La recensione di Ghost Hunter per PS2

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La recensione di Ghost Hunter per PS2
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  • PS2
  • Tecnica
    ineccepibile

    Nel
    calderone delle offerte natalizie - quest’anno, a dire il vero, non
    particolarmente ricco di titoli in grado di calamitare le attenzioni di media e
    pubblico - SCEE ha pensato bene di “gettare” questo secondo parto dei Cambridge
    Studios sul monolite nero, a distanza di meno di un anno dalla precedente
    creazione, quel Primal che ha diviso un po’ tutti per le sue innegabili
    caratteristiche visive unite ad una struttura di gioco rigida e, a tratti, mal
    congeniata. Ciò che colpisce immediatamente di Ghosthunter è, come già accaduto
    precedentemente con Primal, l’incredibile impatto grafico che sicuramente segna
    una dei massimi esempi di ciò che può fare una Playstation 2 se sfruttata in
    maniera appropriata. Curiosamente, ma non più di tanto, Ghosthunter spartisce
    con i titoli maggiormente rappresentativi dal punto di vista grafico per la
    console Sony - dei recenti basta citare i due cugini (per tecnologia
    implementata e contenuti) Jak II di Naugthy Dog e Ratchet & Clank 2 di Insomniac
    - l’utilizzo della tecnologia streaming, che prevede un flusso continuo di
    caricamenti da DVD. Tale tecnica permette di non congestionare l’esiguo
    quantitativo di memoria ram disponibile e ottenere risultati ineccepibili per
    quanto concerne la qualità stessa delle texture impiegate, senza scendere a
    compromessi in termini di mole poligonale sparata a video. Purtroppo, come
    vedremo in seguito, non sempre abili tecnici viaggiano accompagnati a fantasiosi
    designer e questo Ghosthunter ne è una prova inconfutabile, presentandosi da
    subito come un prodotto non particolarmente ispirato in termini di design e
    ambientazioni.

    Vedo i morti che camminano...

    Lazarus Jones, poliziotto spaccone e modellato a sembianza di
    Brad Pitt, e la sua collega Anna Steele sono alle prese con un caso di “rumori
    molesti” in una vecchia scuola abbandonata, teatro in tempi recenti di una serie
    efferata di delitti il cui responsabile non è ancora stato identificato.
    Ispezionando l’edificio in rovina, Lazarus scopre un laboratorio adibito ad
    esperimenti la cui natura rimane ignota fino al momento in cui lo stesso
    poliziotto non mette in funzione un macchinario misterioso. L’incauto Jones si
    rende presto conto di aver liberato una serie di spiriti piuttosto belligeranti,
    uno dei quali entrerà in simbiosi con lo stesso donandogli poteri soprannaturali
    come, primo fra tutti, la possibilità di vedere i morti. Nel frattempo, la più
    pericolosa delle creature ultraterrene, rapisce la collega Steele e costringerà
    il povero Lazarus a riparare all’errore commesso, andando a caccia di tutte le
    anime liberate con l’aiuto di un potente armamentario in grado di intrappolare
    anche le creature più reticenti.

    Un altro esempio di clonazione
    videoludica

    Anche il videogiocatore più distratto, al
    cospetto del titolo sviluppato da Cambridge Studios, non potrà fare a meno di
    provare una sensazione di “dejà vu”, essendo Ghosthunter basato sul motore
    concepito per la precendente produzione Primal. La vastità delle locazioni e la
    mancanza di libertà concessa al giocatore nell’esplorare le stesse, unita ad uno
    scarso livello di interazione con l’ambiente circostante rappresentano una sorta
    di cifra stilistica che aveva già caratterizzato il precedente Primal e che
    caratterizza anche questo Ghosthunter. Primal era un titolo con una discreta
    serie di problemi legati alla struttura stessa del gioco e alla gestione dei
    comandi relativi ai personaggi principali (come accade anche in Ghosthunter, in
    Primal il giocatore era tenuto a controllare, in alternanza, due personaggi), ma
    era sorretto da una realizzazione tecnica eccezionale e da una stroria non
    originale magari, ma interessante e che si lasciava seguire fino all’ultimo. Con
    Ghosthunter, purtroppo, i ragazzi di Cambridge Studios hanno mostrato il fianco
    a qualche critica in più rispetto alla precedente produzione in quanto, se da
    una parte alcuni elementi sono stati migliorati come, ad esempio, la gestione
    dei combattimenti - ora non più corpo a corpo come in Primal -, dall’altra
    l’indiscussa qualità tecnica del titolo non è stata supportata da un design
    all’altezza della situazione. Il plot di Ghosthunter, i protagonisti della
    storia e le ambientazioni in cui si svolgerà il tutto rappresentano un
    condensato incolore di quanto già visto in tanti film horror - qui le citazioni
    si sprecano...da Ghostbuster, ovviamente, a Shocker di Wes Craven passando per
    Buffy The Vampire Slayer e The Sixth Sense - e già giocato in molti altri titoli
    del genere. Ghosthunter è il classico titolo action/adventure in terza persona
    in cui il giocatore, nei panni del già citato Lazarus Jones-Brad Pitt, dovrà
    affrontare una serie di mondi surreali collegati tra di loro da una porta spazio
    temporale situata nel laboratorio della scuola in cui tutto ha avuto inizio. Il
    nostro poliziotto acchiappafantasmi può contare su una serie piuttosto variegata
    di armi comuni e non, tutte in grado di assorbire energia alle creature
    spettrali, oltre che sull’indispensabile “granata” (che a tutto sembra tranne
    che a una granata) la cui funzione vitale è quella di intrappolare una volta per
    tutti i fantasmi infestanti. Una volta agganciato uno spettro con la “granata”
    una doppia barra comparirà su schermo ad indicare il tempo a disposizione prima
    che l’aggeggio torni magicamente nelle mani di Lazarus e quanta energia
    “spettrale” resta al fantasma. Fin quando quest’ultima non raggiunge il livello
    zero, l’entità ultraterrena non può esser imprigionata. Durante l’avventura,
    Lazarus Jones raccoglierà una serie di documenti in grado di illuminarlo sulle
    varie vicende all’origine del caos interdimensionale regnante. Un inventario,
    suddiviso per oggetti e armi possedute - queste ultime comodamente selezionabili
    tramite un menù in sovraimpressione attivabile premendo il tasto R1 - , permette
    al giocatore di esser sempre al corrente degli oggetti recuperati, ma la
    funzione dello stesso non è mai particolarmente rilevante, in quanto non ci si
    troverà mai nella condizione di selezionare manualmente un oggetto utile per
    risolvere un enigma. La semplice pressione del tasto X è sufficiente per
    utilizzare automaticamente l’oggetto richiesto, a patto di esserne in possesso.
    La natura rigida e lineare dei nostri viaggi fa il resto e di conseguenza non ci
    si troverà mai nelle condizioni di dover setacciare l’ambiente circostante per
    ricercare un item indispensabile per la prosecuzione dell’avventura, rendendo di
    fatto piuttosto superflua l’esistenza di un inventario.

    Grafica e sonoro

    Come già
    accennato più volte, Ghosthunter può vantare un impianto tecnico tra i migliori
    attualmente in circolazione e non solo per quanto concerne la console Sony. Il
    dettaglio grafico è tale che durante le varie scene di intermezzo, realizzate
    attraverso l’utilizzo del motore di gioco, sarà possibile intravedere
    addirittura i pori della pelle dei personaggi inquadrati. Le locazioni in cui è
    ambientata la vicenda spaziano dalle paludi del profondo sud americano, a
    isole/prigioni che ricordano molto da vicino la tristemente famosa Alcatraz.
    L’orizzonte dei livelli esterni si perde a vista d’occhio, gli effetti
    implementati (in particolare quello dovuto all’assorbimento dei fantasmi) sono a
    tratti eccezionali, ma il tutto non è supportato dal benché minimo estro
    creativo a livello di design, salvo qualche situazione particolare. Inoltre, se
    la bella Jen protagonista di Primal poteva contare su doti carismatiche non da
    poco (oltre ad una realizzazione eccezionale), Lazarus Jones è un povero clone
    digitale di Brad Pitt spaccone, irritante e mai simpatico. Alcune creature -
    prima fra tutte l’orsetto gigante che trascina la bimba per le gambe - sono
    seriamente azzaccate, ma la maggior parte, però, è frutto di un saccheggiamento
    di idee che si è spinto fino ad utilizzare le sembianze - piuttosto fuori luogo
    - di Alien, la mitica cretura di H. R. Giger, per la realizzazione di un boss
    finale. Migliorata di molto la gestione manuale della telecamera, non più
    soggetta ai problemi presenti in Primal durante gli spostamenti. Una nota di
    merito ai programmatori per l’implementazione dei 60Hz e il supporto alla
    modalità progressiva. Non manca nemmeno la presenza del selettore per il formato
    16:9. Riguardo quest’ultimo, bisogna segnalare il fatto che, una volta impostato
    il formato preferito, non sarà possibile cambiarlo a gioco inoltrato. Anche dal
    “punto di vista uditivo”, tranne alcune voci strazianti ed effetti sonori,
    Ghosthunter offre risultati al di sotto del precedente titolo firmato Cambridge
    Studios. La colonna sonora, ricca ed emozionante in Primal, questa volta si
    presenta come una specie di imitazione particolarmente debitrice - anche se
    nemmeno lontanamente avvicinabile - alle sonorità tipiche della serie Silent
    Hill - in cui suoni industriali venivano utilizzati per creare brani musicali di
    accompagnamento -. Un punto a favore, invece, per la localizzazione italiana che
    si avvale di voci di doppiatori famosi del calibro di Riccardo Rossi (che ha
    "prestato" la proprie corde vocali a personaggi come johnny Depp, Matt Damon e
    Ben Affleck) e Dario Penne (Anthony Hopkins, Tommy Lee Jones, Michael
    Caine).

    Conclusioni

    Se con la serie MediEvil i Cambridge Studios si erano meritatamente
    guadagnati una certa fama su PsOne, con la seconda generazione di console Sony
    sembra che non siano ancora riusciti ad ingranare la marcia giusta. La
    padronanza tecnica della console nera c’è tutta, sono le idee che sembrano
    latitare. Nel giudicare Ghosthunter ci si trova in bilico tra feroce stroncatura
    e timida promozione, in quanto nel mare di luoghi comuni e pessime
    caratterizzazioni tipiche del titolo SCEE, si può sempre trovare qualche idea in
    grado di ribaltare, seppur momentaneamente, un giudizio comunque innegabilmente
    negativo. Non si tratta di una secca bocciatura, ma visti i difetti e i pregi di
    Primal era lecito aspettarsi un’esperienza ludica un po’ meno limitata con
    questo Ghosthunter.

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