Ghost of Tsushima Recensione: si alza il vento nell'ultima esclusiva PS4

L'avventura open world di Sucker Punch è chiamata all'arduo compito di chiudere l'attuale generazione di Sony. Ci sarà riuscita in modo onorevole?

Ghost of Tsushima: Video Recensione 4K
Recensione: PlayStation 4 Pro
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  • PS4
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  • Partire a galoppo lungo le praterie di Tsushima, mentre il vento accarezza gli steli d'erba, il cavallo trafigge l'aria col suo incedere rapido e Jin cerca con dolcezza di sfiorare i petali dei fiori, è un'esperienza profondamente suggestiva. Ha la delicatezza e la potenza di un haiku, quelle brevi ma incisive poesie giapponesi che, con pochissime parole, riescono a trasmettere un messaggio di grande intensità. E così anche a Ghost of Tsushima basta qualche immagine per rivelare al giocatore le sue intenzioni: quella di raccontare un'epopea visivamente appariscente, intrisa di un fascino epico ed evocativo, degna delle migliori visioni cinematografiche ispirate alle opere di Kurosawa.

    Peccato solo che, proprio come gli haiku, anche le suggestioni di Ghost of Tsushima siano di breve durata. L'ultimo open world di Sucker Punch ha l'arduo compito di chiudere la generazione di PlayStation 4 e purtroppo non riesce a farlo in maniera del tutto onorevole, con la medesima dignità che appartiene alle più nobili esclusive del clan Sony. Il piacevolissimo impatto iniziale, del resto, lascia presto spazio a un'avventura tanto solida quanto densa di incertezze ludiche e narrative, che finiscono inevitabilmente per smussarne la resa complessiva. La spada di Sucker Punch ci è parsa dunque meno tagliente di quello che avremmo sperato.

    Il racconto dell'Invasione: scoprire la trama

    L'invasione mongola dell'isola di Tsushima è storia nota, ma il team di sviluppo sceglie di reinterpretarla a modo suo, raccontandola attraverso gli occhi del samurai Jin Sakai, che ha assistito impotente alla disfatta del suo popolo per mano delle orde barbariche di Kothun Khan. L'onore dei grandi guerrieri giapponesi, abituati a combattere seguendo un preciso codice di regole comportamentali, appartenenti alla legge del Bushido, nulla ha potuto contro la spietata crudeltà dei Mongoli, che lottano senza rispetto per l'avversario, e si dedicano a saccheggi e razzie.

    Quando Lord Shimura, zio di Jin e protettore di Tsushima, viene imprigionato dal Khan, al protagonista non resta altro da fare che abbandonare la via del guerriero per abbracciare la strada dello Spettro, annientando gli invasori con le loro stesse armi: quelle della paura. Lungo il cammino, Jin incontrerà diversi alleati, accanto ai quali tenterà di riportare l'ordine nell'isola, avanzando verso la fortezza dove attende il colossale Kothun.

    Il racconto di Ghost of Tsushima possiede un forte potenziale inespresso: la trasformazione del samurai in Spettro è inevitabile, e l'esperienza non sarà scandita da un sistema di Karma. Le rarissime scelte che compiremo durante l'avventura servono più che altro a mutare qualche linea di dialogo, ma non hanno nessun impatto sull'andamento della trama, né sulla personalità di Jin, che abbandonerà progressivamente le regole del bushido allo scopo di adempiere a un bene più grande.

    Il confronto tra le sue ideologie e quelle del nobile Shimura, che lo ha addestrato sin da piccolo al codice d'onore, assume tratti parzialmente ambigui nella prima fase della storia, per poi divenire più schematico e lineare. Il problema non risiede nell'assenza di un sistema di karma: l'idea di narrare una vicenda ben inquadrata secondo un rigoroso andamento, scevro dalle volontà dell'utente, è pienamente rispettabile, ma la dicotomia morale del protagonista non è stata, a nostro avviso, intessuta con il dovuto approfondimento, né si avverte con vigore, se non a sprazzi, l'impatto etico delle sue azioni. Nell'insieme, priva di grossi guizzi o sorprese, la trama di Ghost of Tsushima scorre con assoluta prevedibilità per circa 20 ore, con considerevoli cali di ritmo e con solo sporadici punti nei quali la messa in scena assume connotati epici e tonanti. Il fatto che simili sequenze rappresentino una rarità nella cornice narrativa ha il sapore di un'occasione sprecata: la maggior parte delle cinematiche è infatti statica, non supportata da una regia sufficientemente valida, nonché indebolita da una sceneggiatura non sempre all'altezza dei riferimenti cinematografici a cui si ispira.

    Ci sono però frangenti in cui Ghost of Tsushima affila le sue armi, imbastisce cutscene d'alta classe e ci fa comprendere che, con un po' di sforzo in più, Sucker Punch avrebbe potuto confezionare un racconto di altissimo spessore. È un gran peccato, quindi, che la storia del gioco non abbia il coraggio di osare, di sferzare le emozioni dei giocatori come fa il vento con le fronde di Tsushima.

    Il racconto del Samurai: combattere con onore

    Anche se al giocatore non viene concessa libertà decisionale durante il racconto, lo stesso non si può dire per quanto concerne le fasi interattive. L'isola di Tsushima è ovviamente sotto lo scacco mongolo, tra attacchi di predoni, carovane e avamposti ben protetti: Jin dovrà dunque far piazza pulita degli invasori e avrà a sua disposizione sia le abilità tipiche dei samurai, sia quelle dello Spettro. Pertanto, l'utente può scegliere (quasi) sempre la maniera in cui approcciare le battaglie, decidendo se agire in stealth o se imbracciare le proprie armi con onore.

    Prima di cominciare ogni scontro a viso aperto, avremo la possibilità di cimentarci in un Confronto: a quel punto, basterà tenere premuto il tasto triangolo e lasciare la presa un attimo prima che l'attacco nemico vada a segno per effettuare un'uccisione istantanea. Con gli adeguati potenziamenti, avremo persino modo di concatenare più eliminazioni di fila, all'insegna di un meccanismo tanto semplice quanto efficiente.

    Il sistema di combattimento di Ghost of Tsushima rappresenta, su carta, l'aspetto migliore della produzione. Per quanto Jin possa brandire solo la sua pregiata katana di famiglia nel corpo a corpo, le opzioni offensive a disposizione sono piuttosto numerose: le combo da sbloccare danno vita a danze mortifere decisamente raffinate, e il protagonista, attraverso le sue movenze sinuose, falcia gli avversari con la rapidità e l'eleganza di un alito di vento.

    Le battaglie si affrontano con l'alternanza di fendenti leggeri e pesanti, tramite i quali spezzare la guardia dei nemici per permetterci di affondare la lama nelle carni. Com'è ovvio, una parata o un parry assestato col giusto tempismo ci concedono una finestra di opportunità per attuare contrattacchi fulminei e generalmente letali, grazie ai quali riempire l'indicatore della Determinazione, ovvero la tempra morale di Jin, utile sia per sferrare colpi più potenti, sia per ripristinare la salute. Recuperare energia vitale in maniera così "eterea", senza kit medici di sorta, facendo leva solo sulla spiritualità del protagonista, ci è parsa francamente una soluzione di game design non proprio coerente con i toni realistici del racconto, che indugia nel misticismo solo quando si parla di folklore e leggende giapponesi, senza però mai far leva concretamente su nessun elemento sovrannaturale.

    Padroneggiare il combat system non è complesso, ma neppure così elementare: gli avversari sono infatti alquanto tenaci, e tendono ad attaccare spesso in gruppo, perlopiù composto da diverse tipologie di nemici. Per fronteggiare arcieri, lancieri, spadaccini e bruti occorrerà una buona dose di riflessi e capacità di reazione, e coloro che vorranno trarre il massimo del tecnicismo dalle lotte potranno cimentarsi in una gamma di combo sufficientemente vasta e coreografica. Tra armi a distanza, kunai e spade incendiarie, infine, l'armamentario in dotazione non è molto ampio, ma ci permette di destreggiarci adeguatamente nelle diverse situazioni che affronteremo.

    Le vesti e i potenziamenti del guerrieroUno dei maggiori punti di forza di Ghost of Tsushima risiede nella vastità delle opzioni di personalizzazione. Jin può indossare molte armature differenti, tutte di altissima fattura, che cambiano anche le statistiche del personaggio, aggiungendo all'insieme una spruzzatina di gioco di ruolo. Raccogliere i fiori lungo le praterie e portarli ad un apposito mercante permette anche di sbloccare diverse colorazioni per l'equipaggiamento. Sempre recuperando un po' di materiale sparso in giro per la mappa avremo l'opportunità di potenziare le armi in dotazione, da far affilare negli accampamenti da fabbri specializzati. Infine, la scoperta di templi sacri ci donerà alcuni amuleti che, al pari delle armature, possono infondere bonus passivi ai talenti di Jin, per renderlo sempre più letale.

    Le notevoli potenzialità del combat system sono purtroppo smussate da due fattori abbastanza limitanti: da una parte, l'assenza di lock-on sul bersaglio ci costringe a fare i conti con una telecamera instabile, che solo di rado inquadra l'azione in maniera corretta, e pertanto ci impedisce spesso di osservare l'arrivo di colpi imparabili e di schivare in tempo gli affondi mortali; dall'altra la presenza di numerose combo non possiede una vera utilità all'interno delle battaglie. Imparare differenti combinazioni non porta un effettivo vantaggio, dal momento che la tecnica più efficace consisterà sempre nell'insistere sulle rotolate salvifiche, sulle deviazioni e sui colpi pesanti per rompere la guardia, così da avere la meglio sui nemici senza troppi grattacapi. Le diverse posture, definite "Forme", da selezionare in battaglia (il cui numero preferiamo non rivelarvi) modificano considerevolmente il moveset di Jin e ognuna si rivela particolarmente utile con una specifica tipologia di avversario: si tratta di una soluzione stimolante, che però a conti fatti riduce la necessità di ricorrere a combo troppo elaborate.

    Questo perché nei combattimenti saremo spronati a cambiare al volo le stance con una certa frequenza, soprattutto nelle fasi avanzate, e di conseguenza cercheremo di liberarci degli avversari in tutta fretta, prima di essere circondati da altri nemici più resistenti al moveset che stiamo adottando. Il combat system di Ghost of Tsushima sa dunque essere preciso e stratificato quanto basta, eppure manca di equilibrio tra le sue componenti. D'altronde, anche la katana più affilata rischia di essere inefficace nelle mani di chi non sa brandirla.

    Il racconto del Fantasma: uccidere in silenzio

    Qualora non volessimo sporcare di sangue la nostra lama potremo sempre agire di soppiatto, contravvenendo alle regole del bushido, per sgozzare i mongoli senza esser visti, come uno Spettro. Sorrette da una discreta quantità di gadget, tra bombe fumogene e dardi velenosi, le fasi stealth di Ghost of Tsushima seguono pattern piuttosto tipificati, appartenenti alla gran parte dei congeneri.

    Non aiuta nemmeno il level design, strutturato in maniera tale da mettere sempre ben in evidenza i punti di infiltrazione, un fattore che rende davvero difficile il fallimento di un'operazione silenziosa. C'è da dire, inoltre, che quando ci muoviamo come un fantasma gli avversari mostrano un'intelligenza artificiale fin troppo di routine, poco sveglia e reattiva, con ronde addirittura prevedibili: ne consegue che l'approccio stealth semplifica prepotentemente il tasso di sfida, e non risulta appagante come avremmo voluto. Ci sono dei momenti in Ghost of Tsushima nei quali saremo obbligati a uccidere i mongoli senza lasciare traccia, mentre in altri avremo totale libertà nella scelta del metodo d'azione. Decidere di seguire un particolare stile non cambierà in alcun modo la progressione di Jin: l'esperienza guadagnata con i Punti Tecnica (che otterremo con l'incremento della Leggenda del protagonista) sarà sempre la stessa e nulla ci vieterà di investire le abilità in modo del tutto arbitrario, ora nel ramo dedicato al Samurai, ora in quello dello Spettro.

    Nella sua semplicità, lo stealth ci è parso comunque dignitoso, figlio di meccaniche un po' obsolete ma non per questo poco godibili. Occorre considerare infine che la dinamica della "paura" inflitta ai mongoli con l'aumentare della fama di Jin, che induce gli avversari a indietreggiare dinanzi all'avanzare del protagonista, funziona perlopiù nei combattimenti faccia a faccia, quando i nemici osservano con i loro occhi la crudeltà del protagonista: vedere i soldati ostili tremare come una foglia dona una sensazione di potere abbastanza esaltante, ed è per questo che, a volte, saremo più invogliati ad agire katana alla mano, invece che a nasconderci nell'erba alta.

    Il racconto del viandante: esplorare l'isola

    Sotto il giogo dell'invasione mongola, l'isola di Tsushima è divenuta un luogo tanto bello quanto pericoloso. In groppa al nostro fedele cavallo (della cui incolumità non dovremo mai preoccuparci), viaggeremo lungo le vaste distese del mondo di gioco, interrotti di tanto in tanto dall'assalto di qualche animale selvatico o dalle carovane di invasori pronti a prendere la nostra testa.

    Se si esclude qualche incertezza nelle animazioni del destriero, che tende a compiere degli enormi balzi anche dinanzi a ostacoli di piccole dimensioni, l'esplorazione dell'isola possiede un afflato epico da non sottovalutare, carica com'è di scenari evocativi, suoni ambientali sognanti e scorci assai suggestivi.

    Di tanto in tanto capiterà di incrociare qualche animale-guida, come volpi e uccelli, che ci accompagneranno verso luoghi nascosti, tra cui templi o sorgenti termali, dove riposare e incrementare la salute di Jin, magari componendo qualche haiku tramite un minigioco a risposta multipla. In mezzo a canne di bambù da tagliare per incrementare la determinazione e altari da scovare per raccogliere qualche collezionabile, Tsushima nasconde ben più di un segreto e i più curiosi si divertiranno a trascorrere qualche ora dedicandosi esclusivamente al vagabondaggio.

    L'elemento che rompe la piacevolezza del viaggio è connesso purtroppo alla verticalità dell'isola. A volte determinati punti d'interesse sono posizionati su scogliere e promontori, che possono essere raggiunti solo seguendo un percorso perlopiù lineare. Jin non può infatti arrampicarsi liberamente lungo le coste rocciose, ed anzi è costretto a trovare determinati appigli a cui agganciarsi o rami ben in evidenza sui quali usare il rampino: è questo un concept un po' antiquato, che azzoppa il gusto dell'esplorazione e alle volte costringe a compiere dei giri più lunghi per arrivare alla meta prefissata.

    Simile limitazione possiede una sua ragion d'esistere quando dovremo scoprire l'ingresso dei Tempi Sacri, posti al termine di un percorso tortuoso in cui Sucker Punch cerca di replicare alcune delle soluzioni ludiche di un Tomb Raider o di un Uncharted. Tuttavia questo vincolo, se esteso alla totalità dell'ambientazione, finisce per farsi abbastanza gravoso. Per individuare i punti segreti, previo sblocco degli appositi potenziamenti, potremo anche sfruttare il vento: in assenza di precisi indicatori, le folate d'aria ci guideranno verso la meta, solleticando alberi e fiori.

    L'impatto visivo è di certo assai affascinante, ma per selezionare il punto d'arrivo dovremo sempre mettere in pausa il gioco e posizionare il marcatore sulla mappa: in tal senso avremmo preferito che l'esplorazione scorresse in modo più fluido e naturale, dal momento che interrompere le galoppate per entrare nel menù comporta inevitabilmente una perdita dell'immedesimazione, che indebolisce l'utilizzo originale e ammaliante del vento di Tsushima.

    I racconti dell'Isola: aiutare gli abitanti

    L'obiettivo di Jin consiste nel salvare il suo popolo, anche al costo di perdere l'onore. E del resto l'isola è piena zeppa di abitanti che hanno bisogno dei servigi del loro Lord. Di base, il quest design degli incarichi secondari presenta una struttura che si ripete ad oltranza quasi in ogni missione e procede per il ritrovamento di indizi, l'ispezione delle tracce e il confronto finale con gruppi di mongoli. Le variazioni sono minime, e spesso le linee di dialogo risultano decisamente poco ispirate.

    Di maggior pregio sono gli incarichi opzionali legati ai personaggi chiave dell'avventura: ogni alleato di Jin possiede infatti una sua storia che solo raramente si intreccia con la main quest. Le personalità ben delineate dei comprimari ci invogliano dunque a sviscerarne le sotto trame, alcune delle quali presentano anche una struttura delle missioni più rifinita in confronto a quelle della campagna. Nell'insieme, tuttavia, non abbiamo trovato un incarico che riuscisse davvero a distinguersi per la brillantezza e l'unicità del suo concept.

    Un po' più originali sono i Racconti Mitici, legati al ritrovamento di un'arma o di una tecnica leggendaria, che terminano sempre con un Duello: parliamo di boss fight uno contro uno precedute da inquadrature di stampo cinematografico, in cui dar sfoggio della nostra maestria katana alla mano. Alcune di queste battaglie posseggono una cornice scenica da mozzare il fiato, ma sul piano delle meccaniche ludiche si tratta semplicemente di combattimenti un po' più lunghi di quelli affrontati con i nemici base del gioco. La liberazione degli avamposti mongoli e il completamento di tutte le secondarie all'interno delle tre parti di cui si compone l'Isola raddoppia la durata dell'avventura, che difficilmente supererà le quaranta ore di gioco complessive.

    Il racconto dei prati in fiore: ammirare Tsushima

    Osservare la vastità di Tsushima, dalla cima di un promontorio, mentre l'orizzonte è abbracciato dai raggi del crepuscolo, rappresenta un momento contemplativo di rara intensità. Sucker Punch ha dipinto un mondo bellissimo, in un tripudio di colori ed echi pittorici a tratti estasiante, merito di un art design che trasuda da ogni pixel tutto l'amore per l'immaginario nipponico. Se ci fermiamo ad ammirare il paesaggio in movimento, Ghost of Tsushima è una gioia per gli occhi, ma l'incanto inizia a incresparsi, se scendiamo più nel dettaglio.

    Le lingue dei SamuraiAd arricchire una direzione artistica ammirevole c'è una soundtrack d'alta caratura, cullante nelle fasi d'esplorazione, incalzante in quelle d'azione. Lo stesso si può dire per le campionature ambientali, sempre puntuali e capaci di comporre un contesto sonoro quasi impeccabile. Mentre il doppiaggio in inglese si difende con onore, e quello italiano ogni tanto possiede qualche inciampo nell'espressività e nella recitazione, la lingua giapponese resta, a nostro avviso, la maniera migliore per immergersi al meglio nell'epopea di Sucker Punch.

    Anzitutto, in alcune aree la saturazione cromatica è eccessiva, così come l'uso della nebbia in lontananza: un escamotage abbastanza furbo per mascherare qualche incertezza tecnica, dipesa da una mole poligonale non proprio all'avanguardia. Laddove armature e armi posseggono una maniacale cura per i particolari, lo stesso non vale per i modelli dei personaggi, compreso quello del protagonista, a tratti privi di un'espressività facciale ben implementata e aggravati da qualche animazione un po' grossolana. Fortunatamente la fluidità generale si è mantenuta sempre piuttosto stabile, nonostante l'uso massiccio dell'effettistica, e su PlayStation 4 Pro è presente persino una doppia opzione connessa alle prestazioni, volta a massimizzare ora il frame rate, ora la risoluzione.

    Menzione d'onore poi per la modalità Kurosawa, che cambia in maniera radicale il colpo d'occhio, sfruttando un ottimo filtro in bianco e nero che rimanda apertamente alle fotografie dei film del maestro giapponese. È una soluzione estetica indubbiamente piacevole, se sfruttata però a piccole dosi, e soprattutto se impiegata all'interno dell'eccezionale Photo Mode, con il quale i fotografi virtuali potranno immortalare gli incantevoli paesaggi di Tsushima.

    Ghost of Tsushima Ghost of TsushimaVersione Analizzata PlayStation 4 ProGhost of Tsushima chiude senza troppo clamore la generazione di PlayStation 4. Sucker Punch imbastisce un’avventura ricca di ambizioni che non sempre riescono a concretizzarsi o a trovare il loro equilibrio. Se da un lato il combat system propone un buon numero di tecniche e richiede una certa dose di tempismo, dall’altro la telecamera imprecisa mina inevitabilmente la lettura dell’azione. Allo stesso modo, l’uso di un’ambientazione nobilitata da una brillante art design si scontra con una storia dal ritmo altalenante, che solo in poche occasioni è riuscita a farci sussultare. Stealth e combattimento si alternano senza grossi impatti sul piano del gameplay e della narrazione, e in alcuni momenti l’impressione è che le idee iniziali del gioco fossero molto più stratificate di quanto mostrato nell’edizione definitiva, come se il team, ad un certo punto dello sviluppo, avesse smesso di affilare la propria lama creativa. Discretamente vasta e piena di attività secondarie, che però tendono molto presto a sfociare nella ripetitività, l’epopea di Jin Sakai si barcamena così tra soluzioni ludiche ispirate e altre dal concept fin troppo stantio, che non le permettono di distinguersi tra i membri più di spicco del clan Sony. Il vento di Ghost of Tsushima, insomma, soffia leggero.

    7.5

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