Ghost Recon Breakpoint: recensione dello shooter open world di Ubisoft

Ghost Recon Breakpoint migliora molti degli aspetti salienti del predecessore, ma non riesce comunque a segnare un passo avanti netto per la serie

Ghost Recon Breakpoint 4K
Recensione: PlayStation 4 Pro
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Stadia
  • Nel 2017 Ubisoft aveva diviso pubblico e critica con la pubblicazione di un capitolo di Ghost Recon (qui la recensione di Wildlands) che, inseguendo uno dei maggiori trend del mercato, proponeva un mondo aperto tutto da esplorare, terreno di scontro tra le forze speciali statunitensi e il temibile cartello Santa Blanca. Wildlands rappresentava dunque una novità nel quadro della serie, e sebbene il suo open world non fosse certo originale o eccezionalmente stimolante, il titolo si accaparrò i favori di una nutrita platea di giocatori.

    Un successo che il publisher francese punta ora a replicare con Breakpoint, un titolo che recupera e migliora molte delle dinamiche cardine del precedente capitolo, arricchendo la formula con elementi tattici inediti. Queste modifiche funzionali vanno però ad innestarsi su una struttura fin troppo rodata che, a braccetto con diversi problemi tecnici e di design, riduce in maniera consistente l'efficacia generale di un comparto ludico piacevole ma con chiare fluttuazioni qualitative.

    Nelle fauci dei Lupi di Auroa

    La storia di Ghost Recon Breakpoint poggia su premesse concettualmente molto diverse rispetto al canone del suo predecessore. Nei panni di un Nomad isolato e privo del supporto della macchina da guerra a stelle e strisce, le prime battute dell'avventura ci vedono abbandonare il vertice della "catena alimentare" che regola il campo di battaglia, costretti a sopravvivere in un contesto straordinariamente ostile potendo contare solo su mezzi di fortuna e sulle straordinarie capacità del nostro alter ego.

    Precipitati su Auroa, un arcipelago forzosamente segregato dal mondo esterno, ci ritroveremo quindi a fare i conti con un esercito di mercenari implacabili e altamente addestrati, braccio armato di una cospirazione che punta a edificare un nuovo ordine globale sui cadaveri di una schiera infinita di vittime collaterali. Coordinate narrative che si riflettono sul gameplay di un titolo che punta chiaramente ad accrescere lo spessore tattico dell'azione, a spingere gli utenti a valutare con maggior cautela le proprie strategie d'approccio, tenendo sempre a mente gli indiscutibili vantaggi del fattore stealth. Sensazioni che, affrontando l'avventura in solitaria, vengono ulteriormente amplificate dall'assenza di compagni guidati dall'IA (che dovrebbero comunque essere reintrodotti a breve, se non altro come opzione), lungo la strada segnata da una campagna sicuramente più avvincente di quella di Wildlands, ma che si porta dietro alcuni dei difetti più evidenti del predecessore.

    Se da una parte la presenza di un antagonista d'eccezione come Cole Walker (ben interpretato un Jon Bernthal tutto tic e cattiveria) alimenta l'efficacia di una trama che, senza particolari velleità espressive, fa un buon lavoro nel catalizzare l'interesse dei giocatori, dall'altra lo spazio fra uno snodo narrativo e il seguente viene colmato con attività che, tra missioni principali, secondarie e incarichi di fazione, seguono quasi sempre il medesimo copione.

    Una mancanza di varietà che accelera il "logoramento" ludico di un pacchetto sicuramente molto abbondante (una ventina d'ore di gioco per la campagna e almeno il doppio per completare tutte le secondarie), ma che ricalca in maniera fin troppo fedele un concetto di open world ormai datato, che mostra segni di stanchezza sempre più lampanti. E in fondo la maggiore debolezza di Breakpoint è proprio questa: pur trattandosi di un titolo significativamente migliore rispetto a Wildlands, i suoi pregi non riescono a bilanciare appieno le carenze ereditate dal precedente capitolo, che due anni dopo hanno un peso diverso nel bilancio della produzione.

    In questo senso, un approccio più fresco alla struttura di mondo e missioni avrebbe senza dubbio esaltato in maniera netta il valore di un "core gameplay" capace di offrire ore e ore di divertimento, seppur con qualche inciampo in termini di game design.

    Sopravvivenza d'assalto

    Per quanto le sfumature "survival" del titolo siano, alla prova dei fatti, molto meno marcate rispetto a quanto pronosticato qualche mese fa, i nuovi ingredienti della ricetta ludica di Breakpoint si rivelano aggiunte piacevolmente funzionali, specialmente ai livelli di sfida più elevati.

    L'ultimo nato in casa Ubisoft dimostra infatti una sorprendente plasticità per quel che riguarda la personalizzazione dell'esperienza, permettendo agli utenti di affrontare i pericoli di Auroa con stili di gioco radicalmente opposti. Selezionando la difficoltà "Arcade" è infatti possibile fiondarsi sul campo di battaglia come un tornado balistico, facendo strage di nemici senza preoccuparsi troppo di strategie, stealth, buff craftabili e build.

    Roba che al confronto la formazione dei Mercenari di Stallone è un gruppetto di orsoline in gita sulla costa. Dall'altra parte di questo arcobaleno rosso sangue c'è la modalità "Estrema", che impone l'attenta pianificazione di ogni assalto, da anticipare con lunghe ricognizioni col drone accompagnate da qualche buon colpo da cecchino, e seguite da un avvicinamento silenzioso che rende preziosa la nuova meccanica di mimetismo ambientale. È in queste circostanze che una corretta composizione del proprio loadout si fa essenziale, che i tratti sbloccati durante la progressione e i bonus attivati al bivacco (che funge anche da punto di trasporto rapido) possono fare la differenza tra la vita e la morte.

    A maggior ragione giocando in solitaria, senza gli indiscutibili vantaggi garantiti dalla presenza di tre compagni d'armi gestiti dall'IA, sync shot in primis. Se in Wildlands la meccanica del tiro sincronizzato poteva infatti essere sfruttata come una sorta di exploit per abbattere un gran numero di soldati col minimo sforzo, questa volta avremo a disposizione solo un numero limitato di mini droni da utilizzare per le uccisioni di gruppo, che una volta "consumati" dovranno essere nuovamente costruiti o acquistati.

    Va detto che, anche alla difficoltà massima, le razioni craftabili a partire dalle risorse raccolte in giro per la mappa continuano ad avere un'importanza molto relativa, a differenza della quasi totalità degli strumenti, letali e non, da assegnare ai quattro slot aggiuntivi della dotazione di Nomad (due sono riservati al gadget di classe e alle bende).

    Le siringhe curative, in particolare, si rendono assolutamente indispensabili durante le battaglie più intense, soprattutto in virtù del nuovo sistema delle ferite, che in accordo con la quota di rischio dell'approccio scelto e la resistenza residua, possono influire in maniera radicale sull'efficienza armata del protagonista, fino a ridurne drasticamente la mobilità e costringerlo a utilizzare esclusivamente l'arma da fianco. A seconda del contesto, mine, razzi e granate possono inoltre rivelarsi complementi d'equipaggiamento assolutamente salvifici, specie quando si ha a che fare con torrette, droni pesanti e soldati corazzati. Queste categorie di avversari sono anche gli unici che violano, relativamente parlando, la prassi di realismo degli scontri a fuoco, che vede il nostro nerboruto avatar intombare i soldati con una manciata di colpi ben piazzati o con un singolo proiettile tra gli occhi, a prescindere dalla disparità tra il suo livello e quello dei bersagli. Si tratta di una scelta di design sensata e pienamente sostenibile, che però genera qualche dissonanza con il sistema di gestione dell'equipaggiamento.

    Recuperando in parte il modello di The Division 2, e in generale quello dei looter shooter, la formula di Breakpoint propone infatti dinamiche di progressione parallele legate al livello di Potenza dell'armamentario di Nomad, che può essere aumentato collezionando bocche da fuoco e indumenti tattici di rarità crescente.

    Se da un lato, specialmente nelle prime ore, questa componente fornisce ai giocatori un'ulteriore stimolo ad esplorare ogni anfratto di Auroa, in preda a quella febbre da loot che spinge a saccheggiare senza sosta bauli e carcasse, la natura "realistica" della produzione fa sì che le differenze tra dotazioni di livelli molto distanti fra loro siano, nel concreto, quasi insignificanti. Di fatto, comincerete a intravedere qualche bonus effettivamente rilevante solo nei pressi dell'endgame, in particolar modo impugnando armi uniche. Di nuovo, parliamo di una decisione ragionevole, visto che assecondare del tutto le dinamiche tipiche dei looter shooter avrebbe creato grossi problemi al bilanciamento complessivo del gameplay, con conseguenze potenzialmente dirompenti sul livello di sfida percepito.

    Guerra fra SpettriIl pacchetto ludico di Ghost Recon Breakpoint comprende una modalità PvP chiamata Ghost War, che schiera in campo un totale di otto giocatori divisi in due squadre da quattro. Mentre la prima delle due modalità disponibili, Eliminazione, porta su schermo un classico deathmatch a squadre (con un progressivo restringimento dell'area di scontro), Sabotaggio richiede di difendere o attaccare una coppia di postazioni strategiche, dove gli assaltatori dovranno collocare un ordigno esplosivo che l'altro team sarà chiamato a disinnescare entro il tempo limite. Si tratta a tutti gli effetti di un interessante diversivo rispetto alla campagna principale, che ben si presta ad accogliere lo stile tattico del gameplay di Breakpoint. Un complemento piacevole che, seppur non particolarmente ricco in termini contenutistici, accresce l'offerta complessiva e permette di accelerare la progressione del personaggio (condivisa con la modalità PvE), conquistando punti abilità e pezzi d'equipaggiamento aggiuntivi.

    Così facendo, però, il team di sviluppo ha reso questo aspetto dell'offerta molto meno appetibile sul lungo periodo, rafforzando l'impressione di avere a che fare con un costrutto ludico non completamente a fuoco. C'è poi da considerare un fattore che, all'apparenza, rende più difficile sfruttare appieno il sistema di potenziamento secondario degli armamenti, quello che permette di aumentare l'efficacia delle varie categorie di armi incrementando (di poco) valori come danno inflitto, gittata e precisione. Una volta raggiunto un alto valore di Potenza è infatti praticamente impossibile procurarsi loot al livello base di rarità, al momento l'unico in grado di fornire ai giocatori, una volta smantellato, i componenti "standard" necessari per il potenziamento a Mark 1 delle armi. Si tratta di un lapsus importante, a maggior ragione quando ci si rende conto che il solo modo per aggirare l'ostacolo è acquistare upgrade con valuta premium.
    Considerando che, per quanto abbondante sia l'assortimento degli elementi acquistabili via microtransazioni, questa è l'unica reale violazione alla politica "nessun esborso necessario per godersi appieno l'esperienza", ci sentiamo di dare a Ubisoft il beneficio del dubbio, nella speranza che questa stortura venga corretta al più presto.

    Classi da battaglia

    Al netto dei suoi difetti strutturali, Breakpoint poggia su basi ludiche solide e appaganti, che danno corpo a routine di gameplay che, soprattutto in compagnia di qualche amico, possono regalare momenti di pura esaltazione guerresca, specialmente optando per le difficoltà più "hardcore", dove bastano un paio di pallottole per finire con la faccia nel fango.

    Frangenti che danno lustro ad alcune delle novità più interessanti proposte dallo studio, come la barra della stamina (che si consuma correndo, arrampicandosi e rotolando a terra) e, soprattutto, un sistema di avanzamento del personaggio che permette ai giocatori di selezionare una tra quattro diverse classi: Medico da Campo, Assalto, Pantera e Tiratore. Ogni archetipo dispone di particolari gadget e perk, oltre a un'abilità speciale (con tempi di ricarica variabili) coerente con le sue inclinazioni belliche: una gamma di talenti che può essere ulteriormente ampliata completando sfide di vario genere. La presenza di un percorso di progressione condiviso, lastricato di tratti attivi e passivi da sbloccare con i punti abilità guadagnati a ogni livello (o acquisiti aprendo casse speciali), conferma la duttilità di un sistema che offre ai giocatori una buona libertà nella definizione del proprio soldato ideale o, alla bisogna, del tassello mancante di una squadra ben assortita.

    Sebbene nulla vi vieti di completare la campagna come un combattente solitario, tenete a mente che il titolo dispone di un sistema di matchmaking piuttosto funzionale, che consente di scegliere il tipo di attività da affrontare in cooperativa con un manipolo di sconosciuti online. Gli eventuali problemi, in tal caso, sono quelli fisiologici di questo genere di produzioni, ovvero la possibile mancanza di coordinamento vocale e l'occasionale spoiler innescato da un giocatore più avanti di voi nella trama.

    Si tratta comunque di un'opzione da tenere in degna considerazione, in special modo quando deciderete di avventurarvi nelle zone di altissimo livello che, allo stato attuale, rappresentano la prima bozza dell'endgame di Breakpoint. Un assaggio non particolarmente gustoso, dato che il menu battagliero offerto da queste aree prevede sempre la stessa pietanza: un duello all'ultimo bossolo con un possente drone Behemoth a diversi gradi di letalità.

    In attesa di affondare i denti nel primo raid del gioco, che dovrebbe arrivare entro gennaio, non possiamo fare a meno di constatare come, una volta raggiunti i titoli di coda, la varietà degli incarichi di grado superiore sia sostanzialmente inesistente. Parlando delle fasi conclusive della campagna, vale la pena spendere qualche parola sulla battaglia finale del gioco, un combattimento che manda in frantumi la coerenza ludica mantenuta dalla titolo fino a quel punto. Abbandonato ogni tatticismo, questo scontro costringe a correre qua e là nel tentativo di sopravvivere alle mortali attenzioni di un esercito senza fine di nemici, schierati all'interno di una stanza dalle dimensioni dolorosamente ridotte, cercando al contempo di spedire all'altro mondo un boss irragionevolmente coriaceo, che continuerà a lanciarsi verso di noi a testa bassa. Un confronto che lascia un po' di amaro in bocca, e può scatenare una certa frustrazione.

    Un comparto tecnico pieno di alti e bassi

    In linea con il bilancio generale della produzione, anche il comparto tecnico di Breakpoint è un continuo susseguirsi di alti e bassi. Da una parte abbiamo un comparto grafico nettamente migliorato rispetto a quello di Wildlands, che propone scorci altamente suggestivi sostenuti da un'effettistica avanzata d'impatto, per un quadro d'insieme decisamente efficace; dall'altra il gioco mostra forti fluttuazioni nella qualità di texture e modellazione poligonale, accompagnate da animazioni spesso legnose e imprecise.

    Quest'ultimo problema, in particolare, può influire negativamente sul gameplay, generando eccessive latenze nell'interazione con l'ambiente di gioco. Durante le cutscene si notano poi cali netti nella pregevolezza di shader e animazioni facciali, anche fra i personaggi del cast principale.

    Sempre durante le scene d'intermezzo è facile incappare in fenomeni di stuttering audio, che rientrano nella nutrita gamma dei glitch in dote al titolo. Talvolta capita che il sistema di copertura impedisca di mirare correttamente un nemico, o altre volte di ritrovarsi piantati nel terreno e quindi costretti a teletrasportarsi verso il bivacco più vicino.

    Grattacapi che si fanno ancor più frequenti durante il gioco cooperativo, quando errori di desync generano scenari al limite dell'esilarante, tra compagni dislocati a qualche metro dall'abitacolo di un elicottero in volo, o veicoli gommati che decollano all'improvviso verso gli spazi siderali. Parlando dei mezzi di locomozione, è giusto ribadire i difetti di un sistema di guida ancora fin troppo "scivoloso" e inaffidabile, con la complicità di un motore fisico lontano dalla taratura ideale. Di contro, il gunplay appare ben più fluido e reattivo di quello di Wildlands, e le opzioni di regolazione consentono di adattare efficacemente la sensibilità in base alle preferenze del singolo. La nota più dolente del comparto tecnico è probabilmente quella che riguarda l'intelligenza artificiale dei nemici, che a volte spezza clamorosamente la credibilità del gameplay con azioni che infrangono quel senso di realismo che il titolo aspira a proporre. Ottima invece la solidità del framerate, che rimane ancorato alla soglia dei 30 fps sia nella modalità che favorisce la qualità degli effetti a schermo (la migliore, nel complesso), sia in quella che alza l'asticella della risoluzione fino a 1800p (dinamici).

    Optando per quest'ultima noterete però qualche ritardo in più nello streaming degli asset grafici, e fenomeni di pop-in ben più frequenti rispetto all'alternativa, che tra l'altro vanta una migliore ottimizzazione di draw distance e LOD (level of detail).

    Sebbene Auroa offra una quantità relativamente ridotta di biomi, comunque compatibile con le caratteristiche dell'ambientazione, il level design risulta sufficientemente ricco ed ispirato, per quanto questa diversità influisca molto poco sull'effettiva varietà dell'azione.

    Buona la gestione dell'hud (che può essere nascosto con la pressione di un tasto) e degli obiettivi visualizzati, mentre l'interfaccia dei menù appare eccessivamente macchinosa e sovrabbondante, in particolar modo per quel che riguarda il tabellone degli obiettivi (che dovrete consultare spesso per procedere tra i vari snodi di una missione). Passando al comparto sonoro, la qualità degli effetti - seppur non particolarmente brillante - fa il suo lavoro. Una considerazione che ci sentiamo di estendere anche a un doppiaggio italiano di buona fattura, seppure a tratti eccessivamente monocorde, incapace di dare ai dialoghi il giusto carattere. Una situazione che migliora significativamente selezionando la lingua inglese per il parlato.

    Ghost Recon Breakpoint Ghost Recon BreakpointVersione Analizzata PlayStation 4 ProCon Ghost Recon Breakpoint Ubisoft ambiva a migliorare sotto ogni aspetto l’offerta ludica del precedente Wildlands, proponendo un enorme “parco giochi” a tema militaresco in grado di soddisfare appieno tanto i fan di nuovo corso, quanto gli appassionati del passato più tattico della serie. Un obiettivo che, allo stato dei fatti, risulta raggiunto solo a metà. Se le modifiche e i miglioramenti apportati all’impasto ludico contribuiscono a modellare un gameplay sensibilmente più sfaccettato e interessante rispetto a quello del predecessore, queste finiscono nel calderone di un titolo ancorato a una struttura chiaramente datata, tra le maglie di un open world stracarico di attività ma con pochissime variazioni sul tema. Problemi che si riflettono sulla godibilità di una campagna intrigante ma fin troppo diluita, che sfocia in un endgame al momento senza mordente. Le routine alla base del gameplay sono comunque in grado di offrire ore e ore di divertimento, specialmente in cooperativa, e quasi tutte le nuove dinamiche contribuiscono efficacemente al bilancio della godibilità. L’eccezione più significativa è rappresentata da un sistema di looting un po’ fuori fuoco, su cui peraltro si allunga l’ombra delle microtransazioni. Piacevole - seppur totalmente secondario - il comparto PvP, mentre quello tecnico mostra fluttuazioni piuttosto nette. In definitiva Breakpoint è un titolo capace di garantire ai fan di Wildlands una dose più che abbondante di spasso balistico, sebbene il bilancio complessivo della produzione non segni quel netto passo avanti che era lecito aspettarsi.

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