle nostre conquiste.

    Accettare la morte è tuttavia difficile e faticoso. C'è sempre qualcuno che tenta di rimandarla, se non addirittura di sconfiggerla; magari sacrificando quello che ha di più prezioso: la propria umanità. Che sia Gwyn, disposto a ravvivare la fiamma pur di conservare una pallida versione del suo regno, deteriore eppure sfuggita alle tenebre del nulla, che siano i culti o le filosofie nate nelle terre degli Ashina, impegnati nell'ascetismo e nella sperimentazione medicinale, la morte è vista dai più come un grande nemico. Anche Elden Ring parla di morte. Del resto l'avventura del Senzaluce comincia a Sepolcride (se volete approfondire, ecco il racconto delle prime ore di esplorazione di Sepolcride), terra cimiteriale delle lapidi e dei grandi riti funerari, terra di catacombe senza fine e di spade conficcate nel terreno a memoria dei caduti.

    La luce della morte: una narrativa più esplicita, ma sempre ermetica

    Eppure la prima cosa che ci accoglie in questo regno non è la tenebra, ma la luce: quella dorata di una grande albero sacro, quella flebile di un piccolo frammento di Grazia. Anche Sepolcride - come tutto l'Interregno - è un mondo spacciato: gli intrighi degli uomini lo hanno ferito, le lotte di potere di chi voleva afferrare le virtù degli dei lo hanno spezzato definitivamente.

    Ma forse c'è ancora qualcosa da salvare, in questo inferno di redivivi e creature dolenti; poche scintille preziose, memoria flebile di un accordo divino ormai perduto. Viene da chiedersi se il viaggio alla ricerca delle Rune Maggiori non sia proprio questo: un percorso per comprendere che anche nella morte può esserci armonia. Oppure chissà, qualcuno potrebbe interpretare la parabola del Senzaluce nella maniera opposta: la sua avventura è un cammino alla ricerca della vera marcescenza, nascosta sotto terra, nelle radici malate degli alberi dorati: celata alla vista eppure ineliminabile, morbosa, consustanziale all'esistenza. L'unico modo per cancellare il peccato degli uomini che hanno sfidato la divinità è quello di bruciare ogni cosa, anche i ricordi residui di un tempo glorioso? Come spesso accade per le opere di Miyazaki, il sottotesto del racconto è sfumato e aperto a più di un'interpretazione. Se è vero che le storie e le motivazioni di certi personaggi sono molto più esplicite, e che le vicende delle casate e dei loro signori vengono messe in risalto con più attenzione, la narrazione centrale resta ancora ermetica, a tratti criptica.

    Ed è una fortuna: nella poetica tenue e nebulosa di FromSoftware si trova, a mio avviso, una grande ricchezza. Stimolare una discussione, incentivare il pubblico a dare la propria lettura delle vicende, è un altro tassello di quello che i Souls hanno innescato: un grande sforzo comunitario di analisi e decodifica, che con Elden Ring verrà rinnovato con forza epocale.

    Un gioco immenso: esplorazione incessante

    La ricchezza del prodotto, del resto, non è solo tematica, ma anche contenutistica. Elden Ring è un gioco che non esito a definire immane: un prodotto le cui dimensioni lasciano sinceramente spiazzati. In circa sessanta ore di traversata dell'Interregno è difficile ricordare un momento in cui non sia stato accompagnato dall'estasi di nuove scoperte.

    L'esperienza comincia a Sepolcride, una delle cinque aree principali in cui è divisa la mappa. In questa fase si prende confidenza con l'idea di Open World costruita da FromSoftware, scoprendo un mondo che non è solamente vasto, è ma denso e straripante di stimoli. Prima che si diriga verso il castello che troneggia sull'area, dove si nasconde uno dei furenti semidei, l'attenzione del Senzaluce viene catturata da grotte e caverne che si estendono nel sottosuolo, da rovine antiche che celano misteriosi forzieri, da accampamenti presidiati che proteggono chissà quale tesoro.

    Si comincia così a scandagliare gli spazi di gioco, seguendo ora i suggerimenti scritti nelle lettere acquistate dai mercanti, ora gli indizi che arrivano direttamente dall'ambiente. Elden Ring ha un sistema molto efficace per tenere il giocatore costantemente avvinto e incuriosito, per suggerirgli una direzione senza mai imporgliela, mentre gli spiega gradualmente quali tipologie di sfide e contenuti sta per affrontare.

    Poco a poco capiamo che le statue che ritraggono una sinistra figura puntano nella direzione di catacombe, al termine delle quali troveremo le Ceneri dell'Evocazione, ovvero quegli oggetti che ci permetteranno di materializzare alleati spiritici sul campo di battaglia. Sulla mappa, invece, delle piccole voragini rosse segnalano le miniere del regno, dove recuperare Pietre per la forgiatura grazie alle quali migliorare le armi normali (fino a +25) o quelle speciali (fino a +10). Gli scarabei magici che sostano in giro per il mondo, sfuggenti quanto le lucertole scintillanti dei Dark Souls, ci concedono invece le Ceneri di Guerra, ovvero le mosse speciali da assegnare alle varie tipologie di armi, per personalizzare ulteriormente un moveset già abbastanza sostanzioso. Succede in pratica che l'esplorazione curiosa e partecipe, oltre che mettere il giocatore di fronte alle prime sfide e a diversi boss opzionali, gli consegna poco a poco gli strumenti per scolpire la propria build, tra armi, stregonerie e incantesimi, talismani.

    L'idea che ci siamo fatti è che FromSoftware abbia voluto costruire un sistema molto più libero e dinamico, ma anche molto più "esigente" in termini di partecipazione del giocatore: se vuoi ottenere gli oggetti che ti permetteranno di affrontare con più serenità le difficoltà del gioco, devi guadagnarteli. Devi osservare, esplorare, rischiare.

    Devi vivere quel mondo per diventarne padrone. Un altro esempio di questo meccanismo riguarda proprio le Rune Maggiori, estratte dalla fredda carne morta dei boss principali, e le loro Rimembranze (di fatto le loro anime, che permettono classicamente di forgiare armi e incantesimi unici).

    Le Rune, che possono essere temporaneamente attivate - grazie ad un oggetto consumabile - per aumentare statistiche e resistenze, hanno perso il loro antico potere, e devono essere riaccese nelle grandi Torri Sacre.

    Alcune di queste Torri sono molto complesse da trovare; richiedono di perlustrare con attenzione la mappa di gioco, oppure dedicarsi a delicate sessioni di salti dalla difficoltà mefistofelica. Le Rimembranze, invece, possono essere duplicate al fine di ottenere tutte le armi uniche in una singola run, ma per farlo è necessario trovare colossali santuari semoventi, che ricordano alla lontana le creature delle Lande Proibite di Fumito Ueda (per approfondire vi rimandiamo al nostro speciale sulle terre proibite di Shadow of the Colossus). Uno degli aspetti che più mi ha colpito di Elden Ring è insomma il senso costante di gratificazione che si prova esplorando Sepolcride, e poi le paludi di Aeonia a Est, o gli altipiani di Caelid che si estendono invece a Nord. Le ricompense vengono elargite con costanza, ed il coraggio viene premiato considerevolmente.

    L'operazione creativa, tra dungeon e ricicli

    Bisogna ammettere che in certi casi, soprattutto nella prima metà dell'avventura, questa sensazione di grande appagamento viene controbilanciata da un'amara sensazione di riciclo. In questo caso non mi riferisco al nucleo delle meccaniche di gioco, apertamente recuperato dalla saga di Dark Souls, al punto che ad una prima occhiata si potrebbe qualificare Elden Ring come una nuova propaggine della vecchia trilogia.

    Ritengo che considerazioni di questo tipo siano tutto sommato ingiuste, soprattutto perché il cambio di approccio garantito dall'Open World è un fortissimo mutamento strutturale, che altera sensibilmente il sapore dell'avventura. E la libertà nella personalizzazione delle build è un aspetto tutt'altro che secondario per la caratterizzare l'esperienza. D'altra parte è impossibile non storcere la bocca quando ci si imbatte in avversari che sono estratti direttamente dai vecchi titoli: i granchi giganti di Dark Souls 3 sono solo un esempio, ma si potrebbe anche puntare il dito sui comportamenti dei Semiumani (essere bestiali che si nascondono solitamente nelle grotte di Sepolcride), sostanzialmente identici a quelli delle scimmie di Sekiro. Senza per di più una giustificazione narrativa, questo riuso di asset e avversari sporca un po' l'operazione creativa di FromSoftware. Anche in grotte e catacombe si finisce spesso per trovare versioni alternative dei soliti boss, nemici che vagano pure nell'Open World, oppure ancora varianti potenziate di avversari comuni. Il numero di dungeon che costellano l'Interregno è talmente alto che non è facile pretendere o ipotizzare uno sforzo maggiore, ma è indubbio che il senso di meraviglia o la soddisfazione della scoperta vengano a tratti mortificati da questo approccio.

    È pur vero che tanti titoli a mondo aperto sfruttano lo stesso meccanismo, non ultimo l'eccellente Breath of the Wild da cui Elden Ring recupera struttura e ambizioni.

    È molto difficile tracciare dei paralleli, soprattutto perché nei titoli FromSoftware i boss hanno una sorta di perversa sacralità completamente disinnescata dal trovarsi davanti un avversario affrontato più volte; mi viene però da dire che la soddisfazione complessiva dell'esperienza e dell'esplorazione superi in maniera netta gli scatti di insoddisfazione che si provano alla fine di qualche catacomba.

    Anche perché non bisogna pensare che tutto l'Interregno sia composto solamente da questo tipo di sfide. Anzi, si scopre che in ogni regione non c'è solamente un Legacy Dungeon principale, ma anche manieri che al tempo furono sotto il controllo dei vassalli del signore, enormi accademie di magia, torri protette da misteriosi incantesimi, villaggi maledetti e laghi guardati a vista da draghi elementali. Seguire le storie di alcuni personaggi ci porterà a vagare per aree completamente inaspettate, uniche a livello estetico e stilistico, e dopo una sessantina di ore di gioco continueremo a trovare avversari titanici e sorprendenti.

    La mole di contenuti opzionali, di questline inaspettate, di incontri e scenari inattesi è davvero imponderabile. Non utilizzo questo termine con leggerezza: sono davvero convinto che lo sforzo produttivo di Elden Ring sia impressionante, se confrontato con i precedenti titoli del team ma anche con molti titoli a mondo aperto evidentemente più iterativi e costruiti "meccanicamente".

    Il bilanciamento dell'esperienza

    Se quella che state leggendo non è una disamina completa, è perché dopo tutte le ore spese per sbloccare la mappa dell'Interregno (e delle sue profondità), dopo l'impegno profuso per raggiungere il livello 130, devo ancora scoprire il destino di alcuni personaggi chiave, uccidere un paio di semidei completamente opzionali, svelare i segreti di città condannate all'oblio.

    E ancora mi chiedo cosa si estenda sotto le fogne della capitale, forse uno degli spazi più complessi e intricati fra quelli modellati da FromSoftware, e quale sia la strategia giusta per affrontare una certa Valchiria che vi farà rimpiangere la sfida col Re Senza Nome... Chi conosce con precisione la struttura dei titoli FromSoftware avrà già capito, leggendo tra le righe, che Elden Ring porta con sé cambiamenti molto importanti relativi al bilanciamento dell'esperienza. Nonostante il sistema di statistiche non si discosti moltissimo da quello dei precedenti lavori del team, ci sono cambiamenti importanti. Per esempio il numero di slot per la memorizzazione degli incantesimi non dipende più da un parametro, ma dall'accumulo di speciali Pietre della Memoria che vanno tenute nell'Inventario (non importa equipaggiarle). Alla stessa maniera il numero di talismani, che qui prendono idealmente il posto degli anelli, aumenta recuperando delle piccole borse porta-oggetti.

    Ci sono tantissime novità nel sistema di personalizzazione che è difficile valutare con esattezza il bilanciamento di tutte le componenti, ed è questo un altro dei motivi che mi ha spinto a prendermi qualche giorno in più per analizzare il gioco. Posso dirvi che al momento ho apprezzato molto il dinamismo con cui è possibile cambiare build e approccio: ho cominciato con un incantatore classico, e l'ho progressivamente trasformato in un guerriero armato di spada e scudo magici, capace di indossare una delle armature più pesanti del gioco, soltanto lavorando su talismani e su un incremento più eterogeneo delle statistiche.

    Utilizzando un'arma speciale non ho invece sfruttato le Pietre da Affilatura, che permettono di selezionare l'affinità dell'equipaggiamento (il sistema è diverso rispetto al Closed Network Test, e non è più legato alle Ceneri di Guerra). Credo che anche questa possibilità, di trasformare una qualsiasi strumento (magari potenziato fino a +25) in un'arma magica o sacra, possa avere un effetto abbastanza dirompente nelle fasi finali del gioco.

    Mi sono accorto, nelle ultime ore del mio lungo playtest, che l'aumento di livello e il progressivo ispessimento del proprio arsenale hanno un effetto molto concreto sulla curva di difficoltà. Tornare nelle aree iniziali dopo aver affrontato quelle avanzate significa spesso perdere completamente il senso di sfida che da sempre caratterizza i titoli FromSoftware. Alcuni dei contenuti secondari diventano impalpabili, inconsistenti, perché è sufficiente un fendente per neutralizzare interi gruppi di nemici all'inseguimento.

    Si potrebbe dire che me la sono andata a cercare, ma di fatto l'Open World di Elden Ring vuole essere completamente libero, senza necessariamente suggerire un ordine preciso nello svolgimento delle varie attività. Ci sono anzi portali e trappole che trasportano il giocatore in aree inesplorate, invitandolo ad allontanarsi da Sepolcride prima del tempo.

    Così come soluzioni per scardinare la progressione della quest principale: passaggi segreti e percorsi alternativi che vi portano fin da subito nelle zone più avanzate. Stando così le cose, chi decidesse di tralasciare le attività opzionali per recuperarle prima della fine, si troverebbe di fronte a un gioco meno stimolante o appagante di chi invece decide di scandagliare l'Interregno passo dopo passo? Non sono questioni secondarie da valutare, soprattutto per un prodotto che si rifiuta apertamente di guidare il giocatore, dandogli semmai suggerimenti solo leggeri sul "livello" delle aree in cui si trova (si potrebbe pensare che il grado delle Pietre di Forgiatura sia uno di questi indizi, ma non credo che si tratti di un'indicazione sistematica). Il passaggio all'Open World, per un titolo con un impianto ruolistico così concreto, porta con sé la sfida del bilanciamento, e per me è ancora troppo presto per capire se Elden Ring l'abbia vinta senza riserve.

    La resa visiva dell'Interregno

    Che i titoli FromSoftware non abbiano mai raggiunto l'eccellenza dal punto di vista tecnico non è un mistero. Considerando la vastità del mondo di gioco e la natura multipiattaforma e cross-generazionale di Elden Ring, sarebbe stato sciocco aspettarsi un grande salto qualitativo da questo punto di vista.

    Il gioco mostra i tratti tipici di una produzione a cavallo fra la scorsa generazione e quella attuale, conservando modelli poligonali non particolarmente dettagliati e una certa oscillazione qualitativa delle texture. D'altro canto il mondo di titolo è molto ricco e certi panorami non possono che dirsi maestosi: i grandi castelli dei Lord Ancestrali troneggiano su laghi nebbiosi o costoni di roccia nera, mentre le fronde degli alberi vengono scosse dal vento di una tempesta eterna.

    Se c'è un aspetto in cui Elden Ring non delude è senza dubbio quello estetico: con un motore dal rendering non certo sontuoso FromSoftware costruisce un mondo ammantato da una bellezza magnetica. Gli acquitrini azzurri di Liurnia, attorno a cui sprofondano cave di Scintipietra, lasciano il posto agli aspri promontori di Caelid, a cui si accedere trascinati su di un montacarichi monumentale.

    Senza contare le architetture di Lyndell, la capitale, e quelle distorte di città sotterranee condannate per sempre all'oblio. Elden Ring è una grande lezione di design dal punto di vista stilistico e strutturale, un gioco che riesce a costruire, anche senza il traino degli hardware di nuova generazione, un universo indelebile, il più eterogeneo e sfaccettato mai tratteggiato dal team di Miyazaki.

    In attesa della patch del Day One, si segnalano comunque alcune incertezze nella stabilità del framerate, sia su console che su PC. Su PS5 la fluidità è garantita solo in modalità Performance, ma anche in questo caso si deve mettere in conto una gestione del level of detail a tratti un po' aggressiva. In modalità Risoluzione Elden Ring ha qualche singhiozzo quando si corre a cavallo, e quasi mai quando si esplorano i claustrofobici Legacy Dungeon o nelle aree secondarie e opzionali.

    Anche su PS4 liscia non mancano i framedrop, e la speranza è che i primi interventi del team possano risolvere la situazione. Su PC (ecco i requisiti di Elden Ring per PC) c'è da mettere in conto una migliore qualità di diversi aspetti, dagli effetti di illuminazione alle texture, inoltre gli elementi sulla distanza sono generalmente più ricchi di dettagli. D'altro canto alcuni scatti imputabili a fenomeni di stuttering si sono verificati per tutto il corso della nostra esperienza, segno che l'ottimizzazione non è proprio ottimale.

    Forse di mezzo ci si mette anche l'anti-cheat, che potrebbe appesantire il carico sulla CPU. Vedremo se anche questa situazione verrà risolta dopo il lancio. Nella mia personale esperienza di gioco (su una configurazione decisamente prestante, con un i7-10700 a 2,90Ghz e una NVIDIA Geforce 3080), non ho comunque avvertito troppa frustrazione per queste incertezze nell'ottimizzazione, che non sono tuttavia sparite del tutto neppure riducendo la qualità del rendering.

    Elden Ring Elden RingVersione Analizzata PCIl viaggio nei territori di Elden Ring sarà lungo e indimenticabile. Impressionante per quantità di contenuti, densità e costruzione del mondo di gioco, l’ultimo lavoro di Hidetaka Miyazaki rappresenterà molto probabilmente un nuovo paradigma per i titoli FromSoftware. Il che non significa che nel futuro del team non potranno esistere prodotti più lineari e inquadrati, giochi “sperimentali” o lontani dal canone dei Dark Souls come sono stati Bloodborne o Sekiro. È chiaro però che Elden Ring lascia un segno nella storia della software house, traccia un prima e un dopo. Cambia il rapporto fra giocatore e ambiente, cambia il sistema di sviluppo del personaggio e la libertà concessa all’utente. Nei prossimi giorni cercherò di concludere tutte le questline opzionali che conducono in luoghi segreti e misteriosi, dall’estensione paragonabile a quella di aree principali, e metterò sotto stress il bilanciamento nelle fasi avanzate dell’avventura. C’è ancora tanto da raccontare. Spero che vogliate seguirmi alla scoperta dell’Interregno.

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