Everhood Recensione: Undertale a suon di musica

Everhood è un'avventura onirica che cita apertamente Undertale, con un racconto ricco di mistero e un sistema di combattimento decisamente originale.

Everhood Recensione: Undertale a suon di musica
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  • Pc
  • Switch
  • Può un gioco indipendente diventare un cult? Assolutamente sì, specialmente se il suo nome è Undertale. L'opera di Toby Fox è stata seminale per il sottobosco delle produzioni indie, capace di insinuarsi nell'immaginario pop con le sue musiche, con la sua narrazione in grado di attaccare le routine ludiche a cui siamo abituati e con un immaginario molto potente, rappresentato nello spazio di pochi pixel (se volete approfondire le qualità del titolo, vi suggeriamo di leggere la nostra recensione di Undertale).

    Forse vi starete chiedendo per quale motivo abbiamo aperto la recensione di Everhood, opera di Chris Nordigren e Foreign Gnomes, citando un "mostro sacro" di questo calibro. Ebbene, il gioco di cui parleremo deve moltissimo ad Undertale, perché ne recupera alcuni punti cardine per farli propri, riuscendo però nell'impresa di apparire comunque originale e dotato di un carattere distintivo. Merito anche di un gameplay peculiare, che miscela dinamiche da rhythm game a un'esperienza potenzialmente hardcore. Ma adesso bando alla ciance: un mondo incredibile ci aspetta.

    Un racconto onirico

    Nelle battute iniziali di Everhood, un'entità non meglio precisata ci chiede se siamo disposti a cedere la nostra umanità per diventare immortali. Quale che sia la nostra risposta, ci ritroveremo nel corpo di Red, una bambola di legno sadicamente privata di un braccio. Imprigionati nel nostro nuovo corpo ligneo, dovremo affrontare un viaggio attraverso boschi fatati e discoteche affollate per recuperare il maltolto dal cattivo di turno, lungo un percorso costellato di personaggi bizzarri (come il vampiro sempre raffreddato Nosferatchu), folletti e maghi di varia indole.

    Dopo qualche ora di gioco, tuttavia, l'avventura prende pieghe inaspettate: esattamente come Undertale, anche Everhood stravolge il senso del racconto, chiedendoci di compiere alcune scelte che si ripercuotono sul finale della trama, portando a differenti epiloghi. Anticipare il plot twist principale sarebbe un gran peccato, e preferiamo quindi limitarci a ribadire ulteriormente come il lavoro di Foreign Gnomes sia estremamente vicino a quello di Toby Fox sul piano concettuale, sebbene - in un certo senso - riesca anche ad allontanarsene. L'avventura è infatti decisamente onirica, volutamente fuori fuoco ed ermetica, e anche quando - in apparenza - "fornisce le risposte" non lo fa in un modo del tutto chiaro. A onor del vero la narrazione non raggiunge mai i livelli di Undertale, e anche ottenendo il miglior epilogo possibile non non si avverte mai un senso di piena soddisfazione. Il racconto, benché sia costellato di interessanti rotture della quarta parete, non ci ha trasmesso la medesima potenza che caratterizza l'opera di Fox; ciononostante, già il fatto di poter reggere il paragone con Undertale è innegabilmente un punto a favore. Al netto di queste considerazioni sulla trama, è sul versante ludico che Everhood si mostra decisamente più originale e piacevole.

    Dance Monkey

    Ogni scontro in Everhood prende vita in un'arena a cinque corsie che ricorda apertamente l'interfaccia di titoli come Guitar Hero. Gli attacchi dei diversi avversari si muoveranno lungo questi "corridoi", e Red non potrà fare altro - almeno per la prima parte dell'avventura - che cercare di evitare i colpi in arrivo, schivando e saltando (anche contemporaneamente, grazie a una capriola).

    Seppur "semplice" sulla carta, questa idea viene rinvigorita di lotta in lotta con trovate ludiche sempre inedite: da colpi che piazzano una barriera impossibile da superare in salto, a effetti che distorcono volutamente l'immagine sullo schermo e aumentano il tasso di sfida. A questo proposito, considerando la mole di colori e luci intermittenti, Everhood è una produzione sconsigliata a chi soffre di epilessia o è particolarmente fotosensibile.

    Parlando della difficoltà, esistono cinque livelli differenti tra cui scegliere, e selezionarne uno più basso non preclude in alcun modo l'epilogo finale, dal momento che questo selettore modifica unicamente il tasso di rigenerazione della salute del protagonista. Dal canto loro, gli sviluppatori consigliano il penultimo livello di sfida, ma già alla difficoltà "normale" troverete certamente pane per i vostri denti.

    Tornando alle dinamiche degli scontri, gli avversari lanciano i propri attacchi a ritmo di musica, ricordando ancora una volta Undertale e il celebre combattimento con Sans sulle note di Megalovania. Effettivamente, il grado di complessità dei pattern nemici strizza l'occhio, anche in questo caso, all'impasto ludico costruito da Toby Fox, ma il tutto prende una piega differente col prosieguo del racconto. Basta infatti la capacità di poter rispedire gli assalti al mittente, assorbendo due colpi del medesimo "colore", per aggiungere un ulteriore substrato ludico alla lotta.

    Di contro, questo aspetto porta Everhood a imporre agli utenti un certo quantitativo di backtracking per affrontare nuovamente tutte le boss fight incontrate fino a quel momento, e un secondo ascolto "forzato" delle tracce sonore presenti. Una scelta creativa che sottolinea uno dei difetti di Everhood, ovvero una soundtrack che sfoggia pochi brani effettivamente memorabili o ben costruiti: la cospicua presenza di un'elettronica "anonima", puntellata solo saltuariamente da sonorità più articolate e che spaziano in altri generi, ci ha personalmente un po' delusi, ma in questo caso si tratta di un giudizio che rientra nella sfera della soggettività. Tuttavia, per un titolo che pone un accento così importante sulla musicalità, ci saremmo aspettati una maggiore attenzione al comparto musicale.

    Ancora una volta è la componente ludica a farla da padrone, grazie anche ad alcune curiose digressioni: per esempio, la reinterpretazione di una partita di Tennis su uno SNES, o ancora una gara di kart che cita i vecchi capisaldi del genere. Si tratta di piccoli momenti che diversificano l'esperienza, prima che l'enorme mole di domande sul prosieguo della trama prendano il sopravvento.

    Sono proprio i misteri del gioco, le piccole verità che non gettano mai una luce chiarificatrice sul cammino di Red, a tenere alta la curiosità. Un percorso di ricerca che passa da innumerevoli segreti, epiloghi nascosti e boss fight da scovare dialogando con tutti gli NPC presenti.

    Oltre le circa sette ore necessarie per raggiungere i titoli di coda, un certo epilogo sbloccherà anche la modalità New Game +, con ulteriori segreti e sbocchi narrativi. In tal senso, Everhood rappresenta una piccola miniera di scoperte da rivelare con diversi approcci, e sebbene non si raggiunga il livello di complessità della run "pacifista" di Undertale, è indubbia la cura riposta dagli sviluppatori nel tratteggiare un mondo affascinante e onirico.

    Everhood EverhoodVersione Analizzata PCEverhood deve molto ad Undertale, e sebbene strizzi volutamente l’occhio al lavoro di Toby Fox, tenta al contempo di prenderne le distanze sul fronte creativo. Un tentativo che non riesce del tutto, specialmente sul lato della scrittura e dei personaggi presenti, non sempre memorabili. Al contrario, l’idea di reinventare il sistema di combattimento sfruttando delle meccaniche da simil rhythm game è vincente, e ogni giocatore potrà trovare un livello di sfida soddisfacente per le proprie abilità senza pagare alcun dazio narrativo. Anche sul fronte delle sonorità, secondo chi vi scrive, manca la scintilla in grado di far entrare un motivetto nella testa, ma sarà la curiosità di scoprire i segreti degli immortali a tenere banco per tutta la partita (e anche oltre). In conclusione, consigliamo Everhood a tutti i fan di Toby Fox che sono in attesa che il progetto Deltarune venga finalmente concluso.

    7.8

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