Final Fantasy 7 Remake Recensione: il ritorno di un capolavoro su PS4

A 23 anni dall'uscita originale, il capolavoro di Square torna con un remake incredibile, che riporta magnificamente in vita l'avventura di Cloud.

Final Fantasy 7 Remake 4K 60fps
Recensione: PlayStation 4 Pro
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  • PS4
  • PS4 Pro
  • Final Fantasy VII rappresenta un patrimonio inestimabile della nostra costituzione videoludica, e per chi ha messo radici nel capolavoro Squaresoft datato 1997, giudicare il suo remake significa inevitabilmente abbandonarsi al placido mare della nostalgia. Per trattare un'opera come questa bisogna però tenere stretta la bussola del presente, e non dimenticare mai che il dovere di un remake non è solo quello di compiacere i veterani, bensì di tramandare la storia alle generazioni future. Lo sa bene Square-Enix, che ha speso tutta sé stessa nella creazione di questo "nuovo corso", mettendo in piedi una produzione senza precedenti; e lo sa anche il pubblico, che ha atteso questo momento per un tempo lunghissimo, dimostrando una devozione quasi religiosa per la saga di Cloud.

    Restaurare, però, non equivale a creare, e se da un lato ti garantisce già un immaginario ampiamente collaudato, dall'altro ti impone un rispetto pressoché totale per il materiale originale, lasciandoti un ridottissimo margine di manovra. Nomura si è dunque ritrovato sulle spalle un fardello enorme: quello di cercare un equilibrio a cavallo fra passato e modernità, costretto a passare per l'etichetta dei JRPG, un genere che ormai pare andargli sempre più stretto. Tuttavia il risultato è qualcosa che non esitiamo a definire immenso: Final fantasy VII Remake è un'avventura affascinante che si racconta in un linguaggio universale, perfettamente capace di incarnare i valori di un grande classico. Quello che c'era ventitré anni fa è stato ricreato in scala 1:1, rimaneggiato e infine disposto con una perizia a dir poco impressionante. Eppure ciò che sorprende maggiormente è l'aggiunta di uno strato narrativo inedito, che approfondisce la trama e ci consegna sensazioni completamente nuove, in grado di elevare ancora più in alto il racconto originale.

    Solcare i lastricati metallici della nuova Midgar significa essere travolti da una sinfonia di emozioni, fatta di luoghi magnifici e di musiche che ti restano dentro per sempre. Ciononostante, questo ritorno ha un prezzo che non tutti potrebbero essere disposti a pagare: non si tratta della longevità, quanto piuttosto alcune scelte di game design che, assieme a qualche inciampo narrativo, ci hanno lasciato un po' perplessi. È dunque essenziale essere preparati, tenere a mente l'intero percorso compiuto della saga, senza mai dimenticare che questo nuovo viaggio è soltanto all'inizio.

    L'apologia di un Bombarolo e il lato umano della Shinra (la Storia)

    Final Fantasy VII è figlio di un'epoca lontanissima, fatta di poligoni malcelati e interfacce enormi, eppure la sua storia riesce ancora oggi a perforare le barriere del tempo, giungendo a noi con la stessa identica forza. È la virtù più grande dei classici, quella di non invecchiare mai, e la dobbiamo senz'altro a quei personaggi giganteschi, eterni, che con parole semplicissime riescono a toccarti e a commuoverti nel profondo.

    La timidezza disarmante di Aerith, quando per la prima volta alza lo sguardo al cielo e ti confessa che "la libertà fa paura", è soltanto uno di quei momenti impagabili che resero grande Final Fantasy VII, ed era necessario conservarli senza modificarne l'essenza. Per fortuna tutto è ancora lì: ogni singolo dettaglio, ogni emozione strappata al silenzio del protagonista, perfino il vicolo più insulso del settore 6 ha trovato posto in questa nuova rinascita, ricreato con tutta l'attenzione e il rispetto che i fan chiedevano in coro.

    Il team aveva però anche il compito di dare un volto e una voce a quei personaggi, e grazie anche alle meraviglie dell'Unreal Engine 4, possiamo affermare che l'obiettivo è stato centrato in pieno; un cast perfetto, valorizzato da una recitazione brillante, senza però abbandonare mai completamente quella teatralità squisitamente nipponica. Ogni tanto la scrittura si concede qualche pausa di troppo, nonché qualche licenza "scomoda" che deriva dalla già ampiamente discussa questione della traduzione italiana di FF7, eppure ne esce un romanzo videoludico straripante di personaggi autonomi, completi, che sanno trafiggerti anche soltanto con uno sguardo. E questo è solo il primo dei grandi meriti di Final Fantasy VII Remake.

    L'altro, sicuramente meno scontato e forse più grande, è stato quello di aggiungere una gamma completamente nuova di sotto testi: un piano di lettura inedito, che va ben oltre l'epica tradizionale e tira in ballo tematiche mature e oggi attualissime. Non si tratta soltanto di momenti fan service, bensì di alcune sessioni, o addirittura interi capitoli, creati totalmente da zero. È il caso di tutti quei dialoghi, cut-scene e side quest che raccontano il vero volto di Midgar, da cui traspare con forza anche il lato umano della Shinra Corporation, contrapposto (in maniera magistrale) al senso di colpa dell'Avalance.

    È una dicotomia che permea l'intera campagna e cita abbastanza esplicitamente la lotta di classe, raccontandoci una società divisa -fisicamente - dalla geografia spietata della metropoli iper-tecnologica. Eppure si soffre in entrambe le fazioni, al punto che non si riesce più a identificare la corporation come male assoluto e monodimensionale.

    Dall'altra parte c'è invece chi deve fare i conti con il prezzo delle proprie ideologie, nel nome di un ecoterrorismo che non può non mietere vittime innocenti; tutto ciò è cristallizzato perfettamente in alcune figure istrioniche come ad esempio quella di Barret, ma ancora di più nello sguardo sincero di Jessie, che lascia intravedere tutta la tragicità dell'atto terroristico, anche se perpetuato in nome di un bene superiore. Quest'ultima, a nostro parere, ne esce come uno dei personaggi migliori di questa nuova incarnazione, ed è un bene che Square-Enix si sia presa il tempo e le licenze per espandere la sua storia.
    Per fortuna Jessie non è un caso isolato, perché in Final Fantay 7 Remake ci sono molti altri personaggi che da semplici macchiette diventano importanti attori al servizio del plot, come ad esempio il professor Hojo, oppure Elmyra e perfino l'eccentrico Don Corneo, ed è proprio grazie alle loro performance reinventate che si riesce a giustificare ampiamente la permanenza prolungata nella nuova Midgar. Ci sarebbero anche altre facce completamente nuove, pensate per un ruolo di supporto, ma vogliamo lasciarvi il piacere della scoperta e per passare invece ad una questione ben più importante e delicata.

    Nomura e il suo team sono riusciti a creare un equilibrio praticamente perfetto fra il passato e la modernità, perfino al netto di qualche diluizione non necessaria, se non fosse per una scelta in particolare che sicuramente farà discutere. Si tratta di una nuova traccia che si sviluppa parallelamente agli eventi originali, rispettandone il contesto, ma che purtroppo culmina, poche ore prima dei titoli di coda, in qualcosa di controverso e piuttosto difficile da digerire.

    Un'inspiegabile "singolarità" rappresentata dal capitolo finale, che non solo risulta totalmente estraneo al mondo di Gaia come lo conoscevamo, ma che sembra fare esplicita menzione al fatto che da ora in avanti il racconto di Final Fantasy 7 potrebbe cambiare nelle sue componenti fondamentali, rileggendo e magari disinnescando gli eventi-chiave che hanno reso grande l'originale. Un'eventualità che sarebbe imperdonabile per tutti i fan, e che finirebbe persino per tradire le aspettative di un pubblico a cui è stato promesso un Remake, e non un Reboot.

    Francamente è difficile spiegare fino in fondo i motivi di questa scelta creativa, se non additando la personalità spigolosa di Nomura. Sarebbe davvero bastato lasciare l'acceleratore un poco prima, guardarsi indietro e "accontentarsi" dell'enorme lavoro svolto, ma purtroppo non è andata così. Se anche (come speriamo) i prossimi capitoli dovessero dimenticarsi di questa parentesi un po' surreale, alla fine del Remake rimarrebbe una piccola macchia, che vizia la coerenza interna del racconto, difficile da lavare via.

    Solo il tempo ci metterà di fronte all'esito di queste scelte, e se mai i prossimi capitoli dovessero deviare dal solco dell'originale, sarà quello il momento in cui giudicare sia l'eventuale riscrittura che l'opportunità di quell'approccio. Al momento siamo disposti, più che a giustificare questa "sbavatura narrativa", a concedere al team il beneficio del dubbio, sperando che decida anche in futuro di puntare sulla fedeltà al materiale di riferimento. Anche perché, ora che siamo arrivati ai titoli coda, sentiamo già la tremenda mancanza di Cloud e la sua banda, proprio come accadeva ventitré anni fa.

    In fondo alla tangenziale, dove finiscono i JRPG (la struttura di gioco)

    Final Fantasy VII Remake è un'opera enorme e completa, nonostante sia solamente il primo capitolo di un progetto che probabilmente impiegherà anni prima di giungere alla fine; c'è però una precisazione importante da fare prima di passare in rassegna la sua struttura ludica.

    Traduzione e adattamentoFinal Fantasy VII Remake ha un evidente problema di adattamento. Appare evidente ad una prima occhiata che i testi in italiano non sono correlati alle frasi che possiamo ascoltare nel doppiaggio inglese, e questo genera - almeno negli utenti che un po' di inglese lo masticano - una dissonanza abbastanza palese e un po' fastidiosa. Fra l'altro, non c'è la possibilità di selezionare la lingua dei sottotitoli, se non cambiando direttamente quella del sistema PS4. Si potrebbe optare per una soluzione apparentemente virtuosa, scegliendo il doppiaggio giapponese e mantenendo i sottotitoli in italiano. Del resto, dopo la pubblicazione della demo, si era diffusa la convinzione che l'adattamento nella nostra lingua derivasse dal tessuto linguistico originale in giapponese. Purtroppo dobbiamo confermare che non è così: se è vero che nel primo capitolo ci sono degli elementi di continuità fra doppiaggio giapponese e adattamento italiano, proseguendo si capisce che quest'ultimo è frutto di un lavoro frettoloso e superficiale. Ci sono molti errori, frasi irrelate al carattere dei personaggi, espressioni fuori contesto. Purtroppo, l'unico modo per godersi veramente il lavoro di scrittura degli autori è quello di ascoltare (o leggere) i dialoghi in versione giapponese o inglese.

    L'ultimo lavoro di Nomura sceglie di abbandonare sia i vantaggi che le velleità dell'open world, per concentrarsi invece su di una struttura prevalentemente lineare, per certi versi molto simile a quella del decimo capitolo della saga: sebbene in molti potrebbero non apprezzare simile approccio, in cuor nostro sappiamo che Final Fantasy aveva già imboccato questa strada da molto tempo, e c'è ben poco di cui rimanere sorpresi. Del resto i sobborghi della celebre capitale erano lineari già nel '97, e i tempi della regia moderna, specialmente quando così curata, impongono inevitabilmente spazi e ritmi più contenuti. In più di un'occasione comunque il gioco si apre leggermente, permettendoci di esplorare liberamente i bassifondi di tre settori di Midgar, dedicandoci alle quest secondarie. Le missioni opzionali sono circa una ventina e prevedono incarichi molto basilari, come ad esempio il recupero di alcuni oggetti speciali, qualche boss-fight e perfino gli immancabili mini-giochi, esattamente come nel capitolo originale. Spesso culminano con l'ottenimento di un'arma segreta, di equipaggiamento di alto livello o di qualche utilissima materia; altre quest invece si intrecciano fra loro, regalandoci qualche sfida aggiuntiva e portandoci a scoprire piccole porzioni opzionali del mondo di gioco.

    Nonostante l'impegno richiesto sia relativamente modesto, le missioni secondarie hanno il pregio di scarrozzarci in giro per gli slums, permettendoci di ascoltare le voci dei cittadini che li abitano, e contribuendo così a creare un folklore estremamente caratterizzato a cui è difficile resistere.

    Una faccenda ben più complessa è invece quella che riguarda l'endgame che, come era facile aspettarsi, non può rispettare i dettami del genere di appartenenza. Vista la nuova struttura, farming, weapon e il caro vecchio overworld erano fuori discussione, perciò Square-Enix ha cercato di risolvere puntando su quello che a tutti gli effetti è un new game plus.

    In poche parole, una volta raggiunti i titoli di coda, dal menu otterremo la possibilità di rigiocare i singoli capitoli conservando i progressi ottenuti, eventualmente anche in modalità difficile, senza la possibilità di utilizzare oggetti. Così facendo potremo impegnarci per raggiungere il level cap (fissato a 50) e sbloccare tutti di potenziamenti legati allo sviluppo dei personaggi, nonché un paio di boss fight nascoste.

    Vi garantiamo che la difficoltà è notevolmente più elevata, con i nemici in grado di abbatterci con un paio di colpi, e così diventa cruciale lo studio dei pattern avversari, assieme alla costruzione di strategie sempre diverse da attuare con la massima precisione. Ovviamente sappiamo che questo non è l'endgame classico che molti si aspettavano, quanto piuttosto una piccola appendice che invoglia a spendere qualche decina di ore in più all'interno di quel mondo di gioco; un tempo che nel nostro caso ci siamo concessi più che volentieri.

    La verità è che forse bisognerebbe smettere di leggere i nuovi Final Fantasy con i canoni dei JRPG tradizionali, cercando il paragone a tutti i costi, perché è il titolo stesso che ci chiede di essere giocato in maniera diversa, come fosse una grande avventura accompagnata da una dimensione ruolistica che resta centrale per il combat system. Nonostante i lunghi rettilinei e l'esile endgame, infatti, le quaranta ore necessarie per completare la campagna sono riuscite a saziare la nostra fame, pertanto crediamo fermamente che in termini di struttura ludica, la via scelta da Square-Enix non abbia nulla da rimproverarsi.

    L'ATB che abbiamo sempre desiderato (il combat system)

    Il gameplay è uno di quegli aspetti dove sapevamo di andare a colpo sicuro, e infatti così è stato: Square-Enix ha mantenuto le promesse, consegnandoci un combat-system praticamente inattaccabile, ben bilanciato e soprattutto divertente da giocare. La nuova pausa tattica è la perfetta reinterpretazione in chiave moderna del vecchio combattimento a turni: una sintesi fra l'azione spettacolare e la strategia più ponderata, che merita di essere esplorata a fondo e non smette di appassionare fino all'ultimo scontro.

    Il primo punto di forza è senz'altro la caratterizzazione "bellica" dei singoli personaggi, talmente diversi fra loro da rispondere ottimamente ad ogni esigenza del giocatore. I loro ruoli sono sempre complementari, ed ogni battaglia, anche la più insulsa, favorisce in maniera del tutto naturale il cambio rapido, senza mai lasciare che ci si fossilizzi troppo su di un unico stile, soprattutto in termini di mobilità; ad esempio Cloud è un melee con un moveset piuttosto bilanciato, Tifa è un lampo negli spostamenti a corto raggio, mentre Barret ha un passo tremendamente lento ma è una manna dalla distanza.

    Oltre alle immancabili magie e al tratto specifico di ogni personaggio, come ad esempio la stance pesante di Cloud, esistono anche abilità uniche per ciascun eroe, traducibili in attacchi ad area o movimenti estremamente particolari, tutti degni di essere studiati "al fotogramma" al fine di aumentare la conoscenza degli spazi di battaglia.

    Le tecniche appena citate, prevalentemente votate all'attacco, si apprendono momentaneamente impugnando nuove armi (sei per personaggio), e solo quando si raggiunge un determinato grado di esperienza si ottengono in maniera permanente. Le armi in Final Fantasy VII Remake incidono anche sullo sviluppo degli eroi, al pari del celebre materia system che per fortuna resta praticamente invariato (e incredibilmente efficace). In poche parole ogni spada, asta o gatling gun ha una specie di skill tree che si configura graficamente come una sferografia semplificata. Tramite questo sistema, dunque, i Punti Espansione guadagnati ad ogni level-up (o con specifici manuali di combattimento) si possono investire in miglioramenti legati a forza fisica, difesa elementale, punti vita o nuovi castoni per le materie, così da specializzare ancora meglio i nostri personaggi.

    Ed è proprio il sistema delle Materia, come accennavamo, che rappresenta il degno coronamento di un meccanismo impeccabile: al di là delle Materia di base, che permettono di utilizzare magie, abilità e bonus passivi alle statistiche, c'è la possibilità di sfruttare anche quelle di Supporto, collegandole alle prime per ottenere effetti particolari in battaglia (resistenza ad un elemento, attacchi che mescolano danni fisici e danni magici e via dicendo).

    Questa profondità trova il suo sfogo non tanto nelle battaglie più semplici, che si superano agilmente sfruttando solamente la dimensione action del combattimento, quanto nelle sfide più impegnative, con nemici più coriacei e mini-boss. In questi momenti è necessario alternare con estrema consapevolezza gli attacchi di base con quelli da impartire attraverso la pausa tattica, esaltando così la duplicità del combat system di Final Fantasy 7.

    Colpire gli avversari con le smitragliate del gatling di Barret o con i pugni rapidi di Tifa serve a riempire più velocemente la barra azione dell'ATB, così da avere accesso al lancio di magie, all'utilizzo degli oggetti (finalmente tornati a ricoprire un'importanza centrale) o alle mosse speciali delle armi, di cui si diceva sopra. Queste ultime sono fondamentali anche per "stremare" i nemici, sfruttando una nuova meccanica di gioco che risulta ottimamente integrata nel nuovo contesto.

    In pratica facendo leva sulle debolezze degli avversari (da scoprire utilizzando il comando Analisi), possiamo metterli in Tensione, riempiendo così la barra dello stremo, posta subito sotto a quella della vita. Ci sono alcuni attacchi speciali che massimizzano proprio il riempimento di questo indicatore, che ci permetterà di mandare in confusione i nemici ottenendo temporaneamente un bonus al danno.

    Il combat system di Final Fantasy 7 è insomma profondo e stratificato, al contempo dinamico ed estremamente tattico, e richiede estrema attenzione nelle scelte tattiche e di gestione dell'inventario: tutto quello che i fan di lungo corso chiedevano a Square-Enix.
    Le numerose boss fight rappresentano poi il culmine dell'azione, nonché uno dei tratti migliori della nuova produzione Square-Enix. Molti boss hanno arti che possono essere mutilati, debolezze elementali o meccaniche da decifrare; tutti hanno diverse fasi ben distinte, ed è obbligatorio analizzarle al meglio se non si vogliono udire prematuramente gli accordi del game over. Ci sono alcuni scontri davvero memorabili, altri invece scivolano via senza troppe cerimonie, eppure tutti sono costruiti con una certa dignità ludica, ed è esattamente quello che volevamo dal nuovo Final Fantasy, anche al netto di una difficoltà non certo eccessiva (ma con alcuni picchi decisamente avvertibili).

    L'unica macchia è probabilmente quella che riguarda le evocazioni a cui purtroppo, anche questa volta, viene riservato un posto quasi secondario. Non fraintendeteci: la presenza in campo di Ifrit, Shiva o Leviathan rende ogni battaglia ancor più epica e spettacolare, e la qualità del restyling è eccellente, eppure non riusciamo a comprendere perché non ci è stato concesso un controllo reale sulle evocazioni.

    Una volta ottenuta la materia legata agli Esper, la si deve incastonare in uno slot apposito, che però è unico per ogni personaggio, il che riduce la scelta ad un massimo di tre possibili evocazioni, ma il problema vero è un altro: ci viene data arbitrariamente la possibilità di lanciare una sola invocazione soltanto in un momento specifico delle boss fight e - per qualche motivo poco chiaro - nemmeno in tutte le battaglie. Il meccanismo non è molto dissimile a quello di Final Fantasy XV, anche se in questo caso il giocatore ha un maggiore controllo sull'azione.

    Una volta eseguita l'evocazione, le divinità elementali si manifesteranno sul campo di battaglia per un certo periodo di tempo, attaccando in autonomia il nemico; durante questo lasso di tempo potremo però fare in modo che tutti i segmenti dall'ATB accumulati dai personaggi vengano investiti non più alla solita maniera (per usare quindi skill, oggetti e magie), ma per far eseguire attacchi speciali al titanico alleato evocato dalle Summon Materia.

    Il meccanismo non ci convince fino in fondo: capiamo perfettamente che la stazza di un gigantesco drago marino mal si accosta agli spazi angusti di alcuni arene, e sappiamo anche che le creature mitologiche hanno senso soltanto nell'economia degli scontri importanti, tuttavia avremmo preferito un sistema con meno costrizioni. Siamo disposti a chiudere un occhio, anche perché tutti gli altri aspetti del combat system funzionano a meraviglia, tratteggiando il profilo di una produzione ludicamente imponente.

    Le mille luci di Midgar (il comparto grafico)

    Quando pensiamo al concetto di Remake, magari di uno dei titoli che amiamo di più della nostra adolescenza, automaticamente ci aspettiamo il massimo, eppure neanche nelle più rosee previsioni potevamo sperare in una qualità del genere: Final Fantasy VII Remake sfodera una veste grafica eccezionale, un art design da primato e persino un'ottima solidità in termini di prestazioni, almeno per quanto riguarda PS4 Pro.

    Non un singolo calo di framerate, non una sola manifestazione di stuttering, in un tripudio di scintille, riflessi e particellari che è rimasto sempre al di sopra dei 30 fps, con la stessa tranquillità apparente di chi l'Unreal Engine 4 lo maneggia già da eoni. L'ultima cosa di cui vogliamo parlarvi sono proprio le prestazioni, perché fra le location che abbiamo attraversato durante il lungo soggiorno a Midgar, albergano alcuni degli scorci più memorabili del patrimonio videoludico.

    La capitale è un inno a un futuro dove steampunk e cyberpunk convivono assieme, ma allo stesso tempo sono declinati in qualcosa di tremendamente realistico e familiare. Non a caso è possibile riconoscere i profili dei tetti parigini o i vicoli di Brooklyn, e ancora i viali residenziali dell'iconica borghesia americana e le viscere illuminate al neon dell'iper-industrializzazione giapponese.

    Bebop 90s Fantasy - la colonna sonoraTralasciare le musiche quando si parla di un Final Fantasy sarebbe imperdonabile, e noi non vogliamo macchiarci di tale reato. Non si possono dimenticare le melodie che resero grande il capitolo originale, e anche solo imbattersi nel canto malinconico della sinfonia principale è letteralmente un'esperienza che mette i brividi. Nulla è cambiato: ad ogni nota del tema di Aerith corrisponde una stretta al cuore, ed è impossibile trattenere il sorriso quando udiamo la fanfara canticchiata da Barret, o rifiutarsi di battere il tempo al primo accenno di Cosmo Canyon. Oltre alla rivisitazione pressoché integrale dei capolavori originali del maestro Nobuo Uematsu (sempre ad opera del medesimo), a risuonare dai jukebox di tutta Midgar troviamo anche un'infinità di altri piccoli gioielli sotto forma di vinili, da ricercare e collezionare uno ad uno. Sono trentuno in tutto, ed oltre alle sperimentazioni fra dub, country e rock, fra queste ci sono una valanga di pezzi reinterpretati in chiave bebop-jazz, esattamente come andava di moda nei ruggenti anni '90: quasi fosse un ultimo grido nostalgico della golden age del videogioco.

    Pur mantenendo lo stesso stile di ventitré anni fa, insomma, Final Fantasy VII Remake riesce nell'ardua impresa di migliorare il suo stesso DNA, capace perfino di battere le fervide visioni suggerite dal capolavoro originale.
    La medesima magia vale anche per le animazioni, il character design e ovviamente la regia stessa, che sorregge magnificamente le numerose ore di filmati e cut-scene. Qui la modellazione poligonale dell'engine raggiunge livelli che superano addirittura la computer grafica, grazie anche a movimenti di macchina iper-cinetici che solo il gusto nipponico poteva immaginare. Il design rivisto dei personaggi, infine, ci sembra l'incontro perfetto fra il gusto occidentale e quello orientale, pur con qualche evidente concessione in favore del secondo. Non mancano infatti le visuali soggettive prolungate, la gestualità pronunciata ed anche alcune strizzate d'occhio al fan service tout court, ma in fondo va bene così, perché il contesto lo permette e non si forza mai troppo la mano.

    Quello che non riusciamo a capire è invece la qualità evidentemente più bassa che affligge un certo numero (per fortuna ristrettissimo) di capitoli, quasi come fossero stati diretti e assemblati da una seconda regia. C'è perfino meno ispirazione nelle parole stesse dei protagonisti, e in alcune aree ci sono texture che latitano, al punto che più di un effetto pop-up sembra una totale assenza.

    Per fortuna l'illuminazione riesce a graziare anche le sviste più evidenti, e in fondo si tratta di poche gocce di "ingenuità" in un mare di qualità altissima, come testimonia perfettamente l'ultima parte dell'avventura. L'aspetto tecnico di Final Fantasy VII Remake è più di un'ottima prova per Square-Enix, che dunque dimostra di saperci fare con l'engine di Epic, ma anche un modello da seguire per le produzioni a venire, capace di regalarci momenti e immagini che resteranno per sempre nella storia dei videogiochi, esattamente come accadde con il capitolo originale.

    Final Fantasy 7 Remake Final Fantasy 7 RemakeVersione Analizzata PlayStation 4 ProFinal Fantasy VII ritorna dopo più di vent’anni, ma con la stessa potenza di allora, ribadendo il suo status di Classico grazie ad un cast di personaggi che perfora lo schermo e a un’avventura degna di essere raccontata alle nuove generazioni. Con questo proposito in mente, il team di sviluppo capitanato da Nomura e Kitase ha scelto di inserire alcuni ampliamenti alla trama principale, includendo anche una serie di sotto testi inediti di carattere maturo e attuale, che abbiamo apprezzato moltissimo. È evidente che questo secondo esordio vuole anzitutto raccontare una storia, e per farlo accetta coscientemente di sacrificare la tradizionale “apertura” dei giochi di ruolo in favore di un avanzamento più lineare, sorretto però da una regia più attenta, moderna e soprattutto fedele agli eventi originali. Final Fantasy VII Remake finisce per avere molto in comune con le grandi avventure moderne, ma non perde affatto il cuore del JRPG, tanto che riesce a confezionare il miglior esempio combat system da anni a questa parte, capace sintetizzare alla perfezione le regole dei turni con la dinamicità di un’azione spettacolare. C’è anche un sistema di progressione completo e interessante, un Unreal Engine 4 gestito magnificamente, e alcuni degli scenari più belli mai comparsi nel mondo dei videogiochi. Con questo non vogliamo negare di aver incontrato anche qualche insicurezza lungo il viaggio, come alcune scelte discutibili nelle nuove appendici della trama, un endgame non particolarmente virtuoso e piccole sbavature legate al sistema delle evocazioni. Sono però ombre che si dileguano di fronte alla grandezza dell’opera, capace di tenere un ritmo serrato e avvincente per oltre quaranta ore, sfociando in un crescendo a dir poco indimenticabile. L’ultimo titolo firmato Square-Enix è quindi un must assoluto per tutti coloro che hanno già vissuto questa avventura, ma anche un ottimo punto di partenza per i nuovi giocatori in cerca di una “storia eterna”, da raccontare e custodire avidamente. La capacità di parlare ad un pubblico così vasto è senza dubbio il pregio più grande di Final Fantasy VII Remake, mentre l’unico vero difetto è che con tutta probabilità passera troppo tempo prima di poterci rimettere in viaggio.

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