La recensione di Ghost in the Shell: Stand Alone Complex per PS2

Public Peace Section 9 in azione.

La recensione di Ghost in the Shell: Stand Alone Complex per PS2
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  • Lo Spirito nel Guscio

    L’anno è il 2030. L’umanità è sopravvissuta ad un conflitto di scala mondiale che ha piegato le nazioni e ridisegnato la geografia dell’interno pianeta. La rapida ricostruzione è stata favorita dallo sviluppo tecnologico derivante dai nuovi e potentissimi networks, che sfruttano gli elettroni come veicolo di trasporto delle informazioni. Ogni uomo, dotato di impianti biomeccanici, è in grado di accedere a quest’immensa banca dati che si estende fino alle stelle. Con tali impianti è anche possibile migliorare le prestazioni dell’organismo vivente, è ormai accettata l’esistenza di “esseri” dotati di un potentissimo guscio di titanio posto a difesa dell’unica cosa che ancora distingue l’uomo dalla macchina: lo spirito.
    In questo mondo però non sono ancora scomparse le nazioni e le razze, le menzogne e il tradimento. Ancora una volta è necessario che qualcuno impedisca lo sfruttamento delle ricchezze, donate da scienza, tecnologia ed informatica, a chi intende ricavarne profitto personale.
    Con tale obiettivo nasce la Public Peace Sezione Nove, una squadra investigativa composta di sei umani “potenziati” e una donna dal corpo in titanio, il Maggiore Motoko Kusanagi. A loro sono assegnate le indagini più ambigue e pericolose e sono spesso pedine in un gioco di politica internazionale fatto di menzogne, interessi e corruzione.
    In un mare di informazioni è ancor più facile celare le piccole verità...
    Questo è, a grandi linee, lo scenario raccontato in “The Ghost in the Shell”, l’opera più famosa di Masamune Shirow, uno dei più complessi e geniali autori di manga di questi ultimi vent’anni. Il fumetto narra le avventure della sezione 9, comandata dal “capo” Aramaki e diretta sul campo dal Maggiore Motoko Kusanagi, una donna cyborg fredda e letale. Come gli altri esseri umani potenziati i membri della Sezione Nove possono comunicare tra loro via network; in questo modo hanno accesso continuo e diretto sia ai database di tutto il mondo che ad altri esseri viventi, in cui possono tentare l’infiltrazione e la successiva ricerca di informazioni.
    Le indagini della Sezione Nove si snodano in due mondi distinti, la rete e la realtà, sempre più correlati e sempre meno distinguibili. I nemici in “The Ghost in the Shell” solitamente non possiedono una forma fisica; sono virus e agiscono secondo schemi logici complessi, manipolando le informazioni nei server, soggiogando i cervelli potenziati delle persone rendendoli “pupazzi” o, in casi non rari, uccidendoli.

    Dopo il primo fortunatissimo manga autoconclusivo, pubblicato nel 1991, e due lungometraggi, Bandai ha deciso di produrre una serie animata intitolata “The Ghost in the Shell: Stand Alone Complex”. In questa prima stagione, composta di ventisei episodi, viene descritta la “prima formazione” nonché il “primo scioglimento” della Sezione Nove. Prendendo spunto dalla caratterizzazione dei protagonisti, dal mecha design e da alcuni personaggi creati apposta per la serie animata, nasce il videogioco “The Ghost in the Shell: Stand Alone Complex”.
    Sarà riuscito il Game Designer Cavia a riprodurre la forte atmosfera che caratterizza questa splendida serie animata?

    Un'eccessiva specializzazione porta alla morte dell'organismo

    “The Ghost in the Shell: Stand Alone Complex”, da ora in poi GITS, è un third person shooter con inquadratura alle spalle del protagonista. La trama del gioco vede la Sezione Nove indagare su un traffico di armi, che però risulterà essere solo la copertura per un tentativo di colpo di stato ai danni del Giappone.
    Il gioco è diviso in una serie di missioni introdotte da un breve Briefing condotto dal comandante Aramaki, che vi metterà al corrente della situazione, illustrerà gli obiettivi dell’incursione e i probabili pericoli a cui andrete incontro. Tutte le comunicazioni, quelle con il comandante di sezione, con i compagni o con i nemici, avvengono via neurale. I membri della squadra si tengono in continuo contatto “mentale”, grazie al network e agli impianti, anche durante lo scontro a fuoco più feroce. I dialoghi stessi sono recitati con un tono di voce che esula dalla realtà, a sentirle Kusanagi comunicare con Ishikawa si direbbe che stia parlando del più e del meno al bar, e invece il maggiore è impegnata ad abbattere un carro armato.
    A seconda della missione avrete l’opportunità di impersonare uno dei due membri più carismatici della Sezione Nove, ovvero Kusanagi e Bato. Entrambi sono dotati dello stesso genere di azioni; con la leva analogica sinistra si sposta il personaggio, con la destra si mira il bersaglio mentre con i tasti dorsali sinistri si spara (arma primaria e secondaria) e con i destri si salta. Ciò che distingue i due personaggi è lo stile di combattimento; l’avvenente maggiore è più leggiadra e rapida, consentendo un approccio più tattico e acrobatico alle missioni di infiltrazione, mentre il freddo ed erculeo Bato predilige lo “sfondamento” delle linee nemiche, sfruttando al meglio l’arsenale sottratto ai nemici caduti sul campo. Kusanagi, a differenza di Bato, ha anche la possibilità di effettuare dei “rimbalzi” contro le pareti; questo triplo salto le permette di raggiungere zone assolutamente inaccessibili altrimenti. Inoltre può eseguire una rapida schivata con capriola che la proietta in un attimo ad una notevole distanza dal pericolo.
    In GITS il nemico si può affrontare anche via network. Capita spesso, durante una missione, di abbattere un avversario differente dagli altri; la freccia, che compare sul cadavere dell’avversario, indica che è possibile rilevare un codice dal cervello cibernetico ormai disattivato. Questo codice è comune a tutti i guerrieri presenti nell’area di combattimento e, una volta acquisito, permetterà l’individuazione nemici anche se non visibili ad occhio nudo. Se sarete fortunati, oltre al codice di identificazione, potrete recuperare un codice di Hacking; una volta ottenuto questo particolare cifrario alcuni dei nemici verranno marcati da una freccia non più grigia ma blu; puntando il mirino sulla freccia e premendo il tasto X si potrà iniziare l’incursione nel cervello del nemico. All’inizio dell’attacco compariranno due cerchi concentrici che ruotano in senso opposto; il più interno presenta dei risalti, quello esterno delle tasche. Per completare questa rischiosa manovra di decodifica bisogna premere il tasto X nel momento in cui i risalti e le gole di questa ideale “serratura” corrispondono, un successo corrisponderà al totale controllo sul nemico, un fallimento comporterà un livello maggiore di allarme (un po come accadeva in Paradroid, di Andrew Braybrook, un gioco del Commodore 64 che risale al 1985...qualcuno lo ricorda???).
    Durante una missione è possibile raccogliere dai propri nemici due differenti armi, eventuali bombe a mano e granate stordenti; cercando bene nelle locazioni potrete anche recuperare kit medici, un’armatura supplementare, un dispositivo per potenziare gli attacchi fisici e un’utilissima mimetizzazione ottica, di durata piuttosto limitata.
    Gli altri membri della Sezione Nove sono comunque presenti durante l’avventura; Ishikawa è incaricato di decriptare i codici delle serrature e di cacciare informazioni nel netework, Togusa si occupa di raccogliere informazioni sul campo, Pazu e Boma sono addetti a pedinare i sospetti. Naturalmente nel gruppo non poteva mancare lui: il Fuchikoma (nella serie animata è stato ribattezzato Tachikoma..), il mezzo blindato per eccellenza della Sezione 9, dotato di un intelligenza artificiale (elementare) e di una mobilità impressionante. Con Tachikoma affronteremo anche un livello di combattimento, che precederà lo scontro finale.
    Tutto questo serve a ricreare alla perfezione l’atmosfera cupa e misteriosa di ogni indagine della Sezione Nove; il contatto continuo tra i membri, le decine di indizi che all’inizio non si connettono, gli intrecci politici e i secondi fini dell’esercito sono una costante dell’opera di Shirow e in questo videogame sono riprodotti alla perfezione.
    Per far capire quale importanza sia stata data alla trama dai programmatori di Cavia, ogni dialogo del gioco (sono parecchi e molto tecnici, si fa un po’ fatica a seguire la rapida sequenza dei sottotitoli italiani) è riascoltabile dal menu delle opzioni appena completata con successo la missione a cui appartiene. Inoltre è stata inserita una vastissima enciclopedia in cui sono inseriti tutti i termini tecnici, la storia delle locazioni, il profilo dei personaggi e una panoramica sul momento storico in cui si svolgono i fatti.
    E per finire, oltre alla modalità storia, GITS prevede un training ai complessi comandi di gioco e una modalità multiplayer in cui quattro giocatori si possono affrontare in Deathmatch o in battaglie a squadre.

    Percezione audio e video

    Ciò che meno stupisce di GITS è il comparto video. E’ sicuramente superiore alla media delle produzioni Bandai, dedicate al mondo dei manga e degli anime, le ambientazioni sono molto vaste, varie e abbastanza dettagliate e le cut scene sono evocative e realizzate con cura. Il traballante framerate, i pochi tipi di nemici (più che altro si tratta di cyborg di cui cambia la qualità della corazza) e la povertà delle animazioni sminuiscono un lavoro che altrimenti sarebbe stato ottimo. Ma ciò che veramente lascia l’amaro in bocca è la protagonista, Motoko Kusanagi. Il modello poligonale del maggiore è realizzato molto bene, e le azioni che può eseguire sono abbastanza e, soprattutto, sono fedeli all’anime originale. Il senso di leggerezza che ispira la figura di Motoko che salta da un muro ad un altro, il pesante atterraggio del suo corpo in titanio dopo una lunga caduta, gli scatti felini e le acrobazie per evitare il fuoco nemico, tutto ricordano parecchio la serie originale. Incredibile a dirsi queste animazioni sono povere di fotogrammi; la corsa è imprecisa così come i movimenti laterali. Il salto, per quanto ben realizzato, sembra sempre molto approssimativo e i bruschi cambi di inquadratura, durante le capriole, fanno perdere l’orientamento.
    Lo stesso discorso non vale per Bato, che mostra una cura maggiore per le animazioni, nonostante non possa eseguire le splendide acrobazie del suo dietto superiore.
    Le musiche sono tali e quali a quelle dell’anime: o si odiano o si amano. A volte sembrano cacofonie, musiche minimali che stordiscono il giocatore, in altri momenti descrivono l’azione con frenesia, ritmo e percussioni. I dialoghi sono belli, intensi e ricchi di contenuti sulla trama (tra l’altro ben realizzata). E’ un po’ difficile seguirli, sono recitati in un inglese piuttosto tecnico; fortunatamente la traduzione dei sottotitoli in italiano è più che ben fatta.

    Ghost in the Shell: Stand alone Complex Ghost in the Shell: Stand alone ComplexVersione Analizzata PlayStation 2Ghost in the Shell: Stand Alone Complex è un must per tutti gli amanti delle opere di Masamune Shirow; un action game ben fatto che riesce a far sposare i più classici elementi dello shooter in terza persona di quest’ultima generazione, alle caratteristiche che rendono unico il fumetto/anime del geniale mangaka. Ha però due grossi difetti: il primo riguarda la realizzazione tecnica, che non può assolutamente rivaleggiare con i titoli usciti nei primi mesi di quest’anno. Non è un brutto gioco, sia chiaro, ma coloro che cercano il massimo delle prestazioni dalla propria Playstation 2 non saranno appagati da GITS. Il secondo difetto riguarda la difficoltà. Questo titolo Bandai è un po’troppo facile, anche a livello hard. Per quel che dura però bisogna ammettere che GITS coinvolge e diverte, se poi mangiate pane ed “Appleseed” a colazione non potete assolutamente lasciarvelo sfuggire.

    7

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