Floodland Recensione: distruggere per ricostruire in un survival rilassante

Lo studio Vile Monarch presenta Floodland, una visione opposta dell'apocalisse rispetto al pioneristico Frostpunk.

Floodland Recensione: distruggere per ricostruire in un survival rilassante
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  • Il paesaggio che si presenta ai pochi sopravvissuti dell'apocalisse immaginata dallo studio polacco Vile Monarch è di un'amara bellezza. L'innalzamento delle acque ha ricoperto gran parte delle terre emerse. Pochi ed esigui gruppi di persone cercano di sopravvivere in ambienti rigogliosi, in cui la natura ha preso il sopravvento sulle costruzioni dell'uomo. Ci troviamo in un mondo post-apocalittico dalle premesse totalmente differenti rispetto a quelle di Frostpunk (qui la recensione di Frostpunk), titolo che ha saputo trasportare nelle lande ghiacciate di New London gli appassionati di city-sim.

    Non ci ha stupito, però, sapere che il team dietro questo Floodland sia composto da ex-membri dello stesso 11bit Studios. In particolare, per via di similitudini che ci sono apparse più che ispirazioni, in una struttura ludica confermatasi simile a quella del gioco datato 2018, seppur accompagnata da un contesto narrativo ben lontano dal suo.

    Quando i ghiacci si sciolgono

    Se in Frostpunk ci troviamo a dover fronteggiare le insidie di una glaciazione globale in un setting ucronico, qui la civiltà umana è andata incontro a una catastrofe che estremizza le conseguenze di alcune problematiche della storia recente. Un incipit piuttosto vago ci dice che l'Evento - la simultanea interruzione delle produzioni energetiche globali - è stato solo il colpo di grazia dopo anni di difficoltà crescenti. Proteste, sommosse e una politica non all'altezza, si sono sommate ai cambiamenti climatici, portando al collasso della civiltà e alla morte di un numero incalcolabile di persone. I pochi sopravvissuti sono lasciati a sé stessi, alla deriva in un mondo invaso dalle acque e dall'inquinamento.

    I nostri sopravvissuti potranno sfruttare il poco terreno emerso per raccogliere i frutti della terra e le risorse che vi cresceranno oltre a macerie e rifiuti. Fortunatamente per noi, il loop di sostentamento a cui sono costretti gli sfortunati individui è automatizzabile anche nelle fasi di esplorazione: è possibile sin da subito dare ai sopravvissuti degli input per la ricerca ad area, evitando tediose sessioni di assegnazione manuale di compiti per ottenere materiali e cibo.

    Anche gli edifici, una volta costruiti, hanno il medesimo funzionamento ad area, e spetterà a noi cercare il punto migliore per includere quante più risorse rigenerabili all'interno della loro zona di influenza. Un risultato questo non semplicissimo da raggiungere, vista la gestione un po' grezza delle zone della mappa su cui sarà possibile costruire.

    Di ricostruzione e scelte difficili

    Ironia della sorte, saranno proprio le risorse che hanno contribuito alla catastrofe globale a tornare più utili. L'iper-industrializzazione che caratterizza i nostri tempi è ben rappresentata in una mappa disseminata di ciminiere visibili in lontananza e si concretizza in un gameplay che esprime delle sottili critiche in materia ambientale. Tra le risorse rinnovabili è infatti presente anche la plastica, che si arena continuamente sulle sponde dei territori colonizzati.

    Averne sempre a portata di mano sarà fondamentale per costruire molti degli edifici utili alla sopravvivenza mentre altri materiali, come acqua, legno, cemento e lamiere, potranno essere riciclati solamente sbloccando le tecnologie apposite. Per far crescere la nostra colonia dovremo ordinare alle persone di costruire strutture, di finalizzare tecniche di produzione o di ottenere oggetti per il riciclo di nuove risorse. Tuttavia, l'implementazione della ricerca tecnologica ci ha lasciati perplessi per l'incoerenza che ne caratterizza la progressione. Il gioco è ambientato in quello che sembra essere un presente alternativo, ma ci sarà richiesto di ricercare le basilari tecnologie per abbattere alberi o pescare. Questo requisito appare in forte contrasto con la facilità con cui i nostri superstiti rimetteranno in funzione, a distanza di pochi giorni, una torre radio per la ricerca di altre persone. Comprendiamo come tutto ciò sia ascrivibile a esigenze di gameplay, eppure incrina un po' la verosimiglianza della trama su cui il titolo si fonda. In Floodland avremo la possibilità di organizzare spedizioni per la mappa di gioco, al fine di trovare altri superstiti.

    Questa volta potremo seguire effettivamente il viaggio delle nostre carovane sulla mappa, al contrario di Frostpunk, nel quale il tutto si riduceva a segnalini ed eventi testuali. L'esplorazione dei numerosi edifici in rovina ci darà la possibilità di integrare nella nostra comunità altri gruppi di persone, introducendo così la fase di gestione sociale che rappresenta forse la più grande differenza tra questo titolo e la già citata opera di 11 bit studios.

    Floodland pone grossa enfasi sulle dinamiche relazionali scaturite dalla convivenza forzata tra i diversi clan presenti nella nostra comunità. La scelta iniziale tra uno dei quattro collettivi a disposizione, tutti descritti da background molto dettagliati, traccerà la linea da seguire nel promulgare leggi o al momento di prendere delle decisioni per risolvere eventi randomici durante la partita. Scelte che si sono rivelate insospettabilmente complesse, perché ci hanno chiamato a cercare il miglior compromesso che potesse accontentare un po' tutti.

    In ogni caso, il gioco indica quale opzione accontenta l'una o l'altra fazione. Al netto di questo, lo scontro è apparso inevitabile in ciascuna delle run effettuate a difficoltà standard, con la morte o l'esilio di alcuni componenti a rappresentare l'epilogo più comune di queste fasi concitate. A stupirci positivamente in tal senso ci ha pensato il notevole grado di personalizzazione delle difficoltà. Sì, perché potremo modificare aspetti come la disponibilità di risorse, la velocità con cui vengono consumate o l'umore generale della comunità, che può rendere più o meno severe le ripercussioni di scelte sbagliate agli occhi di uno o dell'altro clan. A completare il quadro ci pensa il sistema di emanazione delle leggi: periodicamente potremo varare degli editti che ci consentiranno di plasmare la nuova civiltà, guidandola verso l'istituzione di regole comuni. Le scelte effettuabili in tal senso sono molteplici, e spesso irreversibili data la loro struttura a bivi. Per dirne una, istituire una forza armata potrebbe accontentare il clan più autoritario, ma scontentare a tal punto gli altri da farli scappare. Come il sistema delle tecnologie però, il ramo politico prende a piene mani da Frostpunk senza in realtà introdurre alcuna differenza degna di nota, se non appunto le conseguenze che ogni legge avrà sui diversi gruppi sociali.

    Rigiocabilità limitata

    Al netto di eventuali espansioni future, il fattore di rigiocabilità di Floodland non è così elevato. Quello che ci ha motivato a ricominciare l'avventura è stato l'utilizzo di un clan iniziale diverso. Ciascuno di essi è disposto agli estremi di due assi caratteriali, uno legato all'autorità e libertà personali e l'altro all'intraprendenza opposta alla predilezione per la ricerca scientifica. A seconda delle difficoltà, ogni run ci impegnerà per 10-15 ore al massimo ma oltre le prime due non abbiamo avuto i giusti stimoli per ultimarne altre.

    In gran parte ciò è dovuto alla mappa, sempre la stessa in ogni partita, come la posizione iniziale da cui la nostra avventura prende il via. Certo, la collocazione di alcune risorse e l'ordine con cui scopriremo altri clan sarà casuale, ma gli edifici più importanti saranno nella medesima posizione, portandoci a sapere in anticipo a quali dare la precedenza e facendo così sviluppare la progressione in modo piuttosto uniforme.

    In sostanza, alla lunga Floodland perde di mordente, non riuscendo a riproporre le sensazioni di suspense e sorpresa tipica dell'esplorare luoghi ignoti. A mitigare parzialmente l'ombra della ripetitività, possono essere i diversi approcci con cui tentare di ricostruire la società, in particolare prediligendo differenti specializzazioni dei clan. Il sistema sociale è ulteriormente approfondito dall'esperienza che ognuno di essi può accumulare tramite il lavoro dei suoi membri.

    Guadagnando e assegnando punti abilità nei quattro tratti caratteristici accessibili a tutti i gruppi, sbloccheremo dei bonus per le diverse attività lavorative: un modo decisamente efficace per personalizzare quelle che potremmo definire le build di ogni clan. Dal punto di vista della gestione sociale, insomma, Floodland approfondisce con qualche spunto interessante delle meccaniche già viste in produzioni simili, donando un po' di spessore in più alla propria ricetta ludica.

    Ricominciare in tranquillità

    La mappa di Floodland è pervasa da una sensazione di calma, in ogni fase della partita. Anche durante i momenti di maggiore tensione tra clan, non abbiamo avvertito quell'urgenza di dover intervenire tempestivamente per evitare il peggio. Questo è un titolo che si prende il suo tempo, senza voler imporre ritmi serrati al giocatore per fare in modo che abbia successo a tutti i costi.

    Gli sviluppatori, effettivamente, sembrano aver voluto imbastire un gameplay all'insegna del relax: questa intenzione ci è parsa particolarmente evidente nella direzione artistica, oltre che in termini di game design, sebbene le meccaniche di Floodland restino adatte a un pubblico con un po' d'esperienza col genere di riferimento. A colpirci positivamente sono state senza ombra di dubbio la colonna sonora e la veste grafica degli elementi in game, al pari delle illustrazioni abbinate a ogni evento testuale. Da un punto di vista estetico, i colori accesi e il design delle strutture create, quelle di un mondo in rovina invaso da acque sì inquinate ma piene di vita, conferiscono una certa personalità all'esperienza. A fare da contraltare a questo spettacolo visivo ci hanno pensato purtroppo le animazioni dei nostri sopravvissuti, forse leggermente legnose e non molto dettagliate, ma in più di un'occasione ci siamo trovati ad ammirare il via vai generale della nostra comunità mentre udivamo le ottime canzoni che accompagnano ogni istante di gioco, donando alla scena una sensazione di malinconica speranza per il futuro.

    Floodland FloodlandVersione Analizzata PCVile Monarch confeziona un'esperienza che riesce a distinguersi nel panorama dei city builder a tema post-apocalittico, almeno sul fronte estetico. Dal punto di vista del gameplay avremmo preferito vedere portata avanti quella vena di innovazione che contraddistingue il lato gestionale dei rapporti tra clan. Purtroppo, nel complesso, il gioco ha ben saputo cogliere gli aspetti di maggior successo di altri esponenti del genere a cui fa riferimento, senza però osare nel distaccarsi da elementi ludici già più volte riproposti nel corso degli ultimi anni. Ad ogni modo gli estimatori di city builder potrebbero apprezzare Floodland per la solidità delle meccaniche implementate e per la sua visione di un futuro tutt’altro che surreale.

    7.5

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