Field of Glory Empires Recensione: ascesa e caduta di un impero

Abbiamo finalmente potuto provare a lungo il nuovo grand strategy targato Slitherine e abbiamo, nel nostro piccolo, riscritto la storia classica.

Field of Glory Empires Recensione: ascesa e caduta di un impero
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  • "Nessun impero violento durò a lungo: solo quello che è moderato resiste nel tempo".

    La citazione di Seneca si adatta alla perfezione alla nuova scommessa di casa Slitherine. Il publisher britannico, oramai, è un'istituzione quando si tratta di produzioni a sfondo storico (ma non solo, basta ricordare l'ottimo Warhammer 40.000 Gladius) e conversioni digitali di board game e war game. Slitherine, da un po' di tempo a questa parte, sembra aver raccolto l'eredità della strategia ruvida e affascinante degli anni '90.
    Gli appassionati più anziani ricorderanno, tra i molti grandi nomi, la serie Battleground della defunta TalonSoft, gli indimenticabili Close Combat (serie che sta, peraltro, per essere riportata in auge, appunto, da Slitherine) o, ancora, Panzer General e così via. Ecco, Slitherine si è assunta un compito di tutto rispetto, regalando agli amanti del genere, una quantità incalcolabile di opere.
    Molti di voi, infatti, avranno probabilmente goduto della compagnia di alcuni titoli della società inglese. Order of Battle, Heroes of Normandie, Vietnam '65, Panzer Corps e via di questo passo.

    Il tratto distintivo di Slitherine? La volontà di proporre al pubblico titoli caratterizzati da una precisa aderenza storica, esattamente come quella messa in campo dalla proprietà intellettuale Field of Glory.

    Imperi spin off

    Quest'ultima è una serie nata nel 2009 che è andata a trasformare in pixel l'omonimo wargame di ambientazione storica, basato su miniature, e dedicato alle più grandi battaglie dell'antichità. Empires è, in realtà, uno spin off del franchise che si stacca dall'esperienza proposta nei due capitoli principali e si avvicina più al genere "grand strategy".
    Il nuovo capitolo pone attenzione principalmente sul bacino del Mediterraneo in epoca Classica e ne riprende il contesto geopolitico. Lo sviluppo, per l'occasione, è stato affidato al team francese AGEOD, studio (già autore, ad esempio, di Alea Iacta Est) di grande esperienza quando si tratta di strategici 4X. Questa sigla (che, come sappiamo, sta per eXplore, eXpand, eXploit, eXterminate) è stata portata all'attenzione dei giocatori di tutto il da titoli come Civilization, Master of Orion, Europa Universalis, Total War e molti altri.
    Field of Glory: Empires, in questo senso, cerca di trovare il proprio posto il questa peculiare branca della strategia proponendo agli strateghi da scrivania armati di mouse e tastiera la propria idea, fondata su una meccanica di gioco tanto peculiare quanto affascinante.

    Il potere di riscrivere la storia

    Come recita il titolo stesso, il focus della produzione si concentra sulla nascita e sull'espansione dei più grandi imperi dell'antichità. Nell'epoca presa in considerazione da Empires, il Mare Nostrum è ancora un "brodo primordiale" in cui nacquero, fiorirono e scomparvero intere civiltà. La super potenza romana, nel 300 A.C. non è ancora tale e non si è ancora affermata come il giudice supremo dei destini di milioni di persone spesso con la violenta efficienza del proprio apparato militare, incontenibile dopo le riforme dei Gracchi.
    La grande rivale Cartagine, invece, non è l'imponente impero commerciale in grado di tenere testa a quel "Senatus Populusque Romanus" che qualche tempo dopo l'avrebbe cancellata dalla faccia della Terra dopo ben tre conflitti estenuanti in cui proprio i romani rischiarono di salutare prima del tempo i libri di storia.
    Il selvaggio nord Europa è, al contrario, un ricco patchwork di bellicose tribù in costante movimento mentre, a Est, la disgregazione dell'Impero fondato in meno di dieci anni da uno dei più grandi condottieri dell'antichità vede gli eredi di Alessandro battersi per spartirsi buona parte del mondo allora conosciuto.
    In quel particolare periodo storico, però, il Mediterraneo fu anche il centro nevralgico di una vivacità culturale ed economica mai vista sino a quel momento. Cosa, quest'ultima, che diede un deciso impulso al progresso di ogni popolazione affacciatasi sulle coste del Mare Nostrum.

    L'ultima creatura targata Slitherine, insomma, ci catapulta in uno dei momenti storici più affascinanti e tormentati del Vecchio Continente e ci permette di assumere il controllo di una delle centinaia di "popolazioni" che all'epoca punteggiavano l'Europa, l'Africa e l'Asia.

    Come ogni grand strategy che si rispetti potete quindi assumere il controllo di una qualsiasi nazione storicamente attestata in quel periodo e cercare di riscrivere la storia. Volete instaurare un dominio celtico nella Penisola spazzando via romani ed etruschi? Avete sempre sognato di riunire i domini di Alessandro per poi provare a espanderlo anche a Ovest? Puntate a scongiurare la caduta di Cartagine? Potete riuscirci, cambiando per sempre il corso della storia.

    Una volta scelta la nazione, il giocatore inizia la propria avventura che si farà tanto più irta di pericoli e difficoltà quanto più insignificante sarà il popolo scelto sullo scacchiere geopolitico.

    Visto che non ci piace vincere facile, noi abbiamo evitato i "predestinati della storia" scegliendo una piccola tribù barbara, stanziata nel nord est della Penisola: i Boii. Inutile dire che l'impresa è stata improba ma piano piano (e con grandi sacrifici), siamo riusciti a dar vita a un regno di tutto rispetto, in grado di arginare l'avanzata romana. Almeno, per un po' di tempo.

    Ogni popolazione presenta bonus e malus specifici, da studiare attentamente prima di gettarsi nella mischia. La repubblica latina, ad esempio, può contare su un immenso bacino "umano" da cui attingere che consente di aumentare la compagine militare in tempi relativamente brevi. Cartagine, al contrario, è un'oligarchia commerciale, quindi possiede una grande ricchezza ma pochi uomini. Le grandi riserve aurifere, per fortuna, ci vengono in aiuto e ci permettono di fare affidamento sugli utilissimi mercenari.
    La dinastia degli Antigoni, invece, possono contare su un impero molto vasto con grandi disponibilità di oro e uomini ma sempre sempre logorata dalle guerre e dalle sollevazioni interne. Le popolazioni barbare, infine, godono di grandi bonus relativamente alla produzione agricola ma soffrono di una instabilità politica difficile da gestire.
    L'esperienza di gioco, quindi, cambia radicalmente a seconda della nazione che decideremo di condurre verso la gloria eterna.

    Ascesa e gloria di un impero

    Field of Glory: Empires, alla fin fine, non si discosta più di tanto dagli strategici 4X turn based che siamo già abituati a vedere. La gestione del nostro dominio, in questo senso, deve passare necessariamente attraverso un'oculata pianificazione infrastrutturale, economica e militare. I parametri principali da tenere sotto costante controllo sono, infatti, le finanze e il "manpower" (ovvero la risorsa cardine per lo sviluppo della nazione). Non solo: ogni singola regione sotto il nostro controllo necessita di una certosina microgestione, che ci permetterà di ottenere un bel po' di bonus, cercando di contenere entro limiti accettabili i malus che potrebbero portarci velocemente alla rovina. La microgestione risulta ovviamente fondamentale sul lungo periodo in quanto ci permette di stabilizzare la crescita della nazione e avere delle basi solide su cui poggiare la successiva espansione militare. A seconda del territorio che amministreremo, gli edifici disponibili saranno molto diversi. Potranno esserci strutture relative alla produzione di cibo, al commercio, alla produzione militare o artigianale. Senza contare gli edifici legati al culto, alla cultura e all'amministrazione, che concorrono tutti all'aumento della lealtà della popolazione e della stabilità politica.

    La situazione della nazione può essere comodamente tenuta sotto controllo grazie al pannello dedicato il quale presenta, in maniera chiara e priva di inutili fronzoli, un riassunto della situazione generale: bonus, malus, rischi, obiettivi futuri e "l'invecchiamento culturale" della nazione. Quest'ultimo è un concetto che merita un discorso a parte.

    Una volta consolidato il dominio territoriale e ammansito il popolo, si passa alla parte dedicata all'arte diplomatica e bellica, che inizia dal reclutamento ragionato dell'esercito (sempre tenendo d'occhio i costi di mantenimento e le reali necessità territoriali) sino ad approdare alla successiva gestione delle campagne contro gli agguerriti avversari.

    La fase di scontro (sempre, rigorosamente a turni) ricalca quanto già visto negli episodi principali della serie: i due eserciti si affrontano su una scacchiera tridimensionale e la risoluzione avviene attraverso il classico sistema "carta, forbice, sasso", a cui si aggiungono i modificatori relativi al tiro dei dadi, alle asperità del terreno, alle condizioni meteo, al morale, all'abilità dei generali e alla stanchezza delle truppe. È anche possibile assaltare le città fortificate, ma l'ingente quantità di risorse necessaria per sostenere un assedio non rende conveniente caricare a testa bassa gli insediamenti.

    Se possedete Field of Glory 2, potete esportare le battaglie e giocarle direttamente lì, per comandare direttamente le truppe sul campo di battaglia.
    La diplomazia, al solito, ricopre un ruolo altrettanto importante per l'egemonia del proprio stato. Accordi di collaborazione, patti commerciali o di non belligeranza, dichiarazioni di guerra e alleanze sono tutte opzioni percorribili in un periodo così turbolento. Il problema è che tale aspetto rimane forse un po' troppo marginale e superficiale rispetto all'economia di gioco. Un vero peccato.

    La decadenza, i secoli bui

    Field of Glory: Empires, come vi avevamo anticipato poco fa, introduce l'affascinante concetto di "decadenza". In effetti, i grandi imperi si sono disgregati per la concomitanza di diversi fattori: invasioni esterne, rivoluzioni, profonde crisi economiche, politiche e sociali e la decadenza nei costumi. Un po' come avvenuto, insomma, all'impero romano che, da tempo piagato da corruzione, lotte intestine, estensione territoriale impossibile da controllare e decadenza culturale, lasciò campo libero alla venuta delle orde barbariche e alla sua definitiva dissolvenza.
    Ogni impero vive una parabola che da ascendente diviene discendente: è fisiologico. Empires, imbriglia questa caratteristica in un meccanismo molto interessante. In sostanza, a ogni turno il regno subirà l'effetto della "decadenza" o del regresso. Quest'ultimo dipenderà da molteplici fattori come un lungo periodo di guerra, la fresca annessione di un territorio riottoso e instabile, carestie, debiti eccessivi e così via. Non si può far altro che combattere questa china scivolosa con interventi mirati e prudenti, come la costruzione di edifici legati, ad esempio, alla religione e alla cultura. Non solo: anche edifici unici come la costruzione delle grandi meraviglie del mondo antico daranno una spinta decisa (a caro prezzo, in termini di risorse) al progresso della nazione.

    Nel caso in cui si sottovaluti il rischio, i malus per il proprio governo saranno devastanti e potrebbero condurre la nazione verso l'inevitabile baratro della guerra civile. Guadagnando o perdendo terreno in termini di progresso, verrà influenzata anche la forma di governo e la posizione in classifica del proprio popolo. L'obiettivo di Field of Glory: Empires, infatti, non è tanto quello di sbaragliare gli avversari o unificare l'intero bacino del Mediterraneo, bensì dominare la classifica relativa, proprio, al progresso culturale.

    Un dominio...abbastanza chiaro

    Field of Glory: Empires mette da parte le vezzosità estetiche, per concentrare totalmente l'attenzione del giocatore sul suo succoso contenuto. Le schermate di gioco sono stringate e prive di fronzoli inutili; con pochi click è possibile avere sotto mano tutto quello che ci serve per governare. Ciò nonostante, una maggiore razionalizzazione nel pattern dei comandi l'avremmo preferita. Ogni tanto, infatti, risulta un po' troppo manierista e poco intuitiva, cosa che stona nella pregevole realizzazione generale. La gestione dell'IA, quando arriva il momento di cambiare turno, va un po' troppo per le lunghe e a ogni "forward" è necessario attendere che vengano elaborate le mosse di ogni nazione in gioco.

    Il comparto grafico non è certo il punto di forza del titolo che, come dicevamo, punta tutto sull'imponente offerta contenutistica: ben due campagne, una dedicata a Pirro e una generale, che abbraccia l'intera epoca classica, con decine di nazioni, unità e strutture, oltre all'affascinante sistema di progresso e decadenza della civilità. Senza contare, poi, la presenza del comparto multiplayer asincrono fino a sedici giocatori. Un sistema abbastanza macchinoso ma assolutamente perfetto per uno strategico turn based e un'esperienza di gioco necessariamente paziente e ragionata.

    Field of Glory: Empires Field of Glory: EmpiresVersione Analizzata PCField of Glory: Empires si propone come una variazione sul tema proposto dai due capitoli principali del franchise. Lo studio di sviluppo transalpino AGEOD dimostra conoscenza della materia e padronanza nel plasmare i grand strategy. Il risultato è uno strategico turn based 4X a sfondo storico che riesce a trovare il proprio posto al sole accanto a produzioni ben più conosciute, spesso firmate dal colosso Paradox Interactive. Empires ci permette di riscrivere la storia classica assumendo il controllo di una delle centinaia di popolazioni del mondo allora conosciuto lasciandoci completa libertà di decidere in che modo plasmare la storia. Inoltre, la nuova fatica targata AGEOD e Slitherine, introduce un aspetto ancora più affascinante e drammaticamente reale: la decadenza di una nazione e di un popolo la quale, allora come oggi, deve esser combattuta a colpi di cultura, buona amministrazione e investimenti infrastrutturali.

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