Recensione Fuse

Il primo progetto multipiattaforma di Insomniac Games è uno shooter attento alle dinamiche cooperative. Quali sono i risultati?

Fuse
Recensione: PlayStation 3
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Terminata l'avventura in esclusiva con Sony, Insomniac Games ha deciso di lanciarsi sul mercato multipiattaforma, annunciando due anni fa che lo studio avrebbe cercato un nuovo publisher pronto a promuovere i suoi progetti. C'è voluto dunque un bel po' di tempo prima che la nuova IP dei ragazzi di Burbank arrivasse sugli scaffali, distribuita da Electronic Arts su PlayStation 3 e Xbox 360. Il FUSE di cui parliamo oggi, del resto, ha dovuto sopportare un processo di sviluppo non proprio lineare: inizialmente titolato Ovestrike, il titolo è stato integralmente revisionato dal punto di vista stilistico, dopo i primi feedback non proprio positivi dell'E3 2011.
    Il risultato di questa corriva restaurazione arriva però in un momento di forte transizione del mercato, alla fine di una generazione prolungata ed ipertrofica. Fiaccati dall'afflusso sovrabbondante di Third Person Shooter, il FUSE di Insomniac ci trova quinci completamente disincantati, stanchi di un genere paludato e troppo poco coraggioso. Le buone idee alla base del progetto (co-op per quattro giocatori con una forte caratterizzazione ludica dei diversi personaggi) si infrangono dunque su un solido muro d'indifferenza, i cui mattoni portanti sono ripetitività dell'azione di gioco, inconsistenza narrativa e ritmi tutt'altro che felici.

    Going Commando

    Il plot di FUSE si diverte ad ammassare in maniera abbastanza spicciola un numero stratosferico di clichè di genere. Gli eventi cominciano all'interno di una base segreta con cui “si sono misteriosamente persi i contatti”: la squadra speciale capitanata dal veterano Dalton Brooks viene mandata ad investigare, per scoprire che l'Hyperion Corporation stava conducendo, nei laboratori interrati, esperimenti su un materiale alieno non identificato. Fra le applicazioni militari sviluppate grazie alle proprietà del FUSE si trovano le quattro armi da fuoco di cui il team si appropria nelle prime fasi dell'avventura, e che sfrutterà per opporsi alla perfida Raven (sic!), un'organizzazione paramilitare che vuole appropriarsi della Xeno-tecnologia per mettere sotto scacco il pianeta.
    L'avventura di FUSE racconta quindi il disordinato inseguimento del quartetto, che schizza da una base militare all'altra, con l'obiettivo di mettere i bastoni fra le ruote alla perfida PMC. Inconcludente e frammentato, il plot snocciola una serie di sequenze terra-terra, di cui sono protagonisti i quattro membri della squadra. Fra le altre cose, ci sono antichi rancori per tradimenti amorosi, un rapporto tormentato con il padre, il doppio gioco di un membro altolocato dell'amministrazione pubblica: una serie interminabile di trivialità, a cui si aggiungono sequenze allucinate contro boss giganti ed assalti a basi segrete condotti in un set di ambientazioni che più basilare non si può, dalla giungla alle montagne innevate.

    Dal punto di vista narrativo, complice anche una caratterizzazione molto superficiale dei personaggi, FUSE non ha davvero niente da dire allo smaliziato giocatore moderno. Lo stile che schizza dalla parodia al dramma interiore, senza dimenticarsi di qualche momento surreale, è un miscuglio male amalgamato di banalità, e le scene d'intermezzo non sono minimamente valorizzate dalla mediocre grafica di gioco.
    Se cercate una certa compostezza del racconto, insomma, guardate altrove. FUSE è un perfetto esponente di quei grigi “bro-game” che di tanto in tanto assaltano il mercato, in cui l'azione prevale sulla narrazione: ritmi sostenuti e tanto piombo sono -secondo molti- la ricetta giusta per un pomeriggio di svago.

    Lock & Load

    Ludicamente parlando, quindi, FUSE si presenta come uno sparatutto in terza persona con coperture dinamiche, molto cadenzato e abbastanza diretto nell'approccio.
    L'idea è quella di distinguersi dalla calca dei cloni di Gears of War (genere ufficialmente riconosciuto) grazie alle caratteristiche delle armi da fuoco concesse in dote ai protagonisti. Insomniac ripropone quindi il suo marchio di fabbrica, dopo che sia Ratchet & Clank che Resistance hanno ottenuto discreti risultati proprio per l'eterogenea composizione della Weapon Wheel.
    Stavolta però abbiamo a che fare con quattro sole bocche da fuoco. Il comandante del gruppo, il coriaceo Dalton Brooks, impugna il letale Magshield, , che materializza un enorme scudo di energia. Questo protegge Dalton e tutti i compagni che gli restano alle spalle, bloccando tutti i proiettili in arrivo. Ovviamente l'operazione consuma le riserve di FUSE, che devono essere rimpinguate raccogliendo i caricatori in campo. Dalton è sostanzialmente il Tank del gruppo, ottimo come avanguardia e in grado di “assorbire” ingenti quantità di danno. Il Magshield resta comunque un'arma malleabile che, oltre a poter posizionare una barriera statica in un punto della mappa (al costo di ingenti quantità di FUSE), può risultare anche letale dalla corta distanza. Lo scudo energetico può infatti essere proiettato verso i nemici, con un colpo secco e deciso. Come se l'impatto della rosa di uno shotgun fosse esteso per una superficie grossa quanto una parete. Il secondo personaggio del gruppo, Izzy Sinclair, è una rossa tutto pepe che impugna la Shattergun, una mitraglietta leggera che riesce a penetrare nel tessuto molecolare dei nemici, per cristallizzarli trasformandoli in fragili monoliti biologici che assomigliano a quelli tratteggiati nello splendido Eden di Hiroki Endo. Ovviamente l'operazione di distruzione indiscriminata della Shattergun è molto meno poetica, ma perfetta per il Crowd Control: i nemici colpiti dalle raffiche cristallizzano anche quelli che gli stanno vicini, così Izzy diventa efficacissima per contenere l'avanzata di squadre organizzate e compatte. Fra le funzioni della Shattergun c'è anche quella di scagliare una “bomba curativa”, che rivitalizza i compagni caduti che si trovano in una certa porzione della mappa.
    Il terzo personaggio, Jacob Kible, imbraccia l'Arcshot, una sorta di balestra che permette di colpire con enorme precisione a grande distanza, dimostrandosi perfetta per il cecchinaggio. Ma l'arma permette anche di piazzare delle trappole che sciolgono letteralmente i nemici.
    L'ultima del quartetto è la bella Naya Deveraux, un'ex-assassina che imbraccia lo Warp Rifle un fucile d'assalto che fonde FUSE e Antimateria, ed è quindi in grado di squarciare il tessuto spaziotemporale, aprendo dei buchi neri addosso agli avversari, che vengono ovviamente squarciati e risucchiati. Per materializzare il buco nero serve una lunga raffica di proiettili a segno, ma è possibile anche sparare solo qualche colpo addosso ad un nemico per “marchiarlo”. Quando poi faremo esplodere un buco nero su di un altro avversario, anche il primo si attiverà, generando un effetto a catena che può spazzare via interi plotoni. D'altro canto le possibilità dello Warp Rifle permettono a Naya anche un approccio meno diretto: l'assassina può infatti diventare invisibile per un breve periodo di tempo, per muoversi indisturbata e magari eseguire qualche istant kill.

    Sulla carta le proprietà delle quattro armi dovrebbero garantire una certa varietà alla progressione. Combinando fra loro le specificità delle armi “Xenotech” è infatti possibile guadagnare un notevole vantaggio tattico e aumentare i punti esperienza acquisiti. Le uccisioni effettuate con proiettili sparati attraverso lo scudo del Magshield, ad esempio, valgono un bonus di XP ad entrambi i personaggi coinvolti nell'azione coordinata. Succede lo stesso se a mandare in frantumi i nemici cristallizzati dalla Shattergun è un secondo personaggio, in un sistema che potrebbe ricordare da vicino gli Skillshot del sottovalutato Bulletstorm.
    Il problema di FUSE è che, Magshield a parte, tutte le altre uccisioni combinate si ottengono semplicemente concentrandosi sullo stesso bersaglio, con poca cognizione di causa e senza troppo impegno tattico. La conformazione delle arene e l'IA dei nemici non aiuta a valorizzare le specificità del gameplay, che si risolve sostanzialmente in un brutale assalto frontale, monotono e iterativo. A parte qualche sequenza all'aperto, il team si trova spesso rinchiuso in laboratori segreti composti di stanzoni tutti uguali e lunghi corridoi, ed è chiamato a ripulire le aree di gioco in quello che è un esteso massacro indiscriminato. I momenti peggiori sono quelli in cui le scorte di FUSE si esauriscono: imbracciando pistole e mitragliette standard, accucciati dietro le coperture, il gioco perde i suoi tratti distintivi e torna ad essere il solito pasticcio di fuoco alla cieca e salti da un riparo all'altro. Ma anche l'utilizzo delle armi speciali non è in fin dei conti troppo esaltante. Giocando in cooperativa con altri tre utenti il giocatore è “costretto” ad utilizzare una sola arma speciale, e la noia sopraggiunge in fretta. La progressione in solitaria, di contro, permette di “saltare” da un personaggio all'altro, prendendo il controllo di tutta la squadra ma rinunciando alla possibilità di effettuare azioni coordinate (l'IA dei compagni non è da buttare, ma sicuramente non riesce ad interpretare al meglio l'azione di gioco).
    Al di là di questa evidente contraddizione, è proprio la desolante uniformità dell'avanzamento che lascia del tutto indifferenti. Poco sapida, l'avventura procede monotona e slavata, identica a sé stessa dall'inizio alla fine, senza guizzi e con pochi stimoli. Un team ben affiatato può trovare in fondo una ragione per andare avanti, mentre gli irriducibili passionisti del genere sicuramente non si lamenteranno. Il sistema di potenziamento dei membri del team, del resto, riesce in qualche modo a far presa, se non perchè permette di sbloccare prima le capacità secondarie delle armi, poi le granate FUSE, e poi ancora la modalità Overstrike. Un briciolo di curiosità, se non dalla trama e dalla varietà, deriva insomma dal substrato ruolistico, applicato anche ai Team Perks: bonus speciali che permettono di migliorare le prestazioni complessive della squadra. Il loro utilizzo si rivela utile soprattutto nella modalità Echelon, ovvero l'Orda secondo FUSE. Gli obiettivi randomici dei vari round e la presenza di mid-boss ad intervallare gli sciami nemici, nonché un design delle mappe sicuramente migliore rispetto al single player, fa in modo che sia proprio questa la modalità più riuscita: esibendo la sua natura totalmente iterativa, valorizza la monocorde operazione di distruzione promossa da FUSE, galvanizzando gli appassionati del gioco cooperativo.
    Ed a conti fatti la “ragion d'essere” del titolo Insomniac è proprio questa: la scarsità di nuovi titoli co-op disponibili sul mercato. EA sembra voler colmare in tutti i modi questa lacuna (Dead Space 3, poi Army of Two), proponendo al popolo videoludico titoli fortemente incentrati sul gioco di gruppo. Il matchmaking abbastanza rapido ed il netcode stabile permettono quindi di divertirsi online senza patemi. Peccato che la qualità complessiva dell'esperienza sia quel che sia; ormai, per vedere qualcosa di meglio, ci toccherà aspettare le nuove console: magari il Destiny di Bungie o, sempre in casa EA, il “Titano” di Respwan Entertainment, che si vocifera fortemente incentrato sulla componente multiplayer.

    Up Your Arsenal

    FUSE è un titolo traballante anche sotto il profilo tecnico. La complessità poligonale delle ambientazioni non si può dire certo esaltante, ma sono le texture abbastanza piatte e poco dettagliate che colpiscono, soprattutto durante le cut scene. In certi casi la povertà degli effetti speciali risulta persino imbarazzante, ed in un titolo in cui non mancano esplosioni, elicotteri in frantumi ed enormi deflagrazioni di reattori termonucleari, questa scarsa attenzione per la pomposità degli effetti speciali non è proprio indovinata. La scena risulta anche sporcata da un bel po' di aliasing. Per fortuna tutte queste privazioni permettono a FUSE di schizzare fluido e senza incertezze.

    Seri dubbi anche riguardo alla caratterizzazione complessiva: FUSE non buca lo schermo, ha poca personalità, ed i demeriti della sceneggiatura vengono acuiti da un colpo d'occhio per nulla iconico e convincente.
    Il doppiaggio inglese, per fortuna, è espressivo, ma il comparto sonoro complessivamente deludente: effetti non pulitissimi e riciclati si impastano su un commento musicale insipido.
    Probabilmente FUSE avrebbe avuto bisogno di tempi di gestazione più dilatati, impossibili da sostenere visto l'arrivo imminente delle nuove console ed un allentamento dei ritmi di produzione dovuto alla revisione completa.

    Fuse FuseVersione Analizzata PlayStation 3La prima prova multipiattaforma di Insomniac non è affatto brillante. Foraggiato da Electronic Arts, il team sforna uno sparatutto in terza persona incentrato sulla componente co-op, ma manca clamorosamente il colpo. Le dinamiche di collaborazione fra i membri del team funzionano, e vengono esaltate soprattutto nella modalità Echelon, ma il resto è quasi tutto da rivedere: caratterizzazione dei personaggi, narrazione, bilanciamento, varietà. La progressione nell'avventura principale è piatta e poco stimolante, e solo il sistema di potenziamento delle armi Xenotech convincerà i più assidui frequentatori del genere ad arrivare alla fine. Online la formula si esalta, lasciando intravedere quello che FUSE avrebbe potuto essere. Purtroppo le falle tecniche e concettuali pesano troppo perchè si possa consigliare il titolo indiscriminatamente. Solo per chi, dopo Dead Space 3 e Gears of War, cerca una modalità cooperativa che aiuti a dimenticare qualche pomeriggio un po' noioso.

    6

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