Fall of Light Recensione: una lettera d'amore a ICO e Dark Souls

Il team italiano RuneHeads presenta Fall of Light, un titolo chiaramente ispirato a giochi come Dark Souls ed ICO.

Fall of Light Recensione: una lettera d'amore a ICO e Dark Souls
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  • Il mondo di Fall of Light è sprofondato nell'ombra, inghiottito da un oscuro miasma che l'ha corrotto. Non rimane più nulla di quello che sarebbe dovuto essere uno splendente regno: solo ruderi scorticati dal tempo in cui vagano entità senza senno, e viottoli riarsi dal fumo di pile di cadaveri in fiamme. La speranza in questa torva era di morte, però, non è del tutto perduta. Le leggende parlano infatti di una ragazza indaco custode degli ultimi barlumi di luce, un'angelica creatura in grado di riportare nuovamente in quelle brulle distese il caldo abbraccio del sole, il cinguettio degli uccelli, il rifiorire della ora triste vegetazione.
    RuneHeads, team italiano formato da un paio di sviluppatori, è partito da queste premesse per costruire un gioco che è dichiaratamente una lettera d'amore nei confronti di Dark Souls ed ICO. Un titolo che condivide spunti narrativi, di design e di stile con le opere di Miyazaki e Ueda, ma che prova in tutti i modi di ritagliarsi una sua personalità (adottando ad esempio una visuale isometrica). Eppure, nonostante sia possibile quasi assaporare la passione che aleggia attorno a Fall of Light, il risultato è poco incisivo, indebolito da scelte non sempre azzeccate. Ne parleremo meglio più avanti.

    Now, go...

    La nostra storia comincia in una casupola diroccata, ridotta in quello stato dalle pesanti martellate dei millenni. Accanto alla nostra logora ed enigmatica figura siede Aether, una splendente ragazza favorita dalla bellezza e dalla grazia. La fanciulla parla poco, ogni tanto si lascia sfuggire un tenero risolino o un grido di paura mentre s'acquatta. È la nostra Yorda, dobbiamo proteggerla dalle forze delle tenebre invidiose della sua sfolgorante silhouette. Il gioco ci chiede così di accompagnarla per mano e di non separarci mai da lei, e poi ci istruisce su alcune meccaniche fondamentali attraverso dei messaggi vergati sul terreno. Equipaggiata un'arma abbiamo a disposizione due tipi d'attacco, uno lento e pesante ed uno leggero ma più solerte: possiamo parare i fendenti con uno scudo ed effettuare anche una capriola, la quale, come ogni altra mossa, drenerà una parte della stamina. Con questo semplice schema di comandi in mente ci toccherà sconfiggere tutte le misere creature che oseranno attentare alla salute della nostra figliuola, tuttavia il compito non sarà sempre divertente. Al di là di un livello di sfida che cela pericolosamente la frustrazione, il combat system di Fall of Light non è entusiasmante per colpa di una monotonia imperante e di un input lag fastidioso. Sguainare un pesante spadone è sicuramente diverso dall'impugnare una coppia di lame: nel primo caso dovremo far attenzione alle tempistiche con cui sferrare il colpo per via della lentezza, mentre la seconda configurazione è più ideale per combattere con agilità; in generale, però, questa varietà d'armamentario non fa sentire troppo il suo peso nelle meccaniche di gioco. E se agli scontri un po' monocordi appaiamo anche una pletora di avversari - soprattutto i boss - scarsamente caratterizzati nei pattern, vien fuori un quadro un po' sgradevole per chi disdegna le mattanze soporifere. Fortuna vuole che il combat system non sia l'unico elemento su cui è incardinata l'esperienza di RuneHeads: come nei lavori di Miyazaki, Fall of Light si appropria infatti di un oscuro ermetismo e prova a stuzzicare la mente dei giocatori con una narrazione frammentata, che avanza per merito di brevi testi, stralunati personaggi o persino grazie ad alcuni elementi visivi. E tutto ciò è riuscito piuttosto bene ai ragazzi nostrani, che hanno provato pure a nascondere dietro un'apparente trama dark fantasy una storia ancor più intima e struggente.

    Per arrivare a lacerare il "Velo di Maya" bisognerà essere accorti esploratori e padri premurosi, superando così sezioni impegnative e forse un po' troppo "intransigenti" nella concezione (fallirne una ci precluderà il finale "buono"). Non pensate, tuttavia, che non valga la pena tentare una "perfect run", perché esplorare il mondo di gioco - al netto di grossi problemi che vi elencheremo tra qualche passo - è interessante anche solo per apprezzare il fascino delle ambientazioni. Lo stile omaggia con lampante evidenza soprattutto il mondo dei Souls: c'è una città, simile a Yharnam, in cui monatti coi forconi ardono pile di corpi in putrefazione, una fortezza piena di trappole che strizza l'occhio al Forte Ferreo di Dark Souls 2, mentre una zona costruita intorno a canoni stilistici mediorientali ci ha ricordato vagamente l'oasi di Dahlgur di Diablo III. Lo stile low poly, inoltre, si sposa bene con l'oscurità onnipresente, la quale contribuisce a nascondere la bassa densità poligonale e, allo stesso tempo, evidenziare il carisma di alcune zone più riuscite, che si contrappongono ad altre un po' approssimative in quanto a design. L'unico problema l'abbiamo riscontrato nella stabilità del framerate, che crollava in concomitanza di effetti particellari un po' esosi ed in aree arricchite con fumo e nebbia volumetrica.

    ...until you'll find what are you looking for

    Il nostro cammino al fianco di Aether è proseguito sotto le migliori stelle, l'abbiamo vista sedersi sul ciglio di un pozzo sprizzante di felicità e accompagnare il nostro incedere facendo luce col suo corpo raggiante (in sua assenza possiamo utilizzare una lanterna). Poi, però, dopo una prima parte lineare e guidata, Fall of Light è diventato improvvisamente più ampio e libero, mentre, assecondando quest'evoluzione, il level design ha acquisito complessità, rimanendo comunque sempre leggibile e mai troppo confusionario. Peccato che la telecamera isometrica abbia costretto a limitare le aree su un piano orizzontale, permettendo il ricorso alla verticalità - e non sempre in maniera consona - solo in rarissime occasioni. Di conseguenza se il mondo è effettivamente coeso e ben collegato attraverso scorciatoie d'ogni tipo, le ambientazioni non riescono mai a sollevarsi dal ruolo di mero scenario. In ogni caso nelle mappe si trovano degli Altari del Potere che, alla stregua dei falò, permettono di salvare i progressi e ripristinare vita ed equipaggiamento.

    Fall of Light non permetterà tuttavia di maneggiare le statistiche del personaggio: l'unica maniera di incrementare le nostre chance di sopravvivenza sarà quella di riempire una barra con le anime dei nemici (e fate attenzione a non morire, perché perderete tutto senza la possibilità di recuperare alcunché) e poi potenziare la salute del nostro eroe. Capiterà anche di imbattersi in potenziamenti che garantiranno più cariche di "Estus" - il nome è improprio, ma l'effetto è identico! - e di "Shadow Mode", un'abilità che rafforza la nostra foga battagliera. Ovviamente non mancano collezionabili e passaggi segreti, dove spesso sono custodite nuove armi: visto che il sistema di progressione è molto blando, è importante reperire strumenti di morte sempre nuovi e potenti, ma occhio anche qui, perché si potranno impugnare solo due diversi set, tutto il restò dovrà esser gettato a terra. In merito a ciò, non abbiamo ben compreso la scelta di voler costringere i giocatori a visitare il menù per poter cambiare configurazione, sarebbe stato molto più comodo semplificare l'operazione assegnandola, magari, ad un tasto, dopotutto l'inventario in Fall of Light non esiste. È indubbio, insomma, che il gioco di RuneHeads sia afflitto da un buon numero di mancanze, ma quella più grave ed avvilente dobbiamo ancora trattarla, e, purtroppo, è legata ad Aether. La protezione della fanciulla luminosa ed il suo ruolo essenziale in molte delle dinamiche (potenziamento della vita, attivazione degli altari-checkpoint) sono ciò su cui si basa l'intero gioco, ma oltre alla sua importanza nelle meccaniche ludiche la ragazza dovrebbe - sottolineiamo il condizionale - accalappiare anche i nostri sentimenti. Nei primi frangenti il rapporto padre-figlia funziona ed è merito della grazia quasi poetica di Aether e della sua evidentissima somiglianza con Yorda di ICO. Pian piano questo rapporto s'incrina e la radiante relazione comincia a tramutarsi in un nefasto utilitarismo, deprivato, in sostanza, di tutto quel lato emozionale che avrebbe senza dubbio fatto guadagnare tantissimo al gioco. Questo problema distruttivo è legato non tanto ad Aether in sé, che continua a catturare il nostro interesse con una sinfonia di mugugni ed onomatopee di sorpresa, quanto più ad una struttura che non riesce a valorizzare l'idea più intrigante della creatura dei ragazzi nostrani.

    Ci spieghiamo meglio: la protezione della pulzella ci costringerà in gran parte dei casi ad eliminare ogni nemico che si frappone fra lei e noi, eppure, anche se questa procedura è facilitata dai bonus passivi che ella ci garantisce quando siamo nelle sue vicinanze, abbiamo trovato davvero tedioso dover fare attenzione anche in lunghe sessioni di backtracking contro nemici più deboli. La fuga è un'opzione poco pratica: dopo qualche secondo, infatti, Aether inciamperà affannata e faticherà a starci dietro, rischiando di finire colpita da qualche fendente. La morte della giovane in realtà non è un vero dramma (ludicamente parlando), dato che basterà recarsi nella posizione del suo decesso e resuscitarla, ma in alcuni casi recuperare le sue ceneri in mezzo ad un gruppetto di nemici troppo potenti è stato un vero inferno - e vi ricordiamo che senza di lei non possiamo fare praticamente nulla. Nulla di ciò che abbiamo detto, però, ci ha mai fatto imbufalire tanto da affibbiare alla povera Aether degli epiteti poco carini. I rapimenti, quelli sì che ci hanno spinto ad utilizzare tutto il vocabolario delle bassezze. Se lasciata troppo sola o in concomitanza di momenti scriptati (che si ripetono pure ogni volta che attraversiamo un determinato passaggio), la donzella viene infatti rapita da infidi esseri delle tenebre. Possiamo impedirlo, ma a seguito del fallimento dell'impresa la bella viene rinchiusa in una gabbia e vegliata da sentinelle poco amichevoli. Per questo scherzetto siamo stati costretti a ripetere lunghe porzioni di mappa, più e più volte, immagazzinando un'acredine che poi abbiamo riversato, in maniera esclusivamente verbale, su quello che consideriamo un concentrato di malvagità. Nelle battute finali Aether era per noi solo un peso, una zavorra che eravamo obbligati a trasportarci dietro per necessità ludiche. Quella che doveva essere l'anima di Fall of Light si è perciò trasformata in un nucleo di cupi malumori. Ed i sentimenti sono stati sconfitti dal loro nemico più tenace: la forzatura.

    Fall of Light Fall of LightVersione Analizzata PCQuando si vuol costruire un’avventura intorno ad un legame umano ed emozionante tutto deve fluire con naturalezza. È necessario che tra il giocatore ed il personaggio virtuale s’instauri un rapporto sincero, mai troppo forzato da meccaniche di gameplay stringenti che rischierebbero di compromettere un equilibrio più che precario. Fall of Light non riesce nella complicatissima impresa, sbaglia nel dosare alcune scelte di design e nel costringere, con troppo vigore, a proteggere quell’indifesa ragazza luminosa. A quel punto non c’è più nulla da fare: una volta che le impellenze hanno sovrastato le emozioni, che le necessità hanno ricoperto il piacere, la situazione diviene irrecuperabile, quell’armonia che corre sul filo del rasoio non potrà mai essere raggiunta. Ma è un peccato, perché al netto di una serie di altre magagne il gioco trasuda passione da ogni poro. Solo che non è bastata: Fall of Light giace nella penombra, ad un passo da quel raggio di luce che avrebbe potuto illuminarlo.

    6.5

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