flOw: le creature marine di Thatgamecompany tornano su PS4, la recensione

Tornano le creature marine di Jenova Chen

flOw: le creature marine di Thatgamecompany tornano su PS4, la recensione
INFORMAZIONI GIOCO
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  • PS3
  • PS4
  • In queste prime settimane di vita di PlayStation 4, il PSN si sta riempiendo di titoli recuperati dal catalogo storico delle piattaforme Sony, rispolverati ed adattati all'architettura della nuova console. La selezione è piuttosto interessante, e se non l'avete ancora fatto vi consigliamo sinceramente di avvicinarvi al sognante Flower o al ritmato SoundShapes.
    L'idea alla base di questa “operazione nostalgia” sembra quella di lasciare, a disposizione dei giocatori, alcuni fra i prodotti più caratterizzanti della storia PlayStation: quelli che esibiscono in maniera chiara e decisa quanto sia importante, per Sony, valorizzare prodotti creativi e particolari. Ecco dunque che -pur con qualche giorno di ritardo rispetto alla data inizialmente prevista- arriva anche flOw, il primo dei lavori di Jenova Chen, uscito originariamente nel lontano 2007. Come se la cava il titolo dopo così tanti anni?

    Inabissandosi

    Oggi come al tempo della sua uscita, flOw rappresenta un prodotto molto particolare, lontano dalla concezione classica di videogame: è piuttosto un’esperienza visiva e sonora, continua e mutevole, giocata sulla meraviglia dei colori e sull'incanto delle forme. Tutti i lavori di ThatGameCompany, del resto, hanno sempre voluto collocarsi con risolutezza fuori dagli schemi, alla ricerca di sensazioni raramente risvegliate dai software più classici.
    Analizzato nell'ambito di questa ricerca artistica, flOw resta comunque un prodotto fortemente embrionale. Al titolo manca interamente quella solida componente emotiva risvegliata dai petali di Flower, ed ancora più evidente in quel capolavoro di Journey, un vero e proprio discorso sull'incomunicabilità, sulla solitudine e sul senso della vita. Questa “profondità” di significati è totalmente assente, in flOw, che invece riversa le energie creative del team sulla componente prettamente visiva.

    Le prime fasi mettono il giocatore nei panni di un minuscolo essere intento a nuotare pacatamente negli strati superficiali di un mare azzurrognolo. Inclinando il pad ed agendo su uno qualsiasi dei tasti della pulsantiera frontale possiamo direzionare la creatura e farle eseguire un piccolo sprint. Così comincia un viaggio particolarissimo, diretto verso profondità oscure ed inesplorate: cibandosi di inermi creature l’aggressivo verme marino comincia a crescere, mutare, assumere la sua forma definitiva. Mangiando un essere particolare sarà in grado di immergersi in uno strato più profondo per cercare altro cibo. Per ogni “boccone”, oltre all’aumento di complessità dell’impalpabile struttura scheletrica, la creatura emetterà un suono, in una catena di anelli colorati e note musicali immersa nella calma degli abissi. Cominceranno poi i primi problemi: creature ostili, decise a difendere la loro posizione all’interno della catena alimentare. Le strane danze per la sopravvivenza, il truce balletto visivo e sonoro, saranno momenti in grado di rapire i sensi e l’attenzione. flOw è poco più di questo: è uno sfogo artistico mescolato con meccaniche di gioco elementari, e la sua efficacia è strettamente connessa al risultato sensoriale piuttosto che al grado di sfida.
    Giunti al termine degli abissi, il gioco ricomincia dal principio, con una nuova creatura. Le sei disponibili (delle quali l’ultima nuota nel mare dei “crediti”, in cui si leggono cioè i nomi dei responsabili del progetto) mutano leggermente per caratteristiche: la seconda, piuttosto che eseguire uno scatto, ruoterà velocemente per risucchiare in un piccolo vortice tutti i microrganismi vicini; un’altra sarà in grado di paralizzare gli avversari. Ma queste piccolezze poco contano nell’economia del gioco: la varietà, in flOw, è tutta visiva. L’utente è spinto a proseguire dalla bellezza delle forme, dalla complessità delle “architetture biologiche”, che si svela ad ogni step evolutivo.
    Insomma, chi cerca un titolo convenzionale è avvertito: flOw vuol essere tutt’altro: un morbido viaggio alla scoperta di nuovi colori e forme inattese.

    Basta meno di un pomeriggio per navigare attraverso la “storia” di tutte le creature, esaurendo tutti gli spunti del primo prodotto firmato Jenova Chen: oggi, sei anni dopo la sua uscita originale, il gioco appare senza ombra di dubbio meno brillante che in passato. Nel 2007 flOw era il simbolo di uno sperimentalismo tutto nuovo, che il mondo videoludico cominciava appena ad abbracciare. Era un titolo d'avanguardia, che voleva rompere drasticamente con la tradizione classica. Ma sappiamo bene a cosa abbiano portato, in anni più recenti, le urgenze espressive dei team indipendenti: il mercato è sicuramente più ricco, vivace, plurale. Persino ThatGameCompany ha evoluto la sua visione, costruendo prodotti sostenuti da una fortissima intensità emotiva.
    Ciò che resta di flOw, insomma, sono solo suggestioni sottili, legate a quello stile pulito e minimale che ancora oggi funziona.

    flOw flOwVersione Analizzata PlayStation 4flOw è un titolo quasi impalpabile, inconsistente, che arriva su PlayStation 4 emergendo dagli abissi di un tempo ancestrale. Nato come un semplicissimo flash game e poi trascinato su console, flOw ha dato il via al percorso creativo di Jenova Chen, e rappresenta quindi un prodotto di grande valore “filologico”. Sei anni dopo l'uscita, è curioso vedere dove tutto è cominciato, ricordandosi di quei tempi in cui -in barba a chi si lamenta oggi di un mercato troppo standardizzato- le soluzioni espressive dei videogame erano sicuramente meno raffinate, e ci si poteva meravigliare per un titolo “di rottura” come quello di ThatGameCompany. Chi scarica flOw oggi, all'alba di una nuova generazione, lo fa probabilmente con intento documentaristico, e non potrà non avvertire l'immensa distanza concettuale che c'è fra questo primo esperimento e gli altri ben più compiuti titoli del team di sviluppo.

    6.5

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