Recensione Genji

Quando la bellezza non è tutto...

Recensione Genji
INFORMAZIONI GIOCO
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS2
  • Quando venne diffusa la notizia che Yoshiki Okamoto avrebbe lasciato Capcom per fondare una sua etichetta, molti gioirono sinceramente di tale scelta. Un General Manager di tale stampo impiegato senza briglie in progetti originali e qualitativamente validi era una prospettiva che avrebbe solleticato l’animo di qualunque giocatore.
    Quanta e quale sia stata l’influenza di Okamoto San in titoli dall’alto valore ricreativo quali Onimusha, Devil May Cry e, per certi versi, Maximo non ci è ben chiaro, ma di certo solo il fatto che siano stati pubblicati da Capcom sotto la sua ala protettiva fa intendere una certa propensione a prodotti di lodevoli espressioni artistiche e tecniche.
    Genji è quindi l’opera prima di Game Republic, nuovo team di sviluppatori tutto orientale nato con lo scopo di conquistare, attraverso una visione laterale qualitativamente notevole, una fetta di appassionati ormai ipnotizzati dalle pubblicazioni delle grandi corporazioni.
    Genji, ahimè, è un biglietto da visita riuscito a metà.
    Dopo un’introduzione che nell’epoca della computer grafica non stupisce più di tanto, il gioco si apre con un menu sobrio e lineare dove pare inevitabile la scelta del “nuovo gioco”, non prima di una sbirciata alle opzioni che permettono di settare la lingua parlata tra inglese e giapponese (consigliato), la frequenza video e la tipologia di accompagnamento sonoro (presente anche, oltre al DPLII, il dolby digital 5.1 nelle scene precalcolate).
    Alfine, dopo altri secondi di filmato, è possibile governare un elegantissimo samurai, tale Yoshitsune, mentre viene assalito da un manipolo di avversari armati. Un breve tutorial a fondo schermo istruisce sui tasti opportuni alla difesa e all’attacco. E comincia il balletto. Yoshitsune sembra danzare sull’acqua, ad ogni pressione del tasto quadrato a cui sono assegnate le due katane, strumento d’offesa del protagonista, il guerriero orientale cambia le proprie movenze in accordo con la direzione indicata dalla levetta analogica sinistra. Ora si inclina da un lato, ora rotea le spade in avanti, ora esegue un salto mortale all’indietro colpendo dal basso verso l’alto appena atterrato. In poche parole: una coreografia interattiva fresca e splendente, incoronata tra l’altro da un accompagnamento musicale dai gustosi ed appropriati toni tradizionali giapponesi. I primi avversari soccombono veloci, subito dopo gli occhi del giocatore appena rinfrancato dalla notevole abilità affettatoria del protagonista si posano sulla seconda straordinaria qualità visiva del titolo: le ambientazioni. Vive, rigogliose, accese, mai la natura in un action è apparsa così serena e luminosa. All’occhio clinico non sfuggirà di certo la notevole quantità di scenografie piatte poste come sfondo a rappresentare panorami lontani o anche macchie di alberi più vicini, ma l’effetto finale, complice anche un limitato movimento di camera durante l’esplorazione, è davvero eccellente, a dimostrare una volta di più che dove non può la potenza arriva l’arte.
    Il gioco si divide in zone circoscritte ma liberamente raggiungibili attraverso una semplice mappa, che indica sempre l’obiettivo principale per avanzare nella trama ma non preclude la rivisitazione di locazioni già battute.
    Dopo pochi minuti di gioco si viene introdotti in una tecnica peculiare nominata Kamui: il protagonista è possessore di una particolare pietra magica, chiamata Amahagane, la quale permette al detentore di sfoderare impressionanti caratteristiche combattive. Non appena riempita, attraverso danno inflitto o subito, la barra dedicata a questo particolare attacco, premendo L1 il tempo rallenterà, come nel più abusato effetto cinematografico, con un inaspettato filtro bluastro, e ogni assalto nemico potrà essere affrontato con la consapevolezza che, in un dato momento, il simbolo del tasto d’attacco comparirà sotto il giocatore; se accompagnata da tempismo e riflessi, la pressione del quadrato sancirà un attacco mortale ai danni dell’assalitore, attacco che potrà essere ripetuto per i restanti nemici fino all’eliminazione dell’ultimo, morte nel qual caso accompagnata da preziose sonorità arpeggiate e fiori di loto ondeggianti al vento.


    Il cast di personaggi giocabili si arresta sul numero di due elementi non appena introdotto Benkei, monaco dalle fattezze a doppia anta che accompagnerà Yoshitsune nella sua avventura. L’utilizzo di Benkei può aprire strade interdette da elementi dello scenario rimovibili mediante il poderoso bastone da lui utilizzato come arma, mentre l’agilità di Yoshitsune gli permette di raggiungere locazioni segrete in zone maggiormente elevate. Lo sviluppo offensivo del giocatore avviene attraverso il trasparente accumulo di punti esperienza e il ritrovamento di frammenti di Amahagane che, a gruppi di tre, potranno aumentare capienza energetica o potere difensivo di entrambi i lottatori. Solo Benkei è interessato nella variazione della sua tecnica d’attacco dalle armi recuperate sul campo, nella fattispecie di tipo tagliente piuttosto che contundente, mentre Yoshitsune manterrà le mosse iniziali dall’inizio alla fine del gioco, con il ritrovamento progressivo di spade più potenti che garantisce soltanto influenze elementali o una maggiore potenza d’attacco.
    Questo, in poche parole ma con descrizione sufficientemente esaustiva, è Genji.
    Il grande stupore iniziale si frantuma tristemente contro la consapevolezza che il gioco non offrirà nulla di più di quanto fatto vedere nella prima mezz’ora giocata. Paradossalmente la più grande novità presente nel titolo, quel Kamui che poteva essere foriero di meccaniche più complesse, si risolve come versione in slow-motion dell’Issen già visto in Onimusha, con i successivi potenziamenti che non fanno altro che rallentare maggiormente l’azione, in modo da favorire l’attacco con tempismo corretto anche contro i nemici più rapidi.
    Interessante che un analoga versione del colpo sferrato lanciando il Kamui è eseguibile anche in condizioni di tempo non rallentate: esattamente come in Onimusha un affondo sferrato nell’esatto istante di attacco da parte di una qualche forza viene premiato con l’uccisione subitanea dell’assalitore. Come nel titolo Capcom, però, individuare i tempi per la corretta esecuzione della mossa è tutt’altro che facile, e mancando anche le adeguate ricompense del caso (gli orb rilasciati a favore di Samonosuke utilizzando l’issen erano in misura doppia) in Genji la tecnica ricade più nell’ambito dell’approfondimento masochistico che in quello pratico.
    Anche l’utilizzo di Benkei, notevolmente sbilanciato verso l’attacco preventivo piuttosto che l’evasione, durante gli scontri con i boss non riesce a far emergere una strategia utile oltre al ‘mordi e scappa’ certamente non appagante né impegnativo dal punto di vista ludico.
    Il gioco si trascina fino alla fine, tra la beltà visiva delle ambientazioni, sotto tono solo in un paio di circostanze, e nemici piatti e poco ispirati da affrontare nelle stesse. La varietà degli oppositori non è elevata, ma a peggiorare le cose è la tipologia degli attacchi, davvero troppo simili tra loro e in numero eccessivamente esiguo.
    Definire Genji un prodotto scadente non rende giustizia alla classe con cui la neonata Game Republic ha rivestito parte dell’opera. Piuttosto riesce facile crederlo un prodotto incompleto, pallida ombra di quello che arebbe potuto essere se confezionato con quel pizzico di malizia, mestiere e settimane in più.
    L’annuncio di un seguito su PS3 sorprende e preoccupa, visto che l’unico aspetto davvero degno di nota in Genji, l’aspetto grafico, è proprio quello che sicuramente sarà sottoposto a notevoli stravolgimenti sul nuovo hardware.
    Quel poco che fa, Genji lo fa bene; una sana e reale innovazione nel genere e una maggior articolazione di qualità anche ereditate da altri titoli potranno essere le caratteristiche vincenti del prossimo prodotto di Okamoto. La già presente base su cui lavorare dovrebbe facilitare il compito: il tempo questa volta c’è, e la voglia e la capacità di fare, Genji lo ha dimostrato, anche.

    Approfondimento #1: Il Principe Splendente

    Genji monogatari è il primo grande romanzo della letteratura giapponese. Scritto intorno all’anno mille da una figura femminile tutt’ora ignota celata dallo pseudonimo Murasaki Shikibu, la “Storia di Genji”, come è la traduzione in italiano, narra le vicende di un “Principe Splendente” (Genji), personaggio romanzato della famiglia Minamoto che, proprio nel periodo in cui si svolge il gioco, ha in Yoshitomo (padre di Yoshitsune) il suo elemento di spicco.
    L’opera di Okamoto, orientata a descrivere la situazione militare con evidenti influenze fantastiche, narra vicende ben diverse da quelle della Shikibu, improntata invece su epopee sentimentali e totalmente priva di elementi soprannaturali. Ciononostante le attinenze di nome ed epoca (L’epoca Heian, appellativo derivato dal nome antico della città di Kyoto, ben si sposa con gli anni rappresentati dal titolo Game Republic e risalenti al periodo dal 794 al 1185 d.C.) ci portano a pensare che il nome dato da Okamoto alla fazione sovversiva guidata dal protagonista sia stato preso proprio da questo famoso romanzo.
    Tutti i personaggi nel gioco hanno basi storiche reali: Minamoto no Yoshitomo (Yoshitomo di Minamoto) per esempio, padre di Yoshitsune e Yoritomo (anch’egli presente in Genji in un ruolo un po’ defilato) fu un generale e un uomo politico, e fu artefice della rivolta contro Taira no Kiyomori (Kiyomori di Taira, l’eccellente nemico del gioco), che fu poi il suo assassino.
    La guerra di Genpei (come verrà poi chiamata a posteriori) che fa da sfondo al gioco è anch’essa realmente esistita, e ha avuto come elementi risolutori proprio due qualità particolari dei due figli di Minamoto: l'abilità diplomatica di Yoritomo ed la grande capacità come condottiero di Yoshitsune.

    Approfondimento #2: Quando il gioco si fa Duro...

    Avete presente le meravigliose modifiche strutturali apportate dagli sviluppatori nei livelli di difficoltà superiore di alcuni titoli? Ecco, scordatevele, perché Genji ha un trucchetto molto semplice per rendere il tutto più impegnativo. Come se già la monotonia strutturale della modalità normale non fosse un deterrente sufficiente a riprendere in mano il prodotto dopo averlo completato, ecco che Genji ci presenta una modalità “difficile” che più ‘cheap’ di così viene difficile pensarla. Immaginatevi il livello normale ma senza la possibilità di far progredire l’esperienza del personaggio, eliminando di fatto i “level-up”; immaginate poi che ogni ampolla, anfora o baule spaccato o aperto nelle locazioni del gioco non riveli null’altro che aria stantia; immaginate infine che non sia nemmeno possibile comprare pozioni curative o armi aggiuntive; ecco, ora avete un’idea di cosa significa imbarcarsi nel livello “difficile” di Genji. Di certo sarebbero graditi un po’ più di impegno e fantasia nel complicare la vita ai giocatori, non vi pare? Soprattutto quando alla fine di cotanta odissea non si ottiene null’altro che artwork. Belle, per carità.

    Genji GenjiVersione Analizzata PlayStation 2Grafica e tecnica: 8 Il tripudio assolato e verdeggiante di cui il titolo è infarcito non viene minimamente intaccato dai ‘trucchetti’ bidimensionali utilizzati per ottenere tale risultato. I pochi ambienti in cui la storia di Genji si sviluppa sono tutti indiscutibilmente meravigliosi. Colonna sonora: 8 L’eccesso di flauti e tamburi richiamanti l’antico Giappone può indisporre alcuni, ma non v’è dubbio che il commento sonoro sia perfettamente calzante e ottimamente realizzato. Giocabilità: 7 Dispiace dover constatare la povertà della meccanica di un titolo così ben presentato. Dopo aver gioiosamente ululato alla luna per la rivelazione dell'ottimo sistema di controllo nel primo combattimento ci si rende presto conto che, purtroppo, in Genji c’è poco altro. Longevità: 5 Rivisitando tutte le zone con entrambi i personaggi e cercando ogni singolo cristallo Amahagane, il gioco non durerà comunque più di nove ore a livello normal. Quantità che si riduce a sei se non si indugia nell’approfondimento degli scenari. Al di là della breve durata, tuttavia, il vero problema è la mancanza di stimoli al ripercorrimento del gioco. Globale: 7.5 Un’occasione sprecata, l’abbozzo di un gioco che poteva e doveva essere più vario e profondo. Persino lo zoccolo duro dei giocatori faticherà a trovare nella scarsa ispirazione della modalità difficile e nelle poco remunerative artwork sbloccabili motivi validi per dedicare a Genji tempo supplementare oltre al suo primo completamento.

    7.5

    Quanto attendi: Genji

    Hype
    Hype totali: 2
    80%
    nd